21 gennaio – un corto “Il SECCHIO”– e alcune riflessioni sul lavoro “delicato” nei settori della SANITA’ e del SOCIALE

21 gennaio – un corto “Il SECCHIO”– e alcune riflessioni sul lavoro “delicato” nei settori della SANITA’ e del SOCIALE

Nei giorni di “lock down” forzato in primavera  ed in questi ultimi dell’inverno 2021 ci ha fatto compagnia la “memoria” e l’utilizzo di mezzi straordinari come le migliaia di produzioni cinematografiche di cui, attraverso pay tv e piattaforme digitali pubbliche o cataloghi personali disponibili, possiamo disporre. Allo stesso tempo ci aiutano a sopravvivere quelle incombenze inattese nelle quali sia per ragioni familiari sia per motivi amicali ci imbattiamo. Sarà una forma di “ottimismo” sarà un modo per non abbandonarsi alla depressione che di tanto in tanto bussa alle nostre porte, ma finiamo per considerare anche gli aspetti negativi come una “variante” che ci fa essere contenti di “vivere”.

Pur tuttavia non ci si può esimere dal sottolineare che alcuni aspetti – soprattutto quelli che colpiscono altri da noi – non possono e non devono essere sottovalutati nella loro gravità, pur essendo spesso, purtroppo,  elementi di “normalità”. Con ciò intendo dire che non è sopportabile né la maleducazione né la scortesia di chi si occupa di gestione “pubblica” ancor più, come in uno di questi casi, se riguarda il delicatissimo settore della Sanità per patologie – ed in questo caso particolare – oncologiche.

L’ho presa alla larga, ma la questione è davvero seria. E solo in fondo espliciterò il collegamento tra la cruda realtà e il racconto cinematografico.

Qualche anno fa ho trattato di alcuni casi di malasanità in terra toscana. Ovviamente non sempre le cose vanno male, ma è una “fortuna” avere buoni trattamenti. Quello a cui mi riferisco, ormai superato, riguarda il ritardo con cui alcune analisi venivano processate ed inviate al paziente: se si trattasse di esiti “negativi” nulla di male, anche se l’attesa potrebbe creare qualche giusta preoccupazione; ma  di fronte ad un esito “positivo” comunicato sei mesi dopo c’è davvero da denunciare un tale disservizio. Ovviamente davanti a tale situazione non è fuori luogo rivolgersi ad altre strutture in altre Regioni. Nel caso appena accennato fu la Lombardia, Milano e lo IOR. Successivamente una denuncia civile fu rivolta al Tribunale per i Diritti del Malato; pur chiarendo che non ci sarebbe stata alcuna richiesta di recupero dei danni, puntando solo sulla denuncia dei disservizi, gli stessi avvocati del Tribunale dopo aver accolto la protesta sconsigliarono di procedere, essendo nel frattempo stati risolti positivamente (anche se in altra sede) i problemi di salute della persona, che erano in ogni caso “sottovalutati” in modo becero dalla stessa Direzione Generale.

Ma veniamo all’oggi. Una donna dopo una mammografia dalla quale si rileva qualche elemento “sospetto” chiede di poter avere con urgenza una nuova visita ed un approfondimento diagnostico. “La contatteremo” troppe volte si dice ma il futuro non è mai di certo “prossimo”. Ed infatti dopo qualche giorno la donna insiste, sottoponendosi a slalom telefonici che non sempre sono brevi e non sempre riescono ad arrivare alla conclusione. Dopo alcuni giorni di “inutile” attesa la donna si reca al desk ed insiste di avere un appuntamento per le indagini più approfondite, preoccupata per le sue potenziali condizioni, e viene trattata malissimo, scortesia ed arroganza di un “potere” che non si possiede (in modo particolare una “dottoressa” tale P….. = è un cognome non una attività)  e che caratterizzano alcuni operatori. Il risultato dell’analisi è ovviamente “positivo”.  Per di più, non si sente tutelata e sicura, anche per la perdurante scortesia di qualche operatore e, di fronte alla scelta dove farsi operare, la donna sceglie la Lombardia, Milano e lo IEO: chiede alla struttura “toscana” tutta la sua documentazione e “trasmigra”.

Da quanto ci è dato di sapere, allo IEO ha trovato accoglienza, professionalità, efficienza. E soprattutto la “cortesia” e la capacità di essere anche empatici, sentendosi ascoltata e rispettata.

Quel che c’entra il riferimento a quel “corto”, “Il SECCHIO”, di cui la menzione nel titolo, lo potrete scoprire in maniera diretta.

su Primevideo

Il messaggio del filmato è che per svolgere un certo tipo di lavoro non basta saper fare, eventualmente, il proprio dozzinale semplice mestiere. Non si può lavorare nella Scuola, nella Sanità, nel Sociale, ed in genere nei rapporti con il pubblico essendo scortesi volgari presuntuosi ed arroganti. In realtà lo si potrebbe essere quando si è “fuori” dal luogo di lavoro; ma è intollerabile esserlo quando si ha a che fare, soprattutto quando si ha a che fare, con chi è in posizione di oggettiva debolezza.