21 gennaio – un corto “Il SECCHIO”– e alcune riflessioni sul lavoro “delicato” nei settori della SANITA’ e del SOCIALE
Nei giorni di “lock down” forzato in primavera ed in questi ultimi dell’inverno 2021 ci ha fatto compagnia la “memoria” e l’utilizzo di mezzi straordinari come le migliaia di produzioni cinematografiche di cui, attraverso pay tv e piattaforme digitali pubbliche o cataloghi personali disponibili, possiamo disporre. Allo stesso tempo ci aiutano a sopravvivere quelle incombenze inattese nelle quali sia per ragioni familiari sia per motivi amicali ci imbattiamo. Sarà una forma di “ottimismo” sarà un modo per non abbandonarsi alla depressione che di tanto in tanto bussa alle nostre porte, ma finiamo per considerare anche gli aspetti negativi come una “variante” che ci fa essere contenti di “vivere”.
Pur tuttavia non ci si può esimere dal sottolineare che alcuni aspetti – soprattutto quelli che colpiscono altri da noi – non possono e non devono essere sottovalutati nella loro gravità, pur essendo spesso, purtroppo, elementi di “normalità”. Con ciò intendo dire che non è sopportabile né la maleducazione né la scortesia di chi si occupa di gestione “pubblica” ancor più, come in uno di questi casi, se riguarda il delicatissimo settore della Sanità per patologie – ed in questo caso particolare – oncologiche.
L’ho presa alla larga, ma la questione è davvero seria. E
solo in fondo espliciterò il collegamento tra la cruda realtà e il racconto
cinematografico.
Qualche anno fa ho trattato di alcuni casi di malasanità in terra toscana. Ovviamente non sempre le cose vanno male, ma è una “fortuna” avere buoni trattamenti. Quello a cui mi riferisco, ormai superato, riguarda il ritardo con cui alcune analisi venivano processate ed inviate al paziente: se si trattasse di esiti “negativi” nulla di male, anche se l’attesa potrebbe creare qualche giusta preoccupazione; ma di fronte ad un esito “positivo” comunicato sei mesi dopo c’è davvero da denunciare un tale disservizio. Ovviamente davanti a tale situazione non è fuori luogo rivolgersi ad altre strutture in altre Regioni. Nel caso appena accennato fu la Lombardia, Milano e lo IOR. Successivamente una denuncia civile fu rivolta al Tribunale per i Diritti del Malato; pur chiarendo che non ci sarebbe stata alcuna richiesta di recupero dei danni, puntando solo sulla denuncia dei disservizi, gli stessi avvocati del Tribunale dopo aver accolto la protesta sconsigliarono di procedere, essendo nel frattempo stati risolti positivamente (anche se in altra sede) i problemi di salute della persona, che erano in ogni caso “sottovalutati” in modo becero dalla stessa Direzione Generale.
Ma veniamo all’oggi. Una donna dopo una mammografia dalla quale si rileva qualche elemento “sospetto” chiede di poter avere con urgenza una nuova visita ed un approfondimento diagnostico. “La contatteremo” troppe volte si dice ma il futuro non è mai di certo “prossimo”. Ed infatti dopo qualche giorno la donna insiste, sottoponendosi a slalom telefonici che non sempre sono brevi e non sempre riescono ad arrivare alla conclusione. Dopo alcuni giorni di “inutile” attesa la donna si reca al desk ed insiste di avere un appuntamento per le indagini più approfondite, preoccupata per le sue potenziali condizioni, e viene trattata malissimo, scortesia ed arroganza di un “potere” che non si possiede (in modo particolare una “dottoressa” tale P….. = è un cognome non una attività) e che caratterizzano alcuni operatori. Il risultato dell’analisi è ovviamente “positivo”. Per di più, non si sente tutelata e sicura, anche per la perdurante scortesia di qualche operatore e, di fronte alla scelta dove farsi operare, la donna sceglie la Lombardia, Milano e lo IEO: chiede alla struttura “toscana” tutta la sua documentazione e “trasmigra”.
Da quanto ci è dato di sapere, allo IEO ha trovato accoglienza, professionalità, efficienza. E soprattutto la “cortesia” e la capacità di essere anche empatici, sentendosi ascoltata e rispettata.
Quel che c’entra il riferimento a quel “corto”, “Il SECCHIO”, di cui la menzione nel titolo, lo potrete scoprire in maniera diretta.
Il messaggio del filmato è che per svolgere un certo tipo di lavoro non basta saper fare, eventualmente, il proprio dozzinale semplice mestiere. Non si può lavorare nella Scuola, nella Sanità, nel Sociale, ed in genere nei rapporti con il pubblico essendo scortesi volgari presuntuosi ed arroganti. In realtà lo si potrebbe essere quando si è “fuori” dal luogo di lavoro; ma è intollerabile esserlo quando si ha a che fare, soprattutto quando si ha a che fare, con chi è in posizione di oggettiva debolezza.
ESTATE 2020 – parte 9 – Campiglia con Carol e Cloe
Cloe e Carol, sono due femminucce. Cloe è mediamente alta ed è un border collie molto tranquillo; Carol è invece una bastardina simpaticissima ma nervosetta. Non appena passano altri cani ringhia e abbaia. Cloe è del tutto disinteressata a questi riti. Una delle signore che passeggia con un canino minuscolo anch’esso partecipe della cagnara se lo prende in collo e si avvicina chiedendoci lumi sulle nostre provvisorie amiche. Spieghiamo all’incirca che non sono nostre e poi in modo per noi involontario intavoliamo un dialogo e veniamo con grande precisione di dettagli a conoscenza della “vita” e degli “amori” della “signora” che poi, anche probabilmente perchè era riuscita ad intuire che non ce ne importava proprio nulla, va via poco prima che Patrizia facesse ritorno.
In realtà veniamo a sapere che l’amica non possedeva ma gestiva un altro immobile, ma non aveva in quel momento le chiavi. Esprimiamo in modo un tantino più chiaro quelle nostre perplessità non tanto sugli immobili (quello di Patrizia ad esempio è stupendo) quanto sulla impervietà del sito. Ma, lo confermiamo a Patrizia, il luogo è affascinante ed accettiamo l’invito a visitarne altre parti. Raccontiamo a Patrizia dell’incontro con la signora e le chiediamo perché mai Carol è sempre così timorosa ed agitata. E Patrizia ci racconta la storia di quella cagnolina, di come e quando l’ha adottata. Attraverso contatti sui social aveva saputo di quella cagnetta ed era stato amore a prima vista. Era stata abbandonata sotto un cavalcavia all’altezza di Giarre sulla strada che porta da Messina a Catania. Aveva notato dal video che somigliava tantissimo alla sua Carol, un’altra bastardina venuta meno qualche giorno prima per vecchiaia. Era stata una sua compagna fedele e dolcissima e vedere una sua sosia le fece immaginare che fosse un segno del destino con una sorta di metempsicosi animale. aveva contattato subito il recapito del Centro di raccolta randagi di Giardini Naxos ed aveva subito fissato un appuntamento. “Bella, questa storia!” “E’ per la paura di poter essere nuovamente abbandonata, che ha questo modo falsamente aggressivo. In realtà è buonissima, dolcissima” e Patrizia continua ad accarezzarla con affetto. Tutti insieme ci avviamo verso la Rocca; occorre ovviamente salire ma Patrizia ci conduce per strade meno impervie, vicoli suggestivi. A metà strada in uno dei vicoli un po’ più larghi ci attende uno strano incontro.
A metà percorso ed al centro della stradina lentamente si muove
verso di noi un gatto nero chiaramente minaccioso. Viene in mente “una lonza leggera e presta molto”
ma non siamo all’Inferno. Cloe e Carol procedono con eccessiva prudenza, quasi
fingendo di non vedere, tenendosi a distanza dal soggetto che a tutta evidenza
giudicano pericoloso. Il gatto in posizione di attacco con la coda ritta non si
sposta dal centro e segue con gli occhi furenti il nostro passaggio. “Siamo
salvi!” penso tra me e me, superato il rischio, ma la bestia ci segue con gli
occhi e con il passo felpato. Svoltiamo per una nuova stradina che si inerpica
verso la Rocca. Prima di rigirare nuovamente per un altro tratto mi giro a
controllare e noto uno degli occhi del felino che si affaccia a verificare da
parte sua se il pericolo è scampato, se gli intrusi si sono allontanati. “Ciao
ciao, simpatico micione!”.
Cani gatti e figli – il nostro “primo figlio” era “peloso” parte 2.
Come tanti “siamesi” era cagionevole di salute, soprattutto quando per motivi logistici era costretto a cambiare dieta. Accadde, dunque, che in una delle vacanze estive, all’inizio degli anni Settanta a Maratea, Pallina si ammalasse gravemente, era inappetente, svogliato, indolente. Quasi certamente era immalinconito dal cambio di sede, pur provvisorio o forse, come ci disse una giovane veterinaria del posto, era stato punto da qualche insetto. Mary per alcuni giorni era diventata esclusiva badante del gatto e decise di interrompere la vacanza, ritornare a casa e riportare Pallina alle buone abitudine alimentari. Ripartii anche io dal mare e, insieme a Mary, ci si prese cura del gatto, che si riprese pur lentamente ma del tutto in meno di una settimana. A me parve che dopo quella vicenda gli fossi rimasto più simpatico; era, diciamocelo, meno geloso.
Purtroppo, poi, Mary ed io ci siamo allontanati per inseguire il nostro progetto di vita e non avremmo mai pensato di poter avere una compagnia in una realtà provvisoria come quella dove ci siamo trovati “insieme” a stare: una mansarda di legno in una palazzina storica ma vetusta (anche se per noi è stata una vera e propria “reggia”) nel centro storico di Feltre, che è una bella cittadina nella provincia meridionale di Belluno. “Pallina” rimase solo e condizionato da tutta una serie di vicissitudini di tipo tellurico con la terra puteolana ballerina e si ritrovò sfollato tra gli umani in quel di Castelvolturno e si smarrì nella pineta probabilmente andando “a caccia”. Di lui rimasero indelebili gli agguati ai canarini in gabbia e il tentativo di balzare sulla “pelata” di un amico di casa, nonchè sono ferme nella memoria le passeggiate sul bordo dell’inferriata del balcone da cui, più di una volta, era cascato facendo voli di qualche metro.
Nella “mansarda” di Feltre nel periodo in cui avevo vissuto da “single”, condividendo lo spazio, ampio (tre camere da letto) con alcuni colleghi, tutti “terroni” come me (andando verso il Nord “terroni” sono tutti quelli che abitano anche solo a pochi metri verso Sud): Saverio era reatino, Salvatore casertano e Pinuccio barese. Gli ultimi due erano da soli; il primo aveva con sè un “collie”, buono buono come il pane, se ne stava tranquillo e, per me, era davvero come se non ci fosse. Anche Saverio era una persona straordinariamente riservata e questo quasi certamente si rifletteva sul suo cane, che mi accettava anche quando lo portavo fuori al posto del suo padrone. Saverio peraltro era libero per l’intera giornata, insegnando alle “150 ore” che appena allora avevano preso il via, riservate ai lavoratori per recuperare anni di scuola media. E quindi, anche per questo motivo, la sera ero io a portarlo giù per via Mezzaterra fino alla sede della Scuola Media: e non poche volte mi sono aggregato tra studenti e docenti, facendo leva sulla mia attività non solo di docente ma anche, in quel periodo, di sindacalista.
Una barbarie celata dietro lo schermo della civiltà – parte 2.
Gli Stati Uniti nascondono i loro limiti “civili” come si fa con la “polvere sotto i tappeti”. E c’è ben poco da scherzarci su: i cittadini americani non possono considerarsi né civili né punto di riferimento per una Cultura democratica se non sono in grado di comprendere come l’applicazione di una “neo legge del taglione” sia un metodo che non tiene nel dovuto conto alcuni aspetti significativi delle vicende che si vorrebbero perseguire. Non fosse altro che con l’applicazione della pena di morte si chiude ogni possibilità concreta di revisione; non fosse altro che non si potrà realisticamente riportare in vita chi dovesse con il tempo non essere considerato il vero colpevole.
Nel caso di Lisa Montgomery i veri colpevoli sarebbero stati
i suoi “genitori”: la madre e il patrigno. Ma la legge americana non è stata in
grado di sanzionare i loro crimini e, perlomeno, di questi avrebbe dovuto tener
conto nell’erogazione della giustizia. In ciò risiedono i limiti “civili” di
cui parlo sopra. Nascondono l’incultura, la violenza troppe volte considerata
“norma”: ed è anche in questo senso che riusciamo a comprendere i motivi per
cui negli Stati Uniti sia così facile acquistare e detenere armi.
Lisa aveva una colpa che “all’ingrosso” era evidente. Non è sempre così. in questi giorni mi è accaduto di poter vedere un bel mediometraggio di Giuseppe Ferlito. Lo si trova su Primevideo di Amazon ma se andate su Facebook lo ritrovate anche attraverso l’account di Amnesty International. Il titolo è “GREG” ed è l’abbreviazione del nome di Gregory Summers. Se digitate questo link lo recupererete https://www.facebook.com/watch/?v=912982145764404
Gregory Summers è un’altra vittima della Giustizia Americana (in questo caso lo Stato è il Texas). Accusato di avere assoldato dei criminali per far uccidere i suoi genitori e lo zio allo scopo di incassare un premio assicurativo. L’assassino reale dei suoi congiunti venne arrestato e dopo un processo condannato a morte. Gregory venne da subito incriminato come mandante dei delitti ma non sono mai state trovate prove certe sulla sua reale colpevolezza, per la quale si è sempre dichiarato innocente.
Sul sito de ildialogo.org trovate la sua storia e la storia di una delle tante orrende nefandezze commesse dalla “giustizia” statunitense. https://www.ildialogo.org/campagne/lasuastoria04092004.htm
il film di Giuseppe Ferlito ricostruisce solo una parte della “storia”, quella che vide il coinvolgimento di una docente – preside di una Scuola Media di Navacchio, in provincia di Pisa, che venuta a conoscenza di un appello internazionale a favore di Gregory, decise di parlarne con gli studenti e li coinvolse in una rete di corrispondenza così intensa da far decidere lo stesso condannato di voler essere sepolto in Italia, in quel luogo dal quale provenivano tante parole consolatorie, dopo l’esecuzione della pena.
Queste due vicende in qualche modo simili e recenti mi hanno fatto ricordare che – su questo Blog – dal 3 giugno 2019 pubblico suddiviso in diversi “blocchi” le risultanze di un Convegno dal titolo “PACE E DIRITTI UMANI” (attualmente sono alla XXIX – ventinovesima – parte, pubblicata lo scorso 4 gennaio) organizzato da me a Prato per celebrare la prima Edizione della Festa della Toscana. In quell’occasione eravamo proprio a discutere sulla pena di morte, che era stata comminata a Derek Rocco Barnabei, sulla cui colpevolezza esistevano molte incertezze ed ambiguità.
Ieri sera sabato 16 gennaio Massimo Gramellini ha concluso
la puntata de “Le parole della settimana” annunciando l’editoriale consueto di
chiusura, tipicamente emozionante e coinvolgente, con queste parole: “..E’ la
buonasera più dura che abbia mai letto durante la mia vita…Spero di riuscire
a farla….E’ molto dura, però dobbiamo sentirla…”.
Se volete sentirla collegatevi con Raiplay utilizzando il link che troverete qui.
E’ accaduto negli Stati Uniti; è quel paese che, forse “a
torto” abbiamo considerato “culla della democrazia”. E’ quel paese che nel 2016
ha eletto un personaggio, estremamente pericoloso per i destini residuali dell
democrazia statunitense, come Donald Trump e che nel 2020 gli ha riconosciuto
una leadership invidiabile con circa 75 milioni di consensi, che per fortuna
non sono riusciti a farlo rieleggere.
La “buonasera” amara di Gramellini ha riguardato un fatto
raccapricciante che ci interroga e coinvolge, non meno di quanto non ci abbiano
coinvolti – e purtroppo continuano a farlo – le vicende che riguardano i “nostri”
giovani Regeni e Zaky (il primo martirizzato in modo violento, il secondo
segregato immotivatamente da un regime dispotico antilibertario).
Uno dei più crudi “limiti” all’espressione collettiva dello
sdegno inferto dalla pandemia in corso è la difficoltà di collegarsi in modo
attivo, come si riusciva meglio a fare.
Negli ultimi anni però c’è stata sempre meno attenzione
intorno ai temi sulla liceità civile di comminare pene capitali. Anche un’Associazione
come “Nessuno tocchi Caino” o un’Istituzione come “Amnesty International” non è
riuscita a mostrare il giusto interesse verso questi argomenti. D’altra parte il livello medio culturale
della popolazione mondiale ha subito un arretramento progressivo che sta
producendo un imbarbarimento diffuso: non ci si lasci abbagliare dalla presenza
di “eccellenze” tra le giovani generazioni (trentenni, quarantenni).
Quello che è accaduto nello Stato dell’Indiana con l’ennesima
esecuzione capitale è ulteriormente raccapricciante per altri due motivi:
innanzitutto si tratta della prima donna negli ultimi 70 anni ad essere
giustiziata; e poi si tratta di una persona che avrebbe dovuto avere un
trattamento specifico di tipo sociale.
Qui sotto trovate un link cui riferirvi per comprendere il motivo per cui l’esecuzione – in sè e per sè ma in modo ancora più particolare questa – sia da considerare un vero e proprio “crimine”, un’aberrazione frutto di una Cultura turpe e nefanda che nega gli stessi princìpi fondamentali della Civiltà che avrebbero dovuto suggerire trattamenti civili di sostegno alla donna, riconoscendone soprattutto l’incapacità “di intendere e di volere”.
Da questo link riporto per facilitazione di chi legge un
brano:
“Lisa Montgomery a tre anni veniva fatta giacere a letto mentre il baby sitter violentava sua sorella di otto anni, lì accanto. A 11 anni iniziò a essere stuprata lei, dal patrigno, che picchiava lei e sua madre.
Il patrigno costruì una stanza apposta accanto alla roulotte dove vivevano, perché da lì nessuno potesse sentire le sue grida.
Una volta il patrigno le sbatté così forte la testa sul pavimento da procurarle una lesione cerebrale.
La madre di Lisa Montgomery la faceva prostituire con l’elettricista e con l’idraulico, per pagare i lavori di casa. Invece il patrigno la usava come banchetto con gli amici, e alla fine delle violenze le pisciavano addosso”.
Senza alcun dubbio quel che ha commesso Lisa Montgomery è
orrendo
Sempre da fanpage (vedi sopra):
“Lisa Montgomery aveva strangolato una donna incinta di 23 anni, un delitto atroce. Le aveva tagliato la pancia e le aveva tirato via la figlia, rapendola e fingendo di avere partorito lei”.
Avrei desiderato fare a meno di scrivere intorno a questo
tema, ma finisco per cedere alla provocazione inferta al Paese da quel
personaggio davvero inqualificabile nel senso peggiorativo del termine che non
si è posto alcun riguardo verso una realtà sempre più emergenziale le cui
responsabilità non possono essere addebitate in modo esclusivo o prevalente al
Governo ed al suo attuale Premier.
Non sono stato tenero e silente sulle manchevolezze dell’Esecutivo, pur riconoscendo oggettivamente (non sarebbe molto difficile comprovare quel che in tantissimi hanno affermato) che non vi fosse – e non vi sia – un’alternativa migliore. Chi oppone critiche molto spesso populistiche nel senso peggiore di questo termine al lavoro del Governo non ha mostrato di possedere le qualità per affrontare la crisi pandemica: in qualche caso le “proposte” (oscene) dell’Opposizione apparivano ed appaiono di gran lunga molto – ma molto – più pericolose per la Salute pubblica. Tra costoro sarebbe stato logico non ci fosse stato alcun rappresentante della coalizione al Governo. Invece l’impazienza e una profonda incapacità politica che fa impallidire lo stesso ceppo di provenienza del protagonista di tali esternazioni, e cioè quel comportamento tipicamente “democristiano” cinico e spietato, a “qualcuno” non sono mancate. Le battaglie politiche si sono da sempre svolte in campo aperto anche in modo crudo ma si usciva dai consessi con visioni unitarie, in modo particolare nei periodi più difficili della nostra storia repubblicana.
Sbagliato lo stile, sbagliato il modo, sbagliato il “tempo”
e soprattutto l’esito.
C’è un coro unanime di disapprovazione ed il riconoscimento di una profondissima irresponsabiità, che è stata utilizzata per scopi incomprensibili se non attinenti ad una prevalenza egoistica di poter “finalmente” ritornare “in auge”(!) sulla scena politica. Indubbiamente il signor “poco più che nulla” c’è riuscito e probabilmente così facendo sembra si stia anche giocando una parte dello scarsissimo consenso che aveva “acquistato”(!).
In queste ore si avverte una forma tardiva di resipiscenza, anche se si potrebbe semplicemente trattare di un escamotage per mantenere compatto il gruppetto di parlamentari; mostrare disponibilità a rivedere le proprie posizioni giocando semmai su qualche virgola o punto e virgola di cui poter vantare, a ragione o “a torto”, la primogenitura.
Ad ogni modo, poiché ho notato che anche nel Partito
Democratico la sortita non è piaciuta, spero proprio che sia stato, questo
degli ultimi giorni, se non proprio l’ultimo, uno degli ultimi tentativi di
truccare le carte del gioco nobile della Politica da parte dell’Infante
recalcitrante e rottamatore “fallito”.
dopo
l’attacco virulento e fuori misura di Matteo Renzi al Premier Conte ripropongo
tre miei post con un Preambolo
DENTRO IL LOCK DOWN riprendiamo a parlare
dei rischi per la tenuta democratica
In questi ultimi giorni si è intensificato
lo scontro all’interno della coalizione governativa; in realtà è stata una
“parte” minima, ma essenziale dal punto di vista numerico, ad alzare la voce,
il tiro contro il Presidente del Consiglio. Il suo leader, Matteo Renzi,
lo ha fatto con quell’impeto e quella tracotanza che lo hanno reso odioso alla
maggioranza del popolo italiano. Sembra quasi provare una certa invidia nei
confronti del Premier, che mostra ampia resilienza in un tempo orrendo come
quello che stiamo passando. Conte mantiene un aplomb invidiabile ma mostra di
avere una profonda empatia condivisiva e non divisiva e scostante verso i
problemi della gente più debole, che in questo momento è sempre più numerosa.
Il leader di “Italia Viva” non ha proprio
nulla da recriminare: laddove fosse reale la preoccupazione che mostra dovrebbe
ben riconoscere che in quel tentativo di sovvertimento che aveva proposto con
un nuovo impianto costituzionale sonoramente bocciato nel referendum del 4
dicembre 2016 egli aveva messo in campo ben più di quanto oggi il Presidente
del Consiglio Conte nel suo “Governo di emergenza nazionale” potrebbe attuare.
Non sono affatto pentito – mai come
ora e davanti a questo teatrino della Politica – di aver lasciato il Partito
Democratico “dell’era Renzi”; quello attuale è ancora infettato da supporter
vecchi – e qualche “nuovo” – di quel personaggio, i cui consensi
oscillano tra il poco meno del 3 e poco meno del 4 per cento. Tali risultati
attestano con grande evidenza che una parte dei sostenitori “renziani” sono
rimasti all’interno del Partito Democratico pronti a far contare posizioni
“esterne”.
Non stimo Renzi e non stimo coloro che lo
hanno supportato. Ciò nonostante confermo di avere espresso la stessa
critica in modo accorato ma pacato e ragionevole con le mie “preoccupazioni”
collegate al fatto che, finito il tempo dell’emergenza, non si riuscisse a fare
a meno di scelte estreme.
Ho pubblicato nei giorni scorsi tre post
collegati tra loro con un titolo chiaro: I rischi per la
tenuta democratica: non solo inutili allarmismi
Parte 1
In questi giorni ho trattato in modo quasi quotidiano i temi del lockdown e
le mie riflessioni hanno oscillato tra pessimismo ed ottimismo, anche se i miei
punti cardinali di riferimento sono stati e rimangono Gramsci e Pasolini.
Non mi ripeto e per questo oggi il pendolo si piega verso il negativo, il
pessimismo.
A indurmi in tale impantanamento hanno contribuito un virologo ed una
“compagna” di avventure politiche.
Mi spiego meglio, superando il cripticismo.
Esistono pochi, anche se a volte ci appaiono in tanti, che hanno
veementemente professato il loro rifiuto verso l’utilizzazione di vaccini; allo
stesso tempo esistono alcuni che hanno alzato forte il loro allarme sul rischio
che corre la Democrazia. Ai primi non ho mai dato credito, perchè forte è stato
il controllo sugli esiti dalla somministrazione dei prodotti a salvaguardia di
alcune diffuse e terribili patologie e non vi è stato alcun riscontro intorno
alla loro pericolosità. Ai secondi ho riservato invece una forma di
scetticismo, motivato dalla consapevolezza dell’esigenza di interventi pur
temporanei che fossero rigorosi energici e risoluti ancor più di quanto non sia
poi stato attuato.
Questo, in sintesi, quel che ho creduto fino a pochi giorni fa: verso i
secondi sono stato molto più prudente di quanto non abbia fatto con i primi, ai
quali proseguo ad assegnare degradanti patenti.
Pur tuttavia, quando l’altro giorno un autorevole virologo ha cominciato a
nutrire qualche dubbio sull’efficacia dei vaccini così rapidamente a
quasi-diretta disponibilità delle masse, ho avviato una riflessione, che va
oltre: mi sono chiesto e non trovo risposte adeguate se fossero state svolte le
opportune necessarie verifiche su fasce di età diversificate scientificamente
ed in particolare su possibili interazioni nocive tra vaccino antinfluenzale e
quelli che dovranno contrastare il Covid19.
Collegato a quel che potrà significare, con esiti positivi, l’inoculazione
del vaccino contro il Coronavirus19, ho allargato la mia visione “pessimistica”
al fatto che, dovendosi trattare di un prodotto estremamente necessitato per la
“vita” di tutti, nessuno escluso – a partire dai più anziani e più deboli
(che notoriamente sono categorie affini), la disponibilità potrebbe variare a
seconda della qualità economica del mercato.
Apparentemente quel che ho scritto qui sopra è di una eccezionale gravità e
si potrebbe ascrivere ad uno stato di prostrazione pessimistica eccezionale. Ma
di tanto in tanto mi è capitato di sentire di peggio e di sentirlo non in modo
furtivo ma con dichiarazioni esplicite. Spero siano solo mie “voci di dentro”
malevoli. Ma quando fuori ai nosocomi nelle grandi città ci sono file di
ambulanze in attesa e nei corridoi gli ammalati attendono di poter essere
collocati a seconda della gravità delle loro condizioni allorquando non vi sono
alternative logistiche a disposizione ed è assai urgente intervenire, si
procede ad una scelta drammatica.
….a questo punto interrompo il mio “scriptum” e riporto uno degli articoli dai quali si rileva che le mie parole non sono personali “ubbìe” di vecchio decrepito:
Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 09-12-2020 Roma, Italia Politica Senato – informativa del Presidente del Consiglio su Consiglio Europeo e MES Nella foto: Mateo Renzi IV Photo Mauro Scrobogna /LaPresse December 09, 2020 Rome, Italy Politics Senate – information from the President of the Council on the European Council and the ESM In the photo: Mateo Renzi IV
Mi sono fermato perchè era giusto che si comprendessero meglio le mie
preoccupazioni. In realtà non sono solo mie: occorre mantenere alta la guardia.
Non sarà tutto vero ma non bisogna mai sottovalutare qualche dubbio; non si può
far prevalere una sorta di correttezza istituzionale mentre qualcuno sotto
traccia potrebbe meditare reazioni e rivincite antidemocratiche, liberticide.
Potrebbe! E se può, utilizzando la sua “libertà” contro quella dei tanti,
fiaccando le menti, colpendole ai fianchi quotidianamente con bollettini di
guerra continuativi, bisogna attrezzarsi. Questa pandemìa furiosa sta piegando
le forze, indebolendo le energie, mortificando le forme associative, limitando
il dibattito civile se non quello che si va svolgendo sui social. Cosa devo raccontarvi,
cosa aggiungere che non sappiate già?!
Ritornando al primo gruppo dei “no vax” o assimilati ai quali come ho
scritto non credo nella maniera più assoluta sono qui anche a spiegare il
motivo per cui ne ho parlato e poi apparentemente ho svicolato sul tema. La mia
preoccupazione maggiore è sulla qualità dei vaccini e sui suoi costi effettivi,
quelli che andranno a carico delle popolazioni. Penso di essere ancora
abbastanza fortunato, insieme a tante persone che vivono in questa parte del
Mondo che si chiama Occidente, in quanto vi è la certezza della disponibiità
delle necessarie dosi di quel prodotto, che con il passare dei giorni, delle
settimane e probabilmente di qualche mese potrà far emergere anche gli aspetti
meno positivi, laddove – come ci si preoccupa – questi esistessero davvero. Ho
accostato il tema della non disponibilità per tutti – pensando ai paesi poveri
dove i dati del contagio non sono mai stati attendibili e stimolano gli
osservatori a congetturare scenari davvero cupi e pericolosi per il resto
dell’umanità (“il virus non si è modificato” è quel che si dice, ma ciò non
toglie che non possa in seguito accadere, finendo per provocare accanto ad una
devastazione di tipo ecologico ambientale un’ecatombe di tipo
planetario). Questo è lo scenario apocalittico che dobbiamo esemplarmente
tenere d’occhio; se la scelta della produzione di massa dei “vaccini” non si
pone l’obiettivo della gratuità a vantaggio del fruitore finale, soprattutto i
più deboli e poveri, i diseredati della Terra, non farà altro che destinare il
Pianeta ad una autodistruzione.
Non avrà alcun valore il livello di Civiltà raggiunto nè il grado di
Governo del Mondo.
Non potremo raccontarcelo.
E ritorno a trattare dei “secondi”, ovvero quegli “alcuni che hanno alzato
forte il loro allarme sul rischio che corre la Democrazia”. Abbiamo subito
pensato che fossero “fuori luogo”, ed in realtà lo erano, perché scendevano in
piazza, negando fossero reali i numeri delle vittime, quelle scene strazianti
delle “camere di terapia intensiva” dove esseri ormai irriconoscibili lottavano
tra il poco di vita che rimaneva e la morte che avanzava, e quelle lunghe file
di camion militari con salme che non potevano essere accompagnate dagli affetti
più cari. Visionari, dunque? Forse soltanto inopportuni; anche perché con tutto
quello che sta ancora oggi accadendo e tutto quello che si annuncia per le
prossime settimane e forse mesi e mesi ancora una preoccupazione io la
manterrei ben desta.
3.
Quel che pavento in questi “post” deve essere utile a scongiurare simili
scenari apocalittici.
Non basterà che qualcuno lo scriva, che lo dica e che uno sparuto gruppo di
supporter lo confermi; bisognerà lavorare sodo per recuperare un “volgo
disperso” sofferente al di là di quanto sia oggi possibile immaginare, oltre le
privazioni oltre i lutti ben oltre le sofferenze fisiche e morali, psicologiche
e reali. Se rimane in noi un lievito di serenità con il quale poter riuscire a
concretizzare un pensiero complesso non piegato sulle proprie miserie, dovremo
ricostruire il nostro tempo e rimettere in ordine il tutto per il futuro, che
non potrà essere del tutto uguale a quel recente passato che in tanti sembrano
voler rapidamente, il più velocemente possibile, recuperare.
n questi giorni ferve con intensità il dibattito sulla necessità di
riaprire, in qualsiasi modo, molte tra le attività commerciali e turistiche; si
rischia di rimettere in moto la circolazione del virus con una velocità ben
superiore a quella finora espressa nelle due fasi, la seconda ancora in corso
seppur in lieve flessione. C’è in una parte degli imprenditori – come quelli
che si occupano delle località turistiche sulla neve – la “giusta” idea che si
corrano rischi di impresa cui essi tengono in modo molto netto e specifico e
temono “giustamente” per il loro futuro. Hanno tutte le buone ragioni da
portare avanti; ma non intendono, ed in realtà non possono nemmeno del tutto,
assumersi la responsabilità, considerarsi colpevoli, dei danni altrettanto
gravi e oggettivamente incommensurabili che potrebbero provocare, ridando forza
alla diffusione della pandemìa. In linea di massima si sarebbe anche potuto
mantenere aperte tante altre realtà operative (ristoranti, alberghi, musei,
teatri, cinema, centri commerciali, impianti sportivi, ecc…) già nella prima
fase; ma sarebbero occorsi alcuni elementi che oggettivamente sono mancati: a
questo punto sarebbe stato stato utile una sollecitazione “virtuosa” da parte
delle Opposizioni (che in questa fase qui nel nostro Paese afferiscono in modo
esclusivo alle Destre) ad utilizzare metodi severi ed energici per tutti con la
scelta di regole prescrittive rigorose sia nella fase teorica propositiva sia
in quella immediatamente successiva attuativa ed applicativa. Le Destre
dovrebbero possedere dentro il loro DNA questa potenzialità; ma in questo Paese
purtroppo (! – lo dico a forte ragion veduta) la Destra è semplicemente
caratterizzata da una parte dalla voglia di essere “contrari” a prescindere con
lo scopo di rosicchiare un po’ alla volta consensi alle forze di Governo,
dall’altra parte sostengono posizioni negazioniste oscurantiste, dall’altra
ancora si ergono a paladini esclusivi delle parti produttive che, in gran
numero, hanno usufruito di vantaggi di carattere economico. E questo modo di
essere delle Destre in definitiva “non collaborativo”, in un momento in cui è
opportuno e – forse anche “vincente”, finisce per ingenerare
un “corto circuito” che sospinge, in un drammatico gioco delle parti, il
Governo a produrre scelte ambigue non così forti da poter rapidamente, dopo un
periodo di difficoltà, consentire una ripresa dignitosa per l’intero Paese.
Cosa ci può interessare l’elenco delle iniziative programmate dall’Assessorato se non possiamo partecipare alle decisioni? Siamo o non siamo amministratori di secondo livello all’interno di un’unica città? Siamo trattati più o meno come dei giornalisti (“absit iniuria verbis”, con l’immenso rispetto per la categoria!) chiamati ad una Conferenza stampa (detto tra noi e proprio a questo proposito: molto spesso – per non dire abitualmente – anche quando partecipiamo, con le nostre idee e proposte, a rimpinguare di appuntamenti ed iniziative il Programma generale del Comune (festività natalizie e Estate), non siamo nemmeno invitati poi alle Conferenze stampa relative). Siamo dunque considerati esclusivamente dei manovali, dei portatori d’acqua senza una specifica identità.
Qualcosa di simile avviene praticamente con l’Assessorato alla Pubblica Istruzione: un esempio su tutti. Tutto il complesso, consistente, rilevante per qualità e quantità, delle attività formative che è in capo alle Circoscrizioni non ha trovato spazio nei depliant informativi redatti dall’Assessorato e diffusi sul territorio per informare i cittadini. E’ stata una disattenzione o una mancanza voluta? La differenza tra l’una e l’altra è davvero poca: è il segnale di una sottovalutazione del ruolo delle Circoscrizioni, che a tutta evidenza vengono trattate con fin troppa sufficienza (ed esprimendo tale giudizio, sono cortese).
Mi rendo ben conto che per qualcuno che in tali procedimenti ha operato in buona fede (penso ai funzionari e gli istruttori che controllano il tutto) questi miei rilievi potranno apparire ingenerosi; ma vi pregherei, perlomeno, amici e colleghi amministratori, di non volerci alla fine concederci quella mera paternalistica e paziente “pacca sulle spalle” che proprio a nulla servirebbe: servono, invece, davvero fatti e atti concreti in controtendenza che permettano alle Circoscrizioni di cooperare, se possibile tutte insieme, ad un Progetto comune per tutta la città e di poter costruire progetti strutturali complessivi che non siano condizionati alla precarietà e in questo modo non siano destinati a morire quasi subito dopo aver visto la luce.
Ora, diciamocelo con infinita chiarezza, quanto è avvenuto ieri, con le dimissioni dell’Assessore alla Cultura (n.d.t.: il 12 febbraio del 2002 Giuseppe Vannucchi, grande giornalista della RAI in pensione e Assessore alla Cultura nella seconda legislatura Mattei, si dimette), che spero fortemente e sinceramente possano nel più breve tempo rientrare, esige con urgenza che si proceda ad aprire una seria riflessione su come, a livello istituzionale, ci si debba muovere per non incorrere in errori, omissioni, malintesi ed occorrano regole precise, certe, che consentano la più ampia trasparenza.
Voi, caro Sindaco, cari Amministratori, gentilissimi Dirigenti, ci dovreste far sapere una buona volta per tutte cosa volete davvero che siano le Circoscrizioni.
Noi stiamo dicendo tutto questo in un contesto, questo degli Stati Generali, creato (almeno spero e credo sia stato pensato in tal senso) appositamente per un confronto il più ampio possibile, per un dibattito propositivo, per riuscirci a dire apertamente – e pubblicamente – tutto quello che di positivo o di negativo noi quotidianamente verifichiamo; abbiamo tutti bisogno di fare qualche passo in avanti, lento se pensate e desiderate ma in ogni caso “in avanti”. La nostra preoccupazione è ovviamente quella di essere costretti, all’interno delle enormi difficoltà strutturali create dall’attuale Governo (n.d.t.: il Berlusconi 2), a fare dei passi indietro molto mortificanti.
19. Si ricordava prima il percorso seguito dalla Provincia. Non è diverso, direi addirittura in un certo modo, mi sia consentito, peggiore il percorso realizzato dal Comune di Prato. Lo dico senza mezzi termini, anche se il risultato può considerarsi apprezzabile. Ma a decidere questo Piano per l’obbligo (è curioso ma è così si parla di due piani) ci hanno pensato quasi esclusivamente i Direttori Didattici ed i Presidi, con l’accordo ovviamente dell’Assessore ed immagino del Provveditore. Fatto sta poi che solo nella riunione di maggioranza di lunedì scorso, se non sbaglio, è stato possibile visionare quella proposta.
Io credo, assessore Frosini,
che tutta questa vicenda sia stata condotta in contrasto con le ideologie
fondanti alle quali la sua forza politica, che non è poi la sola, si richiama.
Manca nel suo lavoro il concetto di solidarietà: è stato prodotto un Piano
bello ma separato dal resto e si è lasciato che in questa città famiglie intere
si dividessero, amici in qualche modo si contrastassero, si verificasse
qualcosa, che, per carità, non è paragonabile a Sarajevo, ma è comunque
fortemente spiacevole, che si potrebbe protrarre nel tempo. Tutto questo, senza
che da parte del Comune si dicesse: Vediamoci, verifichiamo quel che è
possibile fare; cerchiamo insieme qualche soluzione. Anzi! si diceva proprio il
contrario: non dipende da noi, non dipende da me. Che dire? Si è insensibili?
Non ci credo. Ma certamente si è
corresponsabili di questa situazione, e lo si è in modo profondamente politico.
In questa corresponsabilità
voglio ricordare che se si verificassero nel tempo (un tempo credibile, ad
esempio nella prossima legislatura) le “voci” che non sono stato certo io a
produrre, ma che vengono anche da queste stanze, su possibili presidi
“supermanager”, i costi politici di questa operazione ricadrebbero a maggior
ragione sulle vostre spalle. A maggior ragione perché questo modo dissennato,
irrazionale di affrontare i problemi della scuola o è stato partorito da una
mente diabolica e perversa o da qualcuno che non conosce come funziona, cosa
significhi, cosa è una “scuola”. E tutto
questo produrrà i suoi contraccolpi politici: non ne ho il minimo dubbio. Ve lo
dico tranquillamente, anche abbastanza presto.
Era inevitabile in questa
situazione che ci fossero delle proteste, solitamente garbate, a volte un po’
sopra le righe. In generale non si potrà mai dire che chi ha finora protestato non lo abbia fatto
con signorilità, ed abbia finora avuto tanta pazienza.
Anche gli insegnanti hanno
dimostrato tanta pazienza: soprattutto dal momento in cui hanno capito di avere
di fronte a sé non Amministratori ma “maestri di vita” che sapevano bacchettare
a dovere quei docenti attaccati al loro posticino, al loro quartierino, quei
docenti che in fondo non capivano proprio niente, passi per i metri quadrati
del sottoscritto, non capivano proprio niente della vita.
Vedete, ci sono delle
questioni che proprio non tornano.
Non tornano i conti. Infatti non si capisce più di un elemento.
Intanto, ci si spieghi qui
come il “Dagomari” farà ad essere ospitato nell’attuale struttura del
“Gramsci”. Qui non ci vuole uno scienziato e non sono necessari i “maestri di
vita” per capire che, così come è ora, il “Dagomari” non ci riesce a stare;
perlomeno non ci può stare con tutta intera l’offerta formativa attuale: questo
si configura come un vero e proprio attentato al diritto allo studio.
COVID 19 – parte 6 “Tempi difficili e Tempi facili ”
Ieri (scrivo l’11 gennaio 2021) ho pubblicato un sondaggio
(attraverso un Comunicato stampa integrale dell’INAPP), che evidentemente è
tenuto segreto, visto che non ha trovato alcun riscontro nel dibattito
giornalistico (se fosse una delle tante “false notizie” che circolano mi piacerebbe
saperlo ma per ora sembra tutto passare sotto silenzio), tranne un timido
sporadico accenno attraverso l’intervista ad una coraggiosa docente di scuola
media superiore, che ha espresso dubbi sulla sicurezza nelle scuole ed ha
difeso l’utilizzo della “Didattica a distanza” come elemento di superiore
modernità ed innovazione nei metodi di iinsegnamento ed apprendimento.
Di fronte a questo silenzio compensato da un battage sempre
più intenso ed aggressivo a favore di chi, in modo nettamente acritico ed ideologico, prosegue a difendere la “Didattica
in presenza” assicurando – senza peraltro avere nè contezza nè competenza in
materia – che non vi siano rischi per la “sicurezza”, sono sempre più
preoccupato per la tenuta democratica del Paese. Non credo di esagerare, di
fronte al “silenzio” reale e forzato di una larga parte degli stessi fruitori
del servizio scolastico. “Reale” perché ormai sfiduciati e si preferisce a
questo punto “tacere”; “forzato” perché non considerato dagli organismi di
stampa sempre più collegati ai “poteri forti” siano essi “governativi” o “di opposizione”.
Gli stessi eventi statunitensi, che accanto alla
drammaticità ed alla serietà hanno abbinato aspetti folcloristici e grotteschi,
aiutano a deviare l’attenzione dell’opinione pubblica, puntando più sui secondi
aspetti, davvero secondari e scarsamente significativi, che sui “primi” che
svelano la “miseria umana dilagante e l’ignoranza diffusissima” in una
popolazione che, al di là delle “paillettes et cotillons” mostrate dai pochi
sempre più ridotti per numero, sta vivendo una profondissima pericolosissima
crisi di identità accompagnata da un depauperamento del ceto medio non
sostenuto tuttavia da una ripresa della parte più emarginata, miserabili per
reddito e per cultura.
Su questi temi dovremo necessariamente far ritorno nei
prossimi giorni: la Democrazia va difesa partendo dal sostegno ai diritti primari, Salute
Istruzione Dignità di un Lavoro equamente retribuito. Questo vale per gli
States ma anche per il Vecchio Mondo.
Ho preso avvio in questi blocchi accennando a quelle che mi
sono apparse inadempienze strutturali, dovute alla incapacità funzionale di un
ceto politico nel suo complesso nel saper fronteggiare con decisione i morsi
della crisi, prima sanitaria e poi economica, nella sua parte iniziale (che non
è peraltro terminata). Rimango basito ancora una volta di fronte ai
tentennamenti ed alle sottovalutazioni “colpose”, perché invece di rispondere
alla necessaria soluzione dei problemi finiscono per crearne altri. Nel gioco
abbastanza paternalistico ed infantile del “limitare ma concedere allo stesso
tempo un pochettino” di certo non si è fatta la felicità delle varie categorie
ma si è acuita l’acredine verso l’apparato governativo.
Sui temi della Scuola non posso che proseguire a condividere
umanamente le preoccupazioni espresse di continuo intorno a quanto di bello di
utile e di buono è stato perso, e lo sarà ancora, con il mancato rapporto
educativo docente discente, e con il deficit di socialità. Ma allo stesso tempo
non posso che ribadire che questi sono i tempi che ci è dato di vivere e forse
occorrerebbe con saggezza riferirsi ai nostri predecessori che, davanti alle
difficoltà, hanno ritrovato la strada per migliorare se stessi ed il loro mondo
futuro.
“Tempi difficili creano uomini forti, uomini forti creano tempi
facili.
Tempi facili creano uomini
deboli, uomini deboli creano tempi difficili.”
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