LE STORIE DEL NOSTRO TEMPO – parte 5 e ultima
Apparentemente rimane, per ora, di scrivere intorno al punto 5, e cioè la “sostituzione” di Domenico Arcuri al ruolo di “Commissario straordinario emergenza Covid”. In realtà, questa operazione era nell’aria da qualche settimana. Con l’avvio del nuovo Governo, Arcuri era rimasto silente ed aveva lasciato spazio ad altre figure. Pesavano su di lui molte critiche, ed in modo particolare il cumulo di responsabilità che gli erano state assegnate: indubbiamente uno degli aspetti per conto mio meno comprensibili del Governo precedente. Nondimeno la scelta dell’attuale Presidente del Consiglio, Mario Draghi, contiene degli aspetti che dovrebbero preoccupare al di là delle ideali divisioni tra bellicisti e pacifisti: affidare l’incarico ad un esponente di primo livello del mondo militare come il Generale Figliuolo mette in evidenza il livello di degrado degli apparati civili, considerati inadeguati a seguire efficacemente il decorso della pandemia.E’ una vera e propria resa incondizionata, una dichiarazione di impotenza da parte dello Stato anche se in un “tempo” di alta ed urgente drammatica emergenza. La gestione Arcuri forse ha peccato di superbia ma la responsabilità più alta risiede nell’assenza di un controllo adeguato da parte del Governo. Il generale Figliuolo si presenta ad ogni buon conto con un ottimo curriculum, soprattutto quello più recente, che fa riferimento alla gestione logistica dell’emergenza Covid nella prima fase pandemica (era sotto la sua guida la gestione di quelle lunghe meste file di camion militari che un anno fa aiutavano a smaltire le salme a Bergamo). Pur tuttavia a me ha fatto impressione vederlo nel suo esordio seduto al tavolo del Coordinamento con la sua divisa militare con nastrini e distintivi vari. L’ho considerata una forma di scarso rispetto per il ruolo “nuovo” che sta svolgendo, di tipo esclusivamente “civile”: basta una giacca ed una cravatta; non occorre altro.
Difficile concludere, mentre il quadro si evolve aggiungendo temi su temi. Ritorno per quest’ultimo motivo alla questione PD e alla sua crisi, di fronte alle dimissioni di Nicola Zingaretti, irrevocabili.

Ne ho parlato con alcuni miei interlocutori. Considero la scelta del Segretario PD come una vera propria provocazione: per me l’appello sottinteso è ai “suoi” non a coloro che sono di fatto i suoi “interni” avversari. Zingaretti chiede – è un mantra molto diffuso in Politica in questo periodo – “un cambio di passo” e probabilmente anche una “nuova” iniziativa politica. Semmai anche una iniziativa altrettanto provocatoria, come la occupazione degli spazi associativi. In ciò sono stato preceduto dalle “Sardine”, anche se mi sono subito chiesto “a che titolo lo avrebbero fatto”. Su di loro ho sospetti che non sono mai stati fugati: cosa fanno nella vita? Chi li “sostenta”? come mai spuntano così all’improvviso senza essersi mai fatti sentire in questo tempo nel quale avremmo avuto bisogno “anche” del loro contributo?

Un’iniziativa forse sarebbe molto utile per la “Democrazia”. Avviare con procedura d’urgenza la revisione dello Statuto del PD nella parte che non ha consentito la ricomposizione degli organismi territoriali nel rispetto delle nuove maggioranze all’indomani della tornata di Primarie dello scorso 3 marzo 2019, allorquando Zingaretti ottenne il 66% dei consensi. Da allora, mentre l’Assemblea Nazionale è composta in modo da rispettare tali risultati, nelle Assemblee ed organismi territoriali tutto è rimasto come prima: a decidere e scegliere vi sono maggioranze irrispettose del voto “democratico” di tanti iscritti e simpatizzanti di quel Partito. Quello Statuto così come è è “antidemocratico” ed “anticostituzionale”!