17 marzo – TEXPRINT di Prato – una “storia” esemplare e…paradossale – parte 2

TEXPRINT di Prato – una “storia” esemplare e…paradossale – parte 2.

Il ruolo delle organizzazioni sindacali, ed in modo particolare quelle collegate storicamente alle strutture ideologiche politiche, quelle che chiamiamo confederali, dovrebbe essere maggiormente attento alla costruzione di meccanismi di difesa dei lavoratori a prescindere dalla loro adesione o meno attraverso iscrizione e pagamento di una quota per avere le necessarie tutele. Questa “forma” di tutela è ambigua, soprattutto allorquando nel rapporto “umano” tra datore di lavoro e prestatore d’opera viene meno la fiducia. Beninteso, non dovrà mai trattarsi di un rapporto padronale/servile; ma è ormai acclarato che la fiducia genera condivisione, partecipazione, un afflato positivo per tutti.

In realtà un Sindacato storicamente nasce per la difesa degli “interessi” de propri iscritti. E’ la Politica che invece deve cercare ed esperire le soluzioni per appianare le vertenze. Ma molto spesso il ruolo della Politica si blocca sulla soglia degli interessi di parte e per lo più sono i più deboli a rimetterci; e “i più deboli” sono sempre “i prestatori d’opera”.

Anche in un “mercato” come quello del nostro tempo, considerato “libero” (soprattutto a favore dei “datori di lavoro”), esistono delle regole, che tuttavia vengono trasgredite, eluse a volte in modalità “border line”, affinché vi sia la possibilità di difendersi in sede giudiziale. E’ per l’appunto il contratto “part time” che tuttavia nasconde un prolungamento orario spesso indefinito, solitamente mal pagato e senza il versamento dei relativi contributi.

Da quel che sento è un trattamento molto diffuso, su cui occorre intervenire.

Ovviamente il ruolo di controllo dello Stato deve marciare di pari passo con gli altri “attori” della problematica.

E lo si può fare mettendo insieme le forze, soprattutto quelle che appaiono contrapporsi, allo scopo di perseguire una “pace” sociale ancor più necessaria e, aggiungerei, utile in questa fase di grandi incertezze.

Personalmente sin dai primi giorni difficili del marzo 2020 mi sono accodato ad un coro positivo di auspici che propugnava la tesi che  “da questa tragedia saremmo usciti tutti migliorati”; questo “entusiasmo” si è poco a poco affievolito fino a trasformarsi in una profonda disillusione.

La vicenda da cui ho esemplarmente preso il via in questi due blocchi non è affatto diversa da altre precedenti nelle quali si è verificato uno scontro duro, che ha visto virtualmente contrapporsi visioni diverse tra loro su come dirimere le vertenze. 

Il ruolo della Politica è “centrale” anche a livello locale. Dopo la “denuncia” consapevole del reale problema   da parte di alcuni rappresentanti (sui social i Giovani Democratici e qualche altro rappresentante del Partito Democratico)  che hanno riconosciuto le ragioni della protesta, non ci si deve e non ci si può fermare.

Molte volte è accaduto che un evento sia diventato esemplare per tutto il nostro Paese ed abbia prodotto una vera e propria trasformazione. E’ di certo più facile attivarsi in realtà periferiche (rispetto ai grandi centri industriali) per avviare una sorta di sperimentazione. E’ necessario però che tutti gli “attori” intervengano in prima fila e partecipino a questo tentativo.   Diversamente tutto ciò che appare positivo ora, finirebbe per essere ancora una volta un tremendo e dannoso “gioco delle parti” contrapposto ideologicamente.

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