18 marzo – REPETITA IUVANT (alcune cose da ricordare, da “non dimenticare”) parte 1

REPETITA IUVANT (alcune cose da ricordare, da “non dimenticare”) parte 1

Di tanto in tanto vado a rileggere alcuni tra i miei post degli anni precedenti; non è una forma di egocentrismo vanaglorioso ma – all’incontrario – una debolezza congenita, un certo qual senso di finitezza che mi spinge a verificare i miei percorsi “diretti”, quelli soprattutto che mi hanno portato gradualmente ad allontanarmi dal Partito che ho contribuito a fondare da coordinatore “in seconda” di un Comitato.

Sinceramente avverto “sempre” un senso di frustrazione, una disillusione profonda nel vedere confermate tutte le critiche che in modo filiale, fraterno, paterno rivolgevamo sin dagli inizi a coloro che – seduti sugli scranni degli “apparati” o loro sostenitori pedissequi (il termine, quest’ultimo, non deve essere interpretato in modo negativo, erano “acritici” ma convinti: in maggioranza con la “buona fede” in tasca) – volevamo che condividessero il nostro bisogno di creare  un “Partito nuovo più aperto, inclusivo e partecipato”, un Partito, come lo chiamammo noi, “Davvero Democratico”.                                                                                                                      Molta documentazione di quel periodo è stata da me pubblicata qui. Ma immensa è la Rassegna Stampa di allora, tra il 2006 ed il 2007 e ricca la produzione territoriale.

I segnali di un malessere che sarebbe poi diventato profondo c’erano già allora, allorquando coloro che si arrogavano un potere democraticamente aperto ai contributi, illudendosi di poter anche dare una svolta ai metodi politici, affinchè tenessero conto principalmente dei bisogni e delle richieste che provenivano dalla base, furono deliberatamente contrastati nelle loro istanze e marginalizzati nella loro attività. Nondimeno però gli apparati continuavano a predicare la necessità di un rinnovamento.  Lentamente poi si è prodotto un “gap” sempre più forte che ha allargato le distanze; in un territorio come quello di Prato alcune vicende hanno messo in evidenza lampante questa discrasia. In una di queste il PD si è lacerato, arrivando addirittura a mettere in discussione un candidato alla carica di “primo Cittadino” che era stato eletto dalle Primarie “aperte” creando in pratica le condizioni per consegnare la stessa città alla Destra; in un’altra occasione la ricerca del consenso per raggiungere il successo nelle Amministrative si è spinta ad accogliere qualsiasi voto, anche da parte di gruppi chiaramente di Destra. Nel frattempo un sostegno a questa deriva è stato fornito dalla ascesa di Matteo Renzi che, insieme a vecchi e nuovi sostenitori, ha progressivamente mortificato la partecipazione critica propositiva delle periferie, non solo quelle “territoriali”. Un po’ alla volta i Circoli si sono desertificati, a causa della frustrazione diffusa: a cosa possono servire i dibattiti, i confronti intorno alle idee ed alle proposte se poi non solo non se ne tiene conto, ma addirittura le si combatte sotterraneamente, anche se non solo?

Oggi potrebbe apparire a molti ingenui (anche questo termine deve essere inteso in modo positivo) che, essendo Matteo Renzi uscito dal PD, ci siano meno “lacci” per coloro i quali volessero riprendere a dialogare semmai con due piedi fuori e l’anima leggermente “dentro”. Non è affatto così; la realtà è che quei “veleni” introdotti hanno lasciato segni indelebili, dolori, che potrebbero anche essere leniti ma con atti concreti nei metodi, nello stile, negli approcci diretti. Per capirci; non bastano più le “parole” (anche quelle scritte), ne abbiamo sentite (e lette)  tante anche da parte di chi poi le tradiva nei fatti.

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