24 marzo – INFER(N)I – altri Inferni – non solo Dante – introduzione

Inseguendo i temi danteschi, girovago tra i testi alla ricerca di suggestioni. Da tempo avevo progettato di indagare aspetti dell’esistenza che sfuggono ai meri sviluppi della realtà e la trascendono arrivando ad intrufolarsi tra le pieghe del mistero della nostra vita. Dante fu maestro e si dispose ad un viaggio dal quale poté fare ritorno. Tanti altri in modalità diverse hanno tentato quella strada, semmai descrivendone in terza persona gli ambiti. Affronterò questo mio “viaggio” tra gli itinerari “ultraterreni” così come rappresentati nelle letterature che ci hanno accompagnato nei nostri anni, sin dai primi giorni.


Sono nato ed ho vissuto la mia infanzia e l’adolescenza nei Campi Flegrei respirando i vapori sulfurei della Solfatara e del Lago d’Averno, ho varcato in più occasioni l’Antro della Sibilla Cumana e tra le pendici occidentali del Lago sono entrato nel varco dal quale transitarono Ulisse ed Enea nella loro “discesa agli Inferi” di cui hanno parlato Omero e Virgilio. Sin da infante doppiavo il Capo Miseno per andare all’Isola di mia madre.

Aggiungo “a posteriori” (16 maggio 2021) un commento di Rosario Mattera riportato su Facebook

” Passeggiando lungo le sponde del maestoso Lago D’averno ci s’imbatte in un vecchio cartello con su scritto “Grotta della Sibilla”. Attraverso un breve , ma impervio sentiero, ostacolato dalla fitta vegetazione e numerosi preservativi usati , si raggiunge quest’antica e misteriosa porta.Erroneamente si pensasse fosse la grotta che diede asilo alla famosa Sibilla Cumana, ma storici e archeologici sostengono sia un apparato militare di epoca romana che collega l’Averno con il lago Lucrino, una via del più amplio progetto dell’antico Porto Giulio.Fino a qualche anno fà era possibile visitare il luogo grazie al custode che faceva anche da guida e come egli stesso sosteneva spesso gli è capitato di portare letteralmente sulle proprie spalle personalità illustri sia del panorama politico che dello spettacolo. Diceva di caricarseli sulle spalle per evitare che i propri ospiti si sporcassero in quanto l’area presentava diversi acquitrini e zone paludose.Con l’aggravarsi delle condizioni di salute del custode “Caronte” la grotta è stata definitivamente abbandonata.Aldilà dell’immenso patrimonio archeologico di cui ormai ne siamo ampiamente a conoscenza, è giusto ricordare che la ricchezza del territorio è anche composta da persone che fanno il proprio lavoro con amore e dedizione! Non smetteremo mai di sollecitare e sensibilizzare gli enti istituzionali a preservare e promuovere i tesori della nostra terra. “


Cammino a flemma fino a incorniciare il sole
Fra nuvole che
Si gonfiano teutoniche
Un profumo, mio nonno che pesca,
E il profilo di mio padre che insegna
Cose semplici
A me,
Che mi ostino a complicarle.
Sulle sponde abbellimenti di canne, in levare
Belli, belli, belli…
Belli come gli haiku
E grati come i fossili alla terra
Ho ferito già
Due colombi qui
Raccontandogli storie d’aceto
Sento ancora un ladro giurare
Su quel sacro che ahimè si consuma

C’è un tempio sporto sulle labbra del lago
Che propone ogni volta un perché, un “perché…”
Con la sua bocca di totem
E’ un’armonia quella bocca
Che modula l’anima
La stringo mia, e la sua bocca
Si affila nell’aria, che va…
Nelle vie dove si amano i gatti
C’è un profumo: mio nonno che pesca.
Epiche poesie nell’infanzia nuotano,
Galeoni alati,
Che per gioco corrono
Sinceri
Epiche poesie nell’infanzia nuotano,
Galeoni alati,
Che per gioco corrono
Sinceri.
Scheletri di amori a mezzo mare,
Ed ora noi, tiratori franchi,
Due colombi d’ambra,
Di spalle.
Il lago si gonfia,
Nel mare un utero.

A quei tempi risalgono i primi contatti con il tema dell’aldilà, quando nelle notti calde d’estate giravamo tra i viottoli che sovrastano il Cimitero di Procida, nei pressi della spiaggia del Pozzo Vecchio ed osservavamo le fiammelle spuntare dalla terra con la quale erano state coperte le salme
dei defunti, avvolte solo in lenzuola, ed a noi sembravano lingue che volessero comunicare con noi viventi. Attratti dall’arcano come per una sfida di coraggio, subito dopo però fuggivamo nelle comode mura delle nostre famiglie. Allo stesso modo sfuggivamo dal porci domande sulla fine della nostra esistenza allontanando da noi quel pensiero, aiutati peraltro dalla buona sorte.

Solo più in qua negli anni, in corrispondenza con eventi luttuosi ed una serie di letture, abbiamo avviato a comprendere quanto sia consolatoria la pratica del “viaggio” verso sempiterni mondi del tutto sconosciuti nella nostra vita da svegli ma presenti a volte nei nostri sogni.

Nel mondo antico classico, per noi, la presenza dell’aldilà è rappresentata in primissimo luogo dalle divinità, personaggi la cui esistenza è, per loro natura, eterna. Esistono da quando esiste il Mondo ed esisteranno per sempre. Non è un mistero, dunque, che personaggi anch’essi mitologici come Ulisse ed Enea abbiano avuto la possibilità di varcare i limiti della vita terrena per inoltrarsi in luoghi magici come l’Ade e gli Inferi. Per fare questo hanno bisogno di avere le giuste protezioni e gli opportuni accompagnatori.

Ho indagato tra le vecchie e le nuove conoscenze letterarie per lavorare intorno ad un progetto teatrale che non è stato possibile realizzare, non solo per la pandemìa che ha tuttavia contribuito molto, ma soprattutto per la febbre “politica” che mi ha coinvolto pienamente nel corso degli ultimi anni.

Ovviamente, non ci fermeremo al mondo classico, anche se – proseguendo – non potremo escludere che tutti gli altri autori, compreso Dante, non siano stati suggestionati dagli altrettanto illustri predecessori, Omero e Virgilio in primo luogo.

Sin dal prossimo blocco riporteremo alcuni brani che riguardano quel tema, del viaggio verso l’al di là vissuto dai vivi per indagare nel profondo degli animi umani.

fine dell’introduzione

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