1 aprile – REPETITA IUVANT (alcune cose da ricordare, da “non dimenticare”) intero

REPETITA IUVANT (alcune cose da ricordare, da “non dimenticare”) parte 1

Di tanto in tanto vado a rileggere alcuni tra i miei post degli anni precedenti; non è una forma di egocentrismo vanaglorioso ma – all’incontrario – una debolezza congenita, un certo qual senso di finitezza che mi spinge a verificare i miei percorsi “diretti”, quelli soprattutto che mi hanno portato gradualmente ad allontanarmi dal Partito che ho contribuito a fondare da coordinatore “in seconda” di un Comitato.

Sinceramente avverto “sempre” un senso di frustrazione, una disillusione profonda nel vedere confermate tutte le critiche che in modo filiale, fraterno, paterno rivolgevamo sin dagli inizi a coloro che – seduti sugli scranni degli “apparati” o loro sostenitori pedissequi (il termine, quest’ultimo, non deve essere interpretato in modo negativo, erano “acritici” ma convinti: in maggioranza con la “buona fede” in tasca) – volevamo che condividessero il nostro bisogno di creare  un “Partito nuovo più aperto, inclusivo e partecipato”, un Partito, come lo chiamammo noi, “Davvero Democratico”.                                                                                                                      Molta documentazione di quel periodo è stata da me pubblicata qui. Ma immensa è la Rassegna Stampa di allora, tra il 2006 ed il 2007 e ricca la produzione territoriale.

I segnali di un malessere che sarebbe poi diventato profondo c’erano già allora, allorquando coloro che si arrogavano un potere democraticamente aperto ai contributi, illudendosi di poter anche dare una svolta ai metodi politici, affinchè tenessero conto principalmente dei bisogni e delle richieste che provenivano dalla base, furono deliberatamente contrastati nelle loro istanze e marginalizzati nella loro attività. Nondimeno però gli apparati continuavano a predicare la necessità di un rinnovamento.  Lentamente poi si è prodotto un “gap” sempre più forte che ha allargato le distanze; in un territorio come quello di Prato alcune vicende hanno messo in evidenza lampante questa discrasia. In una di queste il PD si è lacerato, arrivando addirittura a mettere in discussione un candidato alla carica di “primo Cittadino” che era stato eletto dalle Primarie “aperte” creando in pratica le condizioni per consegnare la stessa città alla Destra; in un’altra occasione la ricerca del consenso per raggiungere il successo nelle Amministrative si è spinta ad accogliere qualsiasi voto, anche da parte di gruppi chiaramente di Destra. Nel frattempo un sostegno a questa deriva è stato fornito dalla ascesa di Matteo Renzi che, insieme a vecchi e nuovi sostenitori, ha progressivamente mortificato la partecipazione critica propositiva delle periferie, non solo quelle “territoriali”. Un po’ alla volta i Circoli si sono desertificati, a causa della frustrazione diffusa: a cosa possono servire i dibattiti, i confronti intorno alle idee ed alle proposte se poi non solo non se ne tiene conto, ma addirittura le si combatte sotterraneamente, anche se non solo?

Oggi potrebbe apparire a molti ingenui (anche questo termine deve essere inteso in modo positivo) che, essendo Matteo Renzi uscito dal PD, ci siano meno “lacci” per coloro i quali volessero riprendere a dialogare semmai con due piedi fuori e l’anima leggermente “dentro”. Non è affatto così; la realtà è che quei “veleni” introdotti hanno lasciato segni indelebili, dolori, che potrebbero anche essere leniti ma con atti concreti nei metodi, nello stile, negli approcci diretti. Per capirci; non bastano più le “parole” (anche quelle scritte), ne abbiamo sentite (e lette)  tante anche da parte di chi poi le tradiva nei fatti.

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REPETITA IUVANT (alcune cose da ricordare, da “non dimenticare”) parte 2

Cercare voti a destra era purtroppo necessario per poter vincere, visto che una parte sempre più corposa di elettori di Sinistra si allontanava, in parte correndo dietro all’attivismo verbale pentastellato in parte contribuendo ad aumentare il voto di astensione o quello “disperso” a volte anche in controtendenza (non è sempre facile per tutti in questi tempi comprendere quale sia la differenza tra Sinistra e Destra). E allora perchè mai non camuffarsi da Zelig se questo torna a vantaggio?

Quelli che conoscono i miei percorsi politici sanno perfettamente che non è mai stato tra i miei obiettivi il lucrare sul tipo di impegno che profondevo; ovviamente ho sempre più agito in modo disinteressato, soprattutto man mano che la mia età avanzava. La specificità con cui mi sono mosso è stata quella di un federatore e dunque è stata proprio quest’ultima funzione a non essere accolta, perché implicava l’accoglimento di figure che si sarebbero potute porre in concorrenza con quanti aspiravano a ricoprire incarichi. In realtà proprio quelle “poltrone” di cui ha trattato il segretario del PD, Nicola Zingaretti, nell’annunciare le sue irrevocabili dimissioni. Il campo d’azione è stato sempre quello della Sinistra, ed in modo netto quella Sinistra democratica, progressista, moderatamente riformista, non di certo meramente identitariamente ideologica. Fino a quando sono rimasto nel Partito Democratico ho lavorato per far costruire progetti, per consentire elaborazioni comuni aperte agli esterni volenterosi e condivise. Di certo partivo dalla consapevolezza dei limiti del “progetto originario” non tanto sui “fondamentali espressi” quanto sulle “pratiche attivate”. “Palestra delle Idee”, adesione ai “Luoghi ideali”, partecipazione a “Trame di Quartiere” sono state alcune tappe che hanno fatto del territorio nel quale ho operato, Quartiere San Paolo di Prato, un luogo di elaborazione riconosciuto da molti, in senso positivo nonchè negativo, come esemplare.

Dopo essere uscito non ho mai smesso di adoperarmi nella costruzione di una forma di coalizione dei soggetti della Sinistra, sempre più escludendomi da posizioni apicali che avessero lo scopo di ottenere riconoscimenti che non fossero quelli di tipo morale. Ho tentato di operare all’interno di quel raggruppamento che ha fondato “Liberi e Uguali” con molti dubbi, soprattutto alcune ambiguità mai sciolte; per cui avvertendo l’inutilità del mio contributo, o addirittura un senso di fastidio, ho scelto di muovermi per costituire un soggetto federativo dei residui della Sinistra con la creazione di “Prato in Comune”. Ovviamente non sono riuscito, insieme ad altri “compagni” a federare – per evidente incompatibilità (come già espresso) – la parte maggiormente dogmatica della Sinistra.

In questi ultimi giorni, complice la marginalità indotta dal virus, ho continuato ad osservare in solitudine lo scorrere degli eventi. In modo particolare mi hanno attratto alcune vicissitudini nazionali collegate alla crisi del Governo Conte 2 ed alla nascita del nuovo Governo Draghi. L’esito del percorso del dimissionario Segretario nazionale del PD e l’arrivo del “nuovo” che tuttavia nelle sue prime uscite non ha espresso nuovi esiti, rimanendo nel vago della solita retorica politica, fatta di “parole d’ordine” sempre le stesse, mi spingono a chiedere di “vedere le carte”, a partire dal “locale”.

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3. REPETITA IUVANT (alcune cose da ricordare, da “non dimenticare”) parte 3 In questa nuova “palestra” ci sono passi indietro e passi avanti. Se per davvero si vuole cambiare, occorre che vi sia chi fa dei passi indietro e chi abbia la possibilità di fare dei passi avanti. Se si annunciano cambiamenti, occorre agire di conseguenza. Diversamente, sarebbe una nuova buona occasione perduta.

E’ solo una “metafora”, quel “vedere le carte”, ovviamente! Innanzitutto perché per troppo tempo le abbiamo vedute sempre così identiche a se stesse e non abbiamo mai avuto un riscontro con ciò che sarebbe stato realizzato. Tante “parole” pochissime “conferme”; tanto che di volta in volta le si sono ripetute come se fossero “nuove”, ma erano vecchie e stantie. E’ una pessima abitudine della “Politica” che ha avuto bisogno di “rinnovarsi” continuamente proprio perché non riusciva a rinnovarsi per niente.

Di certo ci siam cascati anche noi, che abbiamo i capelli bianchi. Ed è davvero molto difficile che ci si ricaschi senza avere  la necessaria prudenza.

E’ possibile oggi attivare un nuovo percorso virtuoso? La “ragione” mi dice di NO, ma la passione mi sospinge. Gli elementi positivi possono avere la prevalenza solo se per davvero si avvii a considerare questo “tempo” così sospeso ad un passo dal precipizio come bisognoso di una cura molto energica e speciale.

L’equiparazione tra pandemìa e vaccini e crisi profonda e ricerca di una soluzione appare a me molto carica di significati e molto appropriata.

Quel che occorre non sono altre “vecchie” parole rielaborate in modo abborracciato pur con un nobile e sincero intento.

Non si può far finta di niente, come se in questi anni non fossero accadute vicende che hanno ridotto il livello di democraticità, hanno mortificato la partecipazione diffusa, hanno svenduto gli ideali in cambio di un potere accentrato sempre più nelle mani di pochi. Occorre costruire forme politiche che si occupino prioritariamente delle realtà umane ed economiche, culturali e sociali, attenuando le differenze  ed incentivando le uniche forme di ricchezza che siano utili a migliorare la società, distribuendo gli utili nella creazione di occasioni di lavoro “stabile” anche se diversificato. Occorre far tesoro per davvero di questo dramma che stiamo vivendo; dobbiamo impegnarci a far sì che per davvero da questa tragedia si esca tutti migliori. Ce lo siamo detto ma non sembra che queste affermazioni siano state considerate come sacrosante verità da realizzare.

In questa nuova “palestra” ci sono passi indietro e passi avanti. Se per davvero si vuole cambiare, occorre che vi sia chi fa dei passi indietro e chi abbia la possibilità di fare dei passi avanti. Se si annunciano cambiamenti, occorre agire di conseguenza. Diversamente, sarebbe una nuova buona occasione perduta.

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