8 maggio – LE PAROLE CHIAVE (repetita iuvant?) – 2 (per la 1 vedi 28 aprile)

LE PAROLE CHIAVE (repetita iuvant?) – parte 2
un raffronto tra il testo “costituente” e l’attuale “Vademecum” di Letta

2.

Un limite oggettivo, quello per il quale la mia “partecipazione” a quel dibattito con i toni critici (o“polemici”, se qualcuno liberamente vuole definirli tali) che mi contraddistinguono non può effettuarsi se non “a distanza”, semmai attraverso l’ausilio proprio delle tecnologie (Zoom o Meet, oppure Facebook): non faccio parte di quel Partito, anche se, e qui mi ripeto, “In qualità di “fondatore” mi interessa discutere su questi temi”. E mi interessa (“I care” a dirla con Don Lorenzo Milani) sotto l’aspetto civile e, professionalmente, linguistico. Perché in Politica, quella soprattutto praticata dai “politicanti”, non esiste alcun discorso che abbia un solo senso e, quindi, quando si parla di “Giovani” non si pensa davvero al loro futuro (troppo lontano per stuzzicare gli interessi contingenti) ma ad agganciare le loro sensibilità, che per lo più in quella fase della vita sono “ideali”.

Ho riferito nel sottotitolo e poi nel primo blocco il mio intendimento a porre in evidenza la “ripetizione” di alcuni temi. In verità sono perplesso anche verso questa “strutturazione” dell’analisi politica per titoli; credo che sia arrivato un momento, che potrebbe rivelarsi anche “rivoluzionario”, nel quale bisognerà procedere ad una vera e propria Riforma della pratica politica. Purtroppo rilevo che nel dibattito intorno ai “temi” presentati nel Vademecum lettiano quel tema, che insisto nel considerare “fondamentale”, sia stato relegato in coda con un triste 6,2%. E’, anche questo, il segno che vadano per la maggiore altri temi, per affrontare in modo adeguato i quali, a mio parere, sarebbe opportuno invece procedere verso un percorso ri-costituente. Un paio di anni fa, ormai “fuori” dalla appartenenza al PD avevo “osato” proporre un profondo “restyling” non solo formale, Venni attaccato da cani rabbiosi. Eppure la terminologia utilizzata nel Vademecum è molto chiara: “Riforme della democrazia malata”. La diagnosi è precisa: “malata”. E’ una sorta di autoassoluzione? o ci si vuole impegnare per sanarla, questa Democrazia?

Procedendo in un’analisi superficiale dei temi ne tratto uno che è un “topos” ricorrente. Quando si parla di “Sud”, se consultiamo le nostre più fornite Emeroteche e Biblioteche scopriamo fior fiore di articoli, saggi e trattati, riferiti alle tantissime iniziative che a mia memoria (dal secondo dopoguerra ad oggi, essendo nato io nel 1947) si sono svolte ed alle ricerche di tantissimi studiosi italiani e stranieri. Ma ovviamente parlare di Sud è un obbligo e non c’è, anche in questo caso, una vera attenzione verso la soluzione dei problemi, che sono diventati con il tempo irrisolvibili in quanto si è voluto mantenere da più diverse parti (politiche, sociali, culturali, industriali) per ragioni identitarie una diversità antropologica che ne ha differenziato le popolazioni. Ma lo stesso se ne parla, si inseriscono proposte per la creazione di infrastrutture che non si realizzeranno (se non altro nei tempi annunciati, da moltiplicare per dieci), si punta poi sul turismo e se ne privilegiano gli aspetti esclusivi non quelli di massa, quasi fosse una sorta di contrappeso per la scarsa considerazione che il Nord ha verso il Sud.

Riporterò nel prossimo post quel che nel 2007 si scriveva nel “Manifesto per il Partito Democratico”.

…2…