10 maggio – CANI GATTI E FIGLI – parte 5 (per la 4 vedi 12 aprile)

CANI GATTI E FIGLI – parte 5

Quanto ai ritmi di vita nostra ovviamente vennero sconvolti dalla presenza nuova del micetto. Era il nostro pensiero costante; ed essendo ancora da svezzare come un vero e proprio umano neonato ci alternavamo il più possibile a rimanere in casa, anche per evitare qualche “naturale” danno al parquet con il quale tutto l’appartamento era pavimentato.

Per fortuna essendo un gatto e non un cane aveva istinti molto più adatti ad un ambiente casalingo. Un cane – lo si sa – avrebbe avuto bisogno di uscire ed io me ne ricordavo; sarebbe stato un impegno molto diverso. Il collie di Saverio era stato sempre molto buono e paziente, non aveva mai disturbato ma quasi sempre non è così: negli appartamenti i cani tendono, soprattutto quando sono soli e pur temporaneamente abbandonati, ad abbaiare e fanno nascere molti contenziosi “condominiali”.

In realtà il “bello” di un cane è che ha una sua vita in gran parte dipendente dai loro umani di riferimento ma sanno stare in disparte tranquilli quando sanno di essere in compagnia. Un gatto invece sa ricavarsi spazi di autonomia quando gli “umani” sono assenti, mentre sentono il bisogno di rapportarsi non appena la presenza umana si concretizza. Quando si partiva per andare a scuola, la mattina, ci rincorreva fino alla porta ma, ce lo diceva la signora Cason, non lo aveva mai sentito miagolare in nostra assenza. A dire il vero, avendo condiviso questa adozione con lei, le avevamo anche dato l’autorizzazione ad entrare in casa in nostra assenza laddove Pussypussy avesse disturbato la quiete degli altri condòmini.

Quando si ritornava da scuola, era una festa “muta” fatta di rincorse, morsettini alle caviglie e arrampicamenti lungo i pantaloni. Erano un segno di affetto in attesa di avere il latte tiepido nel biberon. Ormai me ne occupavo io e sempre più ero il surrogato inconsapevole di “mamma gatta”. La sera, avendo intenzione di difendere la “nostra” intimità, chiudevamo la porta della camera da letto ma… dopo un po’ sentivamo grattare le unghie del micetto che mugolava con discrezione, piatendo di essere accolto tra noi. Cercavamo di fare i duri ma quasi sempre gliela davamo vinta: l’accoglievamo tra noi e si allungava in mezzo a noi, godendo del calduccio naturale.

Lo svezzamento avvenne poi, quando nella nostra piccola accogliente cucina stavo mangiando un panino con il prosciutto e il gattino si è arrampicato lungo le mie ginocchia, si è accomodato sul mio grembo ed ha allungato la zampina sul panino, staccandone un pezzo e portandoselo alla bocca. Da lì in poi lentamente ma progressivamente lo svezzammo, abituandolo a mangiare molti dei nostri cibi, seguendo i nostri ritmi alimentari.

Avremmo di sicuro visto crescere la nostra cucciola, diventare adulta, ma quello fu, in parte volontariamente in parte no, l’ultimo anno in cui vivemmo a Feltre. Per la prima volta avevamo la possibilità di chiedere il trasferimento per ridurre la distanza con la sede dei nostri genitori.

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