12 maggio – CINEMA – storia minima 1939-1940 parte 18 (per la 17 vedi 13 aprile)

CINEMA – storia minima 1939-1940 parte 18

Rimanendo dalle nostre parti ma con uno sguardo meno “provincial-nazional” non è fuori luogo menzionare il film di esordio di Mario Soldati, “Dora Nelson”. Il giovane intellettuale piemontese, artista poliedrico ed estremamente curioso di nuove e diverse esperienze aveva mosso già alcuni passi nel mondo cinematografico, seguendo soprattutto la sua particolare attenzione  verso la Cultura Artistica. Si era distinto particolarmente per la cura delle sceneggiature e per un paio di regie in italiano. Per tutti questi motivi Soldati entra in anticipo a far parte di quella tendenza che venne conosciuta come “calligrafismo”.                                                                                                                    In quel film si utilizza lo schema di una sostituzione di tipo teatrale plautina della protagonista che attraverso un inganno viene allontanata da un set sul quale sta recitando; è una tipica commedia che richiama lo stile di Lubitsch che tanto successo in quel periodo sta riscuotendo nel mondo e sul quale ci affacceremo in una delle prossime tranche. “Dora Nelson” aveva già avuto una sua edizione francese cui Mario Soldati si ispirerà.

Con lo stesso escamotage scenico del “sosia” ci inoltriamo nel cinema di Carlo Ludovico Bragaglia, ed in questo caso con la nuova stella del Cinema comico, Totò, alla sua seconda prova assoluta, “Animali pazzi” che, come il primo, non fu un grande successo di pubblico, tanto che finì per essere dimenticato e per lungo tempo dichiaro “perduto”, in quanto non se ne trovava traccia alcuna. In questo film, come accennato il grande attore comico napoletano impersona due personaggi come era stato nel caso della interprete del film “Dora Nelson”, la grandissima Assia Noris.

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Saltando nel 1940 non si può non trattare di un’opera profetica distopica ed antidistopica (ma non utopica) allo stesso tempo ed in qualche modo – anche con distanza supersiderale – assimilabile a questi due primi film del 1939 trattati in questa tranche. Si tratta de “Il grande dittatore” nel quale Charlie Chaplin, nel pieno della sua ascesa artistica, interpreta il ruolo di un umile barbiere che per una serie di (s)fortunati equivoci si ritrova ad assumere un ruolo guida di un Paese inventato ma molto vicino alla Germania hitleriana. Ovviamente, la vera Storia è in sottofondo ed ogni tanto fa capolino, ponendo in evidenza i valori positivi della pace della fratellanza della solidarietà che appaiono in modo intenso nel Discorso al Mondo che chiude il film e che ne rappresenta una eccezionale forma epigrafica di grande impatto emotivo.

Mi dispiace, ma io non voglio fare l’Imperatore, non è il mio mestiere. Non voglio governare, né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti se possibile: ebrei, ariani, neri o bianchi. Noi tutti vogliamo aiutarci vicendevolmente. Gli esseri umani sono fatti così. Vogliamo vivere della reciproca felicità, ma non della reciproca infelicità. Non vogliamo odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti, la natura è ricca ed è sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha chiuso il mondo dietro una barricata di odio, ci ha fatto marciare, col passo dell’oca, verso l’infelicità e lo spargimento di sangue.

Abbiamo aumentato la velocità, ma ci siamo chiusi in noi stessi. Le macchine che danno l’abbondanza ci hanno dato povertà, la scienza ci ha trasformato in cinici, l’abilità ci ha resi duri e spietati. Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Più che di macchine abbiamo bisogno di umanità. Più che d’intelligenza abbiamo bisogno di dolcezza e di bontà. Senza queste doti la vita sarà violenta e tutto andrà perduto.

L’aviazione e la radio hanno ravvicinato le genti: la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell’uomo, reclama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità. La mia voce raggiunge milioni di persone in ogni parte del mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che costringe l’uomo a torturare e imprigionare gente innocente. A quanti possono udirmi io dico: non disperate. L’infelicità che ci ha colpito non è che un effetto dell’ingordigia umana: l’amarezza di coloro che temono le vie del progresso umano. L’odio degli uomini passerà, i dittatori moriranno e il potere che hanno strappato al mondo ritornerà al popolo. Qualunque mezzo usino, la libertà non può essere soppressa.

Soldati! Non consegnatevi a questi bruti che vi disprezzano, che vi riducono in schiavitù, che irreggimentano la vostra vita, vi dicono quello che dovete fare, quello che dovete pensare e sentire! Non vi consegnate a questa gente senz’anima, uomini-macchina, con una macchina al posto del cervello e una macchina al posto del cuore! Voi non siete delle macchine! Siete degli uomini! Con in cuore l’amore per l’umanità! Non odiate! Sono quelli che non hanno l’amore per gli altri che lo fanno.

Soldati! Non combattete per la schiavitù! Battetevi per la libertà! Nel diciassettesimo capitolo di san Luca sta scritto che il regno di Dio è nel cuore degli uomini. Non di un solo uomo, non di un gruppo di uomini, ma di tutti voi. Voi, il popolo, avete il potere di creare le macchine, di creare la felicità, voi avete la forza di fare che la vita sia una splendida avventura. Quindi in nome della democrazia, usiamo questa forza, uniamoci tutti e combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore, che dia agli uomini la possibilità di lavorare, ai giovani un futuro, ai vecchi la sicurezza.

Promettendo queste cose i bruti sono saliti al potere. Mentivano: non hanno mantenuto quella promessa e mai lo faranno. I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo, allora combattiamo per quelle promesse, combattiamo per liberare il mondo eliminando confini e barriere, l’avidità, l’odio e l’intolleranza, combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati uniamoci in nome della democrazia.