12 giugno – L’OCCHIO DELLO “STRANIERO” – INTRO

L’OCCHIO DELLO “STRANIERO” – intro

Questi “post” sono a corollario di una ipotesi: è molto importante sentire quel che pensa un “osservatore esterno” e prendere in considerazione il suo giudizio – l’idea che ho è che io sia stato uno “straniero”; poi sono diventato funzionale ad un “sistema”; oggi mi sento ancora una volta uno “straniero” – quel che è scritto in questa “intro” è solo davvero un preambolo

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Quando arrivi in un posto da lontano, sia questo Bergamo, Feltre o Prato, per starci in quel momento tu credi per sempre, ti nutri di tutti gli aspetti nuovi o diversi, reali o apparenti non importa; ma il tuo sguardo ancor più se sei giovane ed in attesa del “tuo” futuro è scevro da qualsiasi sovrastruttura che si sia già stabilizzata ed hai una grande libertà di giudizio, essendo libero da condizionamenti resi già stretti da più o meno lunghi rapporti e possedendo alla fine dei conti una certa fiducia nelle tue qualità. Alcuni appunti sulla mia presenza all’inizio e poi sulla mia permanenza, breve, meno breve e poi lunga, nell’ordine sopra segnato (Bergamo, Feltre e Prato), li ho conservati. Sono trascritti a mano e si perdono  tra le migliaia di fogli che conservo in luoghi reconditi ed inaccessibili, non solo della memoria che difetta man mano nel corso del procedere degli anni, ma realmente in casse, faldoni, cassetti, ripostigli, soffitte, garage (a tale proposito non riesco ad accedere per mancanza di spazio nel garage di Pozzuoli ed in una parte del garage di Prato).

In questi anni una parte di questi “fogliacci” li ho salvati e pubblicati su questo Blog. In tutti questi anni di permanenza a Prato era abbastanza normale pensare che tra il 1982 ed il 1985 possa essere stato “straniero” con gli occhi aperti sulla “nuova” realtà. Venivo da Feltre, una piccola città, molto importante per me e per la mia famiglia; ma lì sapevo che la mia “estraneità” sarebbe durata per tutto il tempo, anche se ho lasciato molti segnali tra la pratica sindacale e quella politica, sempre contornata da esperienze culturali. Arrivando a Prato portavo con me nella bisaccia una serie di progetti realizzati e tanti da poter realizzare. Era la cultura cinematografica, quella che mi sospingeva, vissuta insieme ad un piccolo gruppo di amici e compagni; e a Prato c’era già in essere il progetto di riconversione degli spazi politici ed associativi di via Frascati; in via Pomeria c’era la sede dell’ARCI (là dove fino a poco tempo fa c’era l’ex caserma dei carabinieri ed ora c’è un complesso residenziale) ed io cominciai a frequentare quegli spazi. Politicamente ero nel PCI, a Feltre avevo cominciato anche ad imparare a fare le campagne elettorali su per le montagne e la diffusione dell’ Unità nelle frazioni più piccole e remote fatta da “stranieri” funzionava alla grande: c’era passione e con essa emergeva la nostra genuinità. A Prato dove la “forza lavoro” di questo settore – intendo la propaganda politica – era sicuramente più numerosa, pur mantenendo l’adesione al Partito Comunista, per un po’ di tempo, tra il 1982 ed il 1992, ho lavorato esclusivamente nel settore della cultura cinematografica ARCI – UCCA a livello regionale, oltretutto. E per l’appunto, in quella prima fase, avendo assunto ruoli dirigenziali, ho messo a frutto alcune impressioni sulla realtà con la quale ero chiamato a confrontarmi, “straniero” tra – per me – “stranieri”.