31 ottobre – IN RICORDO DI PIER PAOLO PASOLINI parte 13 con un preambolo “aggiunto” agli interventi del Convegno del 2006

31 ottobre – IN RICORDO DI PIER PAOLO PASOLINI parte 13 con un preambolo “aggiunto” agli interventi del Convegno del 2006

Il 2 novembre del 1975 Pier Paolo Pasolini viene barbaramente ucciso all’Idroscalo di Ostia – in questi giorni ci sarà l’anniversario. Ai politici che molto spesso “giudicano” i comportamenti umani non violenti ma semplicemente afferenti alla sfera sessuale chiedo che evitino le consuete ipocrisie – a Pasolini dedicherò maggiore attenzione in questi giorni, pubblicando altre parti di quel Convegno del 2006 programmato per la ricorrenza del trentennale da quell’evento che sconvolse la vita di tanti giovani, come ero io non ancora trentenne. Il 3 novembre ripubblicherò un mio scritto su quei giorni.

continua l’intervento del prof. Antonio Tricomi, classe 1975

….Ora, non mi interessa il giudizio ovviamente di Pasolini su Tasso e Alfieri, ognuno la pensi come vuole, però in qualche modo qui Pasolini da subito segnala e vive sulla propria pelle un problema: ovvero che la tradizione per intenderci alta, la tradizione dell’umanesimo mostra la cosa in qualche modo gli autori che appartengono a quella tradizione lì, al giovane Pasolini annoiano. Non ovviamente tutti gli autori, non tutti allo stesso modo, non per quanto riguarda la loro intera produzione, però c’è un problema di trasmissione del sapere che Pasolini vive in prima persona, ma c’è anche un invecchiamento delle forme letterarie. Per cui Pasolini ventenne si accorge che c’è un problema della tradizione umanistica, umanistica ed in particolare letteraria. Ora tutta intera la sua opera culturale ed opera letteraria altro non sarà, a mio parere, che la risposta a questo specifico problema che dovessi riassumere in una formuletta potrebbe essere più o meno questo: come salvare una tradizione letteraria dallo (parola non comprensibile – VOCE FUORI MICROFONO)…una tradizione letteraria di riflesso alla cultura dell’umanesimo. Perché se ci pensate tutti i vari snodi dell’opera di Pasolini in fondo sono diversi modi di rispondere a questo stesso problema. Poi, ad un paio di questi snodi accennerò.

Allora dicevo si è eredi di una generazione che bisogna smentire, la generazione dei padri a cui bisogna in qualche modo disobbedire, che è erede di una tradizione letteraria invece (parola non comprensibile – VOCE FUORI MICROFONO). Dicevo che la rivista Eredi non nascerà mai, però in qualche modo lo stesso gruppo di Eredi sarà quello che pochi anni dopo darà vita ad Officina, una rivista che in qualche modo impone Pasolini all’attenzione delle critica letteraria e lo impone anche come critico letterario oltre che come poeta. Ed allora da questo atteggiamento di Pasolini verso la tradizione letteraria che è da svecchiare ed aggiornare ai contesti nuovi e a forme linguistiche nuove, io ho credo di poter definire l’atteggiamento di Pasolini e anche la sua cifra stilistica come un atteggiamento in qualche modo sadomasochistico. Rispetto alla tradizione letteraria cioè Pasolini ha una pulsione quasi di rifiuto e di violenza vera e propria: la tradizione letteraria sta invecchiando quindi bisogna in qualche modo aggredirla e quindi il sadismo di Pasolini verso la tradizione letteraria. Però anche l’atteggiamento masochistico di chi dalla tradizione letteraria e dalle forme letterarie completamente non vuole liberarsi mai e cerca anzi di (parola non comprensibile) a sé. Di recuperarle, di riscriverle appunto per tentare il salvataggio di cui parlavo prima.

Allora questo atteggiamento sadomasochistico in qualche modo è Pasolini stesso, e siamo ormai nel ’70-’71, a dichiararlo nell’autorecensione a “Trasumanar e organizzar”. Un altro breve inciso: è vero che Pasolini che tutti noi oggi ricordiamo è essenzialmente quello degli anni ’70, però questo stesso Pasolini, prima di quello che (parola non comprensibile) ha definito un colpo di teatro, guardate che è un autore in qualche modo che comincia ad essere (parola non comprensibile) Perché “Trasumanar e organizzar” non viene recensito da nessun critico letterario. Tenete presente che è il libro di un autore, Pasolini, che non era considerato autore. Cioè “Trasumanar e organizzar” non lo recensisce nessuno. Tant’è vero che Pasolini se lo autorecensirà.

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30 ottobre – PRATO IN COMUNE – prove di ripartenza

30 ottobre – PRATO IN COMUNE – prove di ripartenza

Chi ha potuto farlo, ha partecipato ad un primo incontro convocato attraverso mail per la sera del 27 ottobre. Avevamo molte cose da dirci e naturalmente non siamo riusciti a farlo del tutto. Provo a mettere in ordine alcuni degli aspetti che sono emersi. Se ne dimentico qualcuno, verrete in aiuto. A breve cercheremo di rivederci, forse il 18 novembre.

Siamo stati – chi più chi meno – condizionati dalla tragedia della pandemia in questi ultimi due anni (“poco più poco meno”, e quest’ultima condizione sta a noi ridurla o protrarla, al netto dell’andamento della pandemia, che tarda a lasciare il “campo”). Qualcuno tra noi (spero, oltre a chi scrive, molti altri) ha avvertito l’esigenza di ripartire. Spero non si voglia negare che, anche l’avventura di “Prato in Comune” è stata fortemente voluta, pervicacemente portata avanti, da un piccolo gruppo, di cui faccio parte; lo stesso in fin dei conti che “oggi” sta cercando di riprendere in mano i fili di una storia, che ha preso il via con l’obiettivo di unire quella parte della Sinistra che è oltre i confini del Partito Democratico. “Oltre i confini” ha un sottile significato nella sensazione di essere equiparati – all’interno di un giudizio in qualche modo discriminatorio – agli “stranieri”. Fa parte di questa “sensazione” quel comportamento denunciato da Mirco Rocchi da parte del primo cittadino “pro tempore” di questa città. Nondimeno va preso in considerazione in questa fase che ci si trovi di fronte ad un cambio di orizzonte politico dovuto alla prorompente pericolosa avanzata delle Destre nel Paese, richiamata da Paolo Balestri.

Per questo motivo principalmente abbiamo il dovere di rimettere in moto le nostre energie, cercando di farle crescere attraverso il più ampio confronto con le diverse realtà associative che condividono gli stessi nostri valori e che, separate le une dalle altre, non possono che contare sulle proprie identità, sulle individualità. Anche per noi di “Prato in Comune”, questo,  deve essere un obiettivo prioritario per superare la nostra orgogliosa solitudine. Ciò non può – e non deve – significare una convergenza strutturale verso la maggiore forza politica dalla quale pensiamo essere diversi, ma alla quale intendiamo porre fondamentali interrogativi intorno a tutta una serie di tematiche sulle quali marchiamo molto spesso distanze significative per noi, di Sinistra, incomprensibili: per citarne solo una parteil Lavoro, la Salute, l’Istruzione, le modalità di Partecipazione, gli interventi urbanistici, lo sviluppo del territorio, la Mobilità, i Diritti.

Abbiamo un’ottima piattaforma programmatica da cui riprendere a far Politica.                                                

Ripartiamo dunque da dove eravamo rimasti nel febbraio del 2020: la costituzione di un’Associazione politico culturale i cui aderenti si propongano di partecipare alla costruzione di un Progetto di città per i prossimi anni.

29 ottobre 2021 – LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014 – 11 – venerdì 5 dicembre 2008 vedi file PER BLOG

Questo è il testo di una mail che mi inviò un carissimo compagno venerdì 5 dicembre 2008. La inoltrai a Massimo Carlesi.

Caro Massimo

ti giro la mail di N***** O****. Me l’aveva tempestivamente segnalata E***** A*****, l’ho letta e credo che sia un buon segnale. La giro anche agli altri da Dicearchia2008.

A presto. Giuseppe Maddaluno

Ci avviciniamo alle primarie per scegliere i candidati alla carica di Sindaco e Presidente della Provincia di Prato e non possiamo fare a meno di notare che la novità del metodo non offre di per sé garanzie: il processo democratico non può risolversi in un fatto puramente formale. Si è detto e ripetuto che si tratta di primarie vere, che i progetti devono viaggiare di pari passo con la presentazione delle candidature, so che è più facile a dirsi che a farsi, ma dobbiamo fare in modo che i candidati non gareggino l´un l´altro contro, ma che si confrontino piuttosto su dei progetti. Sarò ancora più chiaro, mi auguro che non si risolva tutto in candidature che nascano in contrapposizione e che non si scenda sul terreno di uno scontro tutto interno, rivolto più agli equilibri di partito che alla città. Più che di liste, che si discuta di idee e di progetti. Oltre al partito ed alle firme di sostegno, si presti la massima cura nell´’elaborazione di un progetto condiviso. Non ho ancora avuto il piacere di conoscere personalmente l´’ex assessore Massimo Carlesi, si tratta di una persona di livello assai stimata, ma la lettura della lettera-appello con cui è stata avanzata la sua candidatura mi porta a ritenere che i suoi firmatari siano animati da spirito costruttivo e che alla contrapposizione tra persone preferiscano un confronto di idee. Personaggi del livello di Carlesi possono fare tanto per contribuire ad elevare il dibattito e la riflessione, questa sì che è la benvenuta in una città in crisi come Prato. E ritorno al punto iniziale: faccio appello alla responsabilità politica perché si eviti di portare il dibattito sugli aspetti formali che finiscono per esacerbare le divisioni anziché favorire un processo unitario vero, che partendo da posizioni diverse consenta di giungere ad una sintesi soddisfacente per tutti. Ben altro è il significato delle primarie, che sono state pensate per parlare alla città. Rischiare un uso improprio delle primarie per risolvere equilibri interni sarebbe poco comprensibile, specialmente adesso che, e concordo con quanto scrivono gli amici che appoggiano la candidatura di Carlesi, “la nostra città attraversa una crisi nella crisi: crisi economica e crisi politica”. La forza delle primarie è invece quella di permettere una proiezione esterna delle candidature, che possa così permettere la partecipazione più ampia attorno ad un ragionamento compiuto sulle difficoltà della città e sugli atti da compiere, sulle scelte strategiche e sui nodi da sciogliere su ambiente, lavoro, sicurezza, in una parola sola: futuro. Cito Sant’´Agostino: «La speranza ha due figli: lo sdegno e il coraggio». Il primo serve a prendersela coi mali del mondo, il coraggio aiuta a superare le difficoltà per costruire una risposta a quelle ingiustizie. Giusto per ribadire che attorno ad una  proposta-progetto deve riconoscersi una città intera in tutte le sue parti: il mondo imprenditoriale e le forze sociali, i giovani e le fasce deboli della società. Questo mio appello fa affidamento alla responsabilità politica dei futuri candidati delle primarie, perché occorre individuare fin da subito il modo di intendere questo passaggio politico. Per un cristiano impegnato in politica l´impegno prioritario è quello di contribuire al conseguimento del bene comune, si tratta di misurare il confronto sulla qualità dei progetti, sul grado di apertura alla città, sullo sforzo di innovazione amministrativa che si è in grado di imprimere, e sulla capacità di sintesi così da attrarre le migliori energie per il bene di tutte le persone, le famiglie, le imprese che sono presenti in città.

Un caro saluto

N***** O****

28 ottobre – IN RICORDO DEL POETA PIER PAOLO PASOLINI – parte 12

IN RICORDO DEL POETA PIER PAOLO PASOLINI – parte12

continua l’intervento del prof. Antonio Tricomi, classe 1975 (nel 2006 poco più che trentenne ma già autore di opere importanti su Pasolini ) Dal suo curriculum ritroviamo 1) ANTONIO TRICOMI, Rimasugli di anima sporca, e-book per le edizioni Guaraldi, 2001 (testo di narrativa) 2) ANTONIO TRICOMI, La biblioteca “Petrolio”. Costruzione di un intertesto, e-book per le edizioni Guaraldi, 2001 3) ANTONIO TRICOMI, Sull’opera mancata di Pasolini. Un autore irrisolto e il suo laboratorio, Carocci, Roma 2005 4) ANTONIO TRICOMI, Pasolini: gesto e maniera, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005 5) ANTONIO TRICOMI, La polvere, Stamperia dell’Arancio, Grottammare 2006 (volume di poesie) 6) ANTONIO TRICOMI, Il brogliaccio lasco dell’umanista. Cinema, cronaca, letteratura, Affinità Elettive, Ancona 2007 7) ANTONIO TRICOMI, La Repubblica delle Lettere. Generazioni, scrittori, società nell’Italia contemporanea, Quodlibet, Macerata 2010 8) ANTONIO TRICOMI, In corso d’opera. Scritti su Pasolini, Transeuropa, Massa 2011 9) ANTONIO TRICOMI, Nessuna militanza, nessun compiacimento. Poveri esercizi di critica non dovuta, Galaad Edizioni, Giulianova 2014 10) ANTONIO TRICOMI, Fotogrammi dal moderno. Glosse sul cinema e la letteratura, Rosenberg & Sellier, Torino 2015 –

“Perché dico questo? Non con spirito di polemica, ma di semplice constatazione, Perché è giusto qui forse per citare Pasolini il privilegio di anagrafe fa sì che tocca il discorso di questo tipo un nervo scoperto anche la condizione dei miei coetanei, però è giusto appellarsi ai giovani e vedere nei giovani la risorsa di questo paese, però bisogna farlo in un certo modo Perché ai giovani in questo momento viene consegnata una scuola, una università e più in generale un contesto culturale e produttivo ridotto ai minimi termini, per cui i giovani forse oggi più che in passato sono costretti a salvarsi quasi da soli. Questo senza voler poi difendere più di tanto i giovani. Perché questa lunga premessa? Perché così posso partire proprio dal Pasolini giovane. Quando Pasolini ha vent’anni, poco più poco meno, lavora ad un progetto di rivista che poi non vedrà mai la luce che avrebbe dovuto intitolarsi (parola non comprensibile). Ora, tenete presente che il Pasolini ventenne è il Pasolini che in qualche modo guarda cosa succede in Italia e non solo in Italia siamo in epoca di regime fascista e questo lo dico anche per un ulteriore contributo alla smitizzazione di Pasolini: Pasolini ventenne non solo non fa la resistenza, ma almeno inizialmente non ha alcuna velleità di autore civile Perché è piuttosto occupato sul solco dei Rimbaud e dei Verlaine di fare una poesia pura e perfetta quella che poi sarà la sua poesia friulana. Il fratello di Pasolini parte partigiano, il fratello di Pasolini muore partigiano ed è semmai questa morte improvvisa che paradossalmente sancisce la nascita del Pasolini civile. E’ come se la morte di suo fratello in qualche modo desse la sveglia a Pasolini. Lo convincesse o lo spingesse a superare il fratello a sinistra nel senso provare a dimostrare che anche con le parole, anche da autore e anche con le opere si può giovare al proprio paese non meno che imbracciando la rivoltella. Però dicevo il Pasolini ventenne progetta con altri amici una rivista che avrebbe dovuto intitolarsi “Eredi”. Eredi di chi ed eredi Perché? Eredi proprio della generazione dei padri che aveva consegnato l’Italia al Fascismo, quindi eredi di un paese sbandato e di maggiorenni e padri sbandati. Però eredi anche di una tradizione letteraria che Pasolini da subito avverte in una fase di logorio o di disfacimento. C’è una lettera di Pasolini ventenne, giovane studioso universitario, in cui ad un certo punto si legge: “maledico ogni giorno quel cretino esame di italiano che mi costringe a leggere l’opera omnia di Tasso e Alfieri. Opera che se letta poco alla volta bene, ma letta nella sua totalità fa morire di noia”.”,,,,,,,,(continua l’intervento di Antonio Tricomi)

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27 ottobre – “IDEE IN CIRCOLO” UNA RELAZIONE INTORNO ALLA SEDUTA FONDATIVA DEL 22 OTTOBRE PARTE 4

27 ottobre – “IDEE IN CIRCOLO” UNA RELAZIONE INTORNO ALLA SEDUTA FONDATIVA DEL 22 OTTOBRE PARTE 4

Altri orizzonti sono quelli di carattere essenzialmente culturali, che siano anche occasione per divertirsi, come rappresentazioni di tipo genericamente teatrale, riservate ad un pubblico diversificato per fasce d’età e gusti. Cominceremo, o meglio “riprenderemo”, il “Domino letterario”; chiederemo ad alcuni nostri amici di portare qui sul territorio di San Paolo anche attività di educazione alle diverse arti, non solo teatrali, come sopra preannunciato, ma anche cinematografiche, letterarie: faremo a tale proposito ripartire i “reading” di poesia insieme ai poeti di “base” che erano l’anima di “Poesia sostantivo femminile”; proveremo a diversificare ancor più la nostra proposta. Sarebbe molto bello riproporre i “Match d’improvvisazione teatrale” ed infatti ne parleremo il prossimo 11 novembre con alcuni dei protagonisti di quelle esperienze come Lorenzo Monticelli e Alberto Di Matteo.

Mentre noi lavoravamo a questo progetto uno dei nostri fondatori più giovani ha avuto una grande occasione di promozione e crescita partecipando alla 49esima Settimana sociale dei cattolici italiani, che si è svolta a Taranto dal 21 al 24 ottobre e che è stata dedicata ai temi ambientali. Il titolo della convention è stato “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso”.   Tra i nostri interessi non secondari c’è quello dell’Ambiente; molti tra noi non sono credenti, ma non possiamo sottrarci alle responsabilità civiche dell’intera umanità che sono state richiamate già da qualche tempo con l’enciclica “Laudato si’” di papa Francesco. Tra i nostri intendimenti c’è quello della “casa comune” da rendere più accogliente per tutti quelli che ci sono e che verranno dopo di noi ad abitarla. Sono nostri obiettivi anche l’equità verso i poveri e la costruzione di una condizione sociale che soddisfi pienamente i livelli di dignità per tutti, un lavoro che consenta di ricevere un reddito che metta nelle condizioni di poter disporre di tempi e di spazi sereni. Oltre alla possibilità di istruirsi, per tutti, valorizzando i meriti di ciascuno.

Nei commenti ai lavori di Taranto (a proposito, molto significativa è stata la scelta del luogo dove svolgerli) si parla di “Un’alleanza per il bene comune da costruire sul territorio grazie alla collaborazione tra diocesi, istituzioni locali, imprese e università.” Nell’articolo di Cinzia Arena (“L’Avvenire”  24 ottobre 2021 pag.5) da cui è tratto anche il primo breve blocco virgolettato si accenna a “un Manifesto con idee e strumenti per facilitare la tradizione sociale e ambientale.” E riferendosi ad esso nello stesso articolo ne viene riportata una parte: (l’alleanza) “rappresenta un modello di cooperazione, collaborazione e discernimento comunitario dove le singole individualità (anche concorrenti) si incontrano in fraternità per creare un “noi” che sia più forte delle singole individualità”. Prosegue Cinzia Arena: “Un patto tra generazioni, per guardare insieme al futuro. Quattro i macrotemi affrontati con la formula dell’alleanza: la rigenerazione ambientale e sociale dei quartieri; la rigenerazione dei modelii di business; la rigenerazione delle comunità cittadine; l’educazione al bene comune. Con una serie di “buone pratiche” e progetti che verranno portati avanti nei prossimi mesi.” 

                                                                                                                       Non c’è – per ora – bisogno di scrivere molto altro. Noi ci siamo. Abbiamo l’intento di contribuire a migliorare il nostro territorio, attingendo semmai alle buone pratiche che altrove verranno attuate, ma anche con la volontà di produrre a nostra volta degli “exempla”.   

                                                                                 A patto – però – che non vi siano intendimenti e sovrapposizioni o accompagnamenti di tipo partitico che vogliano surrettiziamente appropriarsi in modo esclusivo di quel che saremo in grado di proporre e di produrre.

26 ottobre – “IDEE IN CIRCOLO” UNA RELAZIONE INTORNO ALLA SEDUTA FONDATIVA DEL 22 OTTOBRE PARTE 3

26 ottobre – “IDEE IN CIRCOLO” UNA RELAZIONE INTORNO ALLA SEDUTA FONDATIVA DEL 22 OTTOBRE Parte 3

Riprendendo un tema già accennato nella prima parte (vedi 23 ottobre) bisogna essere convinti che per muovere le acque c’è bisogno di qualcuno che sia in grado più o meno di agitarle, ovvero che abbia il coraggio , e la funzione, di assumersi l’onere dell’iniziativa. E per riaffermare quel che è, in questa fase, estremamente necessario, bisogna riferirrsi a ciò che in coda alla seconda tranche di questa relazione (24 ottobre) è stato proposto: la necessità di far crescere da subito il numero degli aderenti all’Associazione, puntando soprattutto sui giovani.

Questi ultimi hanno visto la riduzione pressochè totale della loro socialità, hanno dovuto fronteggiare questo handicap ricorrendo a sistemi tecnologici telematici disumanizzanti il cui utilizzo fino a ieri avevamo disapprovato. In realtà tutti noi, al di là dell’età, abbiamo supplito alle mancanze che hanno colpito la società con cellulari e computer con cui abbiamo imparato a dibattere “a distanza”. In questa fase “post” si corre il rischio di esaltare quelle modalità a danno della normale vita sociale, con la quale abbiamo nel corso del tempo costruito la nostra Democrazia. E’ quindi un obbligo morale quello che dobbiamo avvertire noi che siamo in possesso della conoscenza pregressa; non è un caso che si siano descritte le vicende del tempo della pandemìa come affini a quelle di una guerra “mondiale”. E’ dunque, questo, il tempo della ricostruzione. E dobbiamo far tesoro di tutto quello che abbiamo sentito come mancanza, non solo nel periodo più crudo della “reclusione forzata”, ma anche in quello precedente, allorquando molti erano i problemi da affrontare, come quelli del Lavoro, della Salute, della Scuola, dell’Ambiente, dei Diritti. Intorno a queste tematiche bisognerà attivare una serie di “focus” partendo da ciò che ci circonda.

Con le istituzioni scolastiche bisognerà aprire un dialogo a 360 gradi per conoscerne le urgenze, non solo quelle strutturali ma anche quelle puramente collegate ai bisogni/obiettivi educativi primari, a partire dalla consapevolezza di essere cittadine e cittadini di un territorio, imparare a conoscerlo e contribuire insieme a tutto il resto della società a valorizzarlo in ogni suo aspetto. Crediamo che sia importante aprire un rapporto virtuoso con le scuole pubbliche e private, anche con quelle da qualche anno attivate dalla comunità cinese in via Galcianese e quelle strutture ancora poco identificabili dal punto di vista culturale che sono apparse in via Pistoiese (Thang Cheng International Cultural Education Center negli ex capannoni Barni) e la Biblioteca della Città italo cinese poco più avanti.

Con quest’ultima etnia, la più numerosa a Prato ed in particolare sul nostro territorio, bisognerà costruire un percorso comune nell’interesse di tutti. Potrebbe essere utile ad esempio anche  far partire un progetto pilota di alfabetizzazione reciproca italo-cinese su base volontaria, utilizzando spazi pubblici o pubblico-privati, come quelli dei Circoli e degli oratori. In questa direzione sarebbe importante reperire spazi per i giovani che intendano avere luoghi e spazi dove poter studiare. Ovviamente, non ci si può dimenticare delle altre etnie presenti (circa 140 su tutto il territorio cittadino), anche se quella prevalente rimane quella orientale.

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25 ottobre – “IDEE IN CIRCOLO” una relazione intorno alla seduta fondativa del 22 ottobre parte 2

“IDEE IN CIRCOLO” una relazione intorno alla seduta fondativa del 22 ottobre parte 2

Così come è avvenuto in tutte le altre parti del nostro Paese, per lungo tempo tanti di noi sono stati condizionati a non inoltrarsi al di là di un molto ristretto spazio; non solo non ci si poteva  frequentare, ma ci era impedito fisicamente di spostarci oltre. Le strutture associative non potevano espletare le loro funzioni e per oltre un anno hanno dovuto chiudere del tutto con gravi conseguenze economiche che difficilmente potranno essere recuperate, anche perché è invalsa una abituale rinuncia alla socialità, collegata anche ai timori sanitari non del tutto fuori luogo.

E’ stato un tempo molto difficile non solo per la maggior parte degli esercizi commerciali (escluso quelli collegati all’alimentazione ed ai bisogni primari, soprattutto grandi centri commerciali e strutture organizzate per il commercio) e per i Circoli, ma anche per quelle organizzazioni benefiche collegate alle Parrocchie, che dovendo provvedere a sostenere una massa sempre più corposa di indigenza, hanno faticato a soddisfarla, anche se in ogni caso per il minimo indispensabile.

Indubbiamente, in questo anno e mezzo c’è stato un blocco della normale attività amministrativa, la cui “macchina” ha dovuto necessariamente rincorrere l’emergenza e non è stata in grado di allestire percorsi virtuosi coinvolgenti, in primo luogo perchè non ve ne erano le condizioni o perlomeno queste ultime erano molto particolari ed inattese. Inoltre si è pagata l’insipienza politica delle Amministrazioni precedenti, non dissimili in realtà da quelle attuali, della chiusura totale (tranne che qualche sparuta sede amministrativa decentrata) delle Circoscrizioni, la cui utilità sarebbe stata grandissima nel corso dei mesi più duri; ma poichè la presenza degli organismi decentrati era stata vista come una “diminutio capitis” da parte dell’Amministrazione  non vi è stato alcun passo indietro, pur provvisorio, in questa fase. Eppure, una gran parte dei dipendenti pubblici non era impegnato nella struttura comunale “centrale” (molti uffici erano del tutto chiusi) e avrebbe potuto essere utilizzato nelle realtà decentrate con obiettivi ben precisi.

Uno degli obiettivi “politici” dell’Associazione sarà certamente la riapertura delle Circoscrizioni, o dei Quartieri, anche valorizzando l’impegno volontario e assegnando l’esclusivo ruolo e funzione di Presidenza ad un solo unico “eletto” dalla cittadinanza.

Quanto alla rivalorizzazione delle periferie, dopo questa tempesta, bisognerà ridare vitalità ai luoghi di aggregazione.

Parlando dei Circoli del territorio di San Paolo, afferenti all’ARCI e non solo, attiveremo molto presto un rapporto con la Dirigenza provinciale – per ora solo dell’ARCI -, allo scopo di essere posti a conoscenza di quanto sia stato previsto come sostegno, non solo sussidiario ma precipuamente sotto forma di progettualità, alla necessaria capacità di riemergere dalle difficoltà.

Oltre ai Circoli ci sono i luoghi di culto, come le Parrocchie, che hanno subitò contraccolpi diretti ed indiretti dalla pandemia. Anche con i Parrochi e con i loro collaboratori, che hanno avuto occhi ed orecchie molto attente sul territorio, voglimo confrontarci per poter meglio comprendere quel che appare molto fumoso e velato anche tra i gruppi politici locali, più interessati a far emergere le insoddisfazioni piuttosto che impegnarsi per davvero ad affrontarle e risolverle.

Un altro degli obiettivi da attivare nell’immediato è quello di allargare il gruppo di aderenti all’Associazione. Lo possiamo fare ancor più davanti alle prime proposte che avanzeremo.

Molto importante sarà l’incontro con i responsabili dell’ARCI anche per avviare insieme a loro una verifica sui piani urbanistici che riguarderanno il nostro territorio.

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24 ottobre “IDEE IN CIRCOLO” una relazione intorno alla seduta fondativa del 22 ottobre parte 1

Introduzione – La sera del 22 ottobre, così come avevamo concordato, ci siamo ritrovati in una saletta del Circolo ARCI di via Cilea 3 per avviare il percorso di costituzione della nuova Associazione culturale “IDEE in Circolo”. A sottoscrivere l’atto fondativo sono state dodici persone che hanno inteso mettere a disposizione idee e tempo da dedicare alla cura del territorio.

Nell’articolo 2 si legge “L’Associazione è un  centro  permanente  di  vita  associativa  a  carattere volontario democratico unitario e antifascista.  IDEE IN CIRCOLO si presenta come spazio aperto non esclusivo, laico, nel quale ciascuno abbia la possibilità di esprimersi e costruire con gli altri progetti e iniziative”

Nell’articolo 3 tra gli “scopi e le finalità” viene indicato al punto a)  “partire dalle diverse realtà sociali, pubbliche o private, che insistono sul territorio di San Paolo e che rappresentino esperienze importanti (parrocchie, scuole, sindacati, associazioni di volontariato, associazioni di commercianti e cittadini, associazioni del terzo settore, realtà sportive e scolastiche, aziende)”   al punto b) porsi l’obiettivo di aiutare a migliorare le condizioni generali della cittadinanza, sul piano infrastrutturale ma soprattutto sociale, culturale, economico ed ecologico, stimolando e unendo tutte le energie sopite ancor più di quanto prima, in questo ultimo periodo; al punto c) creare  spazi di discussione, da cui far emergere proposte concrete per incidere sul presente e sul futuro del nostro territorio.

Preambolo

Vi sono dei “topoi” (τόποι) molto frequenti che tuttavia non posseggono una certezza assoluta nella loro riproducibilità: non solo si caratterizzano in forme diverse tra loro collegate alle contingenti situazioni, ma a volte non si concretizzano del tutto. Uno di questi esempi è dato dalla affermazione che “un territorio sguarnito da alcuni sia destinato ad essere occupato da altri”. Questo certamente può accadere in tempi normali; “può”, ma non sempre accade. Un territorio può conoscere invece l’abbandono per decenni, dopo essere stato curato, amministrato, governato da una parte della popolazione che ha assunto questa funzione di custodia amorevole, con il desiderio di costruire un progetto virtuoso per le future generazioni. Spesso però si verificano eventi imprevedibili, anche se temuti da tempo, che sconvolgono i piani positivi e costringono a marce indietro ed a soste insoffribili che provocano sofferenze indicibili, non solo materiali. E dunque avviene che per un tempo indistinto non vi sia alcuna “supplenza” nell’ambito della cura i quel territorio.  Un altro τόπος che possiamo chiamare in modo meno classico “luogo comune” è “nessuno è indispensabile”. Esso viene utilizzato soprattutto per biasimare alcuni comportamenti altezzosi da parte di alcuni “umani”, che pretendono di saperne più di tutti gli altri. Ma se consideriamo l’umile disponibilità dei “volontari” ad occuparsi della “cosa pubblica” che li circonda, quando costoro sono costretti per motivi vari a ridurre o lasciare quegli incarichi diventa ben difficile sostituirli: anche se accade – a volte – che vi possano essere dei miglioramenti nella gestione generale. Come si può ben vedere, la casistica è varia.

Ci ritroviamo a vivere uno di quei passaggi, che abbiamo imparato a descrivere come drammatici. La pandemia non è ancora debellata, anche se abbiamo orizzonti confortanti cui indirizzare e sospingere il nostro sguardo.

Il territorio su cui viviamo, su cui possiamo agire, è quello di San Paolo in Prato.

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23 ottobre – ripropongo alcuni post recenti sull’ASCOLTO – dopo l’incontro del 22 ottobre – 6 e ultimo

In questi ultimi mesi ho avuto modo di accedere ad una serie di documenti inerenti ad alcune attività da me (e non solo) svolte sul territorio in cui sono rimasto, quello di Prato e di San Paolo nei primi anni di questo secolo. Ed in una serie di miei post li vado pubblicando affinchè possano essere conosciuti (la loro importanza è minima per la Grande Storia ma non per la “piccola” storia interlocale.

Accade – credo normalmente – che le generazioni che seguono le nostre non sappiano quel che è accaduto, ciò che è stato fatto di buono o commesso di meno buono. Devo ovviamente ringraziare il compagno ed amico Marzio che ne ha conservati tanti, li ha incasellati in una serie di file, di cartelle; da parte mia ho molti materiali cartacei (la differenza generazionale tra me e Marzio si nota anche in queste cose) che confrontati con quelli digitali ci consentono di rappresentare alle nuove generazioni, che abbiano la voglia e la forza di attingere ad essi, un quadro storico sociologico ed antropologico di una porzione di territorio che pur essendo limitrofo al centro della città appare esserne la periferia negletta.

Se a qualcuno venisse in mente che questa affermazione che ho appena fatto sia ingenerosa e bugiarda, suggerirei di approfondire le questioni urbanistiche che le Amministrazioni di Sinistra, di Destra e poi ancora di Sinistra hanno interpretato come un riconoscimento tardivo dei bisogni che ha finito per essere incomprensibile ed incompreso dalla popolazione reale (con ciò intendo non quei piccoli gruppuscoli di potere che si muovono nell’approssimarsi delle competizioni elettorali, ma tutto il resto della “massa” civica). I loro interventi potrebbero apparire molto simili alle elargizioni che la borghesia ricca cattolica promuove per liberarsi dalla cattiva coscienza, se non ci fossero dietro anche macroscopici interessi finanziari e immobiliari: vogliono farti subire una valanga di cemento dandoti in cambio qualche giardino, qualche via, qualche fasullo “centro commerciale a km zero riservato di fatto a pochi eletti” o qualche anglicizzata nuova sede bibliotecaria multiculturale o ancora qualche spazio riservato ad elite che vengono da fuori e tornano fuori, senza lasciare nulla – soprattutto come crescita culturale –  al territorio.

Ecco, dunque, uno degli esempi negativi di pragmatismo da salotto da combattere perché fortemente deleterio e spiegherò meglio il perché anche se ai più avveduti potrebbe essere già ben chiaro.  Su questo tema, molto affine a quel che abbiamo fatto in quei primi anni del nuovo secolo, tornerò a scrivere, proponendomi di cooperare a realizzare subito dopo – o nel mentre stesso – quel che dalle sedie e comode poltrone elaboriamo a chiacchiere.

Molto spesso ci ritroviamo a (sentir) dire che “non si finisce mai di imparare”. Per me è stato vero fin dall’adolescenza, quando – pur essendo figlio unico –  mi sono affrancato psicologicamente dai miei genitori. E mi piace dire che, a conferma della mia scelta professionale definitiva, in tutte le mie esperienze ho imparato e insegnato contemporaneamente. Mettevo in pratica quel che avevo imparato e proseguivo a imparare quotidianamente. Ricordo a tale proposito le mie prime sortite teatrali nell’Oratorio dell’Annunziata e la mia attività di segretario del Centro Sportivo Italiano, la cui sede era nella Biblioteca del Vescovado di Pozzuoli (allora il Rione Terra era ancora abitato e il Duomo aveva ancora la sovrastruttura barocca: bradisismo e fuoco non lo avevano ancora riportato a come è ora). Per il teatro imparavo da alcuni operatori, come Mario Izzo, che poi scelse di percorrere la vita austera di eremita in una chiesetta abbandonata sul Monte Sant’Angelo, una delle parti in cui è suddiviso il Monte Gauro; e come Nunzio Matarazzo, poliedrico personaggio della vita culturale puteolana di base, regista, arbitro di calcio, uomo vivace, fino a quando l’ho incontrato, in forma atletica costante. In maniera diversa sono stati questi i miei primi punti di riferimento educativi, accanto alla mia famiglia e ai miei insegnanti delle elementari, Federico Lamberti e la sua signora. Probabilmente già allora evidenziavo la mia tendenza all’insegnamento, pur essendo realisticamente bisognoso di apprendere. Ho imparato allora che, durante la vita, si verifica una contemporaneità tra le fasi di apprendimento e di insegnamento. Apprendevo e riversavo, spesso in modo originale, su altri quel che avevo imparato. E’ stato immediatamente così con il teatro farsesco all’impronta che reinterpretavo in altri luoghi, come l’Oratorio della Madonna della Libera nell’isola di Procida, dove c’era un prete, don Salvatore, che, notando la mia passione, si era illuso che potessi accedere alla vita clericale o in altre occasioni, sempre nell’Isola ma in un luogo che a quel tempo, gli anni Sessanta del secolo scorso, era ancora abitato: il Penitenzario per ergastolani, situato sulla rocca della Terra Murata, nel Palazzo d’Avalos.  Per quel che imparavo e poi riversavo in mie creazioni sempre di tipo organizzativo come segretario del CSI, non sfuggirono nè la voglia di andare a far visita a tutte le strutture afferenti al Centro, che andavano molto oltre il territorio della mia città (la Diocesi comprendeva comuni come Quarto, Marano e Giugliano e una parte nord di Napoli: Bagnoli, Agnano, la Loggetta) né tantomeno l’elaborazione dei miei Comunicati che venivano spediti in varie parti d’Italia, da Roma in giù ed in su.         

  Crescendo nel periodo ormai post adolescenziale ho affinato il mio senso di libertà personale, acquisendo una certa sicurezza anche nell’organizzazione di eventi, sia piccoli che grandi. Tra questi ultimi annovero i festeggiamenti per la ricorrenza dei 2500 anni dalla fondazione di Dicearchia. Come piccoli intendo le organizzazioni di feste e di eventi culturali e politici, che hanno contribuito a formarmi, facendo poche chiacchiere e molti fatti.

22 ottobre – Oltre le “Agorà”, “Idee in Circolo” – sui termini “Coinvolgimento e partecipazione”

Tramonto fake da Oriente – ore 7.00 del 21 ottobre 2021

Oltre le “Agorà”, “Idee in Circolo”

sui termini “Coinvolgimento e partecipazione”

Fino ad oggi i due termini erano utilizzati come “foglie di fico” per celare una progettualità già avanzata costruita nelle chiuse stanze di forze politiche o gabinetti ristretti di lobbies.

Fino ad oggi; ma non è certo che da oggi possa essere diverso se non che nei meri propositi espressi. Quelle affermazioni che la “politica” ha utilizzato ogni qualvolta si è ritrovata a dover agganciare necessari utili  consensi per affrontare impegni elettorali o scelte campali, si sono da sempre rivelate come “scatole vuote” ben agghindate come i pacchetti regalo.

Di fronte all’avanzata – esclusivamente nei sondaggi – delle forze di Destra si rilanciano questi obiettivi; ma in fondo continuano ad essere vane parole non sostanziate dalla permanenza di gruppi di Potere diffusi su ogni territorio. Quando si procede alla consultazione della cittadinanza (termine che alla fine dei conti identifica una sparuta truppa spesso già informata e ben addestrata, tipo i “compari” del gioco della campanella) le scelte di fondo sono state già assunte e la consultazione è una mera ulteriore truffa a danno dell’intelligenza umana.

E poi ecco che davanti all’avanzata dell’astensione diffusa si riprende ad utilizzare termini come “partecipazione e coinvolgimento” come antidoti  a quella scelta, alla quale sono stati sospinti tanti che, probabilmente, non riescono più a trovare “sponde” alle loro istanze, personali o collettive esse siano. Ma non si promuove davvero il cambiamento, quello necessario, delle “teste pensanti (ai propri specifici interessi)” che hanno prodotto tale disaffezione.                                                                                                    Guardo alla Sinistra “sedicente” del Partito Democratico, ma tutto questo vale anche per gli altri. Da Roma il “vincitore” della competizione “capitolina” Gualtieri ha subito dichiarato: “Vogliamo ripulire e fare ripartire la città” riferendosi allo stato di degrado della città di Roma e poi ha aggiunto “L’alta astensione ci preoccupa, il nostro obiettivo è favorire la partecipazione e il coinvolgimento delle persone”. Lo ha detto ma bisognerebbe che spiegasse in che modo pensa di realizzare questo obiettivo.

In pratica non si fa altro che riproporre meccanismi che finiscono per mortificare la parte più intelligente, quella che per davvero potrebbe alzare la qualità – e la quantità – di coinvolgimento e partecipazione. Sono convinto che il tempo pandemico abbia prodotto una mancanza di socialità che oggi spinge tanti a volerne recuperare almeno una parte. Molti “bisogni” materiali sono stati ridotti o sono stati del tutto negati ad una parte sempre più ampia della nostra gente; ma anche i bisogni “immateriali”, a partire dal venir meno a quell’impegno civico di appartenenza a delle comunità, piccole, piccolissime e medie, che sul territorio di vicinanza, producevano anche alcune forme di sostegno non solo morale, sono venuti a scemare, a vantaggio di piccolissime potenti consorterie.

Per provare a rispondere a questa assenza, un gruppo di persone in modo libero si è posto in movimento con l’obiettivo di riunire i “pezzi” sparsi della società pur se in una piccolissima porzione di territorio. Questo è “Idee in Circolo”, un’Associazione nuova che cercherà di promuovere la “circolazione” di idee coinvolgendo le diverse realtà associative, culturali, istituzionali, economiche, religiose, che agiscono sul territorio di San Paolo in Prato. Si vuole incoraggiare a riprendere gli impegni precedenti, a valorizzarli, a incentivarli in senso migliorativo, facendo gruppo, creando compartecipazioni virtuose.