21 ottobre – ripropongo alcuni post recenti sull’ASCOLTO – in vista dell’incontro del 22 ottobre – 5

E’ pur vero che per quanto mi riguarda avevo in mente un Partito come un luogo nel quale costruire progetti di speranze, utili a sopperire alle naturali mancanze di una società sempre meno generosa, sempre più tendente all’individualismo di persona o di piccolo gruppo (la famiglia, il clan, la lobby). Fino a qualche anno fa esistevano dei “luoghi” dove poter partecipare senza dover necessariamente essere invitato o essere “parte” di un gruppo precostituito. Questi erano “le Circoscrizioni” e, prima di queste, i Quartieri. Nei secondi la partecipazione era più diretta e meno viziata da interessi di leadership e quindi c’era una maggiore libertà. I primi apparivano consessi comunali in miniatura e costavano molto di più dal punto di vista dei “bilanci”; era un elemento che tuttavia consentiva di “far parte” di una visione complessiva della Città inserendo però elementi che fossero caratterizzanti dei territori periferici. Per quel che mi consta, sul piano “culturale” ciò consentiva di creare degli stimoli consentendo alla Città nella sua complessità di non avere una visione accentrata ma policentrica e proiettata verso i margini.

Una delle motivazioni più forti per procedere verso la chiusura di quella esperienza è stata quella “economica”. Ma non c’è alcun dubbio che la decisione è stata presa proprio per limitare quella pratica di partecipazione e di libertà che veniva attuata sui territori. “Lentamente” si è condotta quella esperienza alla consunzione e la realtà palese denuncia i contorni del misfatto: sui territori già ben prima della pandemìa non vi erano più luoghi deputati alla discussione reale, concreta.

Non ho mai fatto mancare la mia voce, pur limitata ad un Blog; in questi anni alcuni di voi mi chiedevano di riprendere a camminare “insieme”. Ma non c’erano le condizioni per poterlo fare, nell’avvertenza che anche un piccolo contributo potesse essere utile a modificare pur con piccoli passi quegli aspetti considerati da me critici e tassativi, in primo luogo il riconoscimento della giustezza delle motivazioni che mi hanno visto allontanare.

Queste condizioni non sussistono ancora e probabilmente non ci sarà mai tale riconoscimento; ma la realtà emersa da questi mesi di chiusure forzate nonchè l’età che avanza  mi spingono ad accelerare nell’auspicio di poter essere utile per un gruppo di giovani, che parta dalla consapevolezza critica della nostra (quella del Circolo Sezione Nuova San Paolo) esperienza con “altri” giovani negli anni scorsi.  La ferita che non si rimargina è dovuta anche a loro che hanno tradito le nostre speranze segnatamente perchè attratti soprattutto da un’ascesa ad un Potere locale, per raggiungere il quale hanno scelto di sostenere una parte del Partito che – garantendo  loro una collocazione sicura – si allontanava nella pratica politica da quei percorsi partecipativi messi in piedi in tante occasioni proprio qui a San Paolo (Trame di quartiere, Luoghi Ideali, Palestra delle Idee, Politicsblog). 

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Non si può tuttavia continuare a rimanere marginali e soli, ma ciò non può non avere un “costo”, da una parte e dall’altra.

Una volta fuori dal Partito per scelta meditata non sono stato mai del tutto fermo. Mi appartiene in modo forte l’esperienza di “Prato in Comune”, che è stato in modo particolare il tenativo più alto di riunire quella parte della Sinistra “fuori” dal Partito Democratico. Esperienza “fallita” ma non fallimentare, in quanto non si è mai avuta la sensazione di aver commesso un errore. Ancora oggi credo che la Sinistra, quella autentica, ma non dogmatica, possa avere una funzione ed un ruolo molto importante non solo in questa città: purtroppo, però, si è limitati soprattutto a causa della esigenza di non scendere in compromessi con “poteri locali” e lobby varie. C’è da chiedersi a che vale la Buona Politica fatta di molte idee buone se per poter emergere debba sporcarsi con accordi che prefigurino una “dazione” in cambio di “concessioni”  (chiamatele se volete “bustarelle”). Ecco perché l’unica via per praticare la Buona Politica è far crescere la partecipazione dal basso. 

Quella che io auspico venga messa in cantiere è un’Associazione contenitore. Una sorta di struttura di“Quartiere”per ravvivare il dibattito partecipativo.   La chiamiamo “Agorà” (di San Paolo); e deve essere un luogo dove l’individuo confluisce nella collettività. “Agorà” per me deve, anche se ci fermiamo al “può”, essere un seme; ecco perché quel “di San Paolo” va apposto dal momento in cui anche altrove altre “Agorà” nasceranno. Bisogna costruire palestre della pluralità, dove poter condividere in partenza solo “valori”.

Ribadisco che non mi interessa lavorare “per” il Partito, la cui forma considero “immodificabile” ed ormai “quasi sterile”. Ho già provocato reazioni quando più di un anno fa affermai che occorreva rifondarlo (voci in tal senso di tanto in tanto emergono dall’interno, ma sono troppo spesso una forma di riposizionamento o poco più); non mi sento di essere duro e scorretto se dico che c’è troppa muffa incrostata, che provoca “panne” nel motore. Manca in quel Partito, che ho fondato più che convintamente (pochi forse tra i “giovani” sanno che sono stato – insieme ad una compagna che è nel mio cuore, Tina Santini, coordinatore del Comitato per il Partito Democratico), manca la capacità di ascoltare al di là delle modalità ipocrite usuali, che di solito coincidono con le campagne elettorali.

In chiusura di questa mia riflessione confermo la stima verso Fulvio, e condivido quello che lui ha scritto presentando la sua idea di “AGORA’”.

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