27 Novembre – IL DOMINO LETTERARIO riprende con “Corpo a corpo” poesie di Lorenzo Monticelli

La data è quella del 27 novembre ma la pubblicazione di questo post è slittata di un giorno. Ieri sono stato per l’intera giornata a riflettere tra me e me (“Solo, fra i miei mesti pensieri….) sulla condizione umana, così fragile e precaria. Non basterà un solo giorno, anche perché la morte di un amico. così giovane e pieno di energie positive, lascia ferite inguaribili. Si dirà che la vita va avanti, e apparirà tutto un’ovvietà con il superamento consolatorio, rimembrando il nostro comune destino. Forse la “poesia”, la POESIA maiuscola ci sostiene in questo percorso che porta alla fine e quasi certamente come – per altre condizioni esistenziali – fa l’Alfieri che si consola lungo le rive dell’Arno per un amore bramato, anche noi cercheremo di ricercare le parole che ci consolino in questo viaggio.

Riprendendo il nostro cammino, quello de “IL DOMINO LETTERARIO”, presentiamo Lorenzo Monticelli (vedi sotto la Scheda biografica) – in un prossimo post indicherò la modalità con la quale condurremo l’evento giovedì 2 dicembre ore 21.00 presso il Circolo ARCI di via Cilea 3 San Paolo di Prato. Alla serata sarà presente anche l’attore-autore Alberto Di Matteo

Il libro che viene presentato è “Corpo a corpo” edizioni Ensemble 2021, una raccolta di poesie magistralmente presentate nella Prefazione di Alessandro Fo, intitolata “

Prefazione dando del tu – Il debutto in versi di Lorenzo Monticelli

di Alessandro Fo

«Ora anche tu sei vecchio», Lorenzo, e, chiamando «vecchio» a rimare con «specchio», rintracci (nello specchio stesso e) nello specchio dei versi i lineamenti del tuo burrascoso e fragile padre che «a forza di braccia/ ha attraversato i deserti/ della povertà». O almeno così scrivi, e, anche se troppo vecchio non sei, capisco bene (ho solo pochi mesi più di te) la tua sensazione. Quella di essere di là dalla linea d’ombra, e anzi – soprattutto dati i tempi – quasi sulla chiamata. Con un cuore che «si ferma, poi s’impunta, poi frulla» e «bussa sulla grancassa del costato», prima di finire sotto studio, fra prospettive di corridoi illuminati e ventose indagatrici, addolcite dalle «moine da orso gentile» di un’infermiera cortese.

Da una tale stazione lungo il corso della vita prendi la parola in poesia, e ne nasce una lirica semplice e incisiva, tutta cose, senza inutili orpelli («niente sbavature»). Un pugno di testi che corre dalle mosche a Dio, ammesso che poi esista e che la Sua non sia solo cortesia di chi «finge di esistere per farsi odiare»). Un poeta a noi caro, Angelo Maria Ripellino, lamentava che i filistei suoi contemporanei non sapessero vedere il dramma dei rapporti e delle cose, riflesso anche solo in una sedia che si squinterna. Tu hai la tua di sedia, «gialla e rossa/ di ferro e di legno», ed è forse da lì che canti la dignità, la bella sensatezza, della «sconfitta». Chi non ne ha subite e chi non ne subisce? Per alcuni tutta intera la vita è una sconfitta. Ci vuole coraggio per assumerla a metro di una lettura del mondo – a metro di felicità. Se ne occupa l’ultima di queste liriche, dove, non a caso, si tratta anche del «vero poeta». Una vita dedicata alla poesia ne conosce, di sconfitte. Anche quando sembri fortunata sul piano del successo letterario.

Come la tua mosca sbattiamo sui vetri di là dai quali c’è la conoscenza – forse la stessa eternità. Ma, nel nostro al di qua, mosche restiamo, illuse che vi sia una via (ma come? È lì davanti… c’è la luce…), e incredule nel non riscontrarla percorribile.

«Tutto diventa chiaro quando è tardi», quando ti accorgi «che i tuoi morti riposano/ nel duro cemento con tutto il loro amore,/ guardiani benevoli del tuo dolore». Per fortuna continuano a trascorrerci negli occhi i colori e i paesaggi della poesia numero 9, e ci restano ancora (anche se resi problematici dai crudi giorni di pandemia che attraversiamo) incontri come quello qui descritto alla poesia numero 7, «nel giardino fiorito, sotto il tiglio». E «il testo che segue/ è soggetto a varianti./ Tutti i testi lo sono».

Pochi cenni dalla quarta di copertina del libro

Lorenzo Monticelli è nato a Campi Bisenzio (Fi), dove vive, il 26 ottobre 1955. Ha insegnato per circa quarant’anni, dapprima Italiano e Storia in un professionale e poi Storia e Filosofia al Liceo. Ha scritto, interpretato e diretto (insieme a Manola Nifosì) il film Io e Majakovskij, col quale ha vinto il premio Prato nel 1989. Un suo monologo, Euforico, in piena forma psicofisica, tratto dal film, è stato messo in scena da Daniele Trambusti, con la regia di Alessandro Benvenuti. Con il testo teatrale Amici (andato in scena al Teatro di Rifredi di Firenze nella stagione teatrale 1990/91) ha vinto il premio “Ruggero Rimini”.

Insieme a Francesco Burroni ed altri, è tra i fondatori dei Match d’improvvisazione in Italia. Nel 2019 ha pubblicato un romanzo, Sotto il pollaio, Il seme bianco editore. Si dedica ora anche alla scrittura in versi: le sue poesie sono finora inedite.

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