19 novembre – IDEE IN CIRCOLO – block notes – le iniziative ricreative e culturali – pochi cenni

9

Molti aspetti sono stati già sviscerati, anche se occorrerà concordare con tutte le diverse realtà associative, culturali, confessionali, etniche, commerciali e via dicendo le modalità con cui li affronteremo e poco alla volta li porteremo a realizzazioni.

Oltre tutto, bisognerà rimettere in piedi il tessuto culturale e ricreativo, partendo certamente dai “luoghi” ma chiamando a raccolta anche tutte le forze commerciali e produttive del territorio. Bisognerà stimolare e poi partecipare alle progettualità che i commercianti vorranno riprendere a proporre per rendere più vitale e appetibile la presenza umana sulle strade del territorio. Quanto a me sto già rimettendo in piedi percorsi come “Il Domino letterario” e “Poesia sostantivo femminile”. Il primo progetto sarebbe già partito l’11 di novembre senza l’inciampo che si è verificato al Circolo ARCI di via Cilea. Sto in queste ore verificando la possibilità di riprenderlo a dicembre. Sul secondo progetto ho bisogno di collaborazioni sia tecniche che organizzative. Entrambi potrebbero essere ospitati nei vari Circoli del territorio con formule molto agili. “Il Domino” può anche sdoppiarsi o triplicarsi nelle varie strutture (ARCI – CSI – ACLI, ma non solo se si pensa alla presenza di strutture afferenti in modo particolare alla comunità cinese); così come la presentazione di spettacoli sia teatrali che cinematografici, al chiuso e all’aperto. “Poesia sostantivo femminile” ha bisogno anche di un progetto produttivo perché ha dei costi mediamente importanti. Il progetto ha una sua “Storia” già consolidata, ed è stato interrotto proprio per i suoi costi, improponibili – anche se minimi – senza un contributo pubblico o privato che lo sostenga.

Con la comunità cinese, anche per aprirsi maggiormente al territorio, bisognerà attivare dei contatti. Non va dimenticato che in questa città due rappresentanti di quella comunità sono presenti in Consiglio comunale. Ed è quindi anche da parte loro doveroso mettersi a disposizione del nostro territorio, quello peraltro su cui la presenza cinese è maggioritaria rispetto a tantissime altre comunità etniche.

18 novembre – I CONTI NON TORNA(VA)NO parte 31 – per la parte 30 vedi 16 ottobre

I CONTI NON TORNA(VA)NO parte 31 – per la parte 30 vedi 16 ottobre

Interviene poi la consigliera provinciale Luciana Galeotti che “Dichiara di condividere le proposte avanzate dall’assessore Cardillo e sostiene che se esse sono basate su un concetto di qualità sono valide anche se, purtroppo, scontentano qualcuno.” Subito dopo alle ore 21.25 esce.

A questo punto interviene il Presidente della Commissione Scuole e Cultura del Comune di Prato, Massimo Chiarugi che “Sottolinea il fatto che si è discusso poco di scuola dell’obbligo forse perché non ci sono problemi e, pur affermando che è stato fatto un lavoro egregio, esprime preoccupazione per questa carenza di dibattito. Riguardo agli istituti superiori, ritiene positivo il livello culturale della discussione ma fa osservare che essa verte solo sui problemi pratici il che farebbe pensare che se tutto andasse bene si riscontrerebbe la stessa carenza di dibattito circa la scuola dell’obbligo. Venendo al merito si dichiara contrario all’ipotesi del consigliere Monzali che vorrebbe ridimensionamento forzato del Copernico mentre, al contrario, ritiene che la soluzione debba essere quella di far rientrare il Liceo Classico di via Baldanzi all’interno del Convitto Cicognini. Afferma che, a livello politico, occorra fare tutti gli sforzi per rendere praticabile questa soluzione unitamente alla conferma del polo scolastico di via Reggiana, tenendo presente, tuttavia, tutti i problemi urbanistici e di traffico che ne conseguono. Chiede se la scadenza del 31.12 è ultimativa, dopo la quale la scelta potrebbe essere fatta in modo autonomo dallo stesso Provveditorato, o se ci sono margini di tempo. In quest’ultimo caso ritiene opportuno prendere tempo per adottare una decisione; in caso contrario propone di fare ora un dimensionamento provvisorio che non precluda una successiva ottimizzazione.” interviene la consigliera comunale Teresa Zucchi che “Ritiene giusto aumentare, dal punto di vista qualitativo, l’offerta formativa rivolta agli studenti e ne spiega ampiamente le ragioni. Circa i problemi emersi per gli istituti superiori, ritiene utile un ampliamento ed un approfondimento del dibattito, anche con una discussione in Consiglio comunale.”

Prende la parola l’Assessore alla Istruzione della Provincia di Prato, Gerardina Cardillo che “Esprime apprezzamento per lo sforzo che i consiglieri hanno fatto di capire e conoscere le questioni. Ricorda che sui problemi in discussione si è lavorato fin dal giugno scorso con continui confronti e approfondimenti. Sottolinea il fatto che tutte le proposte emerse sono già state discusse e vagliate come, ad esempio, quella cui ha accennato il consigliere Chiarugi relativa al Convitto Cicognini la quale, peraltro, non è praticabile perché i convitti sono soggetti a normativa diversa. Assicura, comunque, che le varie ipotesi sono state tutte prese in considerazione attentamente e mai si è scelto a priori di privilegiare alcune esigenze a scapito di altre. Conferma che il piano di dimensionamento va approvato entro il 31.12 altrimenti è il Provveditorato a scegliere e ribadisce che la scelta del Polo scolastico va attuata.”

Alle ore 22.25 esce la consigliera comunale Anna Rita Rossi.

Interviene l’Assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Prato, Rita Frosini che “Conferma che il lavoro relativo alla scuola dell’obbligo è stato più semplice e avverte che, comunque, occorre fare delle scelte ben precise poiché tra non molto muterà il quadro di riferimento e ci ritroveremo una scuola del tutto diversa. Si dice convinta che c’è la necessità di rasserenare gli animi e, del pari, apprezzare il lavoro attento e preciso svolta dalla Provincia.”

Il Presidente della Commissione, Massimo Chiarugi, vista l’ora ormai tarda (22.35) interviene traendo delle provvisorie conclusioni: “Reputa necessario un approfondimento dei problemi e quindi propone che si tenga una discussione in tempi rapidi in Consiglio comunale, in occasione della quale ritiene opportuno invitare anche l’Assessore Cardillo.”

L’Assessore Cardillo “Si dichiara disponibile a partecipare alla seduta del Consiglio comunale.”

TUTTI I PRESENTI CONCORDANO CON LA PROPOSTA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE, MASSIMO CHIARUGI

il quale, non essendoci altre richieste di intervento, dichiara chiusa la seduta.

LA SEDUTA TERMINA ALLE ORE 22.45

Il presente verbale è stato approvato nella seduta del 14 aprile 1999

Firme del segretario verbalizzante e del Presidente della Commissione

17 novembre – L’intero post pubblicato in tre parti dal 12 al 15 novembre 2021 che parte da un pretesto intorno all’intervista “Quota Rosy” di Susanna Turco (L’Espresso n.46 del 7 novembre 2021)

un pretesto intorno all’intervista “Quota Rosy” di Susanna Turco (L’Espresso n.46 del 7 novembre 2021)

Un pre-preamboloL’intervista a Rosy presupponeva una sua ipotesi di candidatura per la carica più alta del nostro Paese. Sono pienamente d’accordo intorno alla valutazione eccelsa che in tanti assegnano alla Bindi e spero “davvero” che vi sia una forma di rispetto e di stima anche da parte di tutti coloro che sono stati avversari e da lei sono stati avversati, che avvertano – dunque – l’onestà intellettuale di una delle figure più limpide e coerenti che la nostra storia ha espresso. Temo che molti tra quelli cui mi riferisco non saranno in grado di comprendere, offuscati dall’acredine e dalla superbia. Speriamo che il popolo italiano possa invece avere questa “fortuna”.

Preambolo Non so ancora quello che riserva il futuro in questa città (Prato) e in questo nostro Paese. Vivo in una condizione di Limbo, nel quale lo scetticismo si alterna con il pessimismo e con la volontà di riscatto sempre più flebile: una sorta di schizofrenia genera confusione e speranza. Alcune operazioni “politiche” locali potrebbero indurre a un cauto ottimismo ma troppe volte abbiamo dovuto riconoscere che situazioni simili non abbiano poi prodotto i risultati sperati, anche quelli “minimi”. Anzi, chi si presentava come fautore di innovamento si è poi adattato a sostenere i soliti percorsi: con l’andare del tempo, sempre più ci si allontanava da una visione globale per accondiscendere ai pochi e praticare, in questo modo, una scelta molto limitata al soddisfacimento delle istanze della parte più forte e potente, economicamente e “politicamente” della città. Quel che penso e che scrivo in tutti questi ultimi anni dal giugno 2014 per oltre 2400 post sta a tracciare questa alternanza di speranza e delusione che non lascia adito a dubbi. Quello che ho fatto in tutto questo tempo mette in evidenza la volontà di non arrendersi all’appiattimento, anche di fronte a delle condizioni che ad altri, a tanti altri, avrebbero suggerito di intraprendere percorsi meno pubblici e molto riservati, molto molto privati. Ad altri ma non a me. E infatti continuo a promuovere iniziative, pur dovendo far fronte a sempre maggiori difficoltà.

Il “virus” nel PD – Ho dato molta attenzione “critica” al Partito Democratico sia quando ne facevo parte sia quando ne sono uscito. E mi sono ritrovato dopo la parabola ascendente di Matteo Renzi a criticare il trasformismo di una gran parte della Dirigenza, a tutti i livelli territoriali, che ha abbandonato il sostegno ai più maturi leader per fortificare – anche a proprio vantaggio – quella poderosa scalata. E mi sono ancora una volta ritrovato a biasimare tutti coloro che, nel momento dell’abbandono della navicella “dem” da parte di Renzi all’indomani dell’ insuccesso elettorale del marzo 2018 prima con le sue dimissioni e poi, dopo la crisi del Governo M5S-Lega, con la fondazione di una sua nuova formazione politica, Italia Viva, non si sono espressi con la necessaria chiarezza. Di fronte al silenzio di una larga parte dei suoi “grandi sostenitori” locali e nazionali, che non sono transitati nel nuovo Partito, ebbi a dire che sarebbe occorsa una fase di chiarificazione complessiva. Lo chiedevo per me ma anche per tutta quella massa di cittadine e cittadini che avevano fondato, e sostenuto, il Partito Democratico e che avevano scelto di lasciarlo di fronte alla mutazione genetica cui lo avevano costretto Matteo Renzi e i suoi fedeli sostenitori. Dissi allora che occorreva rifondare dalle fondamenta il PD e che non bastava il silenzio e la scarsa chiarezza di chi continuava a gestire le sorti di quel Partito a prospettare la possibilità di un rientro di chi ne era uscito. Poiché queste cose le ho scritte sono stato anche attaccato da chi con tutta probabilità era consapevole del rischio “per sé e per i suoi” di una simile eventualità. “Cosa dici?!?” mi apostrofarono alcuni sgherri di seconda e terza fila.

Rosy Bindi nell’intervista a “L’Espresso” (di cui sopra) ha detto:
«Tornerei a iscrivermi solo per votare una mozione che dice di andare oltre il Pd per ricostruire la sinistra italiana». Sono d’accordo.

E, continuando a riportare parte dell’intervista, Rosy Bindi dice: “…Già dai tempi di Zingaretti mi permisi di dire che serviva aprire una fase costituente: ma c’era grande fretta di superare Renzi, che invece poi non è stato superato…” la qual cosa conferma l’ipotesi che all’interno del Partito Democratico covi un “virus” per estirpare il quale ancora oggi si attende un utile vaccino e poi “….il centrosinistra dovrebbe aver imparato che non vincerà nulla se non c’è un progetto condiviso e una classe dirigente che vuol superare le divisioni.”

E di mio aggiungo che per un Centrosinistra serio non si può continuare a vincere solo perché una parte dell’elettorato non partecipa o ancor più perché chi vota è solo spaventato da possibili alternative ritenute meno affidabili; vedi quel che è accaduto a Roma, a Milano e precedentemente in Toscana ed in Emilia e Romagna, dove la Destra non è stata in grado – forse per mancanza di coraggio forse per altri reconditi progetti – di presentare candidati che fossero all’altezza di competere.

Con Rosy Bindi ho una sintonia di vedute da molto tempo, sin da quando nel 2007 ci incontrammo casualmente nel corso delle Primarie fondative del Partito Democratico. All’interno di un ordine di “grandezza” molto diverso tutto a grandissimo vantaggio della Bindi, abbiamo finito per percorrere molta parte della Storia politica in modo simile. In realtà le “strade” della vita si erano distinte ma entrambi siamo venuti da esperienze di tipo cattolico (le mie da adolescente e giovane adulto nel Centro Sportivo Italiano, nell’Azione Cattolica e nella FUCI, per approdare poi ad una scelta da parte mia per il Partito Comunista Italiano); ed entrambi poi abbiamo imboccato strade che hanno portato alla costruzione del PD e, poi, alla critica politica ed all’uscita da quello stesso Partito che abbiamo contribuito a fondare. Negli ultimi anni, pur non frequentandoci nella pratica diretta della Politica, entrambi (ma tante altre persone hanno fatto quella scelta) siamo usciti dal PD, mantenendo un rapporto molto stretto con tutto quello che di Sinistra rimaneva in quel Partito e fuori di esso.

In quell’intervista la Bindi conferma tutto questo: “…C’è da ricostruire un campo, difficile che avvenga se un partito fa gli inviti. Il PD dovrebbe usare questo tempo per andare oltre se stesso, costruire una grande forza di sinistra nel Paese.” In un altro blocco dell’intervista alla domanda: “Da dove bisognerebbe ricominciare?” la Bindi risponde: “…penso al mondo cattolico, di sinistra, che ha radicamento sul territorio eppure non ha casa, interlocutori. Navigano tra tentazioni di esperienze identitarie (il riferimento è di certo a “Insieme” nuovo soggetto politico fondato dall’economista Stefano Zamagni)mentre avvertono tutti che la sede giusta sarebbe una forza politica capace di esser inclusiva.”

Per quel conto. Se si vuole, per quel che conto, non si può non riconoscermi l’impegno per la costruzione di una consistente forza di Sinistra che riesca a mettere insieme oltre il PD tutti gli altri soggetti della Sinistra dispersa in decine di rivoli, ivi comprese le esperienze civiche come, relativamente alla città in cui vivo e agisco, “Prato in Comune”. Ovviamente ciò non può accadere se non si aggregano le reciproche volontà; e ciò non può avvenire “in extremis” né sotto forma di ricatti. Si avvertono in questi giorni in città dei segnali, che hanno tuttavia la necessità di andare oltre le semplici parole (il “bla bla”); occorrono atti di discontinuità che per ora non si intravedono.

Indubbiamente un’occasione avrebbe potuto essere quella attivata dalle dimissioni di Zingaretti, con quella sua dichiarazione sul social Facebook:
«Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti» e di seguito
«Abbiamo salvato il Pd e ce l’ho messa tutta per spingere il gruppo dirigente verso una fase nuova. Ho chiesto franchezza, collaborazione e solidarietà per fare subito un congresso politico sull’Italia, le nostre idee. Non è bastato. Anzi, mi ha colpito il rilancio di attacchi anche di chi in questi due anni ha condiviso tutte le scelte fondamentali che abbiamo compiuto. Non ci si ascolta più e si fanno le caricature delle posizioni. Ma il Pd non può rimanere fermo, impantanato per mesi a causa in una guerriglia quotidiana. Questo, sì, ucciderebbe il Pd».

e poi
«Visto che il bersaglio sono io, per amore dell’Italia e del partito, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione. Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità»

Zingaretti metteva a nudo i “mali” del PD, e in particolar modo quel “virus” malefico che era stato immesso nel suo corpo già debole dall’ascesa del “renzismo”. Non era necessario possedere una buona “vista”, ne bastava una semplicemente “normale” per capire quel che stava accadendo nel 2013, quando – già allora – la candidatura alle Primarie del PD di Matteo Renzi coinvolgeva molte persone notoriamente di Destra, che facevano molto comodo sia all’allora semplicemente Sindaco di Firenze sia a tutta la congerie di suoi fedeli sostenitori. In quel tempo l’attenzione verso Renzi da parte di un consistente gruppo di iscritte ed iscritti al PD, ivi compresi molti rappresentanti dei dirigenti, veniva, con una “sospetta ingenuità” giustificata come un’ottima scelta alternativa alla protervia berlusconiana. La parte più “passionale” della base vagheggiava in modo forse (in)sanamente ingenuo la possibilità di “vittorie”; alcuni, soprattutto quelli che provenivano dalla parte politica non chiaramente di Sinistra, interpretavano le accuse e i sospetti che altri, come me, ponevano all’attenzione di tutti, come una mera contrapposizione ideologica (non so quanta ipocrisia ci fosse, o ignoranza!). Di certo, oggi (ma non da oggi) più che mai è maggiormente evidente la natura politica (e ideologica) di Matteo Renzi; però non si avvertono segnali di chiara autocritica da parte dei tantissimi suoi sostenitori che ancora albergano nei piani medio alti del Partito Democratico, quelli che non sono usciti per formare Italia Viva nel settembre del 2019; quelli ad esempio che ancora di recente hanno stigmatizzato la volontà espressa da Enrico Letta di rompere definitivamente con Italia Viva dopo la torbida vicenda del DdL Zan, cui è seguita una trafila di segnali di svolta verso il Centrodestra-Destra.

Ora, cosa dire? In Politica tutto è possibile. Come ho già scritto nel Preambolo della prima parte pubblicata il 12 novembre, non sappiamo cosa ci riserva il prossimo futuro. Lo stesso attuale Segretario del PD aveva lasciato ben sperare nei primi giorni del suo avvento ma poi si è lasciato portare dalla corrente, dimenticandosi che il “virus” malefico non è ancora stato debellato. Eppure la pandemìa avrebbe dovuto insegnare in modo indiretto qualcosa.

16 novembre 2021 – parte 12 – LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014

16 novembre 2021 – parte 12 – LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014

continua la pubblicazione di una serie di documenti collegati alle vicende che nel 2009 portarono la città di Prato ad essere amministrata dalla Destra

8 dicembre

Cara Tina

ti giro la lettera inviata alla Stampa l’altro giorno da un gruppo di cittadine\i. Fra l’altro l’ho raccolta dal sito di Municipio Verde di Prato che ha dato un giudizio esaltante della candidatura Carlesi.

Ti saluto. Giuseppe

PER NOI è una bella notizia. Siamo cittadini che conoscono Massimo Carlesi da tanto tempo. Siamo (e siamo stati) cittadini sempre solleciti e in primo piano quando sono in discussione argomenti e scelte importanti per il futuro della nostra città. Abbiamo avuto anche confronti vivaci con l’amministratore di ieri; confronti da cui magari qualche volta ognuno è uscito mantenendo le proprie idee. Sempre però abbiamo avvertito la correttezza e la dignità dell’uomo che mutuava in modo semplice a chi aveva di fronte lealtà e rispetto. E allora ben tornato Massimo Carlesi, bentornato in questo momento difficile per la vita della nostra città. Ricordiamo con tristezza quando fosti costretto ad abbandonare il tuo impegno di assessore da gravi motivi di salute cui non giovò certo l’ “aria” che eri costretto a respirare in giunta. Ti auguriamo, ci auguriamo per te, per noi e soprattutto per Prato che tu possa tagliare per primo il traguardo.

seguono numerose firme che ometto per privacy

Ecco un nuovo esempio di come veniva interpretata la candidatura di Massimo Carlesi

Carissima Tina, carissimi Massimo e Francesco

vi inoltro la mail che mi ha inviato Banchini. E’ la dimostrazione che esiste un altro PD, fuori da via Carraia e da via del Melograno che viaggia sulle spalle della “gente comune” della “società civile”. Come potete ben comprendere, mi impegnerò a far prevalere i secondi sui primi perchè chi ha lavorato come noi in questi anni possa vedere realizzarsi il Progetto del PD e non …. quello della P2.

Scusate l’azzardo! ma sono o non sono un “rivoluzionario”?

Giuseppe Maddaluno

Ciao: ho letto l’opinione di N***** O**** e la trovo assai condivisibile, avendo oltretutto salutato come una “good news” la decisione di Massimo Carlesi. Mi siano però consentite due valutazioni che sottopongo in spirito assolutamente costruttivo. In primo luogo nessuno – né iscritto né simpatizzante né … non antipatizzante del piddì – può dimenticare la tristissima, quasi umoristica che ci fosse qualcosa da ridere, vicenda del sondaggio in salsa pratese. La candidatura del presidente Consiag (e meno male – ripeto – è sceso in campo Carlesi) è la riprova di quanto strumentale e pilotato sia stato il famoso sondaggio (che nessuno ha ancora visto e che nessuno vedrà mai nella sua interezza). Si voleva/doveva far fuori Romagnoli, si aveva già in mente Abati (anche perché così c’è una importante “casella” di potere effettivo da riempire, una casella considerata dal piddì “cosa nostra”) e ci si è letteralmente inventati la scusa del sondaggio nonché una gestione così impasticcata da far dubitare sulla sobrietà (da alcool, da sostanze, da potere) dei dirigenti del piddì pratese e toscano.

Ma così una intera classe dirigente ha mostrato, ai cittadini e agli elettori pratesi e non solo, il suo grande limite. Culturale prima e politico subito dopo.

L’ultima cosa da fare sarebbe dimenticarsi tutta la vicenda, far finta di nulla, sperare che il tempo cancelli il ricordo di una così evidente mediocrità.

In secondo luogo, a questo punto – dopo le incredibili vicende fiorentine, ma anche a Pistoia non è che stiano meglio, nè nel resto d’Italia – mi pare proprio dimostrato che il metodo delle primarie non è quello giusto per selezionare la classe politica. Almeno in Italia. So che molti ci credono, alle primarie, ma a me pare semplicemente sbagliato scimmiottare altre realtà e altre culture. Bisognerà trovare altre soluzioni e, con molta probabilità, anche altri contenitori politici per una politica sempre più necessaria ma sempre meno interpretabile con strumenti di cesarismo populistico o di populismo cesaristico. Se devo essere sincero, a me pare che il piddì – se doveva essere una speranza – si sia già trasformato nella tomba di questa speranza.

La prima cosa da fare, per questo piddì toscano, sarebbe cambiare rotta sulla legge elettorale in Regione restituendo ai cittadini (altro che primarie !!!) il diritto e la responsabilità di indicare un nominativo nella scheda e facendo tornare il Consiglio Regionale nella condizione di normalità istituzionale (un consiglio di eletti dal popolo, non di scelti dalla segreterie).

Non a caso il modello elettorale toscano è sempre tirato in ballo dalla destra di Berlusconi impegnata a togliere le preferenze anche dalla prossima legge nazionale per le europee. Pensate, per fare un solo esempio, al paradosso: due giorni fa il mitico Leonardo Domenici spergiurò che avrebbe lasciato “la” politica”, ieri che avrebbe lasciato “una certa politica”, oggi lo leggiamo disponibile a candidarsi per un seggio alle Europee.

Allucinante! Ma allucinante a maggior ragione se a noi elettori fosse tolto il diritto di scegliere uno o più nomi dalla lista elettorale. Non trovate?

Mauro Banchini

…12….

15 novembre – un pretesto intorno all’intervista a Rosy Bindi,”Quota Rosy” di Susanna Turco (L’Espresso n.46 del 7 novembre 2021) -parte 3

un pretesto intorno all’intervista a Rosy Bindi,”Quota Rosy” di Susanna Turco (L’Espresso n.46 del 7 novembre 2021) -parte 3

Indubbiamente un’occasione avrebbe potuto essere quella attivata dalle dimissioni di Zingaretti, con quella sua dichiarazione sul social Facebook:
«Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti» e di seguito
«Abbiamo salvato il Pd e ce l’ho messa tutta per spingere il gruppo dirigente verso una fase nuova. Ho chiesto franchezza, collaborazione e solidarietà per fare subito un congresso politico sull’Italia, le nostre idee. Non è bastato. Anzi, mi ha colpito il rilancio di attacchi anche di chi in questi due anni ha condiviso tutte le scelte fondamentali che abbiamo compiuto. Non ci si ascolta più e si fanno le caricature delle posizioni. Ma il Pd non può rimanere fermo, impantanato per mesi a causa in una guerriglia quotidiana. Questo, sì, ucciderebbe il Pd».

e poi
«Visto che il bersaglio sono io, per amore dell’Italia e del partito, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione. Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità»

Zingaretti metteva a nudo i “mali” del PD, e in particolar modo quel “virus” malefico che era stato immesso nel suo corpo già debole dall’ascesa del “renzismo”. Non era necessario possedere una buona “vista”, ne bastava una semplicemente “normale” per capire quel che stava accadendo nel 2013, quando – già allora – la candidatura alle Primarie del PD di Matteo Renzi coinvolgeva molte persone notoriamente di Destra, che facevano molto comodo sia all’allora semplicemente Sindaco di Firenze sia a tutta la congerie di suoi fedeli sostenitori. In quel tempo l’attenzione verso Renzi da parte di un consistente gruppo di iscritte ed iscritti al PD, ivi compresi molti rappresentanti dei dirigenti, veniva, con una “sospetta ingenuità” giustificata come un’ottima scelta alternativa alla protervia berlusconiana. La parte più “passionale” della base vagheggiava in modo forse (in)sanamente ingenuo la possibilità di “vittorie”; alcuni, soprattutto quelli che provenivano dalla parte politica non chiaramente di Sinistra, interpretavano le accuse e i sospetti che altri, come me, ponevano all’attenzione di tutti, come una mera contrapposizione ideologica (non so quanta ipocrisia ci fosse, o ignoranza!). Di certo, oggi (ma non da oggi) più che mai è maggiormente evidente la natura politica (e ideologica) di Matteo Renzi; però non si avvertono segnali di chiara autocritica da parte dei tantissimi suoi sostenitori che ancora albergano nei piani medio alti del Partito Democratico, quelli che non sono usciti per formare Italia Viva nel settembre del 2019; quelli ad esempio che ancora di recente hanno stigmatizzato la volontà espressa da Enrico Letta di rompere definitivamente con Italia Viva dopo la torbida vicenda del DdL Zan, cui è seguita una trafila di segnali di svolta verso il Centrodestra-Destra.

Ora, cosa dire? In Politica tutto è possibile. Come ho già scritto nel Preambolo della prima parte pubblicata il 12 novembre, non sappiamo cosa ci riserva il prossimo futuro. Lo stesso attuale Segretario del PD aveva lasciato ben sperare nei primi giorni del suo avvento ma poi si è lasciato portare dalla corrente, dimenticandosi che il “virus” malefico non è ancora stato debellato. Eppure la pandemìa avrebbe dovuto insegnare in modo indiretto qualcosa.

14 novembre – IN RICORDO DI PIER PAOLO PASOLINI – parte 17

IN RICORDO DI PIER PAOLO PASOLINI – Parte 17 continua l’intervento del prof. Antonio Tricomi

Una mia nota: Voglio ancora una volta ricordare che vado riportando il dibattito che si svolse il 27 aprile del 2006 così come riportato dai trascrittori che sbobinarono le registrazioni. Ecco quindi perché a volte ci sono degli errori o comunque delle incertezze.

Per cui non avere un rapporto sempre critico, sempre conflittuale con l’opera di Pasolini, paradossalmente è forse il principale tradimento che si possa fare dell’opera di Pasolini. Pasolini pretende di bastonare e di essere bastonato. Avere come troppo spesso oggi e non solo oggi un atteggiamento che fa di Pasolini una specie di santino, prima che una operazione culturalmente a mio avviso poco significativa, è anche una operazione di cattiva lettura di Pasolini. Paradossalmente un modo per non essere fedele a Pasolini.

Pasolini che, ed è dal punto di vista della descrizione della sua opera l’ultima cosa che vi voglio dire, poi vorrei ritornare su altre cose, non solo concepisce dagli anni ’60 in avanti ogni sua opera in qualche modo non finita nel modo che vi dicevo prima, ma fa qualcosa di più che è l’operazione teorico-letteraria a mio avviso più interessante. Concepisce l’insieme delle sue opere come un’unica opera. Ora non sto parlando di un qualcosa che assomigli anche lontanamente, che so io, a quello che Proust. Qui si parla di una operazione quasi più studiata a tavolino, ma soprattutto di tenore diverso. Ovvero Pasolini poiché concepisce tutta la sua carriera come la carriera di un pedagogo, che ha da dire delle verità nel contesto di una Italia in cui le trasformazioni culturali, sociali, economiche sono velocissime, allora concepisce ogni suo testo come la rettifica o la conferma del precedente, ma pretenderebbe un lettore capace di ricostruire per intero questo magma che Pasolini lentamente disegna, e di capire che ogni sua opera è strettamente concatenata alla precedente come alla successiva. Il caso clamoroso, per intenderci, è quello non solo della abiura dalla trilogia della vita, ma delle abiure che periodicamente Pasolini fa. Perché “Poesie in forma di rosa” lui stesso la descrive come una abiura dei volumi poetici precedenti. “La trilogia della vita” viene abiurata e così via. In più, che ci sia un legame fra tutte le sue opere, se uno rimane anche ai casi macroscopici lo vede immediatamente Perché “La trilogia della vita” è appunto una trilogia, “Salò” avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una prima trilogia o qualcosa del genere. Poi, se rimaniamo in ambito letterario, che “La Divina Mimesis” sia strettamente legata a “Petrolio” lo dice il fatto che il macro modello dantesco agisce in entrambi i casi in maniera fortissima. Se voi leggete “Scritti corsari”, “Descrizioni e indiscrezioni” e “Lettere luterane” interi passi di quei volumi sono riscritti in “Petrolio” e non solo in “Petrolio”.

Quindi abbiamo un autore che almeno negli ultimi 10-15 anni di vita in uno stesso tavolo è come se disponesse più materiali e più opere e lavorasse contemporaneamente a tutte queste opere Perché il suo discorso è un discorso in fieri come le sue opere, per cui risulta difficile e anche qui poco fedele a Pasolini isolare porzioni testuali di Pasolini o opere, specie nell’ultimo quindicennio, totalmente sganciandole dal riferimento alle altre opere Perché sarebbe un po’ come leggere di un romanzo un unico capitolo. Pasolini almeno negli ultimi 15 anni lavora così.

…17….

13 novembre – un pretesto intorno all’intervista a Rosy Bindi,”Quota Rosy” di Susanna Turco (L’Espresso n.46 del 7 novembre 2021) -parte 2

E, continuando a riportare parte dell’intervista, Rosy Bindi dice: “…Già dai tempi di Zingaretti mi permisi di dire che serviva aprire una fase costituente: ma c’era grande fretta di superare Renzi, che invece poi non è stato superato…” la qual cosa conferma l’ipotesi che all’interno del Partito Democratico covi un “virus” per estirpare il quale ancora oggi si attende un utile vaccino e poi “….il centrosinistra dovrebbe aver imparato che non vincerà nulla se non c’è un progetto condiviso e una classe dirigente che vuol superare le divisioni.”

E di mio aggiungo che per un Centrosinistra serio non si può continuare a vincere solo perché una parte dell’elettorato non partecipa o ancor più perché chi vota è solo spaventato da possibili alternative ritenute meno affidabili; vedi quel che è accaduto a Roma, a Milano e precedentemente in Toscana ed in Emilia e Romagna, dove la Destra non è stata in grado – forse per mancanza di coraggio forse per altri reconditi progetti – di presentare candidati che fossero all’altezza di competere.

Con Rosy Bindi ho una sintonia di vedute da molto tempo, sin da quando nel 2007 ci incontrammo casualmente nel corso delle Primarie fondative del Partito Democratico. All’interno di un ordine di “grandezza” molto diverso tutto a grandissimo vantaggio della Bindi, abbiamo finito per percorrere molta parte della Storia politica in modo simile. In realtà le “strade” della vita si erano distinte ma entrambi siamo venuti da esperienze di tipo cattolico (le mie da adolescente e giovane adulto nel Centro Sportivo Italiano, nell’Azione Cattolica e nella FUCI, per approdare poi ad una scelta da parte mia per il Partito Comunista Italiano); ed entrambi poi abbiamo imboccato strade che hanno portato alla costruzione del PD e, poi, alla critica politica ed all’uscita da quello stesso Partito che abbiamo contribuito a fondare. Negli ultimi anni, pur non frequentandoci nella pratica diretta della Politica, entrambi (ma tante altre persone hanno fatto quella scelta) siamo usciti dal PD, mantenendo un rapporto molto stretto con tutto quello che di Sinistra rimaneva in quel Partito e fuori di esso.

In quell’intervista la Bindi conferma tutto questo: “…C’è da ricostruire un campo, difficile che avvenga se un partito fa gli inviti. Il PD dovrebbe usare questo tempo per andare oltre se stesso, costruire una grande forza di sinistra nel Paese.” In un altro blocco dell’intervista alla domanda: “Da dove bisognerebbe ricominciare?” la Bindi risponde: “…penso al mondo cattolico, di sinistra, che ha radicamento sul territorio eppure non ha casa, interlocutori. Navigano tra tentazioni di esperienze identitarie (il riferimento è di certo a “Insieme” nuovo soggetto politico fondato dall’economista Stefano Zamagni), mentre avvertono tutti che la sede giusta sarebbe una forza politica capace di esser inclusiva.”

Per quel conto. Se si vuole, per quel che conto, non si può non riconoscermi l’impegno per la costruzione di una consistente forza di Sinistra che riesca a mettere insieme oltre il PD tutti gli altri soggetti della Sinistra dispersa in decine di rivoli, ivi comprese le esperienze civiche come, relativamente alla città in cui vivo e agisco, “Prato in Comune”. Ovviamente ciò non può accadere se non si aggregano le reciproche volontà; e ciò non può avvenire “in extremis” né sotto forma di ricatti. Si avvertono in questi giorni in città dei segnali, che hanno tuttavia la necessità di andare oltre le semplici parole (il “bla bla”); occorrono atti di discontinuità che per ora non si intravedono.

…2….

12 novembre – un pretesto intorno all’intervista a Rosy Bindi,”Quota Rosy” di Susanna Turco (L’Espresso n.46 del 7 novembre 2021) -parte 1

un pretesto intorno all’intervista “Quota Rosy” di Susanna Turco (L’Espresso n.46 del 7 novembre 2021)

Preambolo Non so ancora quello che riserva il futuro in questa città (Prato) e in questo nostro Paese. Vivo in una condizione di Limbo, nel quale lo scetticismo si alterna con il pessimismo e con la volontà di riscatto sempre più flebile: una sorta di schizofrenia genera confusione e speranza. Alcune operazioni “politiche” locali potrebbero indurre a un cauto ottimismo ma troppe volte abbiamo dovuto riconoscere che situazioni simili non abbiano poi prodotto i risultati sperati, anche quelli “minimi”. Anzi, chi si presentava come fautore di innovamento si è poi adattato a sostenere i soliti percorsi: con l’andare del tempo, sempre più ci si allontanava da una visione globale per accondiscendere ai pochi e praticare, in questo modo, una scelta molto limitata al soddisfacimento delle istanze della parte più forte e potente, economicamente e “politicamente” della città. Quel che penso e che scrivo in tutti questi ultimi anni dal giugno 2014 per oltre 2400 post sta a tracciare questa alternanza di speranza e delusione che non lascia adito a dubbi. Quello che ho fatto in tutto questo tempo mette in evidenza la volontà di non arrendersi all’appiattimento, anche di fronte a delle condizioni che ad altri, a tanti altri, avrebbero suggerito di intraprendere percorsi meno pubblici e molto riservati, molto molto privati. Ad altri ma non a me. E infatti continuo a promuovere iniziative, pur dovendo far fronte a sempre maggiori difficoltà.

Il “virus” nel PD – Ho dato molta attenzione “critica” al Partito Democratico sia quando ne facevo parte sia quando ne sono uscito. E mi sono ritrovato dopo la parabola ascendente di Matteo Renzi a criticare il trasformismo di una gran parte della Dirigenza, a tutti i livelli territoriali, che ha abbandonato il sostegno ai più maturi leader per fortificare – anche a proprio vantaggio – quella poderosa scalata. E mi sono ancora una volta ritrovato a biasimare tutti coloro che, nel momento dell’abbandono della navicella “dem” da parte di Renzi all’indomani dell’ insuccesso elettorale del marzo 2018 prima con le sue dimissioni e poi, dopo la crisi del Governo M5S-Lega, con la fondazione di una sua nuova formazione politica, Italia Viva, non si sono espressi con la necessaria chiarezza. Di fronte al silenzio di una larga parte dei suoi “grandi sostenitori” locali e nazionali, che non sono transitati nel nuovo Partito, ebbi a dire che sarebbe occorsa una fase di chiarificazione complessiva. Lo chiedevo per me ma anche per tutta quella massa di cittadine e cittadini che avevano fondato, e sostenuto, il Partito Democratico e che avevano scelto di lasciarlo di fronte alla mutazione genetica cui lo avevano costretto Matteo Renzi e i suoi fedeli sostenitori. Dissi allora che occorreva rifondare dalle fondamenta il PD e che non bastava il silenzio e la scarsa chiarezza di chi continuava a gestire le sorti di quel Partito a prospettare la possibilità di un rientro di chi ne era uscito. Poiché queste cose le ho scritte sono stato anche attaccato da chi con tutta probabilità era consapevole del rischio “per sé e per i suoi” di una simile eventualità. “Cosa dici?!?” mi apostrofarono alcuni sgherri di seconda e terza fila.

Rosy Bindi nell’intervista a “L’Espresso” (di cui sopra) ha detto:
«Tornerei a iscrivermi solo per votare una mozione che dice di andare oltre il Pd per ricostruire la sinistra italiana». Sono d’accordo.

…1….

11 novembre – IDEE IN CIRCOLO – block notes

IDEE IN CIRCOLO – block notes – secondo blocco Le parrocchie – Gli Enti caritatevoli – Le Scuole… e molto altro

In questo ultimo periodo non è stato semplice affrontare la crisi che si è in realtà sovrapposta alla di già grave condizione generale della società. Un ruolo importante è da sempre stato svolto dalla Chiesa e dalle sue organizzazioni  dislocate sui territori. Il numero delle persone e delle famiglie bisognose di assistenza, di sostegno morale e materiale è cresciuto a dismisura e le difficoltà di potersi interfacciare con coloro che riuscivano anche a contribuire efficacemente nella raccolta e nella distribuzione di beni, non solo quelli di prima necessità, ma anche di parole confortevoli e generatrici di conforto, e di rapporti umani, hanno creato ulteriori problemi sociali.

Un’Associazione che abbia tra i suoi obiettivi la volontà di rendere più vivibile, accogliente e solidale il proprio territorio deve promuovere la condivisione – la più larga possibile –  delle problematiche che esistono, quelle pregresse e quelle create in questo periodo, attraverso l’ascolto attento delle esperienze che hanno accumulato le varie organizzazioni che si muovono in quegli ambiti. Allo stesso tempo bisogna dichiarare la propria disponibilità, sollecitando la partecipazione di tutti.

Per questi motivi, Idee in Circolo chiederà agli organismi ecclesiatici ed alle associazioni che si occupano di giustizia sociale, a partire dalla difesa e sostegno delle persone svantaggiate, di farsi promotrici di stimoli anche con le istituzioni civili affinchè prendano in carico ciò che attiene alle loro specifiche responsabilità. L’Associazione si impegnerà, laddove necessario, a mettere insieme le diverse risorse umane, partecipando direttamente anche ai progetti che altre Associazioni, altre organizzazioni pubbliche o private vorranno proporre per migliorare le condizioni degli abitanti di San Paolo; opererà anche a fianco di chi vorrà impegnarsi a portare avanti una ricognizione, la più attuale, dei bisogni e parteciperà a costruire concreti progetti basati sulla solidarietà di vicinanza e di comunità.

Oltre all’Associazionismo culturale e sociale e gli organismi di tipo caritatevole, particolarmente collegate alla Chiesa cattolica, altro punto di riferimento saranno le Scuole, in primo luogo quelle primarie, pubbliche e private. Abbiamo già avvicinato alcune figure nel mentre alcuni di noi organizzavano un incontro pubblico sulla Scuola, partendo da un importante contributo svolto da un numero considerevole di rappresentanti a livello nazionale per conto del Partito “Possibile”. Molti sono i temi su cui avvieremo le nostre riflessioni: in primo luogo la rilevanza che ha sul nostro territorio la multiculturalità e la grande difficoltà che hanno gli operatori scolastici a fronteggiarla; in secondo luogo la carenza cronica di “spazi” vitali per lo studio, sia dentro che fuori dalle stanze scolastiche, e per un ampliamento moderno, al passo dei tempi, dell’offerta formativa, da poter proporre anche sotto forma di LifeLong Learning, vale a dire “educazione permanente” rivolta soprattutto ai dinosauri digitali. In modo più ampio bisogna interrogarsi sul livello altissimo di dispersione ed abbandono che certamente coinvolge in modo più consistente i giovani che risiedono su questo territorio.

…2…

10 novembre – IDEE IN CIRCOLO – block notes

IDEE IN CIRCOLO – block notes – primo blocco

Non avevamo neanche finito di discutere tra di noi della temporanea struttura dell’Associazione che ci veniva comunicata la chiusura del Circolo ARCI di via Cilea per un tempo indeterminato a causa di un focolaio Covid: parte dei dirigenti e degli operatori erano risultati positivi al tampone, dopo aver avuto qualche lieve sintomo. La chiusura precauzionale non risultava collegata ad un intervento dell’Azienda Sanitaria ma per una profonda impossibilità a gestire le funzioni del Circolo. Ma ciascuno di noi, chi più chi meno si è preoccupato di mantenere un profilo meno pubblico. C’era infatti chi era stato “molto” presente e chi molto poco. Avevamo in quella prima serata del 22 ottobre fissato subito un primo incontro con il presidente provinciale dell’ARCI sia per conoscere le iniziative che la sua (che è anche quella cui molti di noi aderiscono) Associazione intende intraprendere in questa fase che necessariamente deve assumere una funzione di ripresa dopo la crisi nella quale siamo piombati. Allo stesso tempo avevamo previsto di mettere in piedi un “block notes” con le “nostre” proposte da sviluppare sul territorio. Il giorno dopo, come d’accordo, ho sentito Enrico Cavaciocchi ed ho annunciato questo nostro intendimento. Dopo una breve consultazione abbiamo previsto di vederci il 4 novembre. Purtroppo il 28 ottobre intorno a ora di pranzo ci è pervenuta la comunicazione da parte del Presidente del Circolo circa la chiusura temporanea ma “sine data” per i motivi di cui sopra.

Fatte le nostre verifiche sanitarie, che per la gran parte di noi erano “negative” (si intende “non contagiati”), ci siamo premurati di conoscere le condizioni degli altri, quelli che invece erano risultati “positivi”. D’accordo con loro abbiamo deciso di rinviare l’incontro del 4 novembre “a data da decidere”. Tuttavia, abbiamo pensato di mantenere l’appuntamento tra noi, cercando un luogo dove riunirci, anche per poter procedere nella attività teorica progettuale. Uno dei nostri si è dichiarato disponibile ad ospitarci.

Non eravamo in molti (è un eufemismo) ma abbiamo ugualmente affrontato una serie di tematiche di tipo sociale da declinare in “buone” pratiche territoriali per partecipare al fronteggiamento delle diverse emergenze cui la pandemìa ci ha costretti.

In primo luogo si è avvertita la necessità di confrontarci non solo con l’ARCI ma anche con altre Associazioni che organizzano spazi sul nostro territorio (lo ricordo a chi legge e non è pratese, si tratta della frazione San Paolo); di sicuro c’è l’ACLI che organizza il Circolo “Giorgio La Pira” in via Donizetti, il CSI che ha come punto di riferimento il Circolo “Linari” in via Bellini, il Circolo “Curiel” di via Filzi affiliato all’ARCI, così come il Circolo “Borgonuovo” di via Lorenzo da Prato e quello di via Cilea. C’è anche una struttura in via Attilio Ciardi che probabilmente non è più funzionante come Circolo culturale, ma occorre fare una verifica. In questa direzione abbiamo cominciato a muoverci nei giorni successivi al 4 di novembre e a breve avvieremo un confronto per ora su Meet.

Sempre in relazione al tema associativo si è ritenuto importante verificare lo “stato delle cose” relativamente a “Pro Loco” e “San Paolo Viva”.

…..continua……