Paradistopica epifania
Nel nostro Paese c’è una “maggioranza” di persone che si avvale del “pensiero” di altri nel costruire il “proprio”; come a dire: “c’è una maggioranza che non è in grado di sviluppare un pensiero autonomo”. In realtà non è mai possibile che ciò non accada in una società in cui la Scuola si è andata muovendo per moltissimi anni su una linea di tipo nozionistico e non ha operato sullo sviluppo critico delle nuove generazioni: per tanti, ivi compreso i genitori, era molto importante “imparare a sapere” più che “imparare a pensare”. Molti di noi sono stati partecipi di questa funzione, anche se consapevoli di non essere in grado di fornire gli strumenti, perché la società, a partire dalla Politica fino ad andare all’Economia, ha costantemente considerato l’assenza di pensiero libero un utile viatico favorevole al mantenimento del Potere. Peraltro coloro che, tra i docenti, intraprendevano percorsi didattici indirizzati ad una formazione maggiormente critica venivano emarginati. Politica ed Economia hanno utilizzato una massa enorme di una specie di automi e li hanno formattati a loro vantaggio, inquinando i mezzi di comunicazione di massa allo scopo di diffondere il “pensiero”, condizionando attraverso il potere economico ogni possibile deviazione, collegata ad una vampata di autonomia che si andasse producendo nei cervelli umani.
Non è un sunto di un testo distopico, questo. In un tempo come quello che stiamo vivendo, “confuso”, è sempre più evidente il funzionamento di questa perversa macchinazione, della quale sono protagoniste quasi tutte le forze politiche, gli stessi Sindacati, le Organizzazioni dei datori di lavoro, la Finanza nel suo complesso, una parte imponente della Chiesa, quella che in modo particolare mal sopporta il Magistero di Papa Francesco.
Non è così semplice, soprattutto per un minuscolo granello di vita, come sono io, suggerire formule di uscita da questo tunnel. Temo che la sorte umana sia segnata in direzione del buio, e non è solo la mia, la percezione di una “fine” naturale verso cui mi sto muovendo. Questa “riflessione amara” è collegata ad un evento apparentemente lontano da quel che ho argomentato così intriso di cupo pessimismo, un banale guizzo epifanico generato da un personaggio politico, fortemente responsabile del degrado culturale sociale e civile del nostro Paese, anche se quei tanti “scervellati” di cui sopra potrebbero non essere d’accordo. Sorprende me stesso, prima che voi, questo accostamento, che potrebbe addirittura accreditare più importanza di quanto meriti a quel signore; ma la sortita di D’Alema (perché è di lui che parlo), la cui eclisse fino a questo momento gli ha permesso di sopravvivere in apnea, è stata davvero sorprendente. Ha espresso l’opinione “altissima”, tipica del suo possente “io”, che ormai il PD sia guarito da quella brutta malattia, che è stata il “renzismo”. Un’analisi più attenta degli ultimi decenni del secolo scorso e del primo periodo del nuovo metterebbe in luce gli aspetti caratteriali che non avrebbero potuto consentire la contemporanea presenza nel Partito Democratico di due profondi inguaribili “egocentrici”. L’arroganza dei due, espressa apertamente nella prossemica, protesa verso l’acquisizione di un sempre più forte ruolo di Potere, acquisito in barba a tutti i buoni propositi dei fondatori di quel Partito, ha contribuito a sconquassarlo dalle fondamenta, consentendo a chi era al di fuori di quell’area ideale di appropriarsene. Ne riparleremo.
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