Paradistopica epifania parte 2 (le ragioni)
Chi mi conosce sa perfettamente che le divergenze tra me ed il Partito Democratico sono apparse immediatamente sin dalla fase costitutiva. E’ per tale motivo che non riesco a considerare in maniera esclusiva l’avvento ai vertici di Matteo Renzi tra le cause della mutazione antropologica di quella forza politica. Se pensate sia utile, andate a leggere le pagine da me scritte su questo Blog riferite al tempo in cui molti di noi, giovani e meno giovani, demmo vita a Prato al Comitato per la nascita del Partito Democratico. Per questo trovo abbastanza curioso che una semplice parziale scissione, numericamente molto ridotta rispetto ai “tanti” sostenitori della linea renziana, possa da chicchessia – dotato di una pur minima “intelligenza” – essere considerato un poderoso colpo di spugna salvifico rispetto al “virus” mortifero. E’ del tutto evidente che anche se sia possibile considerare conclusa la parabola “renziana” tout court, ciò non possa contemperare la parallela favorevole condizione all’interno di quel Partito, dove permangono intatte le posizioni di Potere acquisite con il “renzismo”, grazie al “renzismo”. Renzi può anche sparire, ma il “renzismo” purtroppo permane. Ecco perché, pur comprendendo l’ansia di primeggiare, dopo un periodo di assenza, da parte di Massimo D’Alema, da sempre non ne riesco a condividere il pensiero, troppo riformista e democristiansocialista, e men che mai mi affascina la sua modalità di esprimerlo, con quel malefico ghigno ad attestare la sua super superiorità intellettuale.
Quasi certamente la sortita dalemiana è stata uno di quei classici “ballon d’essai” lanciato per tastare il terreno, per una verifica delle condizioni in cui il Partito Democratico, in questa fase pandemica (non mi riferisco al Covid) con la nuova segreteria Letta, verserebbe. Poco aiutato certamente dalla pandemia (quella vera), il nuovo Segretario non mostra di essere in grado di promuovere un vero cambiamento; e d’altra parte il PD non può essere costitutivamente una forza politica da un solo unico piccolo uomo al comando. Ed è dunque del tutto evidente che una gran parte della vecchia, non solo dal punto di vista anagrafico, guardia non ha alcuna intenzione di cambiare. “Cambiamento” è una parola ibrida, collegata a personali progettualità; si riferisce alla volontà di chi sta ai margini perchè non condivide la linea espressa dalla maggioranza e quindi ne sollecita un cambiamento, che è tuttavia da coloro che detengono le leve considerato velleitario, fin quando non emergano condivise necessità, di fronte ad urgenze, emergenze di carattere democratico o per di più una debacle politico culturale, amministrativa.
Difficile però è uscire da questo tunnel soprattutto allorquando prevalgono gli accordicchi tra parti per spartirsi “da buoni amici” il bottino, per giunta sulla testa dei “tanti” che, come dicevo all’inizio, non vanno oltre le scarne parole emesse da chi ha tutto l’interesse ad utilizzare prevalentemente il credito ottenuto. Questo è dunque una delle ragioni per cui sono sempre più avvolto da un cupo pessimismo.