Attenti alla guerra – arma di distrazione di massa – una introduzione ai temi attuali

Attenti alla guerra – arma di distrazione di massa – una introduzione ai temi attuali

In questi giorni in tanti si vanno chiedendo le ragioni per cui fino all’altro ieri il giudizio su Putin fosse quasi identico a quello con il quale oggi si identifica come un despota nemico della Democrazia, ma non si andava oltre e anzi ci si fermava esclusivamente a denunce di tipo morale del tutto inefficaci. La scelta che Putin ha fatto nel minacciare “prima” e nel procedere poi ad una invasione di un territorio non di sua competenza ha messo a nudo l’inadeguatezza di una Politica internazionale, a partire da quella dei Paesi europei, che in questi anni pur criticando l’assenza di Democrazia in Russia e nonostante la presenza di sanzioni preesistenti non cessavano di sottoscrivere accordi commerciali con quel Paese.

Sotto questo aspetto nessun Paese è indenne da critiche e dunque non sono credibili i passi diplomatici di vari leader; addirittura ci potrebbe essere il sospetto di accordi di basso profilo e questo danneggerebbe ancor più la credibilità del mondo politico attuale.

Tali scelte, portate avanti nel nome di un mercato globalizzato, hanno dato la sensazione di una profonda debolezza dell’Europa, sia politica che economica. D’altro canto la Russia, proprio attraverso la sua conduzione politica despotica dei gruppi di potere costituitisi intorno a Putin ha teso a mantenere e far crescere una sempre più profonda divaricazione sia culturale che economica nella sua popolazione.

Il mondo è stato a guardare; anche quello che oggi si erge a difesa della “Pace”, senza peraltro chiedersi quali possano essere le vere ragioni del contendere. Non è affatto sorprendente che da qualche parte si alzino critiche verso forme poco più o poco meno che ideologiche e che si inviti ad una maggiore cautela, pur nella difesa strenua delle ragioni dei più deboli, che in questo momento sono coloro che subiscono le azioni di guerra.

I REGALI DI NATALE parte 5

5.

E rientriamo a questo punto nella Piazza della Repubblica, luogo nel quale sin da quando ho avuto autonomia di movimento ho svolto le mie pratiche sociali culturali politiche, di cui vi sono ampie tracce su questo Blog. La Piazza da allora, gli anni Sessanta e Settanta è andata modificandosi pian piano e oggi è un luogo di ritrovo soprattutto per i partecipanti alla movida diurna e notturna. Bella ancor più di oggi la Piazza in alcune mie foto scattate nelle giornate ventilate e fredde, allorquando non vi è frequentazione consumistica stanziale. Oggi che ci ritorniamo è piena di luminarie, che attendono di mostrarsi in tutta la loro pomposità non appena le luci del giorno rese più tenui in questa fase di solstizio si affievoliranno.

Anche per questo decidiamo di ritornare in serata per goderci la festa. Scendiamo quando c’è ancora un po’ di luce; lo facciamo a piedi, non c’è un gran traffico ma l’incertezza di poter reperire un parcheggio comodo e la necessità anche di fare due passi ci sospinge. Passiamo sotto il ponte della Metropolitana e costeggiamo l’Anfiteatro Flavio, notando che c’è una gran fila davanti ad una Farmacia; è quella per i tamponi. Uno sguardo verso casa di una nostra amica; sembra sia tutto chiuso. “La chiameremo, per gli Auguri” ci diciamo.

Poi procediamo per la Piazza del Carmine, una piccola piazzetta ristrutturata di recente e molto accogliente che sovrasta la Villa Avellino. Passiamo davanti ai cancelli chiusi del Cinema “Sofia” dedicato ad una delle glorie attuali della celluloide internazionale, la Loren. La “crisi” purtroppo ha colpito anche i luoghi di incontro ma è comunque un grave danno alla Cultura la chiusura di quel Cinema, che era divenuto l’unico in tutta l’area flegrea: i cinefili, gli appassionati dell’arte cinematografica di Pozzuoli e dintorni dovevano trasferirsi a Bagnoli, al Cinema “La Perla” gestito tra l’altro da un mio grande amico, Giuseppe Borrone. Speriamo che si possa promuovere un’iniziativa per riaprire la Sala. Me ne occuperò nei prossimi giorni.

Scendiamo per le scale dei Cappuccini godendoci il tramonto verso Nisida e Capri. Passiamo a trovare il nostro amico Claudio Correale, ma in questo periodo di feste la sua Associazione, “Lux in Fabula” è chiusa.

Arrivati sul Lungomare ci incuriosisce andare a vedere come ha addobbato il suo balcone la nostra amica Titti Russo e, come sempre, più di sempre ci sorprende per la sua straordinaria creatività. Ogni “stagione” ha la sua rappresentazione: quella che vediamo è collegata alle festività natalizie con abbondanza di elementi.

La prima  volta che scoprimmo questa forma di istallazione fu quattro anni fa. Mary e io ci fermammo ad apprezzare tra di noi questa straordinaria scenografia e non sapevamo di essere ascoltati dall’autrice che poi si presentò e stringemmo una specie di patto, che saremmo tornati ad ogni nostro ritorno a scoprire le novità. Titti non c’è e dobbiamo accontentarci di scattare alcune foto per conservare tra noi la memoria. Procediamo poi sul Lungomare verso il rudere contemporaneo di quello che era una volta “Vicienzo ‘a mmare”.

I REGALI DI NATALE – intro e parti 1- 4 (in attesa della n.5 che pubblicherò domani)

I regali di Natale – intro

Tra gli aspetti positivi di queste “feste” natalizie c’è da annoverare la possibilità di potersi incontrare in famiglia, anche se in misura ridotta dovuta a questo periodo particolare nel quale ci siamo trovati a vivere. Senza alcun dubbio c’è a questo mondo chi sta peggio di noi, molto peggio. E l’elenco che dovrei qui snocciolare sarebbe molto lungo; anche molti dei nostri più vicini predecessori e qualcuno di quelli che ancora oggi sono con noi hanno vissuto momenti difficili, collegati a periodi difficili dal punto di vista sanitario e bellico. Mio padre ha vissuto durante la seconda guerra mondiale ed ha conosciuto la famigerata “spagnola”, ha fatto i conti con la miseria più nera patendo proprio la fame e in tempi più recenti ha dovuto barcamenarsi tra il colera del 1973 e il bradisismo degli anni successivi, subendo un’evacuazione forzata che durò un paio di anni.

Molte vicissitudini sono state da me condivise e forse anche per questo motivo non mi sembra così pesante l’atmosfera attuale con questa pandemia. Dovrebbe ovviamente pesarmi meno, ma l’abitudine ad una vita sociale, anche intensa, non consente grandi ottimismi. Tornando per l’appunto ai nostri giorni il potersi incontrare in famiglia significa per noi in tempi normali condividere gli spazi con un massimo di otto – numero massimo, però, difficilmente raggiungibile – dico “otto” persone. Ragion per cui quel di cui penso con questi nuovi post di parlare si riferisce ad un caso assai particolare, che mi ha consentito di vedere tre diverse – per caratteristica – opere insieme a mia moglie. Scendere giù per Natale, da Prato a Pozzuoli (ecco il motivo del riferimento al bradisismo), dopo un’assenza di circa 22 mesi, un anno e tredici mesi a dir la verità, ci ha posto davanti ad una condizione inattesa, anche se avremmo potuto prevederla: il vecchio apparecchio televisivo era “off” per le “ovvie” ragioni che tutti dovrebbero ormai sapere, collegate al passaggio al digitale terrestre. A dir la verità, l’antenna aveva sempre mal funzionato ma una decine di canali fino al gennaio 2020 riuscivamo a intercettarli, e ci bastava per seguire le vicende del Paese e del Mondo. E poco più.

Siamo scesi a Napoli in quattro; forse ne incontreremo altri due, della famiglia. Due sono rimasti a Prato. E qualche volta in questi giorni, lo sappiamo, saremo appena in due, mia moglie e io, non di certo a causa della pandemia: è la norma. L’organizzazione non prevede grandi cenoni: solo un paio di “rendez vous” collettivi, in sei per l’appunto; poi mezzo gruppo ha già pensato di incontrare qualche altro gruppetto, mantenendo le distanze necessarie per evitare il più possibile contatti che potrebbero farci entrare in paranoia, sacrosanta in questo periodo ma pur sempre “paranoia”. Tutti vogliamo evitare di incorrere in errori più o meno fatali. Ed è anche per questo motivo che i nostri saluti avvengono a distanza di sicurezza, da un balcone o per telefono. D’altra parte, però, le cautele sono reciproche e da quel che sappiamo non sono meno esagerate rispetto alle nostre. Anzi; si racconta di contatti amichevoli con l’uso di saliscendi antidiluviani, come il classico “panariello”, utilizzato per scambiarsi oggetti, prodotti necessari per l’alimentazione e cibi preparati.

Faccio un passo indietro per descrivere quel che è il pregresso: le attese, le speranze, la voglia di recuperare un rapporto con la Madre Terra, o come meglio sarebbe dire “Terra Madre”, la terra natia: è di noi due ma in modo particolare e sorprendentemente da parte di nostra figlia. Decidiamo di partire il 22 dicembre, per evitare il rientro dei vacanzieri di fine anno, quelli in particolare collegati al mondo della scuola. Quando si parte, comunque si sia in due oppure in tre o quattro come questa volta, appariamo sempre una famiglia in trasloco e ci consola solo il fatto di non essere gli unici, felicitandoci del comune destino quando si incrociano altri veicoli ricolmi come un uovo. In realtà lo spazio è ridotto e i bisogni sono raddoppiati; in aggiunta si deve dire che tutte le vettovaglie che erano state lasciate nel gennaio del 2020 erano scadute e quindi dovevamo necessariamente portare con noi perlomeno i viveri di prima necessità.

Mi sono raccomandato con mia figlia affinché non si parta troppo tardi: voglio arrivare a Pozzuoli, in questo periodo di solstizio invernale, con un po’ di luce. Il mio desiderio, visto che sono considerato ormai un impenitente maniaco della precisione, viene esaudito; ma la speranza di trovare un traffico normale, no. Assistiamo inermi a lunghe file di centinaia di Tir che lottano arrancando per procedere in mezzo a chilometri di cantieri aperti. Si viaggia dunque quasi a passo d’uomo per molti chilometri. Per fortuna non fa tanto freddo e si possono tenere aperti anche se di poco i finestrini per aerare il poco spazio rimasto: c’è il rischio che qualcuno di noi covi il contagio, senza esserne consapevoli. E, poi, ho una strana tosse che mi scuote di tanto in tanto: a me sembra psicosomatica perché mi ritorna soprattutto se ci penso; ma il mio dottore ha detto che è collegata al reflusso gastro esofageo. Sarà; ma sono più o meno gli stessi sintomi che avvertivo nel marzo 2020 all’alba del Covid19.

Comunque, giusto per la cronaca, è proprio il gran traffico che mi impegna a mantenere desta l’attenzione ed anche la “tosse” non mi perseguita e di riflesso gli altri viaggiatori non hanno alcun motivo di preoccuparsi. I giovani ne approfittano per organizzare incontri e visite ad amici, luoghi da visitare e ristorantini dove rifocillarsi tutti insieme che diano garanzie di sicurezza. Mia moglie è intenta a seguire il traffico e di tanto in tanto distribuisce qualche snack. Il viaggio dopo le prime due ore e mezza da incubo procede abbastanza spedito; l’auto è revisionata ma non mi fido di lanciarmi oltre i 90 massimo 100 orari. Per fortuna non c’è più il gran traffico grazie anche alle corsie che da due sono tre, da Orte in giù. Ci siamo fermati solo per un parziale bisogno fisiologico; non mi sono mosso dall’auto. Arrivati a Santa Maria Capua Vetere, la sagoma del Vesuvio già si intravede sullo sfondo; poi sparirà e ritornerà dopo l’uscita dall’A1. Qualche altro chilometro e poi si entra nella bolgia infernale, che chi non è di queste parti non può immaginare (forse a Roma sarà la stessa cosa, ma qui a Napoli, entrare nella Tangenziale è il cordiale saluto della città e soprattutto dei suoi abitanti.

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Per fortuna c’è ancora molta luce. Napoli è luminosa; il suo clima è proverbialmente miracoloso. Anche se non più abituati, non ci sorprende il caos: basta lasciarsi portare dalla corrente, mantenendo il più possibile la barra dritta su una corsia, meglio quella centrale. Non bisogna avere reazioni nervose e da qualche tempo in qua per rimpinguare le casse del Comune ci sono multe salatissime per chi supera i 50 orari. Il caos illude il viaggiatore, ma difficilmente si riesce a superare quella velocità nella prima parte del percorso; piuttosto è più in là dopo l’uscita di Camaldoli, proseguendo verso Pozzuoli, che occorre evitare, complice un traffico solitamente molto meno intenso, di accelerare.

Siamo riusciti a arrivare con il vantaggio di un’oretta di luce. I mesi che sono passati ci hanno portato via anche qualche persona cara, non parenti ma grandi amici e mi si stringe il cuore a guardare quei balconi che pullulavano di energie creative anche durante il lockdown (erano lenitivi e consolanti i suoni e i canti, anche per noi che eravamo lontani e che osservavamo con attenzione quelle performance fino all’ultima che era apparsa un giorno prima che la triste notizia arrivasse sul tam tam dei social fino a noi) e che ora sono silenti e carichi di una profondissima struggente malinconia.

Scarichiamo l’auto con la solita difficoltà degli spazi a disposizione per poter manovrare agevolmente, ma per fortuna il carico è inferiore agli altri e qualche aiuto in più ci viene da nostra figlia e dal suo compagno, Bruno. Manovriamo sotto gli occhi vigili presenti o nascosti dei vicini di casa che affacciano sulla corte comune. I presenti argomentano anche un saluto e vorrebbero dopo questa lunga assenza anche recuperare il tempo perduto, ma dobbiamo scoraggiarli con gentilezza unita a fermezza, altrimenti a cosa sarebbero valse le ansie di arrivare perlomeno con un po’ di luce. Gli altri, quelli che occhieggiano dietro le tendine, ci diranno tra qualche ora, quando li contatteremo, di averci visti. La confusione ammassata, necessariamente con ordine, nell’auto diventa un guazzabuglio incontrollabile nelle prime stanze dell’appartamento. I pacchi si sovrappongono ad un’altra serie omologa che già è stata depositata da mia cognata, alla quale abbiamo dato il compito di fare una rapida ricognizione in casa, accertandosi che perlomeno funzionassero frigo, lavatrice e riscaldamento. Far partire il riscaldamento è un’operazione complessa per noi che in questa casa ci veniamo comunque – quando è andata bene (prima della pandemia) – due, tre massimo quattro mesi all’anno. Ognuno prende possesso degli spazi e per un paio d’ore si cerca di mettere ordine; perlomeno si sistema quel che necessita in modo primario.

Per far partire la caldaia devo uscire fuori al terrazzo e lo trovo molto sporco soprattutto di polvere; osservo il panorama del Monte Gauro, che è un vulcano e le collinette di Cigliano, che sono anche quelle la cornice agricola molto fertile di un altro vulcano, ma quel che mi colpisce è immediatamente una zaffata di quell’odore tipico della nostra terra, i Campi Flegrei e la Solfatara, che dista trecento metri da dove siamo. Si dice che quando è così intenso è segno di un’attività vulcanica molto forte. E nelle giornate successive ne avremo la conferma.

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I REGALI DI NATALE – p.3

Quando si ritorna  dopo poco meno di due anni occorre fare i conti con quel che non avevamo previsto quando, a fine gennaio del 2020, eravamo ripartiti per tornare a Prato, convinti che di lì a poco (o io o Mariella a volte facevamo ritorno da soli) e a più tardi in primavera o a Pasqua e di certo in estate vi saremmo ritornati. In quell’occasione abbiamo controllato le scadenze dei prodotti alimentari (pasta, olio, legumi, pelati, barattoli in vetro o in metallo pieni di contorni)  e dei medicinali ordinari e specifici per le nostre croniche patologie; ed erano tutti con scadenza perlomeno di sei mesi.  Non avevamo sostituito i completi dei letti e addirittura avevamo lasciato i nostri pigiami invernali sotto ciascun cuscino;  eravamo pronti a ritornare. Poi, lo si sa, come è andata. E per questi motivi tra le prime attività c’è la necessità di fare spazio nelle dispense, quelle degli armadietti in cucina e quelle del ripostiglio. In quest’ultimo abbiamo trovato anche tre confezioni intere di acqua minerale ormai scadute da più di un anno. Mentre recuperiamo spazi a favore delle poche nuove derrate alimentari (vi ricordo che lo spazio in auto è stato abbastanza ridotto) scopriamo di avere accumulato un surplus di ogni bene che sarebbe stato necessario ridurre, al netto delle scadenze. Ci si trova ad esempio nel ripostiglio di fronte a molte diverse paia di pantofole, sandali, scarpe; e negli armadi decine di camicie, pantaloni, gonne ormai datate sia per la foggia che per la loro consistenza, mentre nei comò decine di calzini e altro tipo di biancheria intima ci interrogano sul da farsi.                                                                                                                                                                                       Dopo aver aggredito i reparti alimentari che sono realisticamente più urgenti, abbiamo poi proceduto in questo periodo di vacanza a bonificare gli altri settori. Ovviamente il desiderio di mettere a dimora il materiale, poco ma ingombrante, che abbiamo trasportato viene temporaneamente accantonato e procediamo a recuperare contenitori per i materiali che dobbiamo procedere a catalogare ed eliminare (la discussione sul come e quando ci impegna in modo accanito, anche se l’urgenza ci consiglia di rinviare la soluzione).

Ovviamente il compito di condurre in porto l’impresa è tutto sulle nostre spalle; i due giovani, dopo aver messo in ordine le loro cose se ne escono per fare una ricognizione sul territorio. La stanchezza del viaggio non ci impedisce di fare altrettanto, ma rimandiamo la nostra prima spedizione al giorno dopo.

Come in ogni altro luogo ci sono i mercati locali e quindi il giorno dopo, con il sole che è già alto, decidiamo di scendere verso il porto, dove c’è l’imbarcadero per le isole flegree (Procida e Ischia) e decine di barche di pescatori che offrono a prezzi esorbitanti legati al periodo festivo pesci che non sempre possono vantare di essere freschi, anche se al massimo sono prodotti scongelati. Non mancano ovviamente i prodotti “vivi” che tuttavia hanno un costo elevato, accresciuto dalla loro consistenza più o meno idrica. Si tratta in realtà della legge del mercato, non si può pensare ad un dolo vero e proprio, anche se in questo periodo acquistare al dettaglio in assenza di prezzi esposti porta molto spesso ad inganni; e bisogna perlomeno sapere trattare sul prezzo, mostrando di avere competenza, anche quando non la possiedi.

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Nella capitale dell’area flegrea ci sono vari altri luoghi dove si svolgono le attività mercantili. Pozzuoli deve essere stata sin dall’antichità un luogo in cui si svolgevano scambi di merci. Lo testimoniano i resti archeologici del “Macellum”, una sorta di ipermercato ante litteram, che si trova proprio davanti alla linea destra del porto e che ha subìto l’affronto antistorico di essere confuso con un “Tempio” solo per il fatto che negli scavi era stata ritrovata una statuina del dio greco egiziano Serapis. Da parte loro i geologi hanno utilizzato le residue colonne che caratterizzano l’ampiezza e l’altezza di questo sito per misurare i livelli del fenomeno bradisismico, cui è sottoposta la terra flegrea. Tra il Serapeo e il mare al di là di una strada sempre molto trafficata c’è uno spazio sul quale si svolge il mercato dell’usato e delle mercerie varie. Oggi ci sono pochi banchi; quasi certamente la crisi pandemica ha ridotto il livello di scambio e in un giorno prefestivo come questo, unico nel corso dell’anno, c’è più attenzione verso i prodotti tipici alimentari. Dopo un rapido sguardo decidiamo di andare verso quello che ricordiamo essere il mercato ittico – sia quello all’ingrosso che si svolge di prima mattina prima dell’alba che a dettaglio – e quello poi della frutta e verdura al dettaglio (gestito da commercianti) e ci sorprendiamo nel notare uno scarso afflusso. Ci accorgiamo che non c’è più alcun banco e alcuni addetti ai parcheggi, che per sostenere il commercio sono stati resi liberi dall’Amministrazione comunale nel limite di due ore, ci avvertono che i banchi si sono spostati tutti poco più sopra, dove c’è il mercato coperto. In realtà qualche anno prima si erano insediati lì ma poi, se ben ricordo, erano ritornati verso la linea del mare. Ci avvertono però che il mercato è chiuso; c’è stato per tutto ieri fino a notte fonda. Ora tutti stanno nelle loro case a preparare il cenone. Ecco perché – ci diciamo Mary ed io – non c’era tanto movimento.

E così superata la villa Comunale, che è da sempre molto ridotta e non ha molto a che vedere con quelle che si chiamano allo stesso modo ma hanno la fortuna di esistere in altri luoghi, ci inoltriamo attraverso le stradine che portano verso la piazza della Repubblica. Attraversiamo quello che i puteolani hanno chiamato con una certa esagerazione – alla pari con il concetto di “Villa” – “Canal Grande”, ‘o Cannalone” memori del fatto che a causa dei fenomeni bradisismici il mare fino ai primi anni del secolo scorso lo percorreva, costringendo gli abitanti ad utilizzare passerelle simili a quelle che a Venezia adoperano quando c’è l’acqua alta. Ve ne è una testimonianza nel film “Assunta Spina” (tratto dal dramma scritto da Salvatore Di Giacomo) di Gustavo Serena e di Francesca Bertini, che ricopre anche il ruolo della protagonista (la potete vedere dal minuto 6 e 40″ del film che vi inserisco in coda a questo blocco).

una breve prova dedicata alla “mia terra”

una breve prova dedicata alla “mia terra”, che non è proprio una terra ma un lembo di mare che da Pozzuoli giunge a Procida – l’odore acre della salsedine mista a quella della nafta si scioglie poi con il profumo dei limoni, sia quello degli alberi fioriti sia quello dei frutti – sin dai primi giorni di vita quella parte di “terra-acqua” è stata la mia Patria, la MadreTerra.

TerraMadre

Limoni

di una terra

lontana

nella memoria

la terra

di una madre

vicina

nella memoria

Lontana

la terra

dolce

nella memoria

Terra

di un figlio

lontano

senza memoria

Madre

Terra

Lontana

Sempre vicina

Limoni

profumo intenso

acre sottile

Memoria

“buttare il bambino con l’acqua sporca”ovvero “la necessità di percorsi post ideologici -Alternanza Scuola Lavoro e Esami di Maturità 2022”

“buttare il bambino con l’acqua sporca” ovvero “la necessità di percorsi post ideologici -Alternanza Scuola Lavoro e Esami di Maturità 2022”

” Nel prossimo post mi interesserò di quelle che sono le ragioni delle proteste studentesche di questi giorni. ” Così scrivevo al termine di quei due post dedicati in modo un po’ indiretto ai temi dell’Alternanza Scuola Lavoro e delle modalità con cui ci si avvicinava alla conclusione del percorso scolastico secondario (o perlomeno su come interpretavano questi due temi una parte degli studenti che protestavano e coloro che a mio parere non sempre ragionando in modo serio ne sostenevano le ragioni).

I giovani hanno molte buone ragioni per protestare ma ce ne sono di ben più importanti e significative addirittura collegate in modo molto stretto con i temi dell’Alternanza Scuola Lavoro e degli Esami di Stato.

Sul primo argomento ho scritto nel post con il quale riprendevo il ragionamento sui limiti dell’ideologismo tout court con il quale si intende stabilire vincoli costrittivi, distruttivi e non costruttivi.

Quanto agli Esami di Stato, il loro valore “legale” ha cominciato a vacillare allorquando per risparmiare una parte degli emolumenti che le Commissioni assorbivano si è andata man mano riducendo la presenza degli esterni fino a ridursi ad un unico rappresentante estraneo agli allievi, al quale il Ministero affida più commissioni da seguire. Detta così, appaio come avallare la possibilità di andare addirittura oltre e far svolgere esami “interni” di verifica dei percorsi con una sorta di gara a punti che tenga conto delle pratiche, delle difficoltà e dei risultati raggiunti ((compiti, test, interrogazioni, stages, percorsi interni ed esterni all’ambiente scolastico debitamente certificati e previsti da regolamenti ministeriali).

Potrebbe essere un’idea indubbiamente se si intendesse andare verso un’abolizione totale della validità del titolo di studio; ma ho la contezza che questo non garantirebbe soprattutto la riconoscibilità dei “valori” espressi, a prescindere dagli “status sociali” cui appartengono i singoli studenti.

Cari giovani studenti, avere contestato una scelta – pur discutibile ma sensata – come quella del Ministro Bianchi, in modo così perentorio senza alcun approfondimento ma giusto per rimettere in moto le energie adrenaliniche accumulate nei lunghi mesi della pandemia, pone in evidenza i vostri limiti e quelli di coloro che gestiscono (o ritengono di poterlo fare) i vostri movimenti. Una protesta di basso profilo, ancor più perché indirizzata verso la seconda prova, quella preparata dai docenti interni, non vi porta stima da parte del mondo che vi attende. Tra l’altro i politici vi hanno mentito a lungo sulle necessità di avere percorsi, nella scuola media superiore di secondo grado, di cinque anni. In larga parte del mondo evoluto, quello dove poi molti di voi si dirigono (i Paesi del Nord per intenderci) gli studenti come voi svolgono percorsi quadriennali e, i più capaci e bravi, si intende, riescono a raggiungere percorsi universitari bruciando i loro concorrenti a partire dai vostri compagni di studi. Su questo tema dibatteremo ancora, perché ho avvertito un ritorno di sensibilità intorno ad esso. Ma voglio concludere, aprendo altri fronti: piuttosto che demonizzare l’Alternanza Scuola Lavoro, scendete in piazza contro i meccanismi del mondo del Lavoro; anche su questo tema va riaperta con fermezza e senza ideologismi (di ideologismi non si vive).

….credo che si debba proseguire….

IN RICORDO DEL “POETA” PIER PAOLO PASOLINI – parte 24 – atti di un Convegno del 2006 IN RICORDO DI PIER PAOLO PASOLINI

IN RICORDO DEL “POETA” PIER PAOLO PASOLINI – parte 24 – atti di un Convegno del 2006 IN RICORDO DI PIER PAOLO PASOLINI

continua la trascrizione “difficoltosa” (lo si comprende dal testo riportato proprio in questo blocco) del Convegno del 2006 Questa è la PARTE 24

* PROIEZIONE DI UN DOCUMENTARIO

FINE LATO B PRIMA CASSETTA

SECONDA CASSETTA INIZIO LATO A

Parla voce non identificata:

<< Io vorrei, in questo intervento molto breve, dire qualcosa sul discorso che ha fatto Tricomi e poi rivolgere una domanda, una semplice domanda a Costa che non nasconde inibizione, ma è proprio una domanda. Per quanto riguarda la relazione di Tricomi che si rifà a due libri che ha pubblicato in questi ultimi tempi su Pasolini, io devo dirvi innanzitutto che trovo la tesi, che lui ha presentato qui, che appunto ha discusso ancor meglio in questi volumi, assolutamente convincente. A me sembra che si possa dire che tutto quello che Tricomi fa, ma lo fa con una grande dovizia di documentazione sia in sostanza svolgere dispiegare quello che era un giudizio critico di Franco Cortini su Pasolini, che Pasolini accettava peraltro, e cioè la possibilità di leggere Pasolini, l’opera di Pasolini secondo la figura retorica della sineciosi o dell’ossimoro. L’ossimoro sapete è una figura retorica in cui due contrari sono unificati all’interno di una stessa formula, come per esempio quando si dice un morto vivente. Questo è un ossimoro e un po’ tutto Pasolini è un ossimoro. Io credo che questo lo si veda bene proprio attraverso la tesi di Tricomi del sadomasochismo, no? Questo rapporto che Pasolini ha con la tradizione letteraria, con il potere, con la sessualità anche che è un rapporto di contraddizione perenne in cui non si arriva mai ad una sintesi, quindi ad una conciliazione degli opposti, ma al contrario si ha una configurazione in cui gli opposti sono presenti e si scontrano continuamente. Quindi non una soluzione del conflitto, ma un conflitto esibito in maniera costante. Allora questa cosa, questa dimensione per esempio della accettazione rifiuto di una tradizione letteraria, questo è secondo me visibilissimo se vediamo ad esempio la svolta che appunto conduce Pasolini dalle prime prove che si possono in qualche modo, sia pure con una certa approssimazione, considerare neorealistiche o almeno realistiche fino poi alla diciamo sperimentazione piuttosto forsennata degli anni ’70, questo si vede per esempio in un libro come “Petrolio”, beh questa dimensione di accettazione e rifiuto di una tradizione letterariami sembra una cosa che viene esibita continuamente.

Ma l’idea che io ho e che è in qualche modo una sorta corollario della tesi di Tricomi è che il lettore stesso debba mettersi in una condizione di ossimoro quando si avvicina ad un’opera come quella di Pasolini. Cioè la dimensione dell’accettazione e del rifiuto devono convincere, altrimenti non si coglie veramente il punto. Devo dire anche che questa cosa può procurare, come dire, degli sbalzi di umore nella lettura di Pasolini. Io li ho sentiti molto, molto fortemente anche Perché così per età anagrafica faccio parte proprio di quella generazione di giovani nevrotici, pallidi, forse anche brutti che lui aveva così fortemente criticato. Quindi la dimensione del rifiuto era sicuramente prevalente quando ero un ragazzo e anche veniva fuori in maniera molto forte quando vedevo un suo film ecc.

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“buttare il bambino con l’acqua sporca”

Ho aperto un percorso qualche giorno fa per ragionare su una delle malattie del mondo politico “bipartisan” con sfumature diverse e avverse. Sembra quasi che ci si diverta a distruggere senza proporre alternative valide. Non fosse così vorrei essere smentito. Sin da quando ero nella Scuola in servizio attivo il tema dell’Alternanza Scuola Lavoro è stato uno dei temi più dibattuti al quale il corpo docente impegnato specificamente in quel percorso ha presto grande attenzione e sforzo critico. Se mancano tali presupposti, ovvero se le iniziative vengono progettate senza un impegno specifico con le agenzie formative con le Istituzioni con gli organismi sindacali con il mondo della produzione industriale e produttivo, con gli Enti culturali di certo i risultati di una simile esperienza non serviranno a nulla: ma da quel che io ricordo questa attenzione esisteva e di volta in volta l’esperienza portava a dei correttivi, necessari sempre per rendere migliori gli esiti. Indubbiamente, esistevano anche gli incidenti di percorso, per quel che concerne la mia esperienza non assimilabili a quelli drammatici recenti, ma collegati ad ambienti non consoni all’espletamento funzionale dei Progetti (l’inserimento “coinvolgente” in struttura lavorativa): a volte lo studente veniva abbandonato a se stesso, quasi come un impiccio, o in altre occasioni gli veniva commissionato un lavoro non rispondente a quello specifico. Di fronte a queste denunce che venivano poi anche verificate con una sorta di blitz dei responsabili dell’Istituto, si procedeva a cancellare dalla lista la struttura ospitante per l’anno successivo.

L’altro tema trattato con passione dagli attuali studenti riguarda la struttura dell’Esame di Stato 2022. Anche su questo ho delle perplessità e ne tratterò nei prossimi giorni.

la necessità di percorsi post ideologici -Alternanza Scuola Lavoro e Esami di Maturità 2022 – blocco 1 e 2 con Intro e Premessa

Premessa – Tratterò alcuni degli aspetti della nostra “contemporaneità” nel convincimento che vadano declinati fuori dalle ideologie mature o perlomeno utilizzando nuovi strumenti interpretativi.

Non posso non ammettere di essere stato sostenitore di ideologie già formulate, come tanti altri della mia generazione e tanti di quelle che hanno precedute le “nostre”. Nonostante ciò non posso non riconoscere che le ideologie già formulate debbano essere considerate non un punto di arrivo ma una base per procedere verso elaborazioni cui ciascuno nella misura delle elaborazioni personali possa aggiungere qualche elemento in più per interpretarle e procedere verso nuove formulazioni. Quando si è giovani è quasi del tutto normale che le ideologie cui ci si affida siano considerate come approdi cui aggrappare la gomena del proprio personale vascello. I giovani hanno bisogno di certezze e quando ritengono di essersene appropriate le declinano le applicano le professano a ogni piè sospinto, trasformandole in poco più che slogan tassativi esclusivi da rispettare rigorosamente .

Sarebbe normale, soprattutto per chi possiede solide capacità intellettive, formate in modo culturalmente scientifico, per un giovane ormai cresciuto e divenuto adulto, provare a sciogliere le gomene e prendere il largo verso orizzonti rinnovati arricchiti dalle proprie esperienze di vita e consolidati dall’applicazione sempre corretta delle proprie acquisizioni ideologiche. In teoria ciò dovrebbe apparire ed essere naturale; ma nella pratica molto spesso accade che ci si sieda sul trono delle ideologie e ci si senta comodi, contenti solo della semplice mera applicazione dei fondamentali senza avvertire il bisogno di un riallineamento, di una interpretazione più consona alle trasformazioni sopravvenute.

Ancor più seria diventa la questione, allorquando a non crescere intellettivamente e non essere in grado di superare la fase dell’infantilismo ideologico sono gli attuali educatori e i “maitre à penser” che si propongono di formare allievi non sulla base critica ma sull’assertività assoluta intorno a categorie ideologiche cristallizzate utili per ogni luogo e ogni tempo, a prescindere dalle condizioni che si sono man mano formate e diversificate.

Ho esperienza diretta, in linea individuale e non solo, rispetto a questa forma di presunzione intellettuale; voglio ribadire che è molto comodo (lo è stato per l’appunto anche per me) farsi forte delle acquisizioni di base rinunciando a elaborazioni nuove più adatte, e non ne sono stato immune. Pur tuttavia da alcuni anni, in una tardiva maturazione, di fronte alle vicende sociali economiche politiche e culturali alle quali ho avuto modo di partecipare in modo quasi sempre diretto e coinvolgente, ho avviato a costruire una revisione lenta ma progressiva, fatta di aggiustamenti interpretativi, collegabili a ragionamenti personali, e per questo motivo suscettibili di errori, rispetto alle basi ideologiche da me possedute.

Nello stesso momento in cui rifletto su quel che per me è stato un limite, superato da una presa di coscienza personale su ciò che mi ha condizionato, non posso rinunciare a comprendere che chiunque abbia proseguito a riferirsi in modo categorico ed esclusivo ai principi ideologici in modo genuino e richiamandosi ad una coerenza di fondo merita tutto il nostro rispetto.

Questo mio percorso è del tutto evidente nella elaborazione di gran parte dei miei post, alcuni dei quali riferiti a decenni trascorsi.

Alternanza Scuola Lavoro e Esami di Maturità 2022 – la necessità di percorsi post ideologici – p.2

Sin dall’alba del mondo, allorquando l’umanità ha avuto bisogno di regole, sia da rispettare sia da trasgredire, coloro che detengono il Potere hanno fatto camminare i loro proclami sulle gambe dei loro seguaci più fedeli. Ma quasi sempre al momento in cui si sta per raggiungere qualche obiettivo scendono a compromessi con altre forze di Potere e lo mettono n tasca a coloro di cui si sono serviti.                                                             Sin dalle vicende iniziali narrate dalle Sacre Scritture questo rapporto tra servi sciocchi e potentati si evidenzia in modo lampante; pensate alle tavole della Legge, nelle quali vi sono le prescrizioni morali cui attenersi non solo in quanto comunità religiosa ma anche civile: sono state applicate solo per creare condizionamenti negli animi deboli.                                                                                                                                Abbandoniamo per un momento questo “territorio” chiaramente digressivo per non ingenerare confusione: l’intendimento è quello di riaffermare che l’attuazione dei diritti si scontra con un disquilibrio sociale economico che non può essere sanato semplicemente con un’affermazione di principio. Bisogna che i rapporti di forza siano condotti su un terreno neutro nel quale le differenze si annullino non sulla base di benevoli concessioni.

Sono partito da due questioni esemplificative; le ho menzionate nel titolo ma non mi sono addentrato su quel terreno.

Nei giorni scorsi, sospinti da un evento drammatico, molti studenti delle scuole medie superiori sono scesi in piazza a formare cortei. Non era solo la voglia di riprendersi la vita, dopo questi lunghi mesi di clausura forzata e di abbandono della socialità, imposta dalla pandemia; era il bisogno estremo di poter esprimere il loro dissenso verso questo tipo di società che – nonostante alcuni proclami ottimistici – sta dimostrando di procedere a tappe forzate verso un predominio delle classi plutocratiche economiche, incuranti della sofferenza sempre più largamente e profondamente diffusa nella stragrande massa di popolazione, non solo quella dei Paesi sottosviluppati, destinati a patire ancora di più rispetto a prima, ma anche in questa nostra società, riconosciuta come industrializzata ed evoluta, sviluppata.

Per combattere questo stato delle cose pericolosamente e incessantemente in rapida evoluzione negativa per tanti di noi non bastano gli slogan delle masse urlanti; occorre costruire strategie di condivisione dal basso, altrimenti finirebbe per prevalere un profondo senso di frustrazione accresciuto dal fatto che molto spesso i Poteri forti finiscono per fagocitare una parte del dissenso inserendoli nei meccanismi di Potere cui avrebbero voluto e dovuto frapporre la volontà loro e dei loro rappresentati. Tali strategie non possono essere condivise a priori con chi gestisce le forme del Potere, e vi partecipa da protagonista. Questo accade quasi sempre, perchè c’è sempre tra chi gestisce le leve del Potere l’ambizione di non cederle; e per poter raggiungere tale obiettivo ha bisogno di sguarnire le file di coloro che protestano in modo più o meno disorganizzato. In diverse occasioni ho potuto assistere a tali manovre di basso profilo ed è bene che ciò sia segnalato; spesso ci si vende per ottenere una collocazione di comodo. Anche per tali motivi la qualità di chi si occupa di Politica o di gestione del Sociale non è sempre di buon livello.

Nel prossimo post mi interesserò di quelle che sono le ragioni delle proteste studentesche di questi giorni.

parte 7 – POESIA SOSTANTIVO FEMMINILE – parte 7 – 2022 – un recupero dei testi di presentazione, introduzioni e Saluti (e questa è “La presentazione” della X edizione, del 2010)

parte 7 – POESIA SOSTANTIVO FEMMINILE – parte 7 – 2022 – un recupero dei testi di presentazione, introduzioni e Saluti (e questa è “La presentazione” della X edizione, del 2010)

PRESENTAZIONE

8 MARZO. Questa data celebra la Festa della Donna: evoca mimose, fiori, baci di cioccolata, cena fuori con amiche. Una giornata dedicata alle donne di ogni età e condizione, di ogni paese. Una festa democratica, perché accomuna tutte le donne, senza distinzione.

Un giorno pensato per quella metà dell’umanità ritenuta da tanti più debole e da qualcuno la più significativa. Questa data festeggiata soltanto in una parte del mondo, mentre nell’altra se ne ignora l’esistenza e il significato: in alcune zone del nostro pianeta la sensibilità verso le “donne” non è sufficiente per tanta attenzione; in altre ancora oggi si propone di condividere questa festa, ma come diversivo, uno spostamento delle menti verso “l’altro sesso” per lo spazio di ventiquattro ore, per poi tornare alla considerazione secondaria e agli atteggiamenti di discriminazione.

Come nell’antica Atene, luogo di nascita della democrazia, il potere del popolo non dava poi a tutti la facoltà di partecipare alla cosa pubblica (le donne erano escluse, come gli stranieri e gli schiavi), così anche la Festa della Donna rimane talvolta un paravento, un momento che si celebra solo in alcune parti del mondo e che non riesce a rendere piena dignità alle donne. Le donne infatti si ritrovano a combattere ogni giorno, in qualsiasi paese del mondo, contro coloro che le vorrebbero sottomesse, dipendenti, ignoranti, ubbidienti, sfruttate, violentate, se non addirittura schiave o, in tante occasioni, vittime; dalla famiglia ai luoghi di lavoro, spesso il trattamento non cambia.

Tuttavia c’è chi ritiene importante continuare a proporre questa festa, a non dimenticarla, ma arricchirla ogni anno di contenuti nuovi. La condizione delle donne non si migliora sottraendo, semmai aggiungendo occasioni e opportunità di confronto, di sollecitazione delle coscienze, per arrivare un giorno a quella parità di diritti in ogni parte del mondo che sdarà il vero riconoscimento al ruolo delle donne nella società. Per questo noi Consiglieri dei Gruppi di Opposizione nel Consiglio della Circoscrizione Prato Est ringraziamo il Prof. Giuseppe Maddaluno per il suo impegno nell’avere, ancora una volta, riproposto l’iniziativa da lui promossa già da diversi anni, “POESIA SOSTANTIVO FEMMINILE”, e per averci voluto coinvolgerci nell’organizzazione. E ringraziamo le donne, che con le loro poesie hanno preso parte a questa proposta, e gli uomini che hanno scritto pensando a loro. La natura del centro sinistra da sempre esprime attenzione per le donne e per le loro aspettative di pari opportunità. Così anche i Consiglieri, che rappresentano nelle Istituzioni tali ideali e che da quest’anno si trovano all’opposizione nella Circoscrizione Est di Prato, ritengono importante sottolineare la festa dell’8 marzo attraverso una serata resa piacevole dai sentimenti e dall’arte della Poesia.

I membri dei gruppi consiliari di Opposizione presso la Circoscrizione Est di Prato – Marzo 2010

un recupero per una nuova riproposizione

STORYTELLING (digital) e METANARRAZIONE – proseguendo il lavoro in TRAMEDIQUARTIERE


Scrivevamo l’altro giorno: “Stamattina piove. Le prime gocce tamburellando sulle tettoie mi hanno svegliato: che ore sono? Dieci alle sette; tra qualche minuto anche il telefono sussulterà, vibrerà e poi suonerà. Decido di staccare la “sveglia”, non ne ho più bisogno e non voglio disturbare gli altri che continuano tranquillamente a dormire; mi alzo e vado in cucina a prepararmi il solito caffè. C’è meno luce del solito. Eppure siamo già al 15 di maggio. Con la tazzina di caffè fumante vado davanti all’ampia vetrage del salone attraverso la quale osservo la vasta pianura che va verso il mare, al di là delle colline pistoiesi che nascondono la piana di Montecatini e tutto il resto verso occidente. Le nuvole sono basse e continua a piovere. Ieri mattina a quest’ora la luce era così intensa e sono riuscito a fare una serie di buone riprese ed ottime foto.
Meno male, mi dico e continuo a dirlo mentre accedo al balcone esterno che guarda verso il Montalbano e si affaccia sul giardino e sulla vecchia Pieve. Sul balcone i fiori di cactus che ieri mattina erano aperti e turgidi si sono afflosciati, altri ne stanno nascendo e quando saranno pronti, come sempre faccio, li fotograferò. I colori della natura tendono in prevalenza al grigio, grigio-verdi, e la pioggia copre con il suo cadere a tratti i suoni ed i rumori della vita della gente che va a lavorare: è ancora presto per il “traffico” scolastico che tra poco si materializzerà. E continuo a pensare tra me e me: “Meno male che ieri mattina sono riuscito a fare le foto e le riprese di cui oggi avrò bisogno. Stamattina sarebbero state così cupe!”.
Da martedì insieme a pochi altri seguo un corso intensivo di soli quattro giorni: lavoriamo su “temi e storia” di questo territorio. Siamo a Prato. Quartiere San Paolo, periferia Ovest della città post-industriale. E’ piacevole ed interessante, forse anche utile. Siamo soltanto in sei suddivisi equamente quanto a genere ed età anagrafica. Il primo appuntamento è in una delle scuole della città appena alla periferia del nostro territorio. Mi sono presentato come uno scolaretto per l’appello del primo giorno. Molte le facce a me già note: in definitiva ad occuparci di Cultura ci si conosce. Sento subito che ci divertiremo, insieme. Handicap assoluto è la mia profonda impreparazione linguistica con l’inglese. La docente anche se in possesso di un curriculum internazionale di primissimo livello dal suo canto non capisce un’acca della nostra lingua: e questo mi consola ma non giustifica entrambi. C’è grande attenzione in tutti ma il più indisciplinato è colui che dovrebbe , per età soprattutto e per la professione che ha svolto, essere da esempio, cioè io. Mi distraggo, chiacchiero, insomma disturbo come un giovane allievo disabituato alla disciplina. L’americana mi guarda con severità e con quel solo sguardo impone il silenzio. Ciascuno viene chiamato poi a confessare in una sorta di autoanalisi, della quale non parlerò, le origini del proprio nome e della propria storia familiare. Io scherzo sul significato del mio cognome che richiama atmosfere donchisciottesche e sulle attività “carpentieristiche e marinare” di mio nonno paterno.

L’americana detta poi compiti e tempi. A ciascuno la sua storia. Non ne parlerò per rispettare la consegna del “silenzio” anche se qualche indicazione emergerà dal “racconto”. Discutiamo, scambiandoci idee ed opinioni, poi scriviamo. Amo la sintesi: lo so che voi (che leggete) non lo direste, che non siete d’accordo. Molti dicono che sono un “grafomane”. Ma io, in effetti, scrivo molto ma poi taglio: scorcio e taglio.

E così andiamo avanti fino ad ora di pranzo: non tutti però sono pronti e quindi si ripartirà  più tardi per il confronto finale, dopo pranzo.

La scrittura deve essere sintetica (e dagli con questa “sintesi”!) e sincopata per poter poi più agevolmente trasformarsi in uno story board dove le parole e le immagini si mescolino. Mentre le parole sono lì già pronte sul foglio di carta la docente ci invita a reperire quante più immagini possibili da poter collegare.

Dopo il pranzo infatti ciascuno di noi lavora per costituire il proprio esclusivo “database” da cui attingere poi foto e riprese in video da utilizzare.

Dalla prima scrittura a questo punto si passa ad una rielaborazione ad uso di traccia sonora parlata da ciascuno di noi. Dovremo essere noi a leggerla domattina, mercoledì 13 maggio, registrandola su una traccia audio che poi entrerà a far parte del nostro personale bottino.

Si ritorna a casa, però, con un compito da svolgere: cercare una musica da utilizzare, adattandola alle immagini. E’ una delle operazioni che mi coinvolgono a pieno;  il suono musicale deve appartenere alle immagini con il ritmo che acquistano nel mio pensiero; i movimenti delle persone e degli oggetti devono corrispondere nel miglior modo possibile alle note all’interno della loro composizione; devono viaggiare all’unisono come corpi in un amplesso erotico. Ne sono stato sempre convinto: ascoltare musica genera orgasmi mentali.

“La bellezza espressa da un artista non può risvegliarci un’emozione cinetica o una sensazione puramente fisica. Essa risveglia o dovrebbe risvegliare, produce o dovrebbe produrre, una stasi estetica, una pietà o un terrore ideali, una stasi protratta e finalmente dissolta da quello ch’io chiamo il ritmo della bellezza…..Il ritmo….è il primo rapporto estetico formale tra le varie parti di un tutto estetico oppure di un tutto estetico colle sue parti o con una sola oppure di una qualunque delle parti col tutto estetico al quale questa appartiene”

(da “Dedalus” di James Joyce trad.ne di Cesare Pavese, Frassinelli editore pag. 251)