14 marzo – elogio dell’ipocondria – parte 1 dopo intro

14 marzo – elogio dell’ipocondria – parte 1 dopo intro

Avevo potuto notare un certo imbarazzo nel tecnico di laboratorio che, dando uno sguardo alla radiografia, mi aveva immediatamente chiesto quali sintomi avessi. In quel periodo c’era quella tosse nervosa, che era apparsa per lo più come afferente a una patologia di tipo gastro intestinale, e solo qualche lieve inizio di affaticamento. Da ipocondriaco colto, prima di uscire dallo studio medico ho dato una rapida occhiata su Google, digitando “area di consolidazione parenchimale”; poco di buono mi diceva (ma lo si sa, ed è un monito per tutti coloro che leggono: non vi fidate troppo di Internet; potrebbe sortire in voi l'”effetto Jerome Klapka Jerome di cui parlavo nel blocco introduttivo); poi ho inviato la scannerizzazione alla dottoressa di famiglia cui per prassi viene spedito il referto. E’ una giovane preparata e che, nelle sporadiche occasioni in cui ne ho avuto bisogno è stata sempre molto attenta scrupolosa e sollecita. Anche in questa occasione lo sarà. Il giorno dopo di prima mattina, nove e trenta precise come da lei indicato, sono in ambulatorio. Legge nuovamente il referto, guarda il dischetto e suggerisce di procedere immediatamente con altra indagine più profonda, una TAC con mezzo di contrasto. La prenoto rapidamente e contemporaneamente mi attivo con altri contatti più attinenti alla materia. La prima persona che sento è un mio carissimo amico, medico pneumologo, che mi riceve nel suo studio privato e mi dice che può essere qualsiasi cosa e occorre essere preparati anche al peggio. Mi rendo conto che il peggio sia un cancro e dico a me stesso e anche a voce alta, che, sì, d’altra parte in una vita, se non si muore di colpo, può toccare anche questa esperienza da “vivere”. Quante volte ho immaginato di non attraversare la “notte”; che potesse accadere quel che è avvenuto per tante altre persone, senza sintomi evidenti, senza sofferenza alcuna. E, poi, dall’altra parte ci sono tante valide esperienze di lotta ingaggiata, perduta o vinta non importa: quel che conta è non arrendersi a ciò che potrebbe apparire come ineluttabile.

La TAC del 31 gennaio conferma quel che non va, mettendone in evidenza ulteriori dettagli. Alla dottoressa evidenzio la mia scelta per il “Careggi” nel proseguire indagini e procedere più rapidamente possibile agli interventi necessari. Ho provveduto già a fissare per l’8 febbraio una visita “intra moenia”, così si identificano i rapporti privati con i medici di un ospedale. Ho scelto una figura intermedia, non il Primario né tanto meno un giovane: il dott…….. dal curriculum che vado a scorrere appare maturo e competente. In realtà avrei potuto rivolgermi subito all’ospedale di Prato, ma per alcuni motivi, che attengono ad esperienze personali e non hanno creato in me quel senso di fiducia necessario che deve esistere nel rapporto paziente-personale medico, non l’ho fatto. A conti fatti, potrei oggi dire – anche se è ancora troppo presto per poterlo fare del tutto – che ne sono pentito. Vedremo, infatti: vedremo. Ad ogni modo, vado al “Careggi”.

1 – segue 2 con una digressione sul significato del titolo