Abbiamo vissuto un tempo strano, per alcune parti di esso e per
alcuni di noi, un tempo “sospeso”. Si agiva perennemente sotto una cappa
minacciosa di un nemico invisibile.
E’ stato anche il tempo delle “mancanze”, materiali e
spirituali, quella forma di consapevolezza che “dopo questa esperienza non
potevamo più essere gli stessi”, che avremmo dovuto far tesoro di tutto quello
che ci stava coinvolgendo, che interrogava severamente il nostro stile di vita,
che ci spingeva, attraverso le varie tipologie di solitudine ad interrogarci
più a fondo. Abbiamo potuto, laddove ci era permesso da un certo livello di
serenità, lavorare al recupero di una memoria che si era andata appiattendo
nell’immediato facendoci rimpiangere la realtà, nel suo complesso, “precaria”,
di una società sospinta verso il consumismo sfrenato, un edonismo leaderistico
a tutti i livelli che aveva condizionato l’economia producendo un divario
sempre più forte tra ricchi più ricchi e sempre più numericamente ridotti e
poveri più poveri e sempre più in crescita numerica.
Si è finito per correre un rischio, che ancora incombe come una
classica spada di Damocle sul nostro futuro, che è stato quello di credere e di
far credere, complici la dabbenaggine ipocrita di una gran parte del mondo
politico, che il mondo nel quale avevamo vissuto prima dello scoppio della
pandemìa fosse paragonabile ad un’ età dell’oro, nella quale tutto funzionava a
pennello, il lavoro era strasicuro in tutto e per tutto, le regole in generale
venivano rispettate, l’ambiente era curato al fine di evitare i disastri che
già si andavano annunciando, le scuole erano luoghi ameni accoglienti e sicuri,
dove far crescere i nostri giovani e potersi cimentare con le nuovissime
tecnologie ed aprirsi al futuro alla pari con tutti gli altri paesi avanzati.
Ovviamente, nella memoria collettiva, i treni “allora” viaggiavano in
orario. Allo stesso tempo “allora” i diritti fondamentali sanciti dalla nostra
Carta venivano rispettati, le leggi valevano per tutti, indistintamente. Si
stava “allora” affinando tutta quella parte legislativa che avrebbe definitivamente
aperto le porte al riconoscimento ed alla valorizzazione delle diversità,
avrebbe consentito l’accoglienza ed assegnato la cittadinanza a chiunque si
fosse sentito parte del nostro Paese. Il Belpaese dove per l’appunto
“allora” i treni arrivavano in orario. E nella Sanità pubblica i livelli
assistenziali erano garantiti e diffusi al massimo su tutti i territori.
E nella Scuola i livelli di di dispersione e di abbandono erano scesi ai minimi
termini, quasi azzerati; e per abbattere quei livelli si era aperta una vera e
propria progettazione per il recupero dell’alfabetizzazione con corsi, diffusi
su tutti i territori da Sud a Nord, di Educazione degli Adulti, soprattutto di
Alfabetizzazione digitale riservata soprattutto, anche se non solo, agli anziani;
e sui territori la partecipazione delle comunità in senso ampio era considerata
dalle Istituzioni una ricchezza da incentivare con copiosi investimenti;
e poi “in quel tempo” veniva riconosciuto il merito, valorizzando le competenze
e le peculiarità di ciascuno fino ai livelli massimi.
Ecco, con questi presupposti da “Libro dei sogni”, collegati
alla drammaticità della realtà con cui si doveva fare i conti (i bollettini dei
contagi dei ricoveri e dei decessi; le difficoltà economiche di una parte consistente
della società; la precarietà e soprattutto l’incertezza verso il futuro)
attendevamo che l’emergenza finisse anche con la collaborazione del mondo
politico che incondizionatamente, come nei tempi passati, si era impegnato in
una battaglia comune, senza personalismi senza distinzioni ideologiche, per
garantire il superamento più rapido possibile delle difficoltà e per riprendere
a vivere nella normalità quotidiana la nostra socialità, come avveniva per
l’appunto “prima” che la pandemìa ci confinasse nei piccoli ristretti recinti
dei trecento metri di raggio.
Era – come tutti sappiamo – un sogno dentro un incubo, un incubo
dentro un “sogno”.
Quel che è accaduto davvero lo sappiamo tutti
Ovviamente, ci sono gruppi che hanno mantenuto un loro contatto
anche durante la pandemia ma tanti altri si sono invece dispersi in tutto
questo tempo, pur mantenendo un profilo di presenza critica individuale o poco
più, riducendo drasticamente il numero delle frequentazioni. Questo è stato
reso necessario soprattutto per tutti quelli che rischiavano in maniera più
seria di contagiarsi e correre rischi letali.
Per altri, anche perché sospinti da necessità impellenti
inderogabili come il proprio lavoro, non è stato così ridotta drasticamente la
propria socialità, anche se – come ben si comprende – tutti hanno lasciato
dietro di sè una scia di mancanze che, ce lo siamo detto in modo particolare
riferendoci alle giovanissime e giovani generazioni, sono state insopportabili
e foriere di conseguenze non solo sul piano psicologico.
Di certo è stato rallentato per un periodo anche il normale
attivismo delle forze politiche, anche se in questo rallentamento – come accade
negli equilibri generali della vita comune – a rimetterci maggiormente
sono state le realtà periferiche, del tutto escluse da una pur minima forma di
partecipazione. Questa esclusione ha condizionato anche le strutture
periferiche dei partiti più forti dal punto di vista del consenso elettorale.
A livelli più ampi tuttavia, accontentandosi della marginalità,
in questa lunga attesa di poter riemergere, si è andata man mano diffondendo
una mancanza di fiducia verso gli altri. E per certi versi questa permane
ancora.
Noi
siamo in una realtà periferica; noi apparteniamo a quella parte di società che
è stata più ampiamente condizionata dalla pandemia. Quello che è accaduto con
la chiusura degli spazi sociali come ad esempio un Circolo come questo ha
prodotto danni enormi non solo economici ma anche culturali sociali e tout
court politici. Ed è stato quasi naturale per ciascuno di noi avvertire questa
sensazione di abbandono. Poi un poco alla volta si avvertono in controtendenza
segnali di ripresa.
Quello
di cui oggi parliamo è uno di questi.
Quando
sono stato contattato, ero proprio per l’appunto già in un luogo diverso dal
solito e sono stato sorpreso dalla proposta, che riapriva i miei orizzonti e mi
sollecitava a occuparmi di nuovo di quel che mi appassiona. I temi della
Cultura e della Scuola sono stati i compagni della mia vita e della mia
esperienza assoluta. In qualche modo, non li avevo trascurati del tutto durante
la clausura pandemica; avevo continuato quasi quotidianamente a trattarne sul
mio Blog, recuperando quel che avevo scritto, detto e soprattutto fatto.
Non
appena il documento mi è stato inviato il 30 luglio ho attivato il Circolo, pur
sapendo che – per tutto agosto – non avremmo potuto organizzare nulla, per la
classica diaspora vacanziera. Pur tuttavia, non avendo partecipato pienamente
alla diaspora, il 17 agosto ho cominciato a contattare i punti di riferimento
che mi erano stati dati. Abbiamo fatto partire il gruppo su whatsapp il 23
agosto e poi siamo andati avanti e abbiamo condiviso tutta la fase
organizzativa, con le difficoltà che appartengono al periodo.
Mettere
insieme un evento dopo un periodo di inattività è stato entusiasmante ma anche
molto difficile. Di tanto in tanto ci si sentiva con chi mi aveva
contattato, che non ci ha fatto mai mancare il sostegno. Devo (dobbiamo)
ringraziarla, così come dobbiamo ringraziare chi ha coordinato e poi realizzato
il Documento.
Ho
detto e scritto della sua ampiezza, profondità, compiutezza. Dovrà, esso,
essere utile soprattutto a chi oggi ha venti anni, come chi con me ha cooperato
a realizzare questo incontro, o poco più come qualche altro giovane qui
presente. Dovrà essere un monito per tutti quelli che sono stati giovani pieni
di entusiasmo e volontà di sovvertire il mondo delle inconcludenze, delle
approssimazioni, delle emergenze; quelli che si sono seduti poi comodamente
sugli scranni di ministeri e assessorati e stanno ancora lì a guardare quello
che non va, come se non fosse anche colpa loro, come se non dipendesse anche da
loro il degrado attuale del mondo della Scuola.
Non
è formalismo dire che perlomeno le nuove generazioni potrebbero aiutarci ad
affrontare il disastro e costruire un futuro diverso; occorre dire “basta” alle
enunciazioni nude e crude che non producono effetti per timidezza o
convenienza, non saprei se l’una o l’altra oppure l’una a copertura dell’altra.
Di certo “da soli non si va da nessuna
parte e se i pochi non diventano molti poi prevale lo scoramento
l’acquiescenza.”
Ritornando
al documento, scendendo sulle questioni trattate, e avviando quella che può
essere un’introduzione da parte di Eulalia, bisogna dolorosamente sottolineare
che la realtà pratese quanto ai numeri di dispersione ed abbandono scolastico è
assai simile a quella di aree che consideriamo degradate. Non meno grave è la
situazione dell’edilizia scolastica.
Sul
tema dell’insufficienza della potenzialità di un’offerta culturale adeguata ai
tempi a causa dell’inadeguatezza delle strutture edilizie esistenti c’è il
recentissimo XIX Rapporto di Cittadinanza attiva che, pur occupandosi in
particolare degli asili nido, riporta a pag.9 la denuncia relativa alla
mancanza di agibilità per oltre un 50% degli edifici in tutto il Paese. Quanto
ai dati sulla dispersione e abbandono per quest’area vale la pena consultare
per ora il Rapporto 2018 sulla scuola pratese prodotto dalla FIL.
Ho
già detto che il Documento Manifesto “La scuola salva il mondo” è un testo
importante da cui partire per costruire la Scuola degli anni a venire, proprio
riprendendo il cammino dalle macerie che la pandemìa ha messo in evidenza. E
allora mi sono posto una domanda che è poi ben chiarita nella parte
introduttiva – e cioè come è nata l’esigenza di affrontare questa ampia
discussione che ha condotto alla stesura del Documento – ma ci aggiungo
quella che è per me la fase più importante, quella realizzativa. Come, con
quale percorso propositivo, Possibile che rimane per ora una piccola parte della
Sinistra intende affrontare il necessario confronto con il resto della Sinistra
e con tutte le altre forze sociali e culturali che ne condividono i valori.
L’evento di presentazione
è stato seguito e partecipato – scriverò poi quel che è accaduto prima (passato
prossimo) e quel che accadrà dopo (futuro
semplice)
I ringraziamenti in primo
luogo a Rosalba Bonacchi responsabile di Possibile
Pistoia, che mi ha chiesto, pur sapendo di essere “estraneo” di occuparmi
dell’evento a Prato. Poi a Benedetta Pazzaglia Guddemi che ha sopportato in
questo mese e mezzo le mie “lezioni” politiche. Ringrazio Marzio
Gruni per il sostegno costante che ha dato, pur in un momento non
semplice della sua vita professionale. Ringrazio il Circolo di via Cilea, in
primo luogo il Presidente “emerito” Livio Santini e poi il Presidente
attuale, Massimiliano Biagini. Ringrazio tutti quelli
che hanno risposto al mio invito (l’evento era targato “Possibile” ma ne ero
organizzatore unico), intervenendo, a partire dalla Dirigente scolastica ex
comprensivo “Mascagni” attualmente al “Dagomari”, Claudia
Del Pace;
il docente Emanuele Bresci dell’associazione
lgbtqia+ di Prato, con cui ho interloquito in diverse occasioni per preparare
questo evento; il Dirigente scolastico del professionale “Marconi”, Paolo
Cipriani,
con il quale mi sono intrattenuto a parlare di formazione permanente dei
docenti; il Direttore della Agenzia del lavoro FIL, Michele
Del Campo, da sempre mio interlocutore sulle tematiche civili ed in
particolare dell’inclusione, della dispersione e dell’abbandono; Luca
Mori ex Presidente di Libertà e Giustizia da sempre attivo nelle
campagne referendarie e nel Coordinamento Difesa della
Costituzione; Stefania Colzi, attuale Presidente di
Libertà e Giustizia e con l’uno e con l’altra abbiamo da tempo attivato un rapporto
di cooperazione per diffondere sui territori la conoscenza delle tematiche
costituzionali; Giusy Modica, presidente di New Naif,
cooperativa di assistenza sociale non residenziale per anziani e
disabili; Mirco Rocchi, docente, artista
scenografo e costumista, con cui abbiamo fondato il soggetto civico di Prato in
Comune; Simona Rosati, del Programma Città
amiche di Unicef. Attraverso l’impegno di Benedetta ed insieme a lei
ringraziamo anche la presenza dei Giovani Democratici Prato con Niccolò
Ghelardini e della Consulta Studentesca di Prato nonché La Piazza
degli studenti, con il Presidente Niccolò Sanesi.
Ringrazio per la loro
presenza Lia Guardascione, Aldo Augurio;
Maurizio Artusi, Nicola Verde, Fabio Falchi, Ilenia Innocenti, questi due ultimi membri
della delegazione di “Possibile Prato”.
Ringrazio Eulalia
Grillo,
portavoce nazionale per la scuola di Possibile, che ha coordinato in modo
egregio i gruppi di lavoro sulle diverse tematiche relative al mondo della
Scuola, che in definitiva rappresenta l’intera società italiana e tutta la
complessità di essa. Parlare della Scuola e puntare ad una vera e propria sua
ristrutturazione, inserendola pienamente nella modernità, declinata in senso
ambientalista e rispettosa delle diversità, accogliente e aperta ai più diversi
contributi, significa impegnarsi per un profondo cambiamento di ogni aspetto
della nostra vita quotidiana. Il suo intervento, breve ma significativo, ha
contribuito a chiarire le ragioni di questo documento e le prospettive che
“POSSIBILE” si propone di percorrere, durante e dopo questi incontri su tutti i
territori della nostra penisola.
Ringrazio Benedetta
Pazzaglia Guddemi portavoce del partito “POSSIBILE” qui a Prato per il suo
contributo organizzativo, particolarmente indirizzato alla partecipazione
giovanile, e per il suo intervento che, sulla scia di quanto esposto da
Eulalia, si è soffermato sul ruolo che hanno avuto i giovani nella stesura del
Documento. Ringrazio anche Claudio Vignoli co-portavoce del
Partito per aver coordinato insieme a me i lavori dell’iniziativa.
Come spesso è accaduto, l’organizzazione di un evento
culturale presenta delle incertezze, soprattutto quando per necessità o per
scelta molte delle incombenze fanno capo ad uno, ed uno solo. In due o tre o
ancor più ci si rincuora a vicenda, ma con il più e il meno qualche passo in
avanti si compie ogni giorno. C’è stata anche la pandemìa ed una certa
solitudine imposta sia da essa sia dal trovarsi in una zona periferica,
assolutamente dimenticata (e San Paolo non è la realtà più periferica della
città di Prato: anzi! è a pochi passi dalla frontiera cittadina), trascurata se
non che in quelle poche occasioni che servono da passerella per i vari
politici, amministratori, assessori, portaborse di vari colori politici. Ad
ogni buon conto, l’evento andava organizzato facendo ripartire i precedenti
contatti (più o meno quelli che risalivano all’incirca al dicembre 2019) e
ricercandone di nuovi, utilizzando i social che in questo anno e mezzo
abbondante sono stata l’unica soluzione alla solitudine quasi totale (per
fortuna, la famiglia e qualche amico ci hanno lenito le sofferenze che per un
“homo socialis” quale io ero stato erano molto forti). Le difficoltà, dunque,
non sono state poche; partire tanto prima poi ti poneva dei limiti per la presa
in considerazione del tuo invito (ho avviato i motori ai primi di settembre per
un evento che si sarebbe tenuto il 10 ottobre) e poi c’era una disabitudine ad
avere come interlocutore uno che, a qualcuno e forse a più di uno, poteva anche
essere sparito, anche per sempre, tra le vittime di questa pandemìa. Mentre
scrivo mi tocco e faccio corna, da buon partenopeo.
Pur tuttavia trovavo necessario anticipare il mio invito, in
quanto era collegato alla presentazione di un ricchissimo stimolante documento
manifesto prodotto da Possibile, quella piccola realtà politica fondata da
Pippo Civati. Un documento composto da 82 pagine, pieno di sollecitazioni a
riflettere e ad aggiungere le proprie esperienze. Un documento che per me
rappresenta tutto un Programma politico e culturale, “La Scuola salva il Mondo”
che riecheggia pagine e pagine di mia scrittura collegate alla Cultura, che non
è poi così diversa dalla “Scuola”. Per non aggiungere che sul mio Blog, questo,
vi sono ormai centinaia di miei contributi dedicati alla Scuola ed alla Cultura
e sono molto critici sia con i Governi di Centrodestra (vedi “Gelmini”) sia con
quelli di Centrosinistra (Berlinguer, Giannini, Carrozza, Fedeli, Azzolina etc)
che hanno avuto verso la Scuola un atteggiamento di superiorità a volte
aristocratico a volte cialtrone e quasi tutti si sono occupati solo di
tamponare le emergenze senza davvero procedere ad una Riforma che comprendesse
ogni aspetto degno di essere attentamente valutato. Tornando al mio “lavoro”
organizzativo mi sono ritrovato davanti a tutta una serie di difficoltà con
mail che sembravano essersi perse nei meandri del Palazzo comunale. E’ il segno
del valore che danno a chi in modo disinteressato intende impegnarsi ancora. Ed
è il segno del loro “valore”.