IN RICORDO DEL “POETA” PIER PAOLO PASOLINI – parte 32 – atti di un Convegno del 2006 IN RICORDO DI PIER PAOLO PASOLINI per la parte 31 vedi 23 AGOSTO

Parte 32
prosegue e si conclude l’intervento del prof. Giuseppe Panella

Tutte le sue sceneggiature sono state pubblicate e molte, quasi tutte in vita a dimostrare l’importanza che per lui aveva la sceneggiatura come testo letterario. Se non l’avesse avuto e l’avesse pubblicate solo per motivi venali e può essere anche un motivo quello di pubblicare un libro che poi magari veniva venduto sull’onda della emozionalità e dell’interesse pubblico del momento, questi testi non sarebbero stati arricchiti da così tanto materiale aggiuntivo. E’ come se Pasolini avesse previsto la tecnica con la quale vengono costruiti oggi i DVD dei film tutti i materiali con i backstage, un le interviste. Se voi vedete la sceneggiatura di “Accattone”, ma anche di altri film, vedete che ci sono pagine di diario, riflessioni, viene ricostruito il film il modo in cui è stato fatto, quali sono le prospettive, voglio dire fa proprio un lavoro di spiegazione, di arricchimento e di integrazione della sceneggiatura per cui in effetti verrebbe fatto di pensare che queste sceneggiature per lui hanno un valore letterario forte. D’altronde, la stessa pubblicazione intorno al romanzo con Teorema, che è film e romanzo nello stesso tempo e sceneggiatura del romanzo nello stesso tempo, sembrerebbe far pensare ad un ritorno, ad una dimensione narrativa che però nello stesso tempo si integra con il linguaggio cinematografico e contemporaneamente con il linguaggio della poesia. Teorema, dico per chi non l’avesse letto, è composto da pezzi in prosa, da testi che diciamo ricordano le sceneggiature come scriveva Pasolini, ma anche con larghi squarci di poesia. Allora, per ritornare e fare appunto delle domande, per iniziare un percorso di discussione, io credo appunto che in Pasolini ci sia sicuramente questa idea del non finito o comunque di qualcosa che va integrato, di un confronto-scontro con il lettore al quale viene richiesto di partecipare. Però è anche vero che questo non è forse l’unica dimensione, l’unica cifra significativa di Pasolini, ma è qualcosa che Pasolini scopre nell’ultimo periodo cioè dopo l’abbandono della letteratura come strumento di lotta legata alle esigenze della dimensione politica, della grande discussione. Insomma non si capisce, a mio avviso, “Una vita violenta” se non si tiene presente la discussione sul contemporaneo e sul Metello di Pratolini, insomma il dibattito sulla letteratura neorealistica. Quindi da un lato c’è una modalità di operazione narrativa da parte di Pasolini che trova un muro, cioè si scontra contro la difficoltà di una totalizzazione dell’opera letteraria; dall’altro c’è la scoperta, non tanto la scoperta quanto l’utilizzazione del cinema come continuazione della dimensione narrativa, lo scrivere appunto con un’altra lingua, ma continuare lo stesso progetto, lo stesso processo.

E’ inevitabile poi che utilizzando gli strumenti, l’arma propria del cinema, Pasolini integri questa sua scoperta anche dal versante narrativo e dal versante poetico. Per cui il cinema va a costituire un linguaggio, una sorta di lingua speciale che si fa però progetto globale all’interno dell’opera di Pasolini. Cioè il cinema serve per compensare, per superare l’impasse del romanzo visto l’insuccesso diciamo così da un punto di vista letterario di “Una vita violenta”; dall’altro è il cinema che poi viene utilizzato, viene riverberato sulle altre forme espressive e quindi diventa uno strumento, una sorta di strumento principe per scrivere ancora poesia, per scrivere ancora narrativa, per arrivare ad un livello di determinazione della scrittura stessa che vada oltre il grado zero della scrittura, per citare il Barth a cui si alludeva, che sicuramente è uno dei punti di riferimento forti di Pasolini, ma come sempre in Pasolini anche come punto di riferimento critico, cioè c’è una adesione, ma anche una critica. Lo stesso direi insieme a Bazen un altro grande punto di riferimento dal punto di vista cinematografico di analisi della lingua del cinema è Godard, che Pasolini pubblica in quella stessa collana insieme a Bazen. Grazie. >>

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