Verso il 25 settembre – repetita iuvant con un post dello scorso 10 settembreIl voto utile e la voglia di contarsi
Domani 25 settembre 2022 – si vota – – sento il dovere di sollecitare al voto gli indecisi – quanto al mio voto esplicito una piena condivisione con quanto espresso dal prof. Tomaso Montanari e da tanti altri a favore del Movimento 5 Stelle
Sarò breve. La richiesta pressante, angosciosa di un voto “utile” da parte principalmente del Partito Democratico è patetica. “Utile” per chi? Per cosa? Sarebbe stato bene che tali angosciosi dilemmi e tali preoccupazioni fossero state espresse nel corso di questi anni, soprattutto coinvolgendo quella parte della Sinistra – e non solo – praticamente esclusa dalla partecipazione in quanto considerata non funzionale alla “vita” politica degli apparati (a tutti i livelli). Infatti, a prescindere dal “merito” (c’è una parte di persone la cui preparazione politica ed amministrativa è indubbia) vi è la tendenza esclusiva e pretenziosa a mantenere le posizioni acquisite soprattutto nel sottobosco politico amministrativo. Ancor più in questa occasione non seguirò la “sirena” della paura né tuttavia mi convince il desiderio di contarsi nella gabbia dell’ultra Sinistra, quella dogmatica incapace di comprendere la complessità della vita umana e che ha bisogno di sventolare bandiere obsolete. C’è stata pure – a livello locale (Prato) – l’occasione di costruire un raccordo solido tra le diverse anime della Sinistra in occasione dell’appuntamento elettorale cittadino del 2019. Quel tentativo nobile e coraggioso ricercato da cittadine e cittadini interessati al “Bene Comune” (“Prato in Comune”) fu portato al fallimento proprio da chi voleva “contarsi”. Quel “lavoro” vorrei fosse ripreso con uno spirito costruttivo; ma rivediamoci dopo la vostra “conta” care e cari compagni, la “vostra”.
Esplicito anche il senso dell’ultima parte del post: per chi avesse bisogno di capire intendo partecipare alla costruzione di un più ampio raggruppamento di donne e uomini di SINISTRA che non si rinchiuda in recinti ma si apra al confronto dialettico senza pregiudizi dogmatici.
PERCHE’
LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così appare)
Intro – Nel corso degli anni abbiamo
accumulato centinaia di documenti scritti dai quali si rileva lo stato di crisi
della Sinistra – abbiamo parlato ma anche scritto tanto – e ciò è a
disposizione di quanti vogliano studiare questo tratto di storia, anche se
“minima” perché in qualche modo “locale”, ma la Storia si fa anche partendo da
qui.
Negli ultimi mesi si va sorprendentemente imponendo, grazie all’attenzione
mediatica, uno di quei personaggi della moderna “commedia all’italiana”, che,
sospinto da una ὕβϱις (1) smisurata e sempre più incontrollata e mal riposta,
ha contribuito a produrre un autentico sconquasso nella realtà politica
amministrativa e governativa italiana. Ho già in altre occasioni rilevato
quanto la presenza di un tale individuo ha significato, in modo particolare, la
distruzione totale del maggiore Partito di (Centro)Sinistra del Paese. Mi fermo
un attimo per precisare cosa si intenda per “totale”, avendo io la certezza che
molti stiano ancora a pensare che tale affermazione sia esagerata e motivata da
personale livore. “Totale” significa che la macchina non funziona più; e allora
occorre perlomeno che un gruppo di meccanici con gli attributi (di Sinistra,
ovviamente) si porti al suo “capezzale” ed avvii una ricognizione sulle parti
da aggiustare e su quelle da cambiare.
MI (ri)frulla
nella testa quella idea che ritenni immediatamente balzana, non appena si andò
facendo strada nella mente di alcuni membri degli apparati dem, che si
impegnarono non poco a diffonderla nelle altre “menti” e giù a cascata verso il
“popolo”, quello indistinto, pronto a gareggiare per sostegni ai potenti che
abbiano il coraggio di affermare la propria appartenenza alla Sinistra o a ciò
che tale sarebbe potuto assomigliare, diciamo pure un Centrosinistra moderato,
ma non poco. “Con costui di sicuro faremo dimenticare
il Cavaliere!”. Matteo Renzi aveva già dato ampiamente
prova delle sue capacità e delle sue doti caratteriali e, forse, proprio su
quelle che venivano considerate “punti di forza” i dirigenti dell’apparato
puntavano. Machiavelli ne avrebbe potuto fare un dotto studio, fosse stato
nostro contemporaneo. D’altra parte i segnali li avevamo già avuti nel corso
delle seconde Primarie, allorquando alcuni registri per l’iscrizione degli
aspiranti alla partecipazione a quell’appuntamento erano stati “traslocati” in
sedi inappropriate frequentate da persone molto più vicine al Centrodestra,
mentre la loro collocazione “legale” (mi fa sorridere il termine, visto che “in
realtà” erano veramente in una sede molto affine a pratiche legali) sarebbe
stata un Circolo PD. (Chi “promosse”(!) quell’operazione spero si sia pentita,
ma non per convenienza). Era il dicembre del 2013: quella data segna l’inizio
del viaggio agonico di un Partito nato con mille problemi ma con idee e
progetti fondamentalmente di Sinistra. La passione e l’entusiasmo di tante
compagne e compagni, che in tanti casi si avvicinavano per la prima volta alla
Politica e camminavano al fianco di quanti si prefiggevano di costruire una
forza moderna autenticamente di Sinistra (nella Margherita e nei DS c’era una
forte presenza di Sinistra soprattutto nelle basi), furono smorzate dalla
“necessità” di dover mantenere un “blocco” di dirigenti, di funzionari e di
amministratori molto preoccupati dalla possibilità che quella spinta innovativa
in qualche modo “in gran parte nuova ed esterna anche se genuina” potesse far
crescere una classe dirigente giovane poco incline alla burocrazia ed alla
ipocrisia di una gestione compromissoria con blocchi locali e non solo di
potere, preesistenti e bisognosi di vedere soddisfatti personali obiettivi.
(1)
Riporto integralmente da Wikipedia Hybris (ˈhyːbris, in greco
antico: ὕβϱις, hýbris) è un topos (tema ricorrente) della tragedia
greca e della letteratura
greca. Significa letteralmente “tracotanza”,
“eccesso”, “superbia”, “orgoglio” o “prevaricazione”. Si riferisce in generale
a un’azione ingiusta o empia avvenuta nel passato, che produce conseguenze
negative su persone ed eventi del presente. È un antefatto che vale come causa
a monte che condurrà alla “catastrofe” della tragedia.
…1…
Ho deviato l’altro giorno rispetto al prosieguo della prima
parte di questa riflessione “diretta” utilizzando un documento del 2013. In
realtà una gran parte dei documenti che posseggo sono il frutto di un malessere
diffuso tra le tante persone, come me e altri, che avevano immaginato di poter
contribuire ad avvicinare maggiormente ai problemi della “gente comune” la
forza politica che con impegno e passione avevano contribuito a fondare.
Facendo salve quelle che sono le normali strategie all’interno delle forze
politiche e tra di esse, quella vicenda dei “101” è ancora misteriosa.
Ritornando al tema sulle ragioni per cui la Destra, per ora,
appare essere vincente nel Paese, e la Sinistra evidenzia una progressiva
marginalizzazione, va detto che è sempre più evidente la distanza tra i reali
problemi della gente e i progetti politici che – in modo particolare il Partito
Democratico – si propongono a breve, medio e lungo termine. E’ una vera e
propria crisi di progettualità, quella che va caratterizzando questa fase
storica, nella quale una sempre più folta rappresentanza di interessi popolari
necessita di risposte concrete. A dire il vero, ma questo non funziona – ancor
più oggi – come forma di consolazione, nemmeno la Destra è in grado di fornire
risposte al di là della demagogia e del populismo. La qual cosa ingenera una
forte sfiducia diffusa, un senso di smarrimento e frustrazione che può portare
anche ad un ulteriore abbassamento del livello di democrazia in questo nostro
Paese.
Uno degli errori che si sta commettendo è quello di considerare
come obiettivo da raggiungere il livello qualitativo della vita appena
precedente alla crisi pandemica. Questa incapacità della società, economica
politica, è collegata da una parte alla pochezza culturale della leadership
italiana ed all’altra alla cronica patologia amnesica di cui noi tutti soffriamo.
La società italiana del 2019 presentava notevoli gravissime
problematiche inerenti il sistema economico, la crisi del settore industriale,
il livello di disoccupazione complessivo sempre molto alto, il grado bassissimo
di acculturazione generale con livelli altissimi di abbandono e dispersione
scolastica, un abbassamento dell’intervento pubblico sanitario abbastanza
diffuso, una burocratizzazione azzeccagarbugliesca incapace di amministrare la
giustizia ed il fisco, l’obsolescenza dei sistemi informatici, laddove
esistenti. Allo stesso tempo si è diffusa una visione della società troppo
edonistica, tesa al consumismo esagerato. Ritornare a quei livelli potrebbe già
di per sè essere difficile, ma un Paese ricco di grande Storia, non può – in un
momento come questo di enorme difficoltà – fermarsi al contingente e deve
essere in grado di poter ripartire invece da una critica severa rispetto al
recente passato e saper indicare una strada che sia in grado di contemperare
aspetti diversi non in conflitto tra loro.
Oltretutto anche se la Sinistra fosse indenne dalle
responsabilità antecedenti (“se”, infatti; in quanto la Sinistra nella sua
accezione più ampia di “Centrosinistra” ha amministrato larga parte del Paese e
per un periodo – anche l’ultimo o penultimo se volete – ha governato questo
Paese) non può sottrarsi dal prendere in considerazione seria una analisi
profonda dei mali, le nubi, che oscurano il futuro per poi poter nel più breve
tempo possibile (“oggi, non domani!”) avanzare proposte che tengano insieme
valori e prospettive, diritti e doveri nel modo più ampio possibile, cercando
di aprire una nuova fase che non appaia come un semplice recupero di un Eden
fasullo.
PERCHE’ LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così
appare) – parte 3.
Nel confermare che anche “la
Destra,
così come la Sinistra dove batte il mio cuore, è
in grado di fornire risposte concrete ai problemi al di là della demagogia e del
populismo”
non mi stanco di insistere nella ricerca di approfondire i motivi per cui la
Destra sembra vincente ed in progressiva crescita nei recenti sondaggi
periodici. Intanto, vediamo in che cosa consiste il sondaggio delle preferenze
partitiche: si chiede “se si votasse oggi quale Partito voteresti?” Sulla
scelta può influire un evento abbastanza recente, ma capita raramente. Invece è
più facile che la persona intervistata sposti da un periodo all’altro il suo
voto sia per convenienza contingente sia perchè ritiene che la forza politica
(o l’area) cui aveva affidato il suo consenso non corrisponda più ai suoi
interessi. Guardando al quadro politico più recente troviamo una Sinistra
fortemente smembrata, con un PD rappresentante di un’area di Centrosinistra
moderata, che pur mantenendo l’egemonia è in forte calo ed una galassia di
moderati (Italia Viva, Azione, +Europa) che non appaiono sempre convinti della
loro esistenza e permanenza “a Sinistra”, tentati di collocarsi in
posizioni “centriste”, ed una serie di gruppuscoli pseudo e realmente (a fasi
alterne) rivoluzionari (Art.1 MdP, LeU, Sinistra Italiana e altri) che non
riescono a venir fuori da una forma di integralismo ideologico sterilissimo.
Un discorso a parte merita il Movimento 5 Stelle. La sua
metamorfosi, collegata alla scelta indilazionabile di proporsi come forza di
governo dopo le Politiche del 2018, ha decretato anticipatamente la sua fase
discendente (il 4 marzo 2018 aveva ottenuto il 32,7%; ad oggi è accreditato di
un 50% in meno, oscillando tra il 16 ed il 17%). Uno dei problemi che
caratterizzava quel Movimento era l’assenza di una vera e propria posizione
“politica”; la scelta era soprattutto “critica” verso la vecchia Politica,
accusata di aver perso progressivamente il senso dell’impegno civile; quelle
battaglie, importanti da un punto di vista ideale, sono state anche portate a
compimento (in primo luogo la riduzione del numero dei parlamentari, il reddito
di cittadinanza ma anche altri provvedimenti), anche se, governando prima con
la Lega e poi con il Centrosinistra, ha dovuto scendere a quelle forme di
compromesso ineludibili per un qualsiasi Governo di coalizione. Anche il M5S
paga lo scotto della “governabilità”: durante il tempo del Governo gialloverde
ha perso qualche pezzo dell’anima di Sinistra; con la formula “giallo rossa” ha
perso a Destra. Ed è così che in una sintesi davvero minima che si spiegano i
motivi di questo calo. Governo, di Centrodestra e poi di Centrosinistra. Uno
slalom periglioso che ha prodotto un forte salto in avanti delle Destre.
Meno “disperse”, infatti, sono le forze politiche della Destra.
In linea di massima hanno mantenuto sempre un profilo critico di “opposizione”
fossero o meno all’interno di uno dei Governi. Salvini e la Lega, ma in modo
particolare e singolare il primo, ha svolto un ruolo di oppositore anche nel
primo Governo Conte; e poi in questo con Draghi premier sta facendo lo stesso
gioco, anche se ne paga qualche lieve conseguenza, facendo travasare voti verso
Fratelli d’Italia, la cui azione politica appare più coerente.
…3…
PERCHE’ LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così
appare) – parte 4 (per la parte 3 vedi 27 maggio)
In queste notti brevi e questi giorni lunghi ci ritroviamo, dopo
un anno e mezzo di inusitate sofferenze, pur sopportate con altrettanta
insospettata resilienza, ad avviare una rendicontazione (una “resa dei conti”)
su tutto quanto, colpevolmente, la Sinistra (non quella vera che quando dice
blu è “blu” e quando dice “giallo” è giallo, alla quale assegno altre
responsabilità) non è stata in grado, sia per inettitutine sia per sospetti
vari tornaconti, di rivedere, di rimettere in linea rispetto agli “errori” del
passato la barra della “giustizia sociale”.
NOI da soli non lo
possiamo fare, non è nelle nostre “possibilità”; possiamo tuttavia denunciare
ancora una volta una sequenza di sottovalutazioni e di errori che hanno
condotto ad una situazione di degrado morale insoffribile, lasciando che la
“speranza” per un futuro migliore divenga sempre più patrimonio assoluto della
Destra, sia quella liberale che quella reazionaria antidemocratica e retriva.
Si può aggiungere che ciò sia solo “apparente” ma ancor più non si
intaccherebbe – a tal punto – la percezione che la difesa degli interessi dei
più deboli sia stata ceduta dalla Sinistra – quella sedicente tale – svenduta
in modo indegno sull’altare della difesa dei “diritti” di tutti, compreso
coloro che posseggono di più ed ambiscono di veder crescere sempre di più la
loro ricchezza. Si fa un bel dire che il “diritto” di uno si ferma di fronte al
“diritto” dell’altro, senza tener conto della differenza del “punto di
partenza”. E non si tratterebbe di un punto di partenza qualsiasi ma quello
sancito dall’Articolo 4 della Costituzione
“La
Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le
condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni
cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria
scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o
spirituale della società.”
rafforzato dall’Articolo
36 della stessa Carta costituzionale
“Il
lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità
del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia
un’esistenza libera e dignitosa.
La
durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il
lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non
può rinunziarvi.”
In questi giorni ci è toccato ancora una volta assistere
“inermi” ad una serie di eventi che hanno mortificato la nostra intelligenza e
vanificato tutti i nostri impegni. Lo avevamo denunciato in più occasioni ma
venivamo derisi e sbeffeggiati; in modo particolare questo è accaduto quando
abbiamo richiamato l’importanza della memoria (se ne fa un gran bel parlare
quando si tratta di eventi lontani, che vengono riportati a galla per una sana
e robusta contrapposizione ideologica) e l’utile lezione della Storia.
Abbiamo bisogno di riprenderci la guida della nostra esistenza
“contro” tutte le ingiustizie, sia quelle di “una” parte che quelle di un’altra
“parte” e, per quel che ci riguarda, continueremo ad occuparcene.
…4…..
PERCHE’ LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così
appare) – parte 5
A voi che mi leggete (quei “pochi” che mi sopportano) sembra che
quella “Carta” così tanto spesso richiamata come fondamentale sia rispettata?
Oppure in modo ipocrita non ci si spinge a farne quotidianamente “carta
straccia”? Vi sembra che siano rispettati i suoi “precetti”?
Ho
la sensazione che si blateri essenzialmente – anche da parte di quella Sinistra
“nuda e pura” – e ci si impegni per soddisfare i propri convincimenti e
ci si crogioli all’interno di gruppetti autoreferenziali, tronfi ed esclusivi.
La Sinistra, anche per questo motivo, è composta in definitiva di varie
infinitesime anime che si contrappongono tra di loro al solo obiettivo di
“esistere”. Un leader recente è arrivato addirittura a profferire dure accuse
(“mi vergogno”) anche all’interno del rassemblement più corposo, coacervo di
anime diverse, alcune delle quali di “Sinistra” – ne sono sempre più convinto –
solo per comodo e per interesse personale. Se non si corregge questo “difetto”
la macchina non può funzionare ed è destinata alla rottamazione
coatta. Se si
va al “dunque” si scoprono difetti davvero così evidenti che anche un
dilettante con normali capacità intellettive le comprenderebbe: basterebbe
osservare due degli episodi drammatici accaduti qui a Prato e di cui ho
trattato; il primo in modo più diretto, mentre sul secondo ho soltanto avviato
una riflessione cruda per rimarcare le distanze sempre più forti tra me e la
sedicente Sinistra. “Sedicente” e dunque lontana dalla mia visione di Sinistra,
per ora. Su questo secondo evento, la morte drammatica di una giovane operaia,
in una fabbrica gestita da italiani (non da “cinesi” che assorbono da qualche
tempo in qua tutti gli attacchi fondalmentalmente “razzistici” per tutto il
caleidoscopio di ingiustizie e nefandezze sui luoghi di lavoro), che con
nonchalance – per quanto se ne sappia – hanno commesso una serie di
irregolarità. Nell’affrontare l’altro evento (l’affare Texprint) ebbi a
sottolineare che sarebbe stato necessario innanzitutto ascoltare le parti,
porre sotto sorveglianza il rispetto delle regole (così come affermato più volte
dalla parte imprenditoriale), ma promuovere un intervento politico generale per
consentire a tutti, compreso i proprietari, il giusto guadagno. Mi ripeto per
chiarezza: in un mercato drogato dalle irregolarità non è facile, per chi
voglia intraprendere un’attività, agire nel rispetto delle regole. Ma la
Sinistra non si muove in tale direzione; alza le barricate e i muri ma nulla fa
per cambiare davvero le cose.
Il tempo che abbiamo vissuto in questo anno e mezzo, quello in
cui ci siamo fermati, non ha creato i presupposti per rimettere in piedi
l’economia sulla base di una giustizia sociale che prenda il via dai
fondamentali della Costituzione. Lo stesso “mercato del lavoro” ha proseguito
ad operare all’interno di un sistema che spingeva verso il “lavoro nero”
parziale o totale; i “sostegni” insufficienti garantiti sollecitavano ad
accettare lavori sottopagati e non era certo il “reddito di cittadinanza” a
produrre tale “vulnus” legale. Su questo tema ci diffonderemo ulteriormente
anche per segnalare le debolezze della Sinistra. Con un’incursione intorno al
“mercato illegale” del lavoro che utilizza senza limiti la manodopera di
persone straniere, che non sempre sono in regola dal punto di vista del
permesso di soggiorno.
Durante queste ultime settimane, grazie alla vaccinazione di massa che
procede alacremente, il mercato del “lavoro” sembra essere ripartito: in modo
particolare ne sono felici tutti gli orfani dei locali commerciali (pub,
ristoranti, bar e…discoteche professionali e dilettanti) soprattutto quelli che
si rivolgono alle fasce più giovani, ma non solo (giovani “diversamente” sono
molto interessati e partecipi). Molte località turistiche sono “a caccia” di
personale; vengono richieste molte mansioni e sembra che, quest’anno, l’offerta
non corrisponda alla domanda. La “domanda” è quella dei datori; l’offerta è
quella dei prestatori d’opera. C’è un j’accuse molto forte nei confronti di
questi ultimi da parte di alcune fasce di “opinione pubblica”, che diffondono
la novella dei “giovani” choosy (ricordate la “mitica” frase snob della signora
– pardòn “professoressa” – Fornero, che scimmiottava Maria Antonietta?) che
rifiutano di lavorare, grazie al “reddito di cittadinanza”. Ma non sono in
grado nemmeno di guardarsi allo specchio, per procedere ad un’auto offesa, e
capire che la domanda è connotata realmente da un inganno su tempi e compensi,
che non sono tra di loro adeguati ?
Si fa finta di non sapere che in quella “contrattazione” si utilizza
l’”apprendistato” ed un orario di lavoro dichiarato che non corrisponde a
quello realmente effettuato; ed inoltre il compenso è irrispettoso della minima
dignità. E’ mai possibile che debba apparire in “Prima pagina” la notizia che
esiste un albergo dove le “regole del mercato del lavoro” vengono rispettate?
Lo trovo assurdo, ma probabilmente quella notizia permette ai dubbiosi di
comprendere meglio che le ragioni di questo “rifiuto” da parte dei “giovani”
non sono collegate “solo” al reddito di cittadinanza che è in definitiva un
pannicello caldo in tempi di crisi ma non risolve il problema della dignità del
lavoro cui tutti naturalmente, tranne pochi casi, tendono. E quei provvedimenti
vanno riformati, con opportuni aggiustamenti a fronte, però di interventi
risolutivi con i quali il lavoro – quello equo, legale, retribuito in modo
adeguato – venga creato per tutti.
Bisogna essere davvero “radicali”, non indulgere in giustificazioni verso
ciò che è stato e che ha prodotto – o sopportato supportando e viceversa – tali
forme di ingiustizia; occorre un nuovo tempo del rigore, prima interno e poi
esterno o, meglio contemporaneamente interno ed esterno. Mi spiego meglio:
troppe volte il traccheggiamento a favore dei propri interessi, o tornaconti,
non ha consentito che l’analisi degli errori venisse poi condotta fino in fondo
con il riconoscimento degli attori principali (individui e gruppi) rei di
quelle azioni, o inazioni, antitetiche alle caratteristiche valoriali
fondamentali (equità, giustizia sociale, difesa dei più deboli). Bisogna
chiedere che si vada ad un cambio sostanziale di passo, una virata
poderosa, bisogna chiederlo ai Partiti e ai Sindacati, quelli che in prima fila
si dichiarano essere difensori delle ingiustizie sui luoghi di lavoro: non si
può continuare semplicemente a chiedere che il lavoro sia retribuito equamente,
che vi siano sostegni adeguati per chi perde il lavoro, che vengano
riconosciute le competenze e i meriti. Non si può continuare solo a chiederlo.
Bisogna passare ad una protesta veemente, dopo aver sperimentato che sia
diventata inutile ogni confronto serio, aperto e democratico. Non una rivoluzione
velenosa cruenta e violenta, ma una battaglia pacifica che si fondi sulla
consapevolezza che non è la distruzione ma la costruzione di un sereno futuro
per tutti l’obiettivo che ci si pone. Appare, detta così, un’utopia come
le tante altre che hanno preceduto la nostra Storia e che alla fine hanno
prodotto qualche vantaggio per pochi ed una profonda delusione per molti.
…6….
UN DOCUMENTO DEL 17 MAGGIO 2013 – A FUTURA MEMORIA PER
CAPIRE PERCHÉ MAI QUASI TUTTI I SUOI SOTTOSCRITTORI NON SONO PIÙ NEL PD
Il testo è stato redatto dagli iscritti del PD nel Circolo San Paolo di
Prato – c’erano stati i 101 (non quelli della simpatica “carica” disneyana);
Bindi e Bersani si erano dimessi dalle loro cariche di Presidente e Segretario
del PD, Napolitano era stato riconfermato Presidente della Repubblica, Letta
(Enrico) era stato nominato Presidente del Consiglio, Epifani aveva assunto la
carica di Segretario del PD, Renzi scalpitava pregustando la sua rivincita
rispetto alle Primarie del 2012.
Tale testo rappresenta con chiarezza gli obiettivi ideali di una “base” e
quello che è accaduto da allora ad oggi ha purtroppo confermato i dubbi, le
perplessità sul futuro di quel Partito.
Non è un mistero che la maggior parte dei sottoscrittori di questo documento
siano fuori dal Partito Democratico e operano per la costruzione di un Partito
alternativo di SINISTRA “vera” e c’è molto poco da ironizzare sull’aggettivo
“vera” in quanto non ne è rimasta traccia alcuna nel PD.
Joshua Madalon
Noi siamo donne ed uomini in carne, nervi
ed ossa; non siamo dei burattini, né automi, robot replicanti alla “Blade
Runner” e siamo davvero incazzati per la superficialità con la quale una parte
considerevole dei nostri rappresentanti politici ha voluto affrontare le
problematiche legate alla elezione del Capo dello Stato ed alla susseguente
formazione del Governo.
Poche parole bastano a far intendere che non abbiamo più intenzione di
sostenere a scatola “quasi” chiusa tutte le decisioni dei Dirigenti del nostro
Partito sia a livello nazionale che a livello locale.
Troppo spesso si dice che occorra “rinnovarsi” ma altrettanto più spesso ci si
trova a doverci imbattere in vecchie logiche non più condivisibili; si dice
anche che la Politica è cambiata ma i nostri rappresentanti non se ne sono
accorti; così come non si sono accorti – e vomitano fiumi di vuote ed insulse
parole – della sofferenza morale e materiale che colpisce da tempo la gente,
sia quella più propriamente da considerare “nostra” che tutto il resto di essa.
Noi abbiamo dovuto sopportare già più di un anno di Governo dei tecnici che non
volevamo ma ci siamo adattati cercando di calmare le ansie e le delusioni dei
“nostri”.
Ora basta!
A questo punto anche se è vero che non si possa andare – in un momento così
delicato – ad una crisi di Governo che potrebbe avere esiti drammatici noi
chiediamo che
il nostro Partito si faccia garante di
1) intervenire con urgenza sui temi dell’Economia e del Mercato del Lavoro;
2) di andare rapidamente a scegliere una nuova Legge elettorale (meno urgente è
l’impalcatura costituzionale) semmai passando attraverso un ddl che abolisca
quella attuale;
3) applicare per i nati in Italia da genitori stranieri immediatamente lo “ius
soli”.
Solo di fronte a queste tre scelte assolute noi dichiariamo di essere disposti
a riprendere la tessera 2013 del Partito, verso il quale portiamo un
profondissimo rispetto (per alcuni di noi è il Partito che abbiamo fondato, per
altri è stato il primo ed unico Partito) tale da non voler nemmeno pensare a
strapparne la tessera come è purtroppo avvenuto in qualche caso eclatante.
E’ per questo che non ritireremo la tessera 2013 nel nostro Circolo, pur
dichiarando che continueremo ad operare per il bene del Paese a partire dal
nostro territorio e lotteremo per raggiungere i migliori risultati possibili
nelle prossime competizioni lavorando non sui personaggi e sui candidati ma sui
Progetti sia nella fase Congressuale futura (sosteniamo in ciò pienamente la
richiesta formulata dal gruppo che fa riferimento ai recenti fuoriusciti dalla
Segreteria) sia in quella amministrativa del 2014, laddove non vogliamo tornare
a perdere.
Siamo profondamente delusi dalla leadership sia nazionale che locale e ne
chiediamo il rinnovo attraverso i Congressi nel minor tempo possibile: il Paese
non può attendere!
Verso il 25 settembre – reloaded significativo di un mio post del 17 luglio 2016 collegato al “reddito di cittadinanza”
A CHI
FA PAURA IL REDDITO DI CITTADINANZA?
Un Governo che si dica di
Centro(Sinistra) dovrebbe avere una particolare cura nei confronti dei ceti più
sofferenti ma continua ad avere un sostegno molto convinto da parte degli
imprenditori e di quella parte della società che possiede la maggior parte della
ricchezza del paese; lo stesso leader del Governo ha scalato il Potere
utilizzando fondi la cui origine – ma su questo attendo smentite “documentate”
– è per lo più ignota. Ed inoltre lo stesso Governo – pur attuando mediatici
sforzi per fronteggiare la corruzione (vedi il lavoro dell’ex magistrato
Cantone) – non è stato in grado di incidere positivamente nello scaricare la
parte malata dell’Amministrazione pubblica, tanto che gli “scandali” (piccoli
medi o grandi essi siano) si susseguono senza sosta, mettendo in evidenza
l’abuso di parole come “rinnovamento” e “rottamazione”, che alla fine si sono
scaricate solo sulla parte buona della società italiana.
Parlerò
del “reddito di cittadinanza” come intervento per ridurre le ingiustizie
sociali.
Il Governo si rifiuta di attivarlo,
adducendo motivazioni che sono concrete e reali all’interno di una realtà che
non ha vera intenzione di trasformarsi in meglio. Sono d’accordo che “il
reddito di cittadinanza” non potrà funzionare in una società nella quale si fa
di tutto per valorizzare la furbizia e il malaffare; ed allora di che parliamo?
Il governo che rifiuta di attivare tale processo si arrende di fronte alle
ingiustizie da se stesso – nelle sue strutture amministrative – provocate. Di
che parliamo? lo ripeto! Di che cosa argomentiamo? Questo Governo si è
presentato e tuttora si presenta come fortemente rinnovatore, come paladino
delle giustizie sociali, come difensore dei deboli contro le stesse angherie
della macchina dello Stato, che si dice di voler razionalizzare nell’ottica
dell’equità. Ed allora perchè mai ci si ostina a criminalizzare uno dei pochi
interventi che porterebbe giustizia ed equità sociale, come il “reddito di
cittadinanza”?
Chi ne usufruirebbe? Tutti coloro che si attivino nella ricerca di un lavoro,
offrendo la propria disponibilità attraverso organismi pubblici (gli stessi che
dovrebbero sovrintendere all’erogazione del “reddito”) ad accettare un lavoro,
anche temporaneo (stagionale), purché collegato a titoli di studio o abilità
pratiche accertabili. Tale “reddito” si interrompe nel periodo lavorativo e
riprende poi corso alla sua conclusione, e via dicendo: tale “reddito” deve
avere una parte che va a coprire la previdenza e tutta la parte assicurativa.
Il “lavoro” che viene offerto dovrà essere accettato se rispondente alle
qualificazioni dei cittadini, pena l’esclusione definitiva del sussidio; allo
stesso tempo il cittadino che svolgesse mentre usufruisce di quel “reddito”
un’attività qualsiasi “in nero” si vedrebbe escluso da tale vantaggio.
Si comprende tra l’altro che con una
simile legislazione lavorativa verrebbe a ridursi fortemente la parte di
“lavoro in nero” o “sottopagato” che è una delle piaghe sociali del nostro
Paese. Così come quell’immane spreco di risorse pubbliche che è l’Istruzione
italiana troverebbe una limitazione significativa: parlo di quanto costi allo
Stato la formazione dei nostri giovani e di come questi sempre più spesso siano
costretti ad emigrare per cercare e trovare un lavoro che dia loro dignità e
riconoscimenti economici.
IN
QUESTI GIORNI SONO A SVOLGERE ATTIVITA’ DI PRESIDENTE DI COMMISSIONE PER GLI
ESAMI DI STATO (quelli che chiamiamo “maturità”!) E MOLTI PIU’ GIOVANI
TRASCURANDO I TIMORI DELLA BREXIT ALLA DOMANDA SU QUEL CHE FARANNO DOPO GLI
ESAMI RISPONDONO CHE ANDRANNO IN INGHILTERRA, A LONDRA, ALLA RICERCA DI UN
LAVORO – IL PRIMO CHE TROVINO – NON IMPORTA QUALE SIA – MA HANNO UNA CERTEZZA,
CHE NON SARANNO TRATTATI DA STRACCIONI MISERABILI! (meglio
lavare i piatti in una cucina che fare l’operatore di call-center)
E a
questo punto il dubbio è formidabile! Questo giochino (del dire “no” al reddito
di cittadinanza) non sarà mica indirizzato al mantenimento di “potentati”
imprenditoriali di sfruttatori che vivono sul lavoro a basso reddito e su
quello in nero?
Se oggi, settembre 2022, siamo ancora una volta a domandarci cosa sia “utile” votare alle prossime elezioni politiche, la responsabilità non può essere addebitata alle elettrici ed agli elettori, ma ad una classe politica (quella di riferimento individuale) assolutamente inadeguata a svolgere il ruolo che si è assegnato in maniera quasi autoreferenziale (quasi tutti votati ma designati da gruppi ristretti di Potere). C’è una parte degna di attenzione, ma occorrerà che assuma posizioni di coraggio e si attrezzi a smantellare le strutture che hanno prodotto tali disastri.
IL FUTURO DELLA “SINISTRA” (unita) ed il possibile accordo (non solo di Programma) tra PD e M5S
Se davvero….bisogna fronteggiare le Destre, “le più pericolose e aggressive”, allora occorre che vi sia una Sinistra, “unita”, che non abbia tuttavia alcun elemento in comune di contenuti e di forme, di mezzi e di risorse umane e che abbia davvero in mente di declinare in senso democratico l’arcobaleno valoriale che si incentra sulla libertà e l’uguaglianza di donne ed uomini, lavoratrici e lavoratori, e che riesca a contemperare le ipotesi programmatiche con la volontà del popolo chiamato ad esprimersi in modo partecipativo attraverso una miriade di organismi territoriali diffusi. Se invece chi si dice di Sinistra anche facendo precedere a quella distinzione politica il termine Centro, allo scopo di aggregare forme variegate e spurie sempre più lontane dagli obiettivi ideali fondamentali dell’essere “di Sinistra”, dell’essere “Sinistra”, rischia di produrre divisioni in una parte considerevole dell’elettorato che o si rassegna o si ribella o si estranea. Nondimeno alcuni “matrimoni” forzosi non possono produrre effetti benefici d’emblée, con un semplice schiocco di dita.
Si è insistito molto sulla necessità di piegare la leadership – e l’elettorato – del Movimento 5 Stelle a garantire nelle elezioni regionali un sostegno ai candidati del Centro Sinistra. Ovviamente non è andata bene in quella direzione; il Centro Sinistra ha vinto malgrado il non avvenuto accordo là dove poteva vincere, aggregando anche voti proveniente da elettori del Centrodestra; ha perso dove non poteva vincere e dove invece un accordo si è verificato. Sento che qui in Toscana in questo fine settimana, quando si svolgeranno i ballottaggi, in uno dei Comuni dove questi sono previsti, c’è stato l’apparentamento tra PD-altre liste civiche e il Movimento 5 Stelle. Il Comune in oggetto è Càscina, in provincia di Pisa, roccaforte della Lega e della ex Sindaca Susanna Ceccardi (anche se in questo primo turno sia per le Regionali che per il Comune le cose non sono andate bene per Salvini e per la sua “pupilla”) ma l’apparentamento è una forma di disperato tentativo, soprattutto laddove o ci sono molte differenze tra le forze politiche che si accordano o ci sono troppi punti in comune. A ben vedere le due ipotesi così d’acchitto non si tengono in piedi. Pur tuttavia quello che può sembrare un inizio fulgido in previsione di un futuro più solido accordo anche a livello nazionale è semplicemente un riconoscere la profonda debolezza della parte a Sinistra in questo paese. Sarebbe invece ottima cosa procedere in un clima di reciproco rispetto, conoscersi meglio, comprendere le differenze e valorizzarle pienamente, senza soffermarsi sui distinguo ideologici da una parte e postideologici dall’altra, abbattendo il muro dei sospetti. E’ un lavoro molto difficile, pieno di incognite ma anche ricco di possibili soddisfazioni. Sarà probabilmente più semplice riuscire ad operare in questa direzione nelle sedi territoriali periferiche, laddove è la concretezza del “fare” a prevalere; ai livelli centrali bisogna richiedere prudenza ed equilibrio, che possano essere di buon esempio anche in tutto il resto del Paese. Ci saranno temi che possono appassionare al di là delle tifoserie partigiane consuete, come – solo per fare un esempio la revisione e la messa a punto dei meccanismi del “reddito di cittadinanza”. Chi lo ha sostenuto in modo fideistico e chi lo ha denigrato dovrebbero ricercare punti di accordo per non deprivare di quel contributo chi ha davvero “onestamente” usufruito di quel contributo (e sono moltissimi) e per mettere a punto un percorso virtuoso che metta in condizione le strutture che si occupano del “mercato del lavoro” di poter funzionare e consentire a coloro che devono controllare nel merito la giustezza del RdC concesso di poterlo fare nel migliore modo possibile. E poi ci sono altri temi che dovrebbero appassionare in modo concorde a dimostrazione di possedere la stessa identica anima “di Sinistra”. Su questo avremo da discutere: non c’è un gran “tempo” di fronte a tutti noi e dobbiamo mettere alla prova la tenuta democratica di questo Paese. Ne riparleremo.
In questo blocco pubblico un “Documento” considerato “URGENTE” per una serie di motivazioni oggettive: 1) malgrado le numerose adesioni, molte delle quali riferite a “nuove iscrizioni”, la struttura “centrale” provinciale faceva “orecchie da mercante” e procrastinava la decisione che appariva ineludibile dal punto di vista sia formale che sostanziale; 2) era in atto sul territorio di San Paolo un’azione discriminatoria con una raccolta firme contro l’apertura della nuova sede (in un prossimo blocco pubblico la denuncia alla Commissione Provinciale di Garanzia di quelle azioni indegne).
DOCUMENTO URGENTE
SULLA PROPOSTA DI APERTURA DEL CIRCOLO PD A SAN PAOLO
Intendiamo fare il punto della situazione in relazione alla
richiesta di riaprire nella sede del circolo Arci di San Paolo in via Cilea un
Circolo del Partito Democratico nuovo, così come espresso nei precedenti
documenti.
Già da circa un anno alcuni iscritti ed alcuni simpatizzanti
hanno rivolto in modo corretto la richiesta al Segretario Provinciale (Bruno
Ferranti) al Coordinatore del Circolo Borgonuovo-san Paolo (Fabio Razzi) ed al
coordinatore Circ.le Ovest del PD (Fabio Colzi). Una discussione, presenti i
suddetti al Comitato Direttivo di Borgonuovo-San Paolo appositamente convocato,
è avvenuta prima delle Primarie per le Elezioni Regionali dello scorso anno.
Gentilissima Coordinatrice, tu conosci le nostre intenzioni
e conosci anche le motivazioni che ci spingono. Fra i molti simpatizzanti che
si sono avvicinati all’idea di aprire un Circolo nuovo sta sopravvenendo una
certa disillusione.
Entriamo però nel vivo:
Mercoledì scorso vi è stato il primo incontro del Comitato
Direttivo del circolo Borgonuovo-San Paolo nel quale alcuni di noi sono
presenti (l’altra sera eravamo anche in maggioranza come san paolini) ed il
Coordinatore Matteo Nesi ha proposto di parlare della nostra richiesta in uno
dei prossimi incontri, anche perché nel Congresso avevamo presentato un
documento ad hoc. Nel dibattito si sono avuti interventi tuttavia che
lasciavano presupporre l’ipotesi di procrastinare alle “calende greche” questa
decisione, chiedendo riflessioni, approfondimenti, condivisioni etc… Ho fatto
presente che è per noi urgente a questo punto affrontare la materia e decidere.
Il giorno dopo abbiamo anche riflettuto e facciamo una
proposta su cui vogliamo il tuo parere:
penseremmo di chiedere che dal 1 gennaio 2011 il Circolo San
Paolo faccia il “suo” tesseramento, pur rimanendo in piedi (onde evitare
difficoltà al Partito) il coordinamento unico (arricchito da qualche altro
nostro rappresentante – ad esempio Marzio Gruni che è anima del progetto non è
presente nel Coordinamento attuale)
e gruppi di lavoro comuni;
inoltre tutte le iniziative dovrebbero essere concordate, quanto alle date fra i due Coordinatore di Borgonuovo e quello
temporaneamente espresso di San Paolo.
Il Congresso – eventualmente davanti ad un nostro auspicabile successo
di adesioni nuove in cui fortemente crediamo
– dovrebbe svolgersi a fine 2011 – inizio 2012.
Chiediamo di essere resi autonomi rapidamente, anche perché
vi potrebbero essere presto delle urgenze e vorremmo evitare di incorrere in
emergenze varie che procrastinino ulteriormente questa scelta.
Ti chiediamo gentilmente di convocare il Coordinatore Nesi e
fare sì che si svolga al più presto prima della fine di quest’anno il Comitato
direttivo che si occupi in modo specifico e definitivo di questo argomento.
Nel corso della vita, occorre saper leggere le vicende e trarne
delle conseguenze: non nasciamo già con l’etichetta di Destra o di Sinistra e
come esseri pensanti abbiamo anche la possibilità di rivedere “on the road”
alcune nostre posizioni. La Natura ci dovrebbe aiutare a comprendere come sia
logico tutto questo, in contrasto proprio con chi non riconosce la mutabilità
come effetto di eventi che sovrastano le nostre limitate potenzialità
individuali. Non trovo affatto disdicevole che un elettore “comune”, ovverossia
colui che non ha interessi particolari sia di carattere economico o puramente
etico modifichi nel corso degli anni la sua scelta. D’altra parte, per esplicitare meglio quanto dico, generalmente
donne e uomini impegnati direttamente in Politica non si preoccupano più di
tanto di dover giustificare le loro scelte, quando – come è ampiamente accaduto
di recente – passeggiano con nonchalance da una sigla all’altra e non di rado
da uno schieramento all’altro.
IN RICORDO DEL “POETA” PIER PAOLO PASOLINI – parte 33 – atti di un Convegno del 2006 IN RICORDO DI PIER PAOLO PASOLINI per la parte 32 vedi 30 AGOSTO
Parte 33 – Parla voce non identificata:
<<
Dunque, le cose sarebbero tante cerco di andare per suggestioni rapide. Allora
comincio da quella che mi pare decisiva: Gadda. Sicuramente Gadda è un modello
di scrittura per Pasolini e soprattutto per il primo Pasolini. L’espressionismo
pasoliniano, parlo proprio di livello dello stile è una sorta di commistione
tra Gadda e (parola non comprensibile) ed in particolare il gaddismo significa
come dire sta dal lato della stratificazione dello stile. Per cui Pasolini che
scrive sempre avendo l’idea che lo stile e la realtà a sua volta siano strati
di senso e di forme, questa cosa gli viene sicuramente da Gadda.
Però
segue un po’ meno il ragionamento quando si mette a confronto Petrolio o quale
altro testo di Pasolini che sia con la commissione del (parola non
comprensibile). Con la (parola non comprensibile) l’avrei capito, con il
Pasticciaccio un po’ meno Perché lì parliamo di due copioni diversi. Cioè il
Pasticciaccio è un’opera perfettamente compiuta, stilisticamente definita che
non ha nessuna, come dire, zona d’ombra formale o stilistica e in cui va beh
non è un giallo non si capisce chi è l’assassino. Ma stiamo parlando di una
cosa diversa però, anche i romanzi, i gialli di Sciascia in teoria sono senza
colpevole, ma qui parliamo di un tipo di compiutezza diversa. Poi è vero,
certo, che anche Gadda in qualche modo si riconnetta ad una tradizione che
banalmente potrei definire di ampio romanzo molto novecentesca, molto moderna e
Pasolini la stessa cosa fa, però non parlerei di una affiliazione dell’idea, di
opera aperta nel senso che dicevo prima da Pasolini a Gadda. Gadda agisce su
altri versanti.
Quindi
qui vado rapidamente provo a dire altre due cose. Carla Benedetti e Zigaina. Su
Zigaina non mi convince affatto la tesi finale della morte di Pasolini come la
spiega Zigaina e questo scritto che non mi convince rimando per forza di cose.
Su Carla Benedetti, sì è vero, è chiaro che ci sono
suggestioni da Carla Benedetti, però attenzione io cerco di fare una cosa che
lei sceglie
di
non fare. Cioè per lei gli ultimi 15 anni di Pasolini sono anni in cui l’autore
in qualche modo rinuncia completamente a quella che definivo prima una cifra
manieristica per darci solo opere più (parola non comprensibile). No, secondo
me non sta così. Pasolini fino in ultimo, anche nell’opera più recalcitrante ad
essere opera che ci sia, ha una quota fortissima di manierismo Perché in qualche
modo l’equilibrio miracoloso tra gestualità e manierismo anche nell’opera meno
formalmente risolta di Pasolini rimane. Quindi, l’idea di una forma progetto
come la chiama Carla Benedetti che sia sempre soltanto quello a me non
convince. Pasolini è tanto manierista quanto autore gestuale. Quindi per il
resto è vero che ci sono (parola non comprensibile) dai suoi libri, però con
questa…Semmai, in fondo non ho fatto altro, che mettere a frutto le cose che
da tempo Walter Sini sta dicendo.
Verso il 25 settembre – repetita iuvant con un post dello scorso 10 settembreIl voto utile e la voglia di contarsi
Domani 25 settembre 2022 – si vota – – sento il dovere di sollecitare al voto gli indecisi – quanto al mio voto esplicito una piena condivisione con quanto espresso dal prof. Tomaso Montanari e da tanti altri a favore del Movimento 5 Stelle
Sarò breve. La richiesta pressante, angosciosa di un voto “utile” da parte principalmente del Partito Democratico è patetica. “Utile” per chi? Per cosa? Sarebbe stato bene che tali angosciosi dilemmi e tali preoccupazioni fossero state espresse nel corso di questi anni, soprattutto coinvolgendo quella parte della Sinistra – e non solo – praticamente esclusa dalla partecipazione in quanto considerata non funzionale alla “vita” politica degli apparati (a tutti i livelli). Infatti, a prescindere dal “merito” (c’è una parte di persone la cui preparazione politica ed amministrativa è indubbia) vi è la tendenza esclusiva e pretenziosa a mantenere le posizioni acquisite soprattutto nel sottobosco politico amministrativo. Ancor più in questa occasione non seguirò la “sirena” della paura né tuttavia mi convince il desiderio di contarsi nella gabbia dell’ultra Sinistra, quella dogmatica incapace di comprendere la complessità della vita umana e che ha bisogno di sventolare bandiere obsolete. C’è stata pure – a livello locale (Prato) – l’occasione di costruire un raccordo solido tra le diverse anime della Sinistra in occasione dell’appuntamento elettorale cittadino del 2019. Quel tentativo nobile e coraggioso ricercato da cittadine e cittadini interessati al “Bene Comune” (“Prato in Comune”) fu portato al fallimento proprio da chi voleva “contarsi”. Quel “lavoro” vorrei fosse ripreso con uno spirito costruttivo; ma rivediamoci dopo la vostra “conta” care e cari compagni, la “vostra”.
Agli inizi di questo mese, al termine di un percorso molto irto di ostacoli, il Segretario del Partito Democratico si è dimesso da quel ruolo. Lo ha fatto in modo inedito, inusuale nel mondo della Politica, lanciando un atto di accusa all’intero Partito. Ha detto: “Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni”.
Di fatto, che le cose nel Partito Democratico non funzionassero più di qualcuno se ne era accorto. Anche Zingaretti. ed è chiaro che, quando sei in un meccanismo che stenta a procedere inceppato da mille convenzioni e convenienze, hai milioni di difficoltà ad uscirne in modo elegante. Anche per questo motivo, non sarebbe stato comprensibile, ed accettabile, un passo indietro (sarebbe apparso come una resa per debolezza, e Zingaretti non può essere attaccato su quel versante): era necessario esprimersi con una formula di “attacco” agli stessi organigrammi e apparati da lui coordinati, quelle “correnti” litigiose ed ipocrite, molto più avvezze a mantenere le loro posizioni in equilibrio.
Il Segretario con la sua scelta non aveva alcuna intenzione di farsi pregare per ritornare in quella posizione ed ha contribuito forse proprio per questo motivo ad indicare la via di uscita, che possiede in gran parte anche il senso della figura che è stata chiamata a subentrare. In realtà il Partito Democratico stava vivendo una contraddizione strutturale sin dalla sua costituzione. Va ricordato che nelle prime consultazioni “primarie”, quelle costituenti di domenica 14 dicembre 2007, tra i candidati c’era anche il “nuovo” Segretario, Enrico Letta. Le “speranze e le aspettative” per un “cambio di passo metodologico” con le quali tanti avevano accolto questo nuovo Partito furono presto deluse (su questo Blog ne ho trattato e continuo a farlo pubblicando testi “storici” dell’esperienza personale locale). Il clou di questa tendenza, che portava sempre più lontano il Partito dalle masse più deboli e da quella parte che ne avrebbe voluto privilegiare le ragioni, è stato l’ingresso veemente di Renzi e di coloro che, oltre Matteo Renzi, anche loro fondamentalmente estranei a quegli obiettivi, lontani anni luce da essi, oltre che da una consistente parte già “interna” ne sollecitavano l’avvento per costruirsi fortune poco più che personali. E’ nato così il “renzismo” che non ha nulla da spartire con le idee “democratiche” (non necessariamente rivoluzionarie) che erano alla base dei programmi preparatori del nuovo Partito. Ho scritto – e detto – in più occasioni che per riaprire nuovi “cantieri” non vi è il bisogno di inventare nuove formule progettuali: basterebbe andare a ripescare ciò che si “scriveva e diceva” nella fase costituente.
Nella seconda parte mi porrò la “domanda” che è indubbiamente molto – ma davvero molto – retorica e la cui risposta è proprio per questo motivo unica. Senza questa “unicità” non c’è futuro, non c’è via d’uscita da questo “cul de sac” o “tunnel buio” nel quale ci siamo inoltrati.
C’è
consapevolezza o un nuovo tatticismo deleterio?
L’Assemblea nazionale del Partito
Democratico del 14 marzo 2021 ha espresso praticamente all’unanimità (860
favorevoli 2 contrari e 4 astenuti) l’assunzione alla carica di Segretario di
quel Partito da parte di Enrico Letta, chiamato a gran voce a sostenere quel
ruolo da più parti, dopo le irrevocabili scelte di Nicola Zingaretti. Non
illuda l’unanimismo, se dietro di esso si nasconda l’urgenza di trovare una
sorta di “re Travicello”, un semplice simulacro per tacitare gli animi veementi
ed inclini all’indisciplina. Per quanto io sappia, Enrico Letta non sorreggerà
tali inclinazioni. Pur tuttavia bisogna avviarsi a trovare una pur minima
risposta a quella domanda che ho inserito nel sottotitolo.
Subito dopo il discorso “programmatico” del nuovo Segretario si è aperto il confronto intorno ai temi che egli ha proposto e che sono stati annunciati come un “vademecum” che da lì a poco avrebbe fatto pervenire ai Circoli. Il titolo è “CONSULTAZIONE” il sottotitolo “Progressisti nei contenuti, riformisti nei metodi, radicali nei comportamenti” e poi 21 punti estremamente sintetici su cui dibattere.
Uno
dei rischi che si corre quando c’è un “nuovo” leader è che, intuito il
cambiamento del “vento”, ci si lasci trasportare in quella direzione. E forti
dubbi ci sono in tal senso ed in queste ore: il dibattito sta evidenziando una
sfilza infinita di pentimenti. Sembrano, in tanti, forse troppi, riconoscere
gli errori, la presunzione di autosufficienza, la sottovalutazione delle
critiche “pragmatiche non ideologiche” e la scarsa capacità espressa
nell’aprirsi alle contaminazioni.
La
resipiscenza “a chiamata” indotta da eventi non governati non è un buon segno.
Significa che non si è stati in grado di esprimere al tempo debito il proprio
dissenso, moderato o radicale che fosse. Questo atteggiamento significa, per
me, che sono un eretico, che si privilegiano le posizioni acquisite e si
opzionano miglioramenti. Non è un buon segno quando ci si appresta a seguire
una nuova scia, affermando di condividerla senza che sia stata precedentemente
affermata in modo chiaro e deciso.
Questo
è ovviamente uno degli elementi di riflessione su cui avviare la ricostruzione
di “un partito più aperto, inclusivo e partecipato”, per far sì che vi siano
più “volti” veri che “maschere”; che sia possibile andare alla formazione di un
partito che come “modello democratico” sia “capace di sfruttare le grandi
opportunità offerte dall’innovazione digitale”; che abbia come obiettivo
primario “il rapporto con i territori” e possa essere identificabile come
“partito della prossimità”; che proprio per questo sia in grado di attivare una
“economia della condivisione” con “il rafforzamento dei corpi intermedi”; che
sia in grado di produrre un moto virtuoso nella società rendendola sempre “più
inclusiva”.
Tutto
questo…e altro sarà possibile soprattutto se quella “resipiscenza” non sia in
possesso di un valore occasionale e strumentale, come in quel mio sospetto. A
tale proposito, aprirsi dovrà significare essere capaci di produrre attrazione,
e per far questo bisognerà essere in grado di dover fare non solo come segno
simbolico dei passi indietro per consentire a chi entra o rientra di poter
avvertire sincero interesse, ma anche non limitarsi ad un semplice strumentale
consenso paternalistico.
Ogni volta che pubblico parte della documentazione relativa alla vicenda che coinvolse gran parte della comunità pratese verso la fine dello scorso millennio, non posso non notare che sia davvero molto difficile esprimere posizioni oggettive; anzi, ad emergere sono riflessioni parziali a volte anche molto personali. Venne, anche in quell’occasione, a mancare la capacità politica di portare a sintesi una serie di valutazioni, tutte collegate a reali esigenze, in modo particolare espresse dal Liceo “Copernico” e dall’ITC “Paolo Dagomari”. Le amministrazioni di quel tempo sbagliando previsioni, evidentemente costruite in modo artato per condurre alle scelte precostituite, commisero madornali errori, dei quali non hanno mai voluto fare ammenda. Ci si fidò della dirigenza del Liceo, cui si chiese di non far crescere il numero delle iscrizioni e si vaticinò il decremento di iscritti al “Dagomari”. Con tali scenari il Liceo avrebbe avuto spazi sufficienti e l’Istituto Tecnico avrebbe potuto accontentarsi di spazi molto più ridotti rispetto a quelli che avrebbe dovuto cedere. Né l’una né l’altra previsione si verificò. Infatti negli anni successivi il “Copernico” continuò ad iscrivere studenti, rendendo progressivamente sempre più ridotti gli spazi didattici e il “Dagomari” contemporaneamente accrebbe la sua offerta formativa fino ad avere sempre più bisogno di altri spazi, che già in partenza non erano sufficienti.
Ovviamente, la responsabilità di tale situazione è stata soprattutto di coloro che gestivano la cosa pubblica alla fine del secolo scorso. Sarebbe stato molto più logico, come peraltro proposto dal sottoscritto, procedere ad una programmazione urbanistica ex novo, costruendo nuove strutture, non utilizzando quelle esistenti e non idonee per diversi e svariati motivi. Ci sarebbe voluto del tempo, ma occorre ricordare che le strutture dove era ospitato il “Copernico” erano state considerate sufficienti per più di un decennio, benché in attesa di soluzioni definitive. E – lo dico chiaramente – non avremmo avuto il disastro strutturale dei giorni nostri con scuole, come il “Livi”, gli stessi “Copernico” e “Dagomari”, che non hanno spazi sufficienti nelle loro sedi ufficiali.
Ecco perché i conti non tornavano e non tornano!
Questo sito utilizza i cookie per una migliore gestione del sito. Accetta