UN PATETICO MISERO TENTATIVO DI METTERE LA “POLVERE” DELLE RESPONSABILITA’ SOTTO IL “TAPPETO” DELLA STORIA

UN PATETICO MISERO TENTATIVO DI METTERE LA “POLVERE” DELLE RESPONSABILITA’ SOTTO IL “TAPPETO” DELLA STORIA

Questo post prosegue – dopo qualche settimana di mio silenzio – nella riflessione su cosa sia importante mettere in campo, a partire dal necessario approfondimento critico da parte dell’attuale (!!!) maggior Partito del Centrosinistra, il PD. Avevo annunciato in uno dei primi post subito dopo il 25 settembre un riferimento ad esperienze “dirette” (rimandando in parte ai tanti post dal titolo comune “Le Storie” collegati al Circolo PD Sezione Nuova San Paolo) e di certo non mancherò in questo impegno nei prossimi post

Sono oramai alcuni anni che da una parte della società italiana, quella che aveva guardato con grande interesse ideale alla nascita di una forza progressista, democratica e riformista in grado di riunire esperienze politiche che avevano condotto alla nascita della Democrazia ed alla scrittura della Carta costituzionale, si è richiesto di avviare una profonda riflessione su tutto quello che non funzionava più nel Partito Democratico.  Per alcuni, una minoranza in realtà, gli elementi critici si erano palesati sin dagli albori; e si erano confermati via via nel tempo deteriorando i vari meccanismi: un po’ come accade con un’auto che nasca sin dalla sua produzione con qualche difetto (è – procedendo nel paragone – poi comunque abbastanza normale che si proceda dopo qualche anno – e qualche chilometro percorso – a delle revisioni, prima della possibile prevedibile rottamazione).

Accanto al patetico attacco sferrato subito dopo il verdetto emerso dalle urne, indirizzato a chi aveva continuato a criticare la scarsa consistenza politica dell’attuale leadership “demo”, come unici colpevoli della debacle, sono proseguiti i segnali di deterioramento della “macchina”, sia con il rifiuto di prendere in considerazione un profondo “restyling”, ripartendo dai “fondamentali” capisaldi del 2007, sia con la rincorsa a candidarsi senza un minimo di “proposte programmatiche”, ma basate essenzialmente sul “glamour” di stile veteroberlusconiano.

Di fronte ai risultati delle recenti elezioni politiche si può ben dire che non possono essere considerati “deludenti”, visto che l’attesa prevedeva dati molto più perniciosi per la nostra Democrazia (i due terzi del Parlamento non sono stati raggiunti dal Centrodestra). Pur tuttavia è del tutto inevitabile, oggi, continuare a far finta di nulla: è ancor più necessaria una profonda revisione se si vuole prorogare considerevolmente la data di rottamazione o addirittura la “messa a nuovo” totale dei meccanismi. Invece sia gli annunci sia poi le modalità democratiche di procedimento sono state stoppate allo scopo, del tutto evidente per chi si occupa di Politica, di smorzare gli aspetti di criticità che sono considerati pericolosi per gli attuali “manovratori” e potrebbero produrre un azzeramento delle cariche politiche e un ribaltamento delle attuali posizioni.

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“Memoria”

Da poche ore si può trovare sul sito del PD una lettera di Enrico Letta rivolta al mondo degli iscritti (I circoli) ed indirettamente ai potenziali sostenitori. C’è fretta camuffata da ponderatezza; ma  c’è una grande urgenza di arrivare al “cambiamento”, dimenticando di averne avuto subito dopo il cambio di guardia con Zingaretti, che aveva denunciato ampiamente questo bisogno. In tal modo si rischia grosso: le truppe camellate stanno preparando già gli armamentari, forti della scarsa memoria collettiva.

“Memoria” che è necessario avere per capire quanto sia stato pretestuoso l’abbandono del “campo largo”, scarsamente coltivato e perfino mal arato. La responsabilità del mancato accordo è da addebitare in primo luogo al Partito Democratico, e poi a Lega e Forza Italia, che hanno subodorato il lauto affare. La “crisi” è stata provocata dal forzoso inserimento in un dispositivo di natura sociale ed economico come il Decreto Aiuti di un articolo che intende approvare la costruzione di un termovalorizzatore a Roma: una diretta provocazione inserita in luogo improprio e senza un accordo, che non avrebbe potuto sortire altro che la levata di scudi del M5S che si è astenuto.

Oltre tutto il M5S è stato sottovalutato per una sorta di presunzione culturale e politica di superiorità. Ciò traspare altresì dal livore con cui una parte del mondo politica e della stampa sostenitrice del Partito Democratico (vedi N. Aspesi che sul “Venerdì di Repubblica”) non manca di offendere Giuseppe Conte, leader del M5S.

E’ evidenziato anche dalle scelte che il PD di Enrico Letta ha fatto in controtendenza, accogliendo – al posto dei “contrari” pentastellati – i rappresentanti di Sinistra Italiana e Verdi che non hanno mai votato i dispositivi della famosa “Agenda Draghi”. Quella scelta è la cartina di tornasole della pretestuosità della motivazione con cui si è escluso sin da subito l’accordo.

Quanto a Calenda e Renzi la loro nota boriosità è infinita e, per fortuna, l’elettorato non li ha premiati.

…si ricostituisca quel clima dei primi anni del nuovo secolo e millennio e si riprenda a camminare tra (e con) la gente.

Questa rincorsa subito dopo il risultato del 25 settembre (che non può essere “deludente” perché ampiamente previsto e atteso) a candidarsi – o a farsi candidare – al vertice della Segreteria del “dopo Letta” è fortemente patetico. La stessa espressa volontà di cambiare nome e simboli e rimarcare contenuti è soluzione del tutto insufficiente se non si procede ad un cambio di strategia, partendo da quel che è mancato fino ad ora, a partire dall’atto fondativo, che è rimasto carta straccia, vuote parole: dare corpo e gambe al progetto “democratico” di una forza progressista che si proponeva di interpretare i bisogni concreti del Paese. Si è ben presto compreso che la fusione di varie anime non partiva realmente dalle necessità che già premevano sulla nostra società ma dall’esigenza di mantenere intatte le posizioni degli apparati politici. Le battaglie si ammantavano di forti ideali ma poggiavano fermamente su interessi molto particolaristici: un cambiamento “democratico” avrebbe avuto bisogno di ben altro e progressivamente i rapporti fra gli ideali e le realtà si sono deteriorati, facendo allontanare gran parte dei sostenitori appassionati e disinteressati dalla pratica politica; nel mentre si profilava, ben accolto dalle leadership ondeggianti, l’avvento del “renzismo”, interpretato come una sorta di “Messia” molto vicino per stile al “primo Berlusconi”.  L’attuale classe dirigente ha trascorso troppo tempo a dibattere su questioni molto “particulari” nel chiuso delle loro stanze, abbandonando le periferie, non solo quelle dei loro specifici territori, ma quelle ideali di tipo psicologico sociologico e antropologico: non occorrono formule paternalistiche ma bisogna che vi sia una concreta condivisione delle più acute e urgenti problematiche. E se la Destra offre approcci semplicistici bisogna capire che occorra farsi comprendere, parlando linguaggi che non siano complessi. Per far questo, non è necessario un “nuovo” organigramma. Intanto, si vadano a rileggere i fondamentali propositi. Si ricostituisca quel clima dei primi anni del nuovo secolo e millennio e si riprenda a camminare tra (e con) la gente.

Sfida e coraggio verso una ricerca di unità a Sinistra

Rieccomi dunque a ripetere quanto detto in più diverse occasioni, e in buona compagnia; è necessario riformare dal profondo il Partito Democratico, aprendolo in modo sostanziale ad un dialogo con tutti i soggetti di Sinistra (non solo Partiti e movimenti, ma anche Associazioni e Organizzazioni culturali e sociali; oltre a quelle economiche e imprenditoriali). Ovviamente, questa è una sfida e un atto di grande coraggio: non si può nasconderlo. Per ora, non intravedo né coraggio né consapevolezza che si intenda dare il via ad una vera e propria sfida. Si è detto, ancora molto timidamente e con passi indietro di una parte della leadership, di volersi aprire agli esterni, ma non basta esprimerlo a parole: occorrono azioni concrete. La scelta delle Agorà era sin dai suoi esordi un tentativo in tal senso, fallito. Non aveva presupposti solidi alle spalle e si è rivelata un flop, una forma solo accademica autoreferenziale benché potenzialmente aperta: la partecipazione è stata infatti mortificata e non ha espresso prospettive future spendibili in risorse umane rinnovate. In realtà si è riproposto un antico meccanismo che si ferma solo in superficie, per dare la sensazione di voler disporsi benevolmente all’ascolto ed alla ricerca di volti e menti nuove. Soprattutto queste ultime generano l’orticaria e non possono essere incoraggiate.

In risposta ad un commento ad un mio post su Facebook – A quel compagno carissimo F.R. – intro

In risposta ad un commento ad un mio post su Facebook – A quel compagno carissimo F.R.

A quel carissimo compagno che, in risposta ad un mio post che riportava un commento che in definitiva riteneva cosa buona e giusta riconoscere al Movimento di Giuseppe Conte il merito di aver raccolto una parte dei voti “antifascisti” anche e soprattutto in relazione ad una scelta della Destra (quella vera e quella falsa di Centro – Sinistra?) di procedere senza bisogno di consultazione popolare ad una revisione della Carta costituzionale, mi invitava ad iscrivermi (reiscrivermi, ovviamente, essendo io un fondatore) al Partito Democratico per avere la “patente” di commentatore, rispondo che non ci penso nemmeno, e che rimango dell’idea che ciascuno di noi come potenziali elettori dovremmo avere ascolto, soprattutto quando si rivolgono agli apparati critiche severe ma concretamente  collegate ai bisogni ideali, nonché quelli materiali sempre più urgenti da prendere in considerazione.

Non mi fermo qui, e rilevo che da qualche parte molto tardivamente si prende consapevolezza (!) che occorra aprirsi anche ai non iscritti. Si spera (ma temo sia difficile che si concretizzi nella migliore modalità di apertura reale) che non sia la solita cortina fumogena per indurre qualcuno ad iscriversi e che le “valutazioni” che appariranno “critiche” saranno etichettate come “polemiche rancorose” per poterle più facilmente bypassare senza sentirsi coinvolti.

Chi ha partecipato alla fondazione del Partito Democratico in una stagione di grandi passioni coinvolgenti, di grandi speranze e di attese, quasi progressivamente interamente vanificate da una leadership di apparato burocratico sedicente progressista e “democratico”, dovrebbe avere particolari riconoscimenti, ma – è ovvio – che chi, come il sottoscritto, esprime questo rammarico dolente, viene considerato “da tempo” un fastidioso orpello da emarginare.

Proverò con una serie di prossimi post ad esprimere le mie valutazioni propositive, che non saranno molto diverse dalle tante riflessioni che su questo Blog  ho esposto a centinaia negli scorsi anni. Vi parlerò di quel che nella frazione di San Paolo in quel di Prato, insieme a compagne e compagni ora disperse e vaganti in mille rivoli, abbiamo provato a mettere in campo, spesso sottovalutati e anche marginalizzati dagli apparati, preoccupati essenzialmente di conquistare e mantenere dei posti più o meno allettanti e fruttuosi per se stessi.