riprendo a trattare temi poco più che personali….

14 MARZO – ELOGIO DELL’IPOCONDRIA – INTRODUZIONE

riprendo dal 22 MAGGIO 2022 dopo una sosta molto lunga (il precedente post era del 14 marzo)

Da alcune settimane per motivi abbastanza seri ho dovuto tralasciare questo impegno di presenza documentaria. Da oggi riprendo a lavorare. Tante, forse davvero troppe, sono le argomentazioni che vorrei trattare, ma soprattutto vi parlerò della mia esperienza “sanitaria” senza rinunciare a far emergere gli aspetti negativi, molto spesso triti e ritriti e controproducenti (tenendo conto che la responsabilità dei limiti del nostro sistema sanitario non può essere addossata a figure distinguibili in modo oggettivo), così come porrò in luce i tanti aspetti positivi che non sono mai mancati (faccio presente che – pur essendo un “emerito” rompiscatole” – ho una visione bonaria ed ottimistica della nostra società).’

E’ la data del mio ultimo post pubblicato prima di questa “ripresa”. Vado a controllare e già in quel periodo da un paio di settimane ero “impegnato” nella contesa tra un malanno non ancora del tutto identificato, ma le cui caratteristiche lasciavano ben pochi dubbi, e le innumerevoli insidie del sistema sanitario, anche in un territorio come quello toscano che viene esaltato – a giuste ragioni, visto il degrado generale molto diffuso – da tanti altri.

Voglio qui spezzare una lancia (è un modo di dire) a favore degli ipocondriaci. Periodicamente, ma molto molto raramente, mi sono sentito affibbiare la caratteristica di “ipocondriaco” anche in famiglia, ma si trattava di episodi più che altro collegati ai “cambiamenti di stagione” che hanno fatto di me un chiaro esempio di “meteoropatico”.

Ovviamente non posso non pensare a quello straordinario “incipit” di “Tre uomini in barca….” (1889) di J.K.Jerome che ha fatto grande scuola in tantissimi come noi, lettori seriali sin dalla nostra tenera età. E’ una sintesi dell’ipocondria, utilissima con annessa “morale” finale sotto forma di ricetta utile per tutto il resto della vita, fino a che, però……

E poi ne abbiamo conosciuto altri di ipocondriaci, reali, come quella “signora” che quotidianamente accedeva allo studio medico della dottoressa di famiglia e ne occupava lo studio, ponendo tutti i suoi dubbi, mentre altre persone che forse ne avrebbero avuto vero bisogno erano costrette ad attendere tempi “biblici” nella sala d’attesa. E poi alcuni personaggi pubblici, chiaramente e pateticamente, naturalmente ipocondriaci, come Carlo Verdone o Woody Allen, che hanno giocato molto su questa loro “patologia” rendendola funzionale allo stile artistico. Un discorso a parte merita Nanni Moretti. Forse molto più collegabile alla esperienza “personale” di cui tratto.

Malgrado, procedendo nella ricostruzione di quel che mi stava accadendo, ben poche erano le speranze di esiti benevoli, ma imperterrito continuavo a pubblicare su questo Blog, in quella forma molto personalistica che mi caratterizza, documenti che si riferivano a iniziative da me promosse, misti a riflessioni contemporanee e progettazioni future.

Per la cronaca, affinché sia di aiuto anche per tanti altri, erano già alcuni mesi che in modo particolare ero di tanto in tanto interessato a colpi di tosse, stizzosa, nevrotica; ma ciò accadeva quasi sempre mentre mi trovavo a dibattere con qualcun altro sulle possibili prospettive organizzative da mettere in atto sul nostro territorio nella fase post pandemica, cercando di lenire le difficoltà sempre più crescenti di quella parte di popolazione che aveva dovuto inevitabilmente soffrire maggiormente la crisi.

Comunque la data da cui la crono-storia potrebbe partire può essere quella del 22 gennaio 2022. Ho avuto – come dicevo – dall’inizio del nuovo anno sempre più frequenti, crisi, soprattutto notturne, di tosse e difficoltà respiratorie. Decido di andare a fare un controllo con un RX torace; ovviamente, per poter accelerare gli esiti, mi dirigo verso uno studio privato. La risposta è immediata, l’interpretazione è evidente, anche se rimanda a controlli più approfonditi da espletare: c’è più di qualcosa che proprio non va bene. “Si documenta estesa area di consolidazione parenchimale” nel lobo polmonare superiore destro: vuol dire che una parte del polmone è occupato da materia estranea, cioè qualcosa che preme, soffoca, costringe a respirare sempre più con grande difficoltà.

Avevo potuto notare un certo imbarazzo nel tecnico di laboratorio che, dando uno sguardo alla radiografia, mi aveva immediatamente chiesto quali sintomi avessi. In quel periodo c’era quella tosse nervosa, che era apparsa per lo più come afferente a una patologia di tipo gastro intestinale, e solo qualche lieve inizio di affaticamento. Da ipocondriaco colto, prima di uscire dallo studio medico ho dato una rapida occhiata su Google, digitando “area di consolidazione parenchimale”; poco di buono mi diceva (ma lo si sa, ed è un monito per tutti coloro che leggono: non vi fidate troppo di Internet; potrebbe sortire in voi l’”effetto Jerome Klapka Jerome di cui parlavo nel blocco introduttivo); poi ho inviato la scannerizzazione alla dottoressa di famiglia cui per prassi viene spedito il referto. E’ una giovane preparata e che, nelle sporadiche occasioni in cui ne ho avuto bisogno è stata sempre molto attenta scrupolosa e sollecita. Anche in questa occasione lo sarà. Il giorno dopo di prima mattina, nove e trenta precise come da lei indicato, sono in ambulatorio. Legge nuovamente il referto, guarda il dischetto e suggerisce di procedere immediatamente con altra indagine più profonda, una TAC con mezzo di contrasto. La prenoto rapidamente e contemporaneamente mi attivo con altri contatti più attinenti alla materia. La prima persona che sento è un mio carissimo amico, medico pneumologo, che mi riceve nel suo studio privato e mi dice che può essere qualsiasi cosa e occorre essere preparati anche al peggio. Mi rendo conto che il peggio sia un cancro e dico a me stesso e anche a voce alta, che, sì, d’altra parte in una vita, se non si muore di colpo, può toccare anche questa esperienza da “vivere”. Quante volte ho immaginato di non attraversare la “notte”; che potesse accadere quel che è avvenuto per tante altre persone, senza sintomi evidenti, senza sofferenza alcuna. E, poi, dall’altra parte ci sono tante valide esperienze di lotta ingaggiata, perduta o vinta non importa: quel che conta è non arrendersi a ciò che potrebbe apparire come ineluttabile.

La TAC del 31 gennaio conferma quel che non va, mettendone in evidenza ulteriori dettagli. Alla dottoressa evidenzio la mia scelta per il “Careggi” nel proseguire indagini e procedere più rapidamente possibile agli interventi necessari. Ho provveduto già a fissare per l’8 febbraio una visita “intra moenia”, così si identificano i rapporti privati con i medici di un ospedale. Ho scelto una figura intermedia, non il Primario né tanto meno un giovane: il dott…….. dal curriculum che vado a scorrere appare maturo e competente. In realtà avrei potuto rivolgermi subito all’ospedale di Prato, ma per alcuni motivi, che attengono ad esperienze personali e non hanno creato in me quel senso di fiducia necessario che deve esistere nel rapporto paziente-personale medico, non l’ho fatto. A conti fatti, potrei oggi dire – anche se è ancora troppo presto per poterlo fare del tutto – che ne sono pentito. Vedremo, infatti: vedremo. Ad ogni modo, vado al “Careggi”.

1 – segue 2 con una digressione sul significato del titolo


Di norma, l’ipocondriaco è uno strano individuo, spesso auto isolato nelle sue preoccupazioni di tipo sanitario. E’ un soggetto da racconto o da film e, come sanno bene i miei amici, inducono ad un certo sorrisino beffardo, solo di rado consolatorio. Ovviamente, si parla sempre di quegli…altri che esagerano, non di se stessi nel caso in cui si facesse parte integrante di…quella famiglia. Pur tuttavia, al netto delle esagerazioni, in questo percorso inatteso nel quale mi sono ritrovato, ho fatto qualche riflessione per l’appunto “personale”. E se invece di, sottilmente, deridere fossi stato più attento ad ascoltare i ritmi non più correttamente funzionali della mia salute, non sarebbe stato meglio? Domanda oziosa, ovviamente, fatta “a posteriori”. Ma, a dire il vero, non mi sono mai considerato un ipocondriaco: o, meglio, ho sempre dato un calcio ai pensieri che mi angosciavano e mi sono posto al servizio della società, della politica, del lavoro.

La “digressione” è finita: è stata anche fin troppo lunga.

Vado al “Careggi”, dunque. Una visita accurata, professionalmente e umanamente. Già nella sala d’attesa, ho intercettato una testimonianza positiva da un dialogo telefonico: un signore raccontava come dopo l’operazione al polmone alla quale era stato sottoposto avesse man mano ripreso la normale attività fisica. Accennava a lunghe passeggiate nel verde: e ciò non poteva che rincuorarmi. Ancor più poi in quanto è entrato prima di me nell’ambulatorio dove sapevo perfettamente avrei trovato il dottore che avevo scelto. E non c’è stato a lungo. Era solo per un breve controllo. E infatti dopo poco sono entrato io e, come dicevo, il dottore che ha voluto subito vedere le risultanze della TAC, ha proceduto a tutte le verifiche “dirette” con la misurazione dell’ossigeno, l’auscultazione del torace ed alcune domande circa la pratica del fumo. E’ dal gennaio del 1984 che non fumo più; e non ne consumavo certo molte. Ero un modestissimo fumatore; di certo, non avrei mai pensato di poter essere inquisito e colpevolizzato per quelle quattro cinque sigarette, quasi sempre collegate ai riposi post pasti principali, come di consueto. E non ci ho messo tanto tempo a staccarmi da quella “pratica”: non ho fatto come lo Zeno Cosini di Italo Svevo. Non ho atteso tanti eventi, piccoli medi o grandi, ma uno solo, molto significativo ed importante per me: la nascita di Lavinia. 8 gennaio 1984: ultima sigaretta. Anzi, già il giorno prima avevo buttato via tutto l’armamentario utile per il “fumo”: accendino (di quelli di poco conto, ovvio), i residui del pacchetto.  Il dottore, però, non era così tranquillo, appariva severo nel gudizio (o, perlomeno, così a me è apparso), come se accreditasse a quella “pratica”  per me così lontana le ragioni per comprendere il mio attuale stato di salute. Da profano non ero affatto convinto di questo giudizio, pur non espresso in modo chiaro; e pensai che però nel corso degli anni successivi ero stato comunque a contatto con ambienti fumosi, come circoli e sedi di Partito.

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