…riparto da quel che scrivevo lo scorso 22 novembre

…riparto a parlare delle mie condizioni di salute: e lo faccio affinché qualcosa di quel che non funziona nella Sanità pubblica venga condiviso e risolto e tutto quel che di eccellente c’è venga riconosciuto e premiato

Dopo quella visita sono stato chiamato dalla struttura sanitaria fiorentina per avviare un percorso di controlli, ma non avvertivo da parte del gruppo che avrebbe dovuto seguire la mia sorte alcuna partecipazione.
Anche l’avvio è stato caratterizzato da una mia insistenza (a tutta risposta mi segnalavano che il ritardo era dovuto ad un numero di cellulare che non corrispondeva al mio) ma mi davano appuntamento per il 14 febbraio (2022) per uno screening ricognitivo generico con un altro medico responsabile. Dopo di che non ho avuto più segnali che non fossero meramente amministrativi.

Le mie condizioni andavano progressivamente peggiorando; faticavo a procedere nei corridoi del nosocomio fiorentino; anche le condizioni psicologiche stavano man mano calando, e non nego che queste ultime mi facevano intravedere una realtà che aveva caratteristiche personali, individuali. Quel che è certo, non vi erano riscontri da parte di chi, dopo tre settimane durante le quali avevo potuto avere una serie di esami diagnostici, il cui risultato mi era in gran parte ignoto, avrebbe dovuto farsi sentire per accompagnarmi all’eventuale necessario intervento. Di fronte a tali lungaggini, peraltro non seguite da contatti “umani”, decido di affidarmi allo IEO di Milano.

Scrivo dunque al dottore che mi aveva accolto nella prima visita

Gentilissimo dott.XXXXXXXX,

scrivo a lei, ma mi rivolgo alla struttura intera DH Pneumologia con la quale ho avuto contatti, anche se molto fugaci, ma purtroppo inconcludenti rispetto a quanto forse per la mia condizione di salute era necessario.                                                                                                                                 Nulla da eccepire sulla qualità dei singoli; non ho addebiti da esprimere in tal senso. Pur tuttavia, la lungaggine delle indagini mediche cui sono stato sottoposto – iniziate il 14 febbraio –  ha creato in me, che purtroppo non sono mai stato un ipocondriaco, uno stato d’ansia accresciuto dal fatto che non ero informato “passo dopo passo” dell’aggravarsi del mio stato di salute, accertato peraltro dalle risultanze delle varie indagini, fino a quelle della  PET, di cui ho potuto avere conoscenza solo perché, poco prima dell’incontro con il dott. XXXXXX (il giorno 11 marzo), ho frugato nella cartella clinica, che mi era stata provvisoriamente consegnata.

Peraltro, in quel colloquio, mi si prospettava di poter essere sottoposto ad una fibrobroncoscopia martedì 22 marzo, laddove si fosse reso disponbile un posto letto….

Di fronte a questa aleatorietà, ho scelto di consultare la struttura dello IEO di Milano, ed in modo specifico il prof. Spaggiari, e nella stessa data del 22 marzo sarò lì ricoverato per quattro giorni.

Poiché, come ho prima specificato, non ho critiche sui singoli professionisti con cui sono entrato in contatto, ringrazio tutti indistintamente. Non so cosa mi accadrà; perlomeno allo IEO avrò il supporto di una equipe che potrà seguirmi partendo da una indagine più approfondita, che dovrebbe garantirmi una terapia che sia in grado di ridurre il danno.

Cordiali saluti

Giuseppe Maddaluno

Alla mia mail, inviata il 20 marzo alle 18.32, risponde la mattina dopo alle 8.06 uno dei medici del reparto

Mi spiace di non essersi sentito adeguatamente “tutelato”. Mi raccomando però di farsi dare tutti gli accertamenti già fatti da noi per non avere ulteriori allungamenti nella diagnosi. Comunque sempre a sua disposizione 

firmato dott. XXXXXXXX

Dedicato ai giovani di oggi ANNIVERSARI 236 ANNI FA – 30 NOVEMBRE 1786

ANNIVERSARI 236 ANNI FA – 30 NOVEMBRE 1786

FESTA DELLA TOSCANA in ricordo di un evento del 30 novembre 1786 – 236 anni fa

236 anni fa il 30 novembre del 1786 il Granduca Pietro Leopoldo abolì la pena di morte nel Granducato di Toscana. Dal 2000 la Regione Toscana in questo giorno lo vuole ricordare assumendosi il compito di paladina della libertà e del rispetto dei diritti civili, opponendosi all’applicazione della pena capitale ancora vigente in alcuni paesi. Le Circoscrizioni di Prato in quella prima occasione assunsero un ruolo di primo piano organizzando riflessioni approfondite su quel tema attraverso momenti culturali quali il convegno che si svolse presso il centro per l’Arte contemporanea “Luigi Pecci”. Nel 2003 furono poi pubblicati gli atti con il titolo PACE E DIRITTI UMANI.
Qui di seguito riporto uno dei contributi “esterni” (l’autrice non era presente ma fu menzionata proprio in quanto un mese e mezzo prima aveva inviato una lettera a “Repubblica” nella quale discuteva del caso di Derek Rocco Barnabei, giustiziato dopo che sulla sua colpevolezza erano emersi seri dubbi), quello della Presidente del Parlamento Europeo di quel tempo, Nicole Fontaine, riportato nel libretto sopra menzionato.

Joshua Madalon

Nicole Fontaine, Lettera aperta agli americani

Nella sua stragrande maggioranza, senza distinzioni di nazionalità o di sensibilità politica, il Parlamento europeo, che è la voce democratica di 370 milioni di europei che costituiscono attualmente l’Unione europea, non comprende il fatto che gli Stati Uniti siano oggi l’unico, tra le grandi democrazie del mondo, a non aver rinunciato a comminare e applicare la pena di morte.

Ogni volta che un’esecuzione capitale è programmata in uno degli Stati del vostro paese, l’emozione e la riprovazione che essa suscita assumono, ormai, una dimensione mondiale. Tutti gli interventi a favore della clemenza, fatti dalle più alte autorità religiose o politiche presso i governatori da cui dipende la decisione finale, ricevono soltanto un netto rifiuto.

Il caso di Derek Rocco Barnabei ha suscitato un’emozione particolarmente grande in Europa, sia perché, ancora una volta, sussistono dubbi sulla sua reale colpevolezza, sia perché, oltre alla sua nazionalità americana, egli è anche originario di uno Stato membro dell’Unione europea, l’Italia.

Le iniziative diplomatiche, che invano in tanti abbiamo intrapreso presso il governatore della Virginia su richiesta dei parenti del condannato e delle associazioni che sostengono la sua causa, non hanno avuto alcun seguito. Mi permetto, allora, di dirigervi questa lettera aperta, non nello spirito di dare delle lezioni, ma in quello del dialogo leale che si addice all’amicizia che unisce i nostri grandi insiemi continentali.
Da questa parte dell’Atlantico, si riconosce che il vostro grande paese simbolizza ampiamente, in tutto il mondo, la libertà e la democrazia. Nessuno ha dimenticato ciò che l’Europa gli deve per averla aiutata a ritrovare la libertà al prezzo del sangue dei suoi figli negli ultimi due conflitti mondiali.

Nessuno contesta che la pena di morte sia stata riconosciuta dalla Corte Suprema conforme alla Costituzione degli Stati Uniti. Nessuno contesta che, in seguito a una condanna capitale, lunghi anni di procedure offrono ai condannati la possibilità di una revisione del loro processo. Nessuno contesta il diritto di una società organizzata a difendersi dai criminali che minacciano la sicurezza delle persone e dei beni, né quello di punirli nella misura dei loro delitti.

L’Europa non dimentica che, fino a poco tempo fa, essa stessa ha usato la pena di morte, e spesso con crudeltà. Alcuni Stati l’avevano abolita da tempo, nel loro diritto penale e nella pratica, ma meno di vent’anni fa alcune grandi nazioni europee, profondamente legate ai diritti dell’uomo e ai valori universali, tra cui il mio paese, la Francia, non vi avevano ancora rinunciato e quando i loro parlamenti hanno affrontato la sua abolizione, i dibattiti politici sono stati veementi quanto lo sono oggi negli Stati Uniti. Oggi, ogni polemica è spenta.

Si è però sviluppata in tutta l’Europa una presa di coscienza collettiva che ha travolto le esitazioni ancora esistenti. Questa presa di coscienza, alla quale mi permetto oggi di invitare il popolo americano, è fondata sui seguenti elementi: nessuno studio obiettivo ha mai dimostrato che la pena di morte abbia un effetto dissuasivo sulla grande criminalità e in nessuno dei paesi europei che l’hanno recentemente abolita si è avuto un aumento della grande criminalità; le società contemporanee hanno dei mezzi sufficienti per difendersi da essa senza spezzare il sacro principio della vita umana; la punizione per mezzo della pena di morte non è che la sopravvivenza arcaica della vecchia legge del taglione: poiché hai ucciso, anche tu morirai; il macabro copione delle esecuzioni capitali ha ben poco di degno ed è piuttosto il rito sacrificale di un omicidio legale; quando una società di diritto perfettamente stabilizzata e che dispone di altri mezzi per difendersi ricorre alla pena di morte, essa indebolisce il carattere sacro di ogni vita umana e l’autorità morale che essa può avere per difenderla dovunque essa sia offesa nel mondo; infine, troppi condannati a cui si toglie la vita sono stati poi riconosciuti innocenti e in quel caso è la società, anche in nome del diritto che si è data, ad aver commesso un crimine irreparabile.

In tutta la storia della giustizia della nostra società moderna, un solo innocente da noi messo a morte per errore, una morte che non comporta alcuna necessità, sarebbe sufficiente per condannare radicalmente il principio stesso di questa pena capitale. Ora, sappiamo tutti che il caso è proprio questo, in particolare negli Stati Uniti.

So che la maggioranza della popolazione del vostro paese rimane favorevole al mantenimento della pena di morte e che, in democrazia, il popolo è sovrano, ma tutto ciò può bastare a chi ha la responsabilità di guidare il proprio paese in modo saggio o moderno? Quando il presidente Lincoln abolì la schiavitù, aveva forse il sostegno della maggioranza degli Stati del Sud? Quando il presidente Roosevelt impegnò gli Stati Uniti al fianco degli europei per ristabilire la pace e la libertà nel mondo devastato dal nazismo o dai suoi alleati, ebbe egli immediatamente il sostegno maggioritario degli americani? Quando il presidente Kennedy impose la fine della segregazione razziale che perdurava in alcuni Stati, egli ebbe il coraggio, senza dubbio a costo della sua stessa vita, di andare controcorrente rispetto ai tanti che intendevano mantenerla, anche con la violenza. E’ possibile che gli uomini politici di oggi, per opportunismo o per motivi elettorali, non siano che una pallida ombra di quei grandi visionari che hanno fatto l’unione e la grandezza della nazione americana?