…e la Sinistra?

Quando dispenso giudizi sulla Sinistra, in quell’ambito non riesco a ritrovare il Partito Democratico, che pure dovrebbe rappresentarne una parte non indifferente, essendo riconosciuto mediaticamente come tale, come una rappresentanza (parziale) del mondo della Sinistra. A dire il vero, on si può certo dire che coloro che hanno prodotto i principali documenti istitutivi (Statuto e Carta dei valori) siano degli ipocriti: provate a spulciare quelle carte (le trovate sul web) e scoprirete che non troverete da nessuna parte la parola “Sinistra”, quella che pure accompagnava la dizione “Democratici” fino al 2007. Su Wikipedia troverete che “Il Partito Democratico (PD)è un partito politicoitaliano di centro-sinistra (ecco solo qui la trovate in minuscolo come se si trattasse di cosa marinale residuale, fondato il 14 ottobre 2007″ ma è ovviamente un’opinione non ufficiale.

Ma uno dei più gravi problemi che caratterizza la “Sinistra”, quella che in modo diverso presume di essere – forse non solo, ma in prevalenza, quella italiana – è la profonda inveterata incancrenita ormai da anni, ormai quasi un’abitudine abitudine reiterata orgogliosamente, volontà di contarsi, di sentirsi scorrere nelle vene sangue puro di rivoluzionari. Ma la loro rivoluzione si ferma di fronte alle mura possenti dei fortilizi che si sono costruiti, che non consentono una benché minima apertura al dialogo, al confronto dialettico che è alla base della convivenza socio-politica civile.

Non ci si può accontentare di sentirsi appagati per la propria dimostrazione di coerenza, soprattutto poi quando in modo straordinario ma purtroppo provvisorio ed insufficiente ci si va chiedendo “come mai la Sinistra stenti ad essere rappresentata negli organismi politici a tutti i livelli”.

La domanda è non solo legittima, ma è necessaria per avviare una riflessione più profonda che coinvolga anche tante di quelle persone che sono fuori da quei fortilizi e si sentono defraudati nelle loro idee che, a volte – o tante volte – possono essere connotate da una forma di azione pratica (il pragmatismo della casalinga di Voghera) che lascia trasparire insofferenza verso la sicumera ideologica dottrinale di chi si ritiene possessore di verità assolute ma impraticabili se non a costo di una certa disponibilità revisionistica.

Non si può dunque dare risposte semplici domande complesse. Ma se la Sinistra, quella rinchiusa nelle proprie mura vuole crescere deve aprirsi al confronto, partendo certamente dai “fondamentali” ma allo stesso tempo preparandosi a proporre non solo denunce dei “mali” che attanagliano la società civile ma anche soluzioni e poi occorre lavorare di più sui territori emarginati e sui bisogni che vengono espressi e non captati adeguatamente. Questo ha generato, anche per colpa di agenti esterni come la pandemia, una grande solitudine.

Continueremo a parlarne…..

Intanto, ciao Massimo! Sono così svuotato dentro da stamattina, quando uno dei miei più cari amici mi ha comunicato che eri mancato!

…e chi la farebbe, questa “rivoluzione culturale”?!

Occorrono anni di preparazione, di “lunghe marce”, per poter compiere una “rivoluzione culturale” che possa davvero creare le condizioni per un cambiamento. Pur nelle enormi difficoltà (e forse anche per queste) le nuove generazioni, ivi compresa la mia, sono troppo spesso rassegnati a subire le scelte dei propri amministratori, dei governanti senza scrupoli travestiti da difensori della onestà ma pronti a cambiare strada ad ogni piè sospinto, pur di ottenerne vantaggi per se stessi e per i suoi. I dati di cui disponiamo quotidianamente ci svelano una società ormai in declino, nella quale i “valori” sono semplicemente bandiere sventolanti senza reali contenuti, giusto per potersi illudere di rivivere vecchie stagioni gloriose.

E mi vengono in mente gli ultimi versi de “Le belle bandiere” di Pier Paolo Pasolini

…..“E, su tutto, lo sventolio, l’umile, pigro sventolio delle bandiere rosse: Dio! , belle bandiere degli Anni Quaranta! A sventolare una sull’altra, in una folla di tela povera, rosseggiante, di un rosso vero, che traspariva con la fulgida miseria delle coperte di seta, dei bucati delle famiglie operaie- e col fuoco delle ciliege, dei pomi, violetto per l’umidità, sanguigno per un po’ di sole che lo colpiva, ardente rosso affastellato e tremante, nella tenerezza eroica d’un immortale stagione!”

Ma questo è davvero uno degli aspetti rivelatori della stagnazione culturale che sta travagliando il mondo della Sinistra, quella parte onesta di essa che vive ancora di sane illusioni. Essi meritano rispetto come si confà nei rapporti civili familiari e amicali. Ma bisogna che qualcuno li risvegli da quella sorta di torpore catatonico cui si sono ormai assuefatti, continuando a credere che basti scendere nelle piazze a contarsi.

Serve, certamente, ma occorre accompagnare queste manifestazioni con richieste perentorie rivolte a coloro che sono stati designati democraticamente a sostenere i reali bisogni “comuni”, affinché si pongano all’ascolto e si propongano di affrontare le problematiche più urgenti, che si appoggiano sui valori fondamentali ma si palesano come concretezze sempre più difficili, perché troppo spesso appesantite da interessi “complessi” cui non ci si riesce a sottrarre. Ne è un esempio tutta la vicenda della cosiddetta “Multiutility” di cui si è discusso a Prato. Il Partito Democratico in questa città sembra essersi asservito ad interessi che poco hanno a che fare con quelli della cittadinanza che – con una maggioranza politica di un Centrosinistra appannato – amministra.

Intanto, dopo le Primarie (abbiamo avviato una riflessione partendo da queste), e passata la festa ora si ritorna alle vecchie pratiche……

Ne riparleremo. Ringrazio (Paolo) che mi ha inviato le sue riflessioni….

A presto

Non c’è niente di nuovo…o perlomeno quel che c’è è insufficiente, categoricamente e inesorabilmente….

Siamo stati in molti, forse troppo pochi e intimiditi dal fatto che non eravamo (in modo troppo surrettizio) riconosciuti come “i veri sostenitori del cambiamento”. Siamo stati additati come gufi e traditori, ci hanno accusato di (s)parlare senza averne diritto. Personalmente ho protestato con correttezza e una certa rassegnazione timida, forse anche consapevole della sordità degli interlocutori, quasi tutti già assegnati ed assegnatari di comodi posti acquisiti con la “fedeltà” ai capetti di turno e alla causa dell’acquiescenza. Certamente, l’ho sempre ribadito, in gran parte meritevoli perché competenti. Poi, il mio “silenzio” è stato dovuto anche a problemi molto seri e personali, di cui ho parlato poco.

Quel che è accaduto nelle scorse settimane intorno al Partito Democratico è in assoluto degno di grande attenzione. Il divario tra iscritti e “popolo democratico” (le eccezioni segnalate con la presenza di “intrusi” sono residuali) ha descritto una società che ha bisogno di cambiamento ed è in contrapposizione con la stragrande maggioranza di coloro che sono “rimasti” attaccati al Partito con una tessera il cui valore è semplicemente aggregato alle mire poco più che personali di un apparato che meritava di essere messo in discussione; ma così non è stato. Non mancano le eccezioni ma dico, purtroppo, dico che questo è il segnale peggiore che si poteva attendere, ma è realistico. Tanto è che si sono già in più occasioni levate voci di dissenso circa la modalità con cui si sono svolte le Primarie.

Ad ogni modo la vittoria della giovane donna, Elly Schlein, che stimo personalmente, è un segnale positivo. Ma non basta; e purtroppo non prevedo un cambiamento positivo, al di là di quanto ella sia capace di produrre in tema di “immagine” con la sua presenza e con le sue argomentazioni politiche. Il “competitor”, Bonaccini, era stato più concreto. Lo avevamo segnalato, mettendo in evidenza le sue doti di amministratore: aveva puntato quasi tutto sugli “amministratori”, mettendo in luce la pragmaticità piuttosto che l’ideologismo. A me non poteva di certo piacere; la lunga crisi del Partito Democratico è proprio dovuta alla preponderanza prepotente di chi amministra rispetto a chi avrebbe dovuto e, in città come quella di Prato ciò è evidente, aprire un dialogo, un confronto ampio e vero con le cittadine e i cittadini. Questi ultimi, mortificati da questa protervia, che ha prodotto la desertificazione “democratica” nei territori, hanno innanzitutto disertato le urne e, in quest’ultima occasione, deciso di non sostenere Bonaccini, scegliendo la proposta, che contiene “auspici” democratici, quasi certamente irrealizzabili, a meno che non si riesca a realizzare una vera e propria “rivoluzione” culturale.

Ne riparlerò: ho ripreso a scrivere.

Giuseppe Maddaluno