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FUOCHI – UN PERCORSO NELLA MEMORIA SECONDA PARTE

FUOCHI – UN PERCORSO NELLA MEMORIA

SECONDA PARTE

Sistemavamo i plaids sull’erba e sulla non troppo alta dorsale di terriccio e ci si appoggiava a mo’ di poltrona che “allora” con i nostri venti anni non ci sarebbe mai potuto apparire scomoda. Laddove la compagnia era dolce ci si accostava delicatamente e ci si teneva per mano, fingendo di non trovare motivo alcuno di attrazione con gli occhi rivolti al di là del mare ed il cuore e la mente che correvano l’uno incontro all’altra. Su quel costone ci si andava di notte, durante la settimana quando gli impegni mondani nei locali dove ci si scatenava ballando ci permettevano di organizzarci più liberamente ed in modo più o meno segreto ed appartato. Più o meno perché eravamo un gruppo ridotto e non praticavamo grandi compagnie: i locali dove si ballava erano quasi sempre aperti a tutti, avevi solo l’obbligo della consumazione e quello di essere cortese e generoso con le ragazze; non somigliavano affatto ai night degli anni successivi, quasi sempre si affacciavano su panoramiche terrazze, come l’”Eldorado” e lì poi ci suonava un gruppo di amici, i “Sailors”, con i quali mi incontravo quando preparavano i loro pezzi e ricordo che provai anche con scarso successo ad inserirmi come “vocalist”.
In quel periodo le vacanze duravano molto più a lungo; si ritornava a scuola ai primi di ottobre e settembre era un mese ottimo per prolungare le nostre storie, anche se alcune continuavano, altre si interrompevano; c’erano i forestieri che avendo affittato appartamenti per il mese di agosto lasciavano l’isola ai primi giorni di settembre e, di norma, anche le relazioni costruite in quei contesti finivano con la promessa di rivedersi al più tardi l’anno successivo. Erano gli amori “estivi”; poi si ritornava alla vita normale e si riallacciavano eventualmente le relazioni locali, laddove non fossero state interrotte in modo tempestoso.
Ai primi di settembre poi a Ischia ponte, che è quella parte dell’Isola che sta tra il porto ed il castello Aragonese, si ricorda il santo patrono, San Giovan Giuseppe della Croce e da bambino in qualche occasione ho partecipato direttamente a quei festeggiamenti andandoci con delle barche a motore dei cugini di mia madre; c’è sempre stato un buon rapporto di vicinato con la sorella maggiore tra Procida la più piccola ed Ischia la più grande delle isole campane. E così nell’andare avanti con gli anni e con gli interessi diversi si privilegiava l’aspetto profano a quello religioso; non è certamente solo quest’ultimo a spingere i fedeli, in quanto si approfittava dell’aria di “festa” anche per la parte ludica e quella eno-gastronomica con prevalenza del primo sulla seconda.
Il clou dei festeggiamenti è lo spettacolo pirotecnico che si è sempre caratterizzato per la sua straordinaria ricchezza di colori e per la partecipazione di grandi maestri di quell’arte.
Dal costone quei fuochi erano un degno finale di stagione per tutti noi.

Festa a ischia

Joshua Madalon

…fine seconda parte…. continua

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Un percorso verso una vera ALTERNATIVA – COSA SERVE ALLA SINISTRA? CORAGGIO E CONSAPEVOLEZZA!

2004-07 (lug)

Un percorso verso una vera ALTERNATIVA –
COSA SERVE ALLA SINISTRA? CORAGGIO E CONSAPEVOLEZZA!

Ho atteso poco meno di ventiquattro ore per avviare una riflessione cercando di evitare castronerie come tante di quelle che sono apparse “immediatamente” ad usum personale su Blog e social vari.
Avrò fatto bene? Non era meglio attendere ancora un po’? è soprattutto la soggettività della scelta (“poco meno di ventiquattro ore”) a preoccuparmi ancora; perché non aspettare un po’ di più?
Ah già, il mio punto di riferimento sono i risultati delle elezioni regionali siciliane, dove – a mio parere – non vi sono state sorprese significative. Anzi, diciamocele tutte “le sorprese sono proprio le non sorprese”! ed invece c’è un surplus di interventi, come prima dicevo, davvero “sorprendente”! a che serve? A “chi” serve? Forse è proprio questo il dilemma che dobbiamo porci.
Allora, analizziamo gli eventi. Il centrodestra ha vinto, il M5S ha rischiato di vincere, il sedicente Centrosinistra con innesti di centrodestra ha perso mantenendo tuttavia il suo “potenziale”, la Sinistra non è riuscita ad affermare la propria “autonomia”.
Uno dei dati significativi, a mio parere, è tuttavia la costanza progressiva dei dati dell’astensionismo.
Una “lezione” ad ogni modo per chi ha il cuore che batte a Sinistra proviene da questa tornata. Guardiamo a quanto è accaduto nei mesi precedenti: la Sinistra fondamentalmente ha tentennato a decidere come e dove collocarsi. Al PD renziano ha contestato non le scelte politiche amministrative ma l’accordo con AP di Alfano: contestazioni non solo legittime e doverose ma che hanno confermato l’idea che senza AP l’accordo lo si potesse stringere. In tutto questo “traccheggiare” che è un segno di debolezza e di malattia si è perso tempo prezioso per la costruzione di un Progetto che fosse individuabile come “vera alternativa”, si è persa l’occasione di far divenire la Sicilia un “laboratorio” per la Sinistra che verrà, una Sinistra che voglia, sappia e poi riesca ad essere competitiva nel panorama territoriale e nazionale.
Sento spesso dire da alcuni “autorevoli” esponenti della Sinistra “locale” che non si possa fare a meno di confrontarsi con il PD, anche nel mentre si progetta un percorso di Alternativa. Ho sempre ribadito che questo è un errore profondo e mi si è sempre contrapposta l’affermazione “il PD non è il mio nemico”! Molto bene: considero ciò con grande rispetto ma non condivido e rilancio. Il PD, se lavoro per un’Alternativa, è – alla pari delle Destre – mio nemico. Non lo sono, invece, tantissimi elettori di quel Partito e non lo sono soprattutto tantissimi tra coloro che si sono rintanati nell’astensionismo, sdegnati da una Politica che non ha riconosciuto le sofferenze ed i bisogni di larga parte della gente, limitandosi ad atteggiamenti pietosi tipici di una Cultura borghese ed aristocratica che è servita a lavare le loro sporche coscienze. Una Politica che ha prodotto anche elementi positivi come la legge sul dopo di noi e quella sulle Unioni civili ma non ha inciso concretamente sui divari economici, sugli abusi di potere, sull’inefficienza della Pubblica Amministrazione e relativi sperperi, sui controlli più cogenti e serrati relativi all’evasione fiscale e sulle attività bancarie, sulla necessità di gratificare i meriti e punire adeguatamente i demeriti. E soprattutto non è stata in grado di applicare le regole, quando esse ci sono e non essere nel contempo capace di costruire regole certe per affrontare quelle che poi diventano “emergenze” e le si tampona alla meglio spesso andando a scontrarsi con le paure e le incertezze diffuse.

Sottolineo dunque che – per poter parlare agli elettori del Partito Democratico delusi – i referenti non possono essere i loro dirigenti.

Spero che quel che è avvenuto nei giorni scorsi non produca altre “attese”: non mi riferisco al quadro nazionale, in quanto non pretendo e non sono in grado di inserirmi in quel contesto, ma a quello locale, dove si rischia di riprodurre il panorama siciliano e sarebbe molto più grave, visto il livello qualitativo attuale della nostra realtà “politica”.

Joshua Madalon

GUFO

ANNIVERSARI a Montemurlo con “Un secolo fa: Appunti, parole ed immagini a cento anni dalla Rivoluzione. – solo un preambolo, un’anticipazione dell’appuntamento del 6 novembre ore 21.00 presso il CENTRO GIOVANI – piazza Don Milani – MONTEMURLO

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In queste ore 100 anni fa si andava compiendo quell’atto complesso che viene ricordato come “la Rivoluzione d’Ottobre”. In Russia era (oggi) il 23 ottobre secondo il calendario allora in uso. Da noi, come potete immaginare era il 5 novembre, un lunedì.
Il 24 ottobre – era un martedì – nella notte (da noi era il 6 novembre – oggi 100 anni fa)

ANNIVERSARI a Montemurlo con “Un secolo fa: Appunti, parole ed immagini a cento anni dalla Rivoluzione. – solo un preambolo, un’anticipazione dell’appuntamento del 6 novembre ore 21.00 presso il CENTRO GIOVANI – piazza Don Milani – MONTEMURLO

Il contenitore di ANNIVERSARI grazie anche alla sensibilità degli amministratori, dei funzionari e dei dirigenti del Comune e della Biblioteca di Montemurlo (l’Assessore Giuseppe Forastiero, la Dirigente Roberta Chiti, il Referente per la Biblioteca “Bartolomeo Della Fonte” Valerio Fiaschi e la Dipendente responsabile per i progetti Silvia Zizzo) si arricchisce di un nuovo tassello.
Lunedì 6 novembre proseguiremo nell’introdurre il percorso sulle tracce della Rivoluzione russa insieme all’Associazione Altroteatro Firenze coordinata dal prof. Antonello Nave. La prima parte tratterà del periodo 1861 – 1905 (dall’abolizione della servitù della gleba alla prima Rivoluzione) utilizzando brani documentari e filmici intervallati da letture. Io stesso condurrò il tutto con la collaborazione di quattro giovani – tre ragazze ed un ragazzo – che si impegneranno come “tessitori” (addetti ai collegamenti) e “lettori”. A tessere saranno Davide Finizio e Bianca Nesi, a leggere invece Serena Di Mauro e Serena Mannucci. Il tutto con la collaborazione di Chiara Gori per la scelta dei brani filmici.

La serata proseguirà, dopo la proiezione del brano filmico tratto da “La corazzata Potemkin” di Sergei Eisenstein (parte IV “La scalinata di Odessa”) con la lettura di un brano da “Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica” scritto da Lenin nell’estate del 1905 mentre si trovava in esilio a Ginevra: in quel saggio egli affronta le questioni della prima rivoluzione russa e indica i compiti del proletariato per gli anni futuri, che culmineranno nella Rivoluzione d’ottobre del 1917.
Marx aveva pensato ad una rivoluzione socialista ad opera di una democrazia borghese matura e la Russia era invece ancorata saldamente ad un regime assolutistico autoritario aristocratico. In quel congresso del 1903 la maggioranza (bolscevichi da bolsinstvo) sostenne l’idea espressa da Lenin secondo il quale il potenziale rivoluzionario permetterebbe un salto ellittico della fase democratico-borghese ritenuta necessaria dal filosofo di Treviri. Dall’altra parte c’è la minoranza (mensinstvo) da cui il nome “menscevichi” che seguendo gli insegnamenti di Marx si pongono a sostegno della borghesia industriale e del riformismo antizarista, in attesa che, a sviluppo capitalistico concluso, la lotta di classe porti alla realizzazione del socialismo.

La serata proseguirà con una descrizione del personaggio Lenin e si concluderà con la proiezione della seconda parte del film realizzato nel 1937 “Lenin in Ottobre” da Mikhail Romm.

Joshua Madalon

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ANNIVERSARI a Montemurlo con “Un secolo fa: Appunti, parole ed immagini a cento anni dalla Rivoluzione. – solo un preambolo, un’anticipazione dell’appuntamento del 6 novembre ore 21.00 presso il CENTRO GIOVANI – piazza Don Milani – MONTEMURLO

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ANNIVERSARI a Montemurlo con “Un secolo fa: Appunti, parole ed immagini a cento anni dalla Rivoluzione. – solo un preambolo, un’anticipazione dell’appuntamento del 6 novembre ore 21.00 presso il CENTRO GIOVANI – piazza Don Milani – MONTEMURLO

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In queste ore 100 anni fa si andava compiendo quell’atto complesso che viene ricordato come “la Rivoluzione d’Ottobre”. In Russia era (oggi) il 23 ottobre secondo il calendario allora in uso. Da noi, come potete immaginare era il 5 novembre, era un lunedì.

ANNIVERSARI a Montemurlo con “Un secolo fa: Appunti, parole ed immagini a cento anni dalla Rivoluzione. – solo un preambolo, un’anticipazione dell’appuntamento del 6 novembre ore 21.00 presso il CENTRO GIOVANI – piazza Don Milani – MONTEMURLO

Il contenitore di ANNIVERSARI grazie anche alla sensibilità degli amministratori, dei funzionari e dei dirigenti del Comune e della Biblioteca di Montemurlo (l’Assessore Giuseppe Forastiero, la Dirigente Roberta Chiti, il Referente per la Biblioteca “Bartolomeo Della Fonte” Valerio Fiaschi e la Dipendente responsabile per i progetti Silvia Zizzo) si arricchisce di un nuovo tassello.
Lunedì 6 novembre proseguiremo nell’introdurre il percorso sulle tracce della Rivoluzione russa insieme all’Associazione Altroteatro Firenze coordinata dal prof. Antonello Nave. La prima parte tratterà del periodo 1861 – 1905 (dall’abolizione della servitù della gleba alla prima Rivoluzione) utilizzando brani documentari e filmici intervallati da letture. Io stesso condurrò il tutto con la collaborazione di quattro giovani – tre ragazze ed un ragazzo – che si impegneranno come “tessitori” (addetti ai collegamenti) e “lettori”. A tessere saranno Davide Finizio e Bianca Nesi, a leggere invece Serena Di Mauro e Serena Mannucci. Consulenza per la scelta dei filmati di Chiara Gori.
Dopo l’esecuzione della condanna a morte del fratello di Lenin gli anni passano ed il proletariato operaio è costretto a sopportare il peso enorme di una politica di salari bassissimi a fronte di condizioni di vita pessime.
Al proletariato manca ancora una guida organizzativa e teorica che possa superare lo spontaneismo violentissimo ma sostanzialmente episodico dei gruppi terroristici. Se ne assumeranno la responsabilità tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento alcuni intellettuali rivoluzionari come Plechanov, Troskji e Lenin, che focalizzeranno il loro impegno sulla necessità di creare un’organizzazione di tipo marxista. Nel 1898 viene fondato a Minsk il Partito Operaio Socialdemocratico Russo.

Nel 1904 scoppia la guerra russo-giapponese che mette in evidenza l’incapacità politica e militare della leadership aristocratica russa che ambiva ad ottenere esclusivamente vantaggi personali, a scapito del popolo che, presone coscienza, diede vita il 22 gennaio del 1905 a Pietroburgo ad una grande manifestazione. La guardia imperiale apre il fuoco sui dimostranti ed in tutta la Russia vengono organizzati scioperi giganteschi, mentre il proletariato si organizza in nuovi organismi, i soviet, che per la loro diffusione immediata lasciano prevedere lo scoppio di una rivoluzione.
A questo punto verrà proiettata una delle cinque parti in cui è diviso il capolavoro della cinematografia sovietica (è del 1925 e dunque si parla di URSS, la cui nascita è del 22 dicembre 1922), “La corazzata Potemkin” di Sergei Eisenstein. Verrà presentata la quarta parte, cioè “La scalinata di Odessa”.

SIETE TUTTE/I INVITATE/I a partecipare

Promemoria: 6 novembre ore 21.00 presso il Centro Giovani (di fronte a Villa Giamari) Piazza don Milani MONTEMURLO

L’INGRESSO E’ LIBERO

Joshua Madalon

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FUOCHI – UN PERCORSO NELLA MEMORIA PRIMA PARTE

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FUOCHI – UN PERCORSO NELLA MEMORIA PRIMA PARTE

Prima di arrivare al sentiero che conduce verso Punta Serra c’è una strada sterrata abbastanza larga per consentire il passaggio di piccoli veicoli agricoli ad uso dei parulani della zona; è una strada solitamente molto polverosa d’estate che sbuca su un costone roccioso tufaceo dal quale vi è una delle più belle vedute dell’isola d’Ischia. E’ alto un settanta metri sulla spiaggia di Ciraccio che poi continua, interrotta parzialmente da una propaggine prospiciente, che quando ero ragazzo ricordo che si attraversava da un’ampia cavità interna (oggi credo sia parzialmente crollata e che abbia lasciato una sorta di faraglione), verso la spiaggia della Chiaiolella. Sullo sfondo poi l’Isola di Vivara collegata da un ponte in ferro e muratura. Da ragazzo a volte anche insieme ai cugini, in un primo tempo accompagnati dai nostri genitori e successivamente da soli ed in buona compagnia, scendevamo dalla costa attraverso sentieri comodi prodotti dai pescatori del luogo che da lì raggiungevano la spiaggia per salpare con le loro imbarcazioni, custodite in rimessaggi scavati nel tufo. Alcuni di questi ricoveri oggi sono stati bloccati da crolli delle pareti rocciose, così come i sentieri non sono più agili e percorribili senza rischiare di caracollare e sfracellarsi.
Ma il luogo è sede di ricordi indelebili di grandi amicizie: arrivati sul bordo del costone c’è un sentiero aperto prima di girare a destra per inoltrarsi verso Punta Serra e c’è una sorta di palcoscenico naturale che consente a chi si siede di avere anche le spalle coperte da un blocco per cui ci si sta davvero comodi ad apprezzare il panorama del mare di giorno e di notte. E noi andavamo spesso là, così come credo abbiano fatto i nostri parenti più anziani quando erano giovani e quando non erano condizionati da eventi drammatici come quello delle guerre. Era un luogo classico per gli innamorati: si poteva stare da soli come coppie ma anche in compagnia e potevano nascere storie come quelle di grandi amici miei. Ho sempre immaginato che anche mia madre e mio padre ci fossero stati! D’estate era d’obbligo in alcune serate andarci: il 10 agosto soprattutto in un cielo limpido e senza luna ci si stendeva e si attendevano gli scrosci di stelle cadenti per formulare i nostri desideri, mentre le luci dell’isola di Ischia, Ischia Porto e Casamicciola, si riflettevano sul mare ad un tiro di schioppo a poche miglia di distanza. Quella notte c’era tanta gente, era una tradizione andare da quella parte, anche perché già negli anni Sessanta del XX secolo, era meno presente quello che abbiamo poi imparato a conoscere come “inquinamento luminoso”. Di là c’erano le città, di qua il mare e l’Isola d’ Ischia che, pur essendo già un luogo molto frequentato dal turismo di qualità, era pur sempre un’isola. Procida era poi la più piccola, la più umile e modesta, anche se la più popolosa per densità; ma ancora agli inizi degli anni Sessanta alcune frazioni non erano state raggiunte dall’elettricità.

Joshua Madalon

FUOCHI – fine prima parte (continua)

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UN SECOLO FA: appunti, parole ed immagini a cento anni dalla Rivoluzione – prima parte – lunedì 6 novembre ore 21.00 MONTEMURLO

UN SECOLO FA a Montemurlo

ANNIVERSARI a Montemurlo con “Un secolo fa: Appunti, parole ed immagini a cento anni dalla Rivoluzione. – solo un preambolo, un’anticipazione dei primi dieci minuti dell’appuntamento del 6 novembre ore 21.00 presso il CENTRO GIOVANI – piazza Don Milani – MONTEMURLO

Il contenitore di ANNIVERSARI grazie anche alla sensibilità degli amministratori, dei funzionari e dei dirigenti del Comune e della Biblioteca di Montemurlo (l’Assessore Giuseppe Forastiero, la Dirigente Roberta Chiti, il Referente per la Biblioteca “Bartolomeo Della Fonte” Valerio Fiaschi e la Dipendente responsabile per i progetti Silvia Zizzo) si arricchisce di un nuovo tassello.
Lunedì 6 novembre introdurremo il percorso sulle tracce della Rivoluzione russa insieme all’Associazione Altroteatro Firenze coordinata dal prof. Antonello Nave. La prima parte tratterà del periodo 1861 – 1905 (dall’abolizione della servitù della gleba alla prima Rivoluzione) utilizzando brani documentari e filmici intervallati da letture. Io stesso condurrò il tutto con la collaborazione di quattro giovani – tre ragazze ed un ragazzo – che si impegneranno come “tessitori” (addetti ai collegamenti) e “lettori”. A tessere saranno Davide Finizio e Bianca Nesi; a leggere, Serena Di Mauro e Serena Mannucci. Consulenza per i brani filmici di Chiara Gori.
La serata verrà preceduta da un breve stralcio di un documentario (Istituto Luce) introduttivo.
Subito dopo si darà via alle letture: la prima riguarderà “La Russia feudale” con un brano tratto da un testo “Ricordi di un ecclesiastico di villaggio”; la seconda, sempre riferita allo stesso testo, tratterà della riforma del 1861 che aboliva la servitù della gleba (vi ricordo che tale riforma non risultò efficace e non cambiò la vita dei contadini).
Nella terza lettura affronteremo “L’età del terrorismo” utilizzando un brano che si riferisce ad una lettera che l’organizzazione terroristica “Libertà del popolo” indirizzò allo zar Alessandro III, succeduto ad Alessandro II, che era stato ucciso in un attentato da essa organizzato. Non sempre gli attentati riuscivano ed in un successivo episodio fu coinvolto il fratello del futuro leader della Rivoluzione d’Ottobre. Di Aleksandr Uljanov, fratello di Vladimir Uljanov detto Lenin sul patibolo disse: “Il terrorismo è la sola forma di difesa lasciata ad una minoranza forte solo delle sue forze spirituali e della coscienza dei suoi diritti contro la coscienza della sola forza fisica della maggioranza…In mezzo al popolo russo si troverà sempre un buon numero di persone così devote alle proprie idee che non sarà per esse un sacrificio morire per la loro causa”.

SIETE TUTTE/I INVITATE/I a partecipare

Joshua Madalon

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ANNIVERSARI – PASOLINI 42 – novembre 1975 – novembre 2017

Pasolini 2 novembre

ANNIVERSARI – PASOLINI 40 + 2

2 novembre 1975 – 2 novembre 2017

“Alle otto di un mattino del 2 novembre 1975, giorno dei morti, squillò il telefono.” Scrive Renzo Paris nel capitolo V del suo libro “Pasolini ragazzo a vita” nel quale titolo si compendiano vari elementi che ricordano il grande scrittore friulano: i due romanzi “Ragazzi di vita” del 1955 e “Una vita violenta” del 1959; la sua infinita dolcezza contemperata da una straordinaria lucidità intellettuale; l’amore per l’esistenza attuato attraverso uno sguardo impietoso che si dirigeva dritto al cuore delle problematiche antropologiche e sociali del suo tempo e con una capacità profetica su quanto sarebbe poi accaduto fino a noi.
In quel capitolo “Verso l’Idroscalo” Renzo Paris ricorda quella mattina: “Era una domenica nuvolosa…La voce nella cornetta era quella del mio amico Franco Cordelli. Senza aggiungere altro mi comunicò che avevano ammazzato Pasolini all’Idroscalo di Ostia….Esterefatto, abbassai la cornetta e chiamai Moravia. “Coraggio” mi disse “se vieni sotto casa mia andiamo insieme….”.
Quel giorno ero a Bergamo, giovane docente di Materie letterarie in fuga da Napoli dove, come poi accadde per i miei colleghi di studi, avrei dovuto attendere qualche anno per entrare nel mondo del lavoro. E la mattina dopo ero andato a Pontida con il treno per accettare una supplenza breve in una Scuola Media. Appena arrivato alla Stazione (a Bergamo alloggiavo in una camera affittata settimanalmente) avevo letto il titolo principale della locandina de “l’Unità” e mi ero affrettato a comprarla. Non ne sapevo nulla: in camera non avevamo la televisione e non esistevano ancora i marchingegni moderni come cellulari o Internet. Lessi con dolore quella cronaca e lo portai con me, dentro di me; quello stesso giorno però arrivò a casa mia a Pozzuoli un telegramma da Belluno per un incarico annuale e sarei partito qualche giorno dopo per Belluno.

In una forma di “metanarrazione” qualche anno fa ho parlato di quei giorni.

EPIFANIE – Pasolini e Bach a Bergamo alta” di Giuseppe Maddaluno

Una camera spartana; era quello che aveva trovato a due passi dal Centro storico di Bergamo bassa, in via Pignolo. La proprietaria, una signora sui sessanta, aveva richiesto l’ anticipo dell’affitto settimanale; non si fidava dei meridionali. Troppe fregature aveva avuto e non le bastava che Fulvio le fosse presentato da un pigionale d’annata, anche lui era meridionale! Una stanza spoglia con pochi mobili e nessuna possibilità nemmeno di utilizzare la cucina; per fortuna Fulvio conosceva molto bene uno dei suoi amici terroni che lavorava alle Ferrovie dello Stato e che, ancora celibe, utilizzava a pranzo ed a cena la Mensa del Dopolavoro Ferroviario. Così, introdotto come amico fraterno, Fulvio ne poteva utilizzare i servizi pagando come “esterno” un prezzo molto conveniente. A Bergamo c’era anche un altro suo amico, Fausto, che abitava in via Novelli. Lo aveva conosciuto durante il servizio militare, Fausto. Era un ragazzo molto attento alle trasformazioni sociali ed era politicamente impegnato senza appartenenza ad alcun Partito; un “cane sciolto” attento alle attività dei “centri sociali”. Gli telefonò ed andò anche a trovarlo una domenica mattina; lavorava in una fabbrica nell’hinterland milanese e tornava a casa solo il fine settimana. Sembrò sfuggente, un po’ vago e superficiale nei rapporti che mostrava, in contrasto con la serenità dei giorni della “naia”, freddino! Era la fine di ottobre del 1975; il cielo era limpido e si respirava una buona aria. Bergamo non era inquinata come Milano e le giornate, mattina e pomeriggio, erano libere per Fulvio, che aveva ricevuto una supplenza ad un corso serale all’Istituto Tecnico e Commerciale “Vittorio Emanuele II”. Il lavoro era impegnativo ed occorreva prepararsi in modo adeguato: gli “studenti”, tutti adulti, erano desiderosi di apprendere e spesso, essendo coetanei o più anziani, sapevano molto di più dei loro docenti; se non altro, possedevano loro competenze specifiche di cui non celavano le conoscenze. Di giorno, Fulvio studiava, prevalentemente la mattina e poi andava ad esplorare la città; al pomeriggio frequentava il cineclub “Giovanni XXIII” sul viale omonimo. Oppure andava in giro per le scuole del territorio per capire se vi fosse bisogno di lui al termine della supplenza; di solito, ci andava di mattina. E quel giorno nel quale si recò a Pontida, una Scuola Media, sceso dal treno lesse sulla locandina de “l’Unità” che era morto Pier Paolo Pasolini. Si precipitò ad acquistarla e divorò le pagine con rapidità. Che grande, bella persona era Pier Paolo Pasolini; odiato dalla Destra e rinnegato dalla Sinistra aveva messo a nudo le contraddizioni della società del suo tempo, rivelandone la metastasi in atto nella “mutazione antropologica”. Che grande perdita per il nostro Paese; la sua lucidità analitica aveva accompagnato alcuni dei giovani di allora nella conquista della consapevolezza che fosse necessario un profondo radicale cambiamento. Misteriosa quella sua avventura nella notte allo Scalo di Ostia, quel mattino occupò per intero la mente ed il cuore di Fulvio. Era il 3 novembre 1975; Pasolini era stato ucciso in circostanze di difficile lettura nella notte fra il 1° novembre, giorno dei Santi, ed il 2 novembre, Giorno dei Morti. Ed i commenti erano perfidi, irridenti la sua omosessualità che dava fastidio ai fascisti maschilisti ed ai perbenisti di Centro e di Sinistra. Fulvio, continuando a leggere le pagine del suo giornale preferito, fece ritorno a Bergamo subito dopo essere stato informato che una supplenza ci sarebbe stata dalla settimana seguente ed aver lasciato il suo recapito domiciliare provvisorio. Quel pomeriggio al cineclub proiettavano “I tulipani di Harleem” un film di Franco Brusati, regista di culto in quegli anni. Vi si recò e si innamorò, di Carole André (la Lady Marianna di “Sandokan” televisivo, per intenderci).
Con gli studenti quella sera poi avviò a trattare la difficile fase delle “Guerre di successione”; alcuni però vollero sapere di Pier Paolo Pasolini e così fu che si avviò una discussione fra chi lo etichettava come un immorale frocio e chi lo riconosceva come poeta assoluto. Fulvio parlò della sua spietata lucida analisi della società condotta su quotidiani come “Il Corriere della Sera” e “Il Tempo” e sul settimanale “Il Mondo” e su riviste vicine al Partito Comunista come “Vie Nuove” e “Rinascita”. Ne sottolineò gli aspetti analitici e critici ed in particolare toccò il tema del “genocidio culturale” e della metamorfosi antropologica in atto. Parlò del suo cinema ed in modo attento alle prime prove, “Accattone” e “Mamma Roma”, che senza alcun dubbio erano collegabili ai romanzi più famosi come “Una vita violenta” e “Ragazzi di vita”. Accadeva così, nel corso serale: erano gli studenti, quelli più attenti (qualcuno sonnecchiava), a proporre la linea della serata. E Fulvio si adattava.
Era un novembre climaticamente accettabile e Fulvio ne aveva utilizzati alcuni fine settimana, quando le scuole erano chiuse, per visitare altre parti di Bergamo. Bergamo alta (la città antica medievale romanica) è un piccolo gioiello inatteso per chi viaggia soltanto nella “bassa”, dove si sono invece sviluppate le caratteristiche moderne economiche ed industriali. Vi si accede attraverso un servizio di funicolare (a piedi è molto più faticoso arrivarci) e la percezione storica del mondo bergamasco cambia totalmente. Quel 4 novembre di festa Fulvio prese la Funicolare e attraverso stradine strette giunse nella splendida Piazza Vecchia, un vero e proprio capolavoro nel suo insieme. Vi fu girato “Il cavaliere del sogno” film dedicato alla vita di un grande bergamasco, Donizetti. Vi si trovano tutti insieme il Palazzo del Podestà, il Palazzo della Ragione e la Torre medievale del Comune. Andando avanti si trovano poi la Cappella Colleoni che celebra altro illustre figlio bergamasco, il Duomo romanico e la Basilica di Santa Maria Maggiore. Fulvio notò affisse delle locandine in alcuni dei locali che annunciavano per la sera del 4 novembre un grande Concerto all’interno del Duomo. Un’ orchestra tedesca con un Coro internazionale avrebbe proposto la “Passione secondo Matteo” di Bach. Non poteva mancare. Fulvio risalì di nuovo a Bergamo alta quella sera; non aveva mai sentito la “Passione” per intero ma ne aveva ascoltato brani proprio nei film di Pasolini e gli sembrò un “segno” straordinario quella concomitanza di eventi. Il Duomo alle sei e mezza di quel pomeriggio era gremito all’inverosimile; vi erano delle transenne che limitavano il passaggio fra il pubblico “comune” e le autorità cui era stata riservata la parte più ravvicinata all’orchestra su comode poltrone. Su una di queste vi era anche il Vescovo, figura possente per altezza e larghezza. Fulvio non si scoraggiò e superando il varco si posizionò in forma asiatica intrecciando le gambe. Non vi era alcun servizio d’ordine e l’esempio fu seguito da altri giovani, incoraggiando anche qualche meno giovane a fare la stessa scelta.
Alle sette in punto di quel pomeriggio gli orchestrali, circa 25 elementi, fecero il loro ingresso davanti al pubblico, sistemarono i loro spartiti sui leggii ed avviarono la loro azione per provare gli accordi. Dopo circa cinque minuti entrò il Coro formato da circa 20 elementi maschili e femminili e poi entrarono e si posero a sedere davanti ai lati dell’Orchestra tre donne e tre uomini (2 soprani, 1 contralto, 1 tenore e due bassi). Subito dopo, accompagnato dagli applausi del pubblico, fece il suo ingresso il Direttore e dopo due inchini al pubblico ed agli orchestrali che furono invitati ad alzarsi, salì sul suo podio e dopo aver impartito alcune indicazioni avviò il Concerto. L’avvio, musicale e corale, è immediatamente solenne e Fulvio, colpito da un brivido di emozione e di piacere, venne trasportato su una “nuvola” lieve ed eterea; voci angeliche pietose accompagnano l’Uomo con la sua Croce verso il suo estremo sacrificio. A tanta ieraticità non resse la stanchezza del Vescovo che scrollava la testa sonnacchioso. Al Corale ampio n.10 (“Son io che dovrei espiare Legato mani e piedi Dannato all’inferno Gli insulti e le catene E i tuoi patimenti Tutto ha meritato l’anima mia”) l’Alto prelato crollò in un sonno profondo ed in esso permase cullato dal Corale n.15 e da quello più tranquillo del n.17. A nulla servì il Tenore ed il Coro dell’Aria n.20 né la Corale n.20 che mantennero invece Fulvio ad un’altezza costante sulla sua “nuvola”, dalla quale fu costretto a scendere dopo il Corale conclusivo della prima parte, causa breve intervallo. Anche il Vescovo si scosse, disturbato da un addetto che gli chiese se aveva bisogno di bere qualcosa. Il concerto riprese e nulla cambiò: il vescovo riprese anch’egli il suo sonnellino e Fulvio il suo viaggio estatico. Non aveva mai sentito nulla di simile nei suoi giovani anni; il mondo gli sembrò più accettabile e comprese anche quanto la morte di Pasolini avesse proiettato quel grande nell’eternità, accomunandola a quella del Cristo. Quella sera uscì dal Duomo sorretto da due angeli che lo mantenevano al di sopra di tutte le altre persone accompagnato dalle note della “Passione” e dai suoi cantori.
fine

Mamma! mamma! mamma! sto a mmorì de’ freddo!

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ANNIVERSARI 2017-18 un vademecum per la SINISTRA che verrà! – OBIETTIVO UNICO: applicare la CARTA COSTITUZIONALE!

ANNIVERSARI 2017-18 un vademecum per la SINISTRA che verrà!

OBIETTIVO UNICO: applicare la CARTA COSTITUZIONALE!

La libertà e l’uguaglianza dei cittadini non possono essere interpretate in modo parziale a sostegno di una o altra classe sociale. Se fondamentalmente non eistono più le “classiche” classi sociali ma vi è stato oggettivamente un rimescolio di quelle all’interno di una società liquida gassosa nella quale molti fenomeni sociali non riescono a distinguersi, quasi a confermare quanto diceva Hegel sulla “notte in cui tutte le vacche sono nere”, una dimensione insolita nella quale ciascun elemento galleggia in piena e disperata autonomia.
Gli studiosi (i filosofi, i sociologi, gli antropologi) hanno sviscerato e studiato in modo profondo questa società senza tuttavia trovare il giusto ascolto da parte di quell’altra società (economica e politica, politico-economica) che non accetta per propri fini ed interessi di confrontarsi, utilizzando il contingente per migliorare le proprie posizioni di potere, senza affrontare le problematiche che in un futuro sempre più prossimo porteranno a deflagrazioni possenti e ad un’implosione generale dell’attuale società umana. Apocalittica potrà apparire tale prospettiva, ma il mondo del futuro, quello dei nostri discendenti, è sempre nelle mani di coloro che “oggi” vivono, pensano, decidono.
Ed ecco perchè è assolutamente importante decidere da che parte stare sin dai prossimi minuti, ore, settimane, NON MESI, perché non c’è più tanto tempo. Il fallimento del PD renziano è sotto gli occhi di tutti; le promesse erano vane ed alcune/i di noi le avevano previste. Eravamo ovviamente dei “gufi”! ma a noi è sempre piaciuta quest’accezione infantile utilizzata per spiegare ad un elettorato altrettanto infantile che il loro destino era nelle mani di quelle persone come Cassandra o Tiresia che sanno cogliere nel segno dei tempi le possibili tragiche prospettive, ma che vengono additate come menagrami, rematori contro corrente, fattucchiere e negromanti.
La società del nostro Paese ha bisogno di un forte agglomerato politico di Sinistra per poter affrontare le differenze sempre più forti generate da una politica industriale-economica che ha progressivamente creato nel mondo del lavoro immense sacche di indigenza e povertà, umiliando i meriti ed a volte (fin troppe) aiutando con meccanismi perversi ed anti-economici la persistenza di altrettante vaste sacche di inefficienza. In risposta a tutto questo, solo pietismo fariseo d’antan sempre pronto a rinascere (vedi bonus vari praticamente utili soltanto a farsi belli ed a ripulire le proprie sporche coscienze).
Che fare? E’ da tempo che rifletto e suggerisco di mettersi a discutere per poter poi decidere un vasto progetto politico. Non penso – e dunque non pretendo – di esserne in grado, soprattutto da solo di certo non riuscirei acavr neanche un “ragno da un buco”.
Il nostro punto di riferimento dovrà essere la Costituzione dei nostri padri. Inapplicata perché scomoda, interpretata ad uso dei pochi potenti e dimenticata. In quella dimenticanza c’è un rischio profondo che potrebbe ri-apparire all’orizzonte dopo il tentativo del dicembre 2016: approvare con i 2/3 (art.138) del Parlamento modifiche ad uso parziale tali però da sconvolgere l’assetto istituzionale piegandolo ai voleri ed agli interessi diretti della plutocrazia oligarchica.

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Joshua Madalon

GUFO

COSA DIREBBERO OGGI PASOLINI E BERLINGUER?

COSA DIREBBERO OGGI PASOLINI E BERLINGUER?

Spesso ci chiediamo cosa farebbero oggi alcuni dei personaggi di ieri, chi sosterrebbero politicamente, cosa scriverebbero e direbbero di fronte ad eventi particolarmente significativi. E’ accaduto ed accade frequentemente: “cosa direbbe Pasolini?” e “cosa sceglierebbe di fare Berlinguer?” e via diicendo. Ma lo abbiamo sempre scritto e detto: non è corretto ed è azzardato avviare una riflessione che possa avere valore scientifico, anche perché il sottoscritto e credo la grandissima parte dei miei interlocutori non possediamo nè capacità divinatorie nè fiducia nei maghi e negli intermediari con l’aldilà.
Tuttavia sarebbe molto difficile che i due personaggi su menzionati oggi sarebbero sostenitori della forza politica che sostiene di essere erede di quello che fu il PCI: a stento avrebbero potuto riconoscere la sua trasformazione in atto dopo il 1975 (Pasolini parlava genericamente allora di mutazione antropologica in atto nella società dei consumi) e dopo il 1984. Figurarsi con quel “monstrum” che è diventato il Partito Democratico! “Monstrum” nella sua accezione negativa, ovviamente ed a mio avviso.

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La sensazione che ho avuto negli ultimi anni e che mi sotiene in questo periodo nel lavoro che sto svolgendo come cittadino attivo ed intellettuale impegnato è che si stia procedendo verso una vera e propria catastrofe degli apparati politici superiore a quella che si annunciò e non si concluse positivamente con la fine della Prima Repubblica. La crisi che sta colpendo il Partito Democratico non è ancora del tutto evidente per coloro che ci vivono dentro, mentre lo è in modo più chiaro anche se non completo per tutti coloro che conoscono quel Partito avendo contribuito a costruirlo ma che ne sono usciti da qualche anno.
Anche in questa città dalla quale parlo è stato un vero e proprio flop il Congresso per la scelta del Segretario e degli altri organi dirigenti e gli esiti appaiono paradossali. Ne parleremo. Anche se quel che ci interessa prioritariamente è la costruzione di un’ALTERNATIVA di Sinistra a quel Partito, che si è completamente liberato da coloro che ne avrebbero potuto portare la “bandiera”.

j.m.