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…e continuo a riproporre un mio post del 12 dicembre u.s….segue nuovo post in giornata

dopo l’attacco virulento e fuori misura di Matteo Renzi al Premier Conte ripropongo tre miei post con un Preambolo

DENTRO IL LOCK DOWN riprendiamo a parlare dei rischi per la tenuta democratica

In questi ultimi giorni si è intensificato lo scontro all’interno della coalizione governativa; in realtà è stata una “parte” minima, ma essenziale dal punto di vista numerico, ad alzare la voce, il tiro contro il Presidente del Consiglio.  Il suo leader, Matteo Renzi, lo ha fatto con quell’impeto e quella tracotanza che lo hanno reso odioso alla maggioranza del popolo italiano. Sembra quasi provare una certa invidia nei confronti del Premier, che mostra ampia resilienza in un tempo orrendo come quello che stiamo passando. Conte mantiene un aplomb invidiabile ma mostra di avere una profonda empatia condivisiva e non divisiva e scostante verso i problemi della gente più debole, che in questo momento è sempre più numerosa.

Il leader di “Italia Viva” non ha proprio nulla da recriminare: laddove fosse reale la preoccupazione che mostra dovrebbe ben riconoscere che in quel tentativo di sovvertimento che aveva proposto con un nuovo impianto costituzionale sonoramente bocciato nel referendum del 4 dicembre 2016 egli aveva messo in campo ben più di quanto oggi il Presidente del Consiglio Conte nel suo “Governo di emergenza nazionale” potrebbe attuare.

Non sono affatto pentito  – mai come ora e davanti a questo teatrino della Politica – di aver lasciato il Partito Democratico “dell’era Renzi”; quello attuale è ancora infettato da supporter vecchi – e qualche “nuovo” – di quel personaggio, i cui consensi  oscillano tra il poco meno del 3 e poco meno del 4 per cento. Tali risultati attestano con grande evidenza che una parte dei sostenitori “renziani” sono rimasti all’interno del Partito Democratico pronti a far contare posizioni “esterne”.

Non stimo Renzi e non stimo coloro che lo hanno supportato. Ciò nonostante confermo di avere espresso  la stessa critica in modo accorato ma pacato e ragionevole con le mie “preoccupazioni” collegate al fatto che, finito il tempo dell’emergenza, non si riuscisse a fare a meno di scelte estreme.

Ho pubblicato nei giorni scorsi tre post collegati tra loro con un titolo chiaro:    I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi 

Parte 1

In questi giorni ho trattato in modo quasi quotidiano i temi del lockdown e le mie riflessioni hanno oscillato tra pessimismo ed ottimismo, anche se i miei punti cardinali di riferimento sono stati e rimangono Gramsci e Pasolini.

Non mi ripeto e per questo oggi il pendolo si piega verso il negativo, il pessimismo.

A indurmi in tale impantanamento hanno contribuito un virologo ed una “compagna” di avventure politiche.

Mi spiego meglio, superando il cripticismo.

Esistono pochi, anche se a volte ci appaiono in tanti, che hanno veementemente professato il loro rifiuto verso l’utilizzazione di vaccini; allo stesso tempo esistono alcuni che hanno alzato forte il loro allarme sul rischio che corre la Democrazia. Ai primi non ho mai dato credito, perchè forte è stato il controllo sugli esiti dalla somministrazione dei prodotti a salvaguardia di alcune diffuse e terribili patologie e non vi è stato alcun riscontro intorno alla loro pericolosità. Ai secondi ho riservato invece una forma di scetticismo, motivato dalla consapevolezza dell’esigenza di interventi pur temporanei che fossero rigorosi energici e risoluti ancor più di quanto non sia poi stato attuato.

Questo, in sintesi, quel che ho creduto fino a pochi giorni fa: verso i secondi sono stato molto più prudente di quanto non abbia fatto con i primi, ai quali proseguo ad assegnare degradanti patenti.

Pur tuttavia, quando l’altro giorno un autorevole virologo ha cominciato a nutrire qualche dubbio sull’efficacia dei vaccini così rapidamente a quasi-diretta disponibilità delle masse, ho avviato una riflessione, che va oltre: mi sono chiesto e non trovo risposte adeguate se fossero state svolte le opportune necessarie verifiche su fasce di età diversificate scientificamente ed in particolare su possibili interazioni nocive tra vaccino antinfluenzale e quelli che dovranno contrastare il Covid19.

Collegato a quel che potrà significare, con esiti positivi, l’inoculazione del vaccino contro il Coronavirus19, ho allargato la mia visione “pessimistica” al fatto che, dovendosi trattare di un prodotto estremamente necessitato per la “vita” di tutti, nessuno escluso  – a partire dai più anziani e più deboli (che notoriamente sono categorie affini), la disponibilità potrebbe variare a seconda della qualità economica del mercato.

Apparentemente quel che ho scritto qui sopra è di una eccezionale gravità e si potrebbe ascrivere ad uno stato di prostrazione pessimistica eccezionale. Ma di tanto in tanto mi è capitato di sentire di peggio e di sentirlo non in modo furtivo ma con dichiarazioni esplicite. Spero siano solo mie “voci di dentro” malevoli. Ma quando fuori ai nosocomi nelle grandi città ci sono file di ambulanze in attesa e nei corridoi gli ammalati attendono di poter essere collocati a seconda della gravità delle loro condizioni allorquando non vi sono alternative logistiche a disposizione ed è assai urgente intervenire, si procede ad una scelta drammatica.

….a questo punto  interrompo il mio “scriptum” e riporto uno degli articoli dai quali si rileva che le mie parole non sono personali “ubbìe” di vecchio decrepito:

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 09-12-2020 Roma, Italia Politica Senato – informativa del Presidente del Consiglio su Consiglio Europeo e MES Nella foto: Mateo Renzi IV Photo Mauro Scrobogna /LaPresse December 09, 2020  Rome, Italy Politics Senate – information from the President of the Council on the European Council and the ESM In the photo: Mateo Renzi IV

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 09-12-2020 Roma, Italia Politica Senato – informativa del Presidente del Consiglio su Consiglio Europeo e MES Nella foto: Mateo Renzi IV Photo Mauro Scrobogna /LaPresse December 09, 2020  Rome, Italy Politics Senate – information from the President of the Council on the European Council and the ESM In the photo: Mateo Renzi IV

https://www.corriere.it/cronache/20_marzo_09/coronavirus-scegliamo-chi-curare-chi-no-come-ogni-guerra-196f7d34-617d-11ea-8f33-90c941af0f23.shtml


Questa è una “situazione di guerra”.

2.

Mi sono fermato perchè era giusto che si comprendessero meglio le mie preoccupazioni. In realtà non sono solo mie: occorre mantenere alta la guardia. Non sarà tutto vero ma non bisogna mai sottovalutare qualche dubbio; non si può far prevalere una sorta di correttezza istituzionale mentre qualcuno sotto traccia potrebbe meditare reazioni e rivincite antidemocratiche, liberticide. Potrebbe! E se può, utilizzando la sua “libertà” contro quella dei tanti, fiaccando le menti, colpendole ai fianchi quotidianamente con bollettini di guerra continuativi, bisogna attrezzarsi. Questa pandemìa furiosa sta piegando le forze, indebolendo le energie, mortificando le forme associative, limitando il dibattito civile se non quello che si va svolgendo sui social. Cosa devo raccontarvi, cosa aggiungere che non sappiate già?!

Ritornando al primo gruppo dei “no vax” o assimilati ai quali come ho scritto non credo nella maniera più assoluta sono qui anche a spiegare il motivo per cui ne ho parlato e poi apparentemente ho svicolato sul tema. La mia preoccupazione maggiore è sulla qualità dei vaccini e sui suoi costi effettivi, quelli che andranno a carico delle popolazioni. Penso di essere ancora abbastanza fortunato, insieme a tante persone che vivono in questa parte del Mondo che si chiama Occidente, in quanto vi è la certezza della disponibiità delle necessarie dosi di quel prodotto, che con il passare dei giorni, delle settimane e probabilmente di qualche mese potrà far emergere anche gli aspetti meno positivi, laddove – come ci si preoccupa – questi esistessero davvero. Ho accostato il tema della non disponibilità per tutti – pensando ai paesi poveri dove i dati del contagio non sono mai stati attendibili e stimolano gli osservatori a congetturare scenari davvero cupi e pericolosi per il resto dell’umanità (“il virus non si è modificato” è quel che si dice, ma ciò non toglie che non possa in seguito accadere, finendo per provocare accanto ad una devastazione di tipo ecologico ambientale un’ecatombe di tipo planetario).  Questo è lo scenario apocalittico che dobbiamo esemplarmente tenere d’occhio; se la scelta della produzione di massa dei “vaccini” non si pone l’obiettivo della gratuità a vantaggio del fruitore finale, soprattutto i più deboli e poveri, i diseredati della Terra, non farà altro che destinare il Pianeta ad una autodistruzione.

Non avrà alcun valore il livello di Civiltà raggiunto nè il grado di Governo del Mondo.

Non potremo raccontarcelo.

E ritorno a trattare dei “secondi”, ovvero quegli “alcuni che hanno alzato forte il loro allarme sul rischio che corre la Democrazia”. Abbiamo subito pensato che fossero “fuori luogo”, ed in realtà lo erano, perché scendevano in piazza, negando fossero reali i numeri delle vittime, quelle scene strazianti delle “camere di terapia intensiva” dove esseri ormai irriconoscibili lottavano tra il poco di vita che rimaneva e la morte che avanzava, e quelle lunghe file di camion militari con salme che non potevano essere accompagnate dagli affetti più cari. Visionari, dunque? Forse soltanto inopportuni; anche perché con tutto quello che sta ancora oggi accadendo e tutto quello che si annuncia per le prossime settimane e forse mesi e mesi ancora una preoccupazione io la manterrei ben desta.

3.

Quel che pavento in questi “post” deve essere utile a scongiurare simili scenari apocalittici.

Non basterà che qualcuno lo scriva, che lo dica e che uno sparuto gruppo di supporter lo confermi; bisognerà lavorare sodo per recuperare un “volgo disperso” sofferente al di là di quanto sia oggi possibile immaginare, oltre le privazioni oltre i lutti ben oltre le sofferenze fisiche e morali, psicologiche e reali. Se rimane in noi un lievito di serenità con il quale poter riuscire a concretizzare un pensiero complesso non piegato sulle proprie miserie, dovremo ricostruire il nostro tempo e rimettere in ordine il tutto per il futuro, che non potrà essere del tutto uguale a quel recente passato che in tanti sembrano voler rapidamente, il più velocemente possibile, recuperare.

n questi giorni ferve con intensità il dibattito sulla necessità di riaprire, in qualsiasi modo, molte tra le attività commerciali e turistiche; si rischia di rimettere in moto la circolazione del virus con una velocità ben superiore a quella finora espressa nelle due fasi, la seconda ancora in corso seppur in lieve flessione. C’è in una parte degli imprenditori – come quelli che si occupano delle località turistiche sulla neve – la “giusta” idea che si corrano rischi di impresa cui essi tengono in modo molto netto e specifico e temono “giustamente” per il loro futuro. Hanno tutte le buone ragioni da portare avanti; ma non intendono, ed in realtà non possono nemmeno del tutto, assumersi la responsabilità, considerarsi colpevoli, dei danni altrettanto gravi e oggettivamente incommensurabili che potrebbero provocare, ridando forza alla diffusione della pandemìa. In linea di massima si sarebbe anche potuto mantenere aperte tante altre realtà operative (ristoranti, alberghi, musei, teatri, cinema, centri commerciali, impianti sportivi, ecc…) già nella prima fase; ma sarebbero occorsi alcuni elementi che oggettivamente sono mancati: a questo punto sarebbe stato stato utile una sollecitazione “virtuosa” da parte delle Opposizioni (che in questa fase qui nel nostro Paese afferiscono in modo esclusivo alle Destre) ad utilizzare metodi severi ed energici per tutti con la scelta di regole prescrittive rigorose sia nella fase teorica propositiva sia in quella immediatamente successiva attuativa ed applicativa. Le Destre dovrebbero possedere dentro il loro DNA questa potenzialità; ma in questo Paese purtroppo (! – lo dico a forte ragion veduta) la Destra è semplicemente caratterizzata da una parte dalla voglia di essere “contrari” a prescindere con lo scopo di rosicchiare un po’ alla volta consensi alle forze di Governo, dall’altra parte sostengono posizioni negazioniste oscurantiste, dall’altra ancora si ergono a paladini esclusivi delle parti produttive che, in gran numero, hanno usufruito di vantaggi di carattere economico. E questo modo di essere delle Destre in definitiva “non collaborativo”, in un momento in cui è opportuno  e – forse anche “vincente”,  finisce per  ingenerare un “corto circuito” che sospinge, in un drammatico gioco delle parti, il Governo a produrre scelte ambigue non così forti da poter rapidamente, dopo un periodo di difficoltà, consentire una ripresa dignitosa per l’intero Paese.

14 gennaio 2021 STATI GENERALI – una variazione di CTS – parte 8 (per la parte 7 vedi 29 novembre) per mero errore ho pubblicato in anticipo la parte 9 e ultima il 26 dicembre: in un prossimo post pubblicherò entrambi i blocchi in un unico post)

STATI GENERALI – una variazione di CTS – parte 8

Cosa ci può interessare l’elenco delle iniziative programmate dall’Assessorato se non possiamo partecipare alle decisioni? Siamo o non siamo amministratori di secondo livello all’interno di un’unica città? Siamo trattati più o meno come dei giornalisti (“absit iniuria verbis”, con l’immenso rispetto per la categoria!) chiamati ad una Conferenza stampa (detto tra noi e proprio a questo proposito: molto spesso – per non dire abitualmente – anche quando partecipiamo, con le nostre idee e proposte, a rimpinguare di appuntamenti ed iniziative il Programma generale del Comune (festività natalizie e Estate), non siamo nemmeno invitati poi alle Conferenze stampa relative). Siamo dunque considerati esclusivamente dei manovali, dei portatori d’acqua senza una specifica identità.

Qualcosa di simile avviene praticamente con l’Assessorato alla Pubblica Istruzione: un esempio su tutti. Tutto il complesso, consistente, rilevante per qualità e quantità, delle attività formative che è in capo alle Circoscrizioni non ha trovato spazio nei depliant informativi redatti dall’Assessorato e diffusi sul territorio per informare i cittadini. E’ stata una disattenzione o una mancanza voluta? La differenza tra l’una e l’altra è davvero poca: è il segnale di una sottovalutazione del ruolo delle Circoscrizioni, che a tutta evidenza vengono trattate con fin troppa sufficienza (ed esprimendo tale giudizio, sono cortese).

Mi rendo ben conto che per qualcuno che in tali procedimenti ha operato in buona fede (penso ai funzionari e gli istruttori che controllano il tutto) questi miei rilievi potranno apparire ingenerosi; ma vi pregherei, perlomeno, amici e colleghi amministratori, di non volerci alla fine concederci quella mera paternalistica e paziente “pacca sulle spalle” che proprio a nulla servirebbe: servono, invece, davvero fatti e atti concreti in controtendenza che permettano alle Circoscrizioni di cooperare, se possibile tutte insieme, ad un Progetto comune per tutta la città e di poter costruire progetti strutturali complessivi che non siano condizionati alla precarietà e in questo modo non siano destinati a morire quasi subito dopo aver visto la luce.

Ora, diciamocelo con infinita chiarezza, quanto è avvenuto ieri, con le dimissioni dell’Assessore alla Cultura (n.d.t.: il 12 febbraio del 2002 Giuseppe Vannucchi, grande giornalista della RAI in pensione e Assessore alla Cultura nella seconda legislatura Mattei, si dimette), che spero fortemente e sinceramente possano nel più breve tempo rientrare, esige con urgenza che si proceda ad aprire una seria riflessione su come, a livello istituzionale, ci si debba muovere per non incorrere in errori, omissioni, malintesi ed occorrano regole precise, certe, che consentano la più ampia trasparenza.

Voi, caro Sindaco, cari Amministratori, gentilissimi Dirigenti, ci dovreste far sapere una buona volta per tutte cosa volete davvero che siano le Circoscrizioni.

Noi stiamo dicendo tutto questo in un contesto, questo degli Stati Generali, creato (almeno spero e credo sia stato pensato in tal senso) appositamente per un confronto il più ampio possibile, per un dibattito propositivo, per riuscirci a dire apertamente – e pubblicamente – tutto quello che di positivo o di negativo noi quotidianamente verifichiamo; abbiamo tutti bisogno di fare qualche passo in avanti, lento se pensate e desiderate ma in ogni caso “in avanti”. La nostra preoccupazione è ovviamente quella di essere costretti, all’interno delle enormi difficoltà strutturali create dall’attuale Governo (n.d.t.: il Berlusconi 2), a fare dei passi indietro molto mortificanti.

….8……

12 gennaio COVID 19 – parte 6 “Tempi difficili e Tempi facili ”

COVID 19 – parte 6 “Tempi difficili e Tempi facili ”


Ieri (scrivo l’11 gennaio 2021) ho pubblicato un sondaggio (attraverso un Comunicato stampa integrale dell’INAPP), che evidentemente è tenuto segreto, visto che non ha trovato alcun riscontro nel dibattito giornalistico (se fosse una delle tante “false notizie” che circolano mi piacerebbe saperlo ma per ora sembra tutto passare sotto silenzio), tranne un timido sporadico accenno attraverso l’intervista ad una coraggiosa docente di scuola media superiore, che ha espresso dubbi sulla sicurezza nelle scuole ed ha difeso l’utilizzo della “Didattica a distanza” come elemento di superiore modernità ed innovazione nei metodi di iinsegnamento ed apprendimento.

Di fronte a questo silenzio compensato da un battage sempre più intenso ed aggressivo a favore di chi, in modo nettamente acritico ed  ideologico, prosegue a difendere la “Didattica in presenza” assicurando – senza peraltro avere nè contezza nè competenza in materia – che non vi siano rischi per la “sicurezza”, sono sempre più preoccupato per la tenuta democratica del Paese. Non credo di esagerare, di fronte al “silenzio” reale e forzato di una larga parte degli stessi fruitori del servizio scolastico. “Reale” perché ormai sfiduciati e si preferisce a questo punto “tacere”; “forzato” perché non considerato dagli organismi di stampa sempre più collegati ai “poteri forti” siano essi “governativi” o “di opposizione”.

Gli stessi eventi statunitensi, che accanto alla drammaticità ed alla serietà hanno abbinato aspetti folcloristici e grotteschi, aiutano a deviare l’attenzione dell’opinione pubblica, puntando più sui secondi aspetti, davvero secondari e scarsamente significativi, che sui “primi” che svelano la “miseria umana dilagante e l’ignoranza diffusissima” in una popolazione che, al di là delle “paillettes et cotillons” mostrate dai pochi sempre più ridotti per numero, sta vivendo una profondissima pericolosissima crisi di identità accompagnata da un depauperamento del ceto medio non sostenuto tuttavia da una ripresa della parte più emarginata, miserabili per reddito e per cultura.

Su questi temi dovremo necessariamente far ritorno nei prossimi giorni: la Democrazia va difesa partendo  dal sostegno ai diritti primari, Salute Istruzione Dignità di un Lavoro equamente retribuito. Questo vale per gli States ma anche per il Vecchio Mondo.

Ho preso avvio in questi blocchi accennando a quelle che mi sono apparse inadempienze strutturali, dovute alla incapacità funzionale di un ceto politico nel suo complesso nel saper fronteggiare con decisione i morsi della crisi, prima sanitaria e poi economica, nella sua parte iniziale (che non è peraltro terminata). Rimango basito ancora una volta di fronte ai tentennamenti ed alle sottovalutazioni “colpose”, perché invece di rispondere alla necessaria soluzione dei problemi finiscono per crearne altri. Nel gioco abbastanza paternalistico ed infantile del “limitare ma concedere allo stesso tempo un pochettino” di certo non si è fatta la felicità delle varie categorie ma si è acuita l’acredine verso l’apparato governativo.

Sui temi della Scuola non posso che proseguire a condividere umanamente le preoccupazioni espresse di continuo intorno a quanto di bello di utile e di buono è stato perso, e lo sarà ancora, con il mancato rapporto educativo docente discente, e con il deficit di socialità. Ma allo stesso tempo non posso che ribadire che questi sono i tempi che ci è dato di vivere e forse occorrerebbe con saggezza riferirsi ai nostri predecessori che, davanti alle difficoltà, hanno ritrovato la strada per migliorare se stessi ed il loro mondo futuro.

“Tempi difficili creano uomini forti, uomini forti creano tempi facili.
Tempi facili creano uomini deboli, uomini deboli creano tempi difficili.”

10 gennaio 2021- IN RICORDO DEL “POETA” PIER PAOLO PASOLINI – atti di un Convegno del 2006 PREMESSA sulle iniziative del novembre-dicembre 2005 – parte terza (per la seconda parte vedi 7 dicembre)

IN RICORDO DEL “POETA” PIER PAOLO PASOLINI – atti di un Convegno del 2006 – PREMESSA sulle iniziative del novembre-dicembre 2005 Parte terza

Giovedì 17 novembre alle ore 21.00 siamo ritornati negli ambienti sotterranei del Dopolavoro Ferroviario in Piazza della Stazione il cui Circolo era gestito da Lucio La Manna e Nicola Verde e con la Compagnia Teatrale “Altroteatro” diretta da Antonello Nave è stato presentato il loro lavoro “Amico di Pasolini: Omaggio al poeta Massimo Ferretti”. Il professor Nave aveva curato già qualche anno prima una riduzione teatrale, rappresentata a Chiaravalle, tratta dalle opere di Massimo Ferretti dal titolo “Sopra il cuore”.

Venerdì 18 novembre alle 14.30, orario che consente agli studenti realmente interessati di partecipare al di fuori dell’orario di lezione siamo ritornati all’Auditorium dell’Istituto “Gramsci-Keynes” nel Polo scolastico di via Reggiana per un incontro dal titolo “Che cosa sono le nuvole: analisi di un cortometraggio” curato dal dott. Riccardo Castellacci ricercatore dell’Università di Firenze.

Con le stesse modalità lunedì 21 novembre ore 14.30 ci siamo spostati nell’Aula della Biblioteca del Liceo “Copernico” in viale Borgovalsugana 63 per un incontro sul tema “La sceneggiatura nel cinema di Pier Paolo Pasolini: dalla teoria alla pratica” a cura della dottoressa Costanza Julia Bani ricercatrice dell’Università di Pisa.

Martedì 22 novembre il nutrito cartellone presenta un altro incontro curato dalla dottoressa Stefania Cappellini presso l’Auditorium dell’Istituto “Gramsci-Keynes” nel Polo scolastico di via Reggiana, sempre alle ore 14.30 sul tema “Uccellacci e Uccellini: analisi ed approfondimenti del film”.

Il giorno successivo mercoledì 23 novembre sempre nello stesso Auditorium alla identica ora si è tenuto un incontro sul tema “La rappresentazione dell’adolescenza: percorsi fra cinema e letteratura e viceversa”, curato dalla dottoressa Costanza Julia Bani.

Venerdì 25 novembre alle 14.30 abbiamo previsto di replicare nell’Auditorium del “Gramsci-Keynes” particolarmente adatto per eventi teatrali il lavoro di Antonello Nave già rappresentato nella sede del Circolo del DLF.

Nello stesso giorno alle ore 21.00 curato dalla Circoscrizione Ovest presso il Circolo ARCI “Renzo Grassi” di Narnali in via Pistoiese 500 viene presentato il documentario “Pasolini: una disperata vitalità” collage di testi poetici di Pier Paolo Pasolini, recitati da Laura Betti che nel 1996 ne ha curato la regia teatrale. L’incontro coordinato dalla Presidente della Commissione Cultura della Circoscrizione Ovest, Monia Faltoni, è condotto da Riccardo Castellacci.

Martedì 29 novembre alle ore 21.00 siamo poi ospitati dal Teatro “Magnolfi” in via Gobetti dove, in collaborazione con l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD) viene presentato un video di Carlo Di Carlo “Primo Piano: Pier Paolo Pasolini” e un nuovo libro di Italo Moscati “Pasolini Passione”. Regista e autore sono presenti. Il coordinamento è di Giuseppe Maddaluno.

Venerdì 2 dicembre a cura della Circoscrizione Nord presso l’Auditorium della Scuola Media “E. Fermi” in via Gherardi 66 un altro nuovo evento teatrale “Dedicato a Pier Paolo Pasolini un poeta contro” con Giovanni Fochi che ne cura la regia e con la musica originale orchestrata da Alessandro Cecchini. Coordina l’evento Mario Barbacci presidente della Commissione Cultura della Circoscrizione Nord.

Il denso programma si conclude martedì 6 dicembre alle ore 21.00 presso la Sala “don Lorenzo Milani” della Circoscrizione Est in Viale De Gasperi 63 dove il gruppo teatrale del Lieco “Copernico”, “Poetar Teatrando” diretto dalla professoressa Angela Pagnanelli presenta “”Passione vs Ideologia” un collage di testi tratti dalle opere di Pier Paolo Pasolini.

Nell’occasione i Presidenti delle Commissioni Cultura coordinate da Giuseppe Maddaluno annunciano l’intendimento di organizzare nel corso della prima metà dell’anni successivo un Convegno dedicato al tema che è stato posto nel titolo della Rassegna di fine 2005, “L’universalità dell’opera di Pier Paolo Pasolini . non una commemorazione, non un banale rimpianto ma tanto desiderio di capire e di riappropriarsi del suo pensiero a trent’anni dalla sua morte”.

4 gennaio 2021 – PACE E DIRITTI UMANI – XXIX (per la parte XXVIII vedi 9 dicembre)

Questi post vogliono fare da “corollario” utile a mantenere alta l’attenzione sui temi dei “Diritti umani” operando sulla ricorrenza “toscana”del 30 novembre.

Il 30 novembre del 1786 fu promulgato e pubblicato il “Codice Penale Leopoldino” voluto dal granduca di Toscana Pietro Leopoldo d’Asburgo. Il 30 novembre del 2000 per la prima volta la Regione Toscana indisse la Festa della Toscana, collegandola a quello straordinario evento:
per la prima volta nella storia del mondo moderno venivano abolite la tortura e la pena di morte . Questi post riportano la trascrizione degli Atti di un Convegno molto importante che si svolse in quella occasione presso il Centro per l’Arte Contemporanea “Luigi Pecci” di Prato

Parte XXIX

La battaglia incentrata su quel particolare episodio ha visto tra i protagonisti in prima fila uno dei nostri rappresentanti istituzionali più attivi e sensibili, il deputato onorevole Mauro Vannoni, che ha fatto parte anche della delegazione italiana che si è recata a Emporia in Virginia per chiedere il riesame del DNA di Derek Rocco Barnabei, allo scopo di poter creare le condizioni per uno scagionamento totale del condannato. Questo caso ha visto tanti cittadini, soprattutto tantissimi toscani, esprimere con una firma il ripudio di questa forma di ingiustizia, che si caratterizza sempre più come una barbarica legge del taglione. L’impegno intenso avrebbe potuto, con la tragica conclusione della vicenda Barnabei, produrre una forma di riflusso, di rientro, di ripiego. Invece andando dietro agli ultimi, specifici, inviti, le ultime preghiere dello stesso condannato a morte, a continuare nella battaglia abolizionistica negli Stati Uniti e nel mondo, la Regione Toscana ha voluto attivarsi utilizzando come punto di partenza storico quella iniziativa di Pietro Leopoldo di Lorena, Granduca di Toscana, che nel 1786 pubblicò il nuovo codice penale con quelle caratteristiche prima riportate: tre anni prima dell’inizio della Rivoluzione francese e dodici anni dopo la pubblicazione di una delle opere più famose e più rappresentative dell’Illuminismo europeo, di certo la più importante di quello italiano, vale a dire “Dei delitti e delle pene” pubblicato a Livorno nel 1764 da Cesare Beccaria.

Che questa opera, con la sua Introduzione, dove Cesare Beccaria si chiede “la morte è ella una pena veramente utile e necessaria per la sicurezza e per il buon ordine della società, la tortura ed i tormenti sono egli non giusti e ottengono egli il fine che si propongono le leggi?” e con i capitoli 12 e 16, rispettivamente dedicati alla tortura e alla pena di morte, appunto quell’opera, questa opera sia stata la fonte principale della Leopoldina ce lo spiegherà molto più nel dettaglio e meglio di me subito dopo il Professor Giuseppe Panella.

Ma ad un primo esame superficiale di quel famoso editto del 30 novembre 1786 ed in particolare dell’articolo 51 ci elimina ogni dubbio.

Alla fine di quell’articolo si dice:

“Siamo venuti nella determinazione di abolire come abbiamo abolito con la presente Legge, per sempre la Pena di Morte contro qualunque Reo, sia presente sia contumace, ed ancorché confesso, e convinto di qualsivoglia Delitto dichiarato Capitale dalle Leggi fin qui promulgate, le quali tutte Vogliamo in questa parte cessate, ed abolite”.

3 gennaio 2021 PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO – una serie di documenti del Comitato di Prato per il Partito Democratico Parte XIII (per la 12 vedi 27 novembre)

PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO – una serie di documenti del Comitato di Prato per il Partito Democratico
Parte 13

13.

Abbiamo, anche per questo, deciso subito di avere, pur nella loro provvisorietà, due Coordinatori – una donna ed un uomo – ed i due delegati per Montecatini sono stati scelti con lo stesso criterio così come le due persone che, pur a titolo e con compiti diversi, sono stati inseriti in un organigramma nazionale della Rete dei Cittadini per l’Ulivo.

Abbiamo approvato un Regolamento interno smilzo, essenziale, puntato sugli obiettivi prioritari espressi negli articoli 2, 3 e 4.

Oggi siamo il Comitato di Prato per il Partito Democratico dell’Ulivo aderente alla Rete dei Cittadini per l’Ulivo. Abbiamo dei rappresentanti ufficiali, abbiamo degli obiettivi comuni, abbiamo delle proposte da sottoporre alla città e pensiamo di doverlo fare soprattutto alle forze politiche interessate alla creazione del nuovo Partito Democratico.

Una delle questioni prioritarie parte dalla consapevolezza personale di ciascuno di noi, che occorra dare un senso alla nostra operatività politica. Ciascuno di noi per quello che può, per quello che sa, per quello che sa fare, metterà a disposizione le sue energie, e lo farà con maggiore convinzione e tenacia se l’obiettivo sarà chiaro e condiviso.

E’ necessario far risorgere in noi prima che negli altri, ma poi soprattutto negli altri, la passione per la politica. Bisognerebbe davvero che l’obiettivo del POTERE fosse sostituito da quello del PIACERE e ci viene in mente la sollecitazione verbale di don Milani, “I CARE”.
Sentiamo che si avverte forte il bisogno, anche se a volte prevale lo scoramento, di restituire forza e dignità morale all’agire politico.
Verrebbe da dire che prevale la sensazione che tutto ciò che facciamo alla fine è inutile, poiché sembra che niente cambi, il pensiero che si tratti di una valutazione qualunquistica ci sfiora ma se ci guardiamo intorno, abbiamo paura che ciò sia vero.

Pur tuttavia non sempre le chiacchiere sono del tutto vuote, e la corsa – reale – all’accaparramento dei posti di potere è un elemento che ha ingenerato quasi sempre dei danni, fra cui, uno dei più gravi, è quello della disaffezione di gran parte della gente verso la Politica. Così come non si può continuare a fingere che alcune scelte, alcuni progetti, alcune proposte non siano, anche in questa città, state adeguatamente accompagnate sin dal loro primo avvio procedurale dal confronto e dal dibattito giusto e necessario.

Questo modo di agire crea poi il vuoto intorno agli amministratori ed ai politici; ma il vuoto viene poi colmato da quelle forze radicali ed estremistiche che strumentalizzano lo scontento e la sfiducia ed aizzano i cittadini male informati contro le nostre Amministrazioni.

La nostra città, Prato, anche per questa incapacità evidenziata negli ultimi tempi, è caratterizzata da un assordante silenzio. Non c’è dibattito, non c’è confronto, è una città decadente. Lo diciamo con senso critico, forse addirittura autocritico, e lo diciamo senza acredine, lo diciamo con preoccupazione, con partecipazione, anche se ci aspettiamo rapide amorevoli smentite; Noi diciamo e affermiamo allo stesso tempo che anche la nostra presenza, pur con i nostri limiti, intende essere di stimolo per contribuire a riaprire in questa città un dibattito all’altezza degli obiettivi che si propone di raggiungere, che merita di raggiungere.
Invece sembra quasi che si sia rinunciato a confrontarsi ad aprirsi a discutere; prova ne sia quel Piano Strategico della città di cui non si sa più niente.

…fine parte 13….

2 gennaio – CHI NON HA RISPETTO NON PUO’ ATTENDERSI “RISPETTO”!

Questa frase, che è costituita da una seconda parte che nega quanto inserito nella prima, è il segno del limite della pazienza cui, in una fase critica come questa che stiamo vivendo, un normale cittadino, un tranquillo quieto membro della nostra comunità, è condotto.

Io sono tra questi.

E mi ha fatto molto piacere sentire il Presidente della “nostra” Repubblica dire quel che segue nel messaggio di fine anno: “….Vaccinarsi è una scelta di responsabilità, un dovere. Tanto più per chi opera a contatto con i malati e le persone più fragili.

Di fronte a una malattia così fortemente contagiosa, che provoca tante morti, è necessario tutelare la propria salute ed è doveroso proteggere quella degli altri, familiari, amici, colleghi.

Io mi vaccinerò appena possibile, dopo le categorie che, essendo a rischio maggiore, debbono avere la precedenza.

Il vaccino e le iniziative dell’Unione Europea sono due vettori decisivi della nostra rinascita…”

L’altro giorno ho postato sul mio account Facebook questo messaggio:

LEGGO DICHIARAZIONI DA PARTE DI CHI NON INTENDE NE’ ORA NE’ MAI VACCINARSI CONTRO IL COVID – NON CAPISCO PERO’ IN QUALE MODO SI INTENDA DIFENDERE SE STESSI E GLI ALTRI DA QUESTA PANDEMIA PERICOLOSISSIMA – VORREI CAPIRLO MA NON SONO INTENZIONATO AD ACCETTARE QUESTA MODALITA’ DI SCARICARE TANTA PARTE DELLA RESPONSABILIZZAZIONE “CIVILE” SU CHI POI POTREBBE CONTRIBUIRE A QUELLA “IMMUNITA’ DI GREGGE” CHE SALVEREBBE IN DEFINITIVA GLI STESSI NEGAZIONISTI NO VAX!

Tra un cicaleccio insistente e persistente non ho ricevuto commenti: voglio credere che si tratti di un problema tecnico della rete sociale o di una scarsa visibilità dei miei commenti. Sospetto però anche che di fronte ad un quesito (“Vorrei capire..”) sia abbastanza difficile trovare una risposta.

Non posso credere che tra quei “no vax” o “negazionisti” della validità della cura o di “convinti assertori della pericolosità dei vaccini” non ve ne sia “uno” che non abbia avuto “lutti” diretti o indiretti collegati agli effetti di questa pandemìa. Ed inoltre non posso credere che non siano in grado di esprimere un loro pensiero intorno al tema che suggerisco di affrontare (“in quale modo si intenda difendere se stessi e gli altri da questa pandemia pericolosissima”).

Capisco che ci si trovi di fronte a menti eccezionalmente al di sopra della nostra (la mia, soprattutto) capacità intellettiva; menti che teorizzano con grande spirito di fantasia che la Terra sia piatta. Capisco, dunque, come sia davvero molto difficile porsi in contatto, al di là del sapere utilizzare vituperio unilaterale. Indubbiamente, davanti a questa tragedia “umana” (non solo quella legata al contagio, la cui terza ondata – contemporaneamente alla distribuzione delle dosi di vaccino – si annuncia, ma anche quella della ignoranza e della pretesa di possedere, da parte di alcuni, assolute ragioni), trovo che sia un segno di egoismo cosmico quello di volersi distinguere a tutti i costi, rifiutando di essere “partecipi” dei destini sanitari ed economici del Paese e del Mondo.

Sono tra quelli che ritengono sia necessario dal punto di vista civile non obbligare a vaccinarsi coloro che non lo desiderino, ma vorrei che fosse palese questa scelta ed abbia un valore di distinzione soprattutto in alcune realtà dove il rapporto con il “pubblico” è obbligato (nelle strutture sanitarie, nelle scuole, negli uffici dello Stato). La scelta di non sottoporsi ad una vaccinazione come quella di cui stiamo trattando dovrebbe comportare anche l’esclusione da compiti che più direttamente si espletano con il “pubblico”. Non ci può essere un richiamo alla “propria libertà” quando si incide pericolosamente su quella di altri cittadini.

1 gennaio UN ANNO FA (1 gennaio 2020) e due anni fa (1 gennaio 2019) riproposti con nuovo commento (breve) AUGURI di buon anno 2021 e segg.

Care amiche e cari amici è necessario, al di là delle forme autoreferenziali che sottendono alla costruzione di un Blog (già espresse nei post dove tratto del perché ho deciso di aprire e condurre un mio Blog personale), per me rivolgere a tutte/i voi i miei AUGURI per il nuovo anno appena avviato. Oggi, più che in altre occasioni, dobbiamo augurarci che sia diverso!

UN ANNO FA e due anni fa riproposti con nuovo commento (breve)


ANNO NUOVO – VECCHIO ANNO

“ANNO NUOVO – VECCHIO ANNO la continuità” un vecchio post preceduto da un nuovo post non dissimile dal primo

Questo è il testo del post del 1 gennaio 2020

Il testo dell’”operetta morale” di Leopardi aiuta a comprendere come noi diamo un senso a ciò che in linea di massima non ne ha.
Ogni giorno è l’ultimo ed il giorno successivo è il primo di una serie di giorni che potranno dare una svolta (un nuovo inizio, una sollecitazione diversa) alla nostra vita. Molto dipende da noi stessi, anche se si vorrebbe attraverso meccanismi metafisici – come gli oroscopi o gli atti di fede religiosi – assegnare la responsabilità del nostro destino ad altre figure aliene (gli angeli buoni o cattivi, le divinità, gli altri da noi). Ciascuno è responsabile delle proprie scelte e deve accollarsene il peso; bisogna essere, anche attraverso il lavoro, la famiglia, l’impegno sociale e civile, politico tout court, co-protagonisti della storia del nostro tempo. Non ci si può arroccare in “torri d’avorio” che separano dalla vita reale. Oggi è il nostro giorno, sempre.

Il vecchio post rifletteva sul 2018….c’era un Governo essenzialmente di Destra (giallo verde – giallo per il M5S, verde per la Lega). Dall’agosto 2019 c’è un Governo che potrebbe essere diverso ma che in definitiva non lo ha ancora dimostrato. Il Governo “giallo rosso” (giallo vedi sopra – rosso dovrebbe rappresentare il PD) è ancora molto sbiadito e non si è neanche formato il colore “arancione” (il rosso ed il giallo dovrebbero dare l’arancione). Molte delle cose che scrivevo un anno fa sono ancora da divenire (alcune scelte del Governo precedente sono in piedi e creano problemi alla convivenza civile). Bisogna avere più coraggio; certamente non è facile quando la plutocrazia finanziaria condiziona anche l’informazione e l’azione positiva viene offuscata da “fake-news” fuorvianti. Ma la battaglia con i Titani giganti crea il mito degli eroi. Occorre mettere insieme le forze, anche se i passi in tale direzione dovrebbero partire da chi è più forte non da chi non lo è.
Ad ogni modo, è il tempo che scorre che racconterà la Storia.

BUON ANNO giorno dopo giorno fino alla fine dei tempi!

IL POST DI DUE ANNI FA 1 gennaio 2019

Cominciamo il nuovo Anno così come abbiamo chiuso il vecchio.
A coloro che – nella tradizione favolistica d’antan – credevano che ci si potesse lasciar dietro tutto quello che non ci era piaciuto e mantenere quella parte di buono, diciamo “di comodo”, che avevamo acquisito, dovrò dare una delusione. E’ finito il tempo in cui in modo apotropaico a fine anno buttavamo dalla finestra quegli oggetti che non ci servivano più, vecchi arnesi, piatti sbeccati e simbolicamente anche la spazzatura che, nel suo complesso, allagava le strade. Oggi, dopo la mezzanotte, finito lo spettacolo dei fuochi di artificio, si può circolare senza il timore che vi siano danni agli pneumatici ed alla carrozzeria: la crisi ha indotto la buona educazione, grazie al fatto che anche le cose un po’ vecchie un po’ rotte possono essere utili ancora, con il risultato che le cantine e i ripostigli, i garage, sono pieni di cianfrusaglie che ciascuno conserva, “non si sa mai possano essere utili”.
E’ tempo, questo, di letture e di riflessioni. A fine anno in zona Cesarini il Governo è riuscito a produrre e farsi approvare a tamburo battente una legge di Bilancio che dire “creativa” le fa assumere un valore di positività che non merita. La modalità attuata, generata da una necessità emergenziale (andare oltre il 31 dicembre sarebbe stato un atto doveroso per il rispetto del ruolo del Parlamento ma una iattura ulteriore inferta al quadro economico del nostro Paese), è legata al fatto che si è voluto costruire un Bilancio attraverso un braccio di ferro con la Comunità europea, che ha prodotto nel suo iter danni incommensurabili alla nostra economia attraverso lo spread. Lo si è fatto per difendere fino all’ultimo le scelte che ciascuna delle due forze, antitetiche in campagna elettorale – alleate per necessità nel Governo, aveva messo in campo. Via facendo, con il consiglio dei responsabili istituzionali europei, a quei progetti è stato fatto il tagliando; e la soluzione apparentemente positiva è scaturita da un assist poderoso da parte del Presidente francese Macron che, spintonato dai gilet gialli ha promesso l’impossibile facendo crescere a dismisura il rapporto deficit/pil del suo Paese.
Ho accennato al termine “creatività” assegnandolo al Bilancio appena approvato. Ho anche detto che non lo assegnavo come elemento positivo. Infatti il termine “creativo” solitamente collegato a forme artistiche ha un valore positivo, mentre quello collegato agli strumenti economici con cui si governa uno Stato è stato da sempre contornato dall’ironia.
Nel Bilancio, infatti, ci sono molte cifre di uscita che di fronte a quelle “incerte” di entrata non possono che essere delle mere illusioni. Tra l’altro gli interventi collegati a quella pur minima parte della “flat tax” ridurranno le entrate, facendo crescere l’elusione fiscale; quelli collegati alla fantomatica “quota 100” per le pensioni potrebbero avere effetti devastanti anche sulla qualità del lavoro; quelli riservati invece al “reddito di cittadinanza” sono pure affermazioni ideologiche che produrranno tuttavia danni irreparabili su un corpo antropologicamente malato di una parte considerevole del Paese: e non c’è alcuna differenza tra Nord Centro e Sud anche se la Lega continua a pensare che la parte peggiore sia nel Mezzogiorno (anche se, negli ultimi tempi, tende strumentalmente a nascondere questa idea).
Ovviamente i sostenitori di questo Governo sbandierano cifre a tutto spiano per propagandare “le magnifiche sorti e progressive” innescate dai loro interventi. Continueranno a dirlo, allo scopo di imbambolare un popolo disperso che avrebbe bisogno di essere sostenuto ben diversamente da quanto non hanno fatto i precedenti Governi e non sono in grado di fare costoro, venditori di odio e di fumo.

Joshua Madalon

31 dicembre – I REMEMBER – E, allora, mi si dica cosa c’è da festeggiare?!?

I REMEMBER
E, allora, mi si dica cosa c’è da festeggiare?!?

A me sembrava strano. Avevo poco più di venti anni. Mezzo secolo fa. Un amico più anziano di noi quando arrivava il Natale e negli ultimi giorni, e ore, dell’anno, spariva rinchiudendosi nel suo “studio” a fare i conti, il resoconto dell’anno che si concludeva. Non un resoconto economico, come accade negli istituti bancari, ma un reset dell’anima. Non ne coglievamo il senso, anche perché in tutto il resto dell’anno riusciva ad illuminarci con le sue amene invenzioni, con il suo frenetico attivismo, con facezie ed arguzie inconsuete. Geniali.  Non so dove annotasse le tappe del suo lunario e non ci è dato di saperlo, visto che ci ha lasciato per sempre più di venti anni fa. Ma in alcune delle sue “produzioni”  si trovano alcuni indizi.

Sembrava strano, ma poi con la consapevolezza esistenziale nel corso del tempo ho avviato una personale revisione analitica della realtà che mi ha fatto comprendere come si possano contemperare aspetti contraddittori nel corso della propria vita. Occorre però avere ben presente che quel che noi chiamiamo Natale, al di là del riferimento alla tradizione “cristiana” è un giorno come l’altro inserito convenzionalmente in una data che è a sua volta introdotta in un complesso che noi chiamiamo “anno”. Ed è così anche per gli ultimi convenzionali giorni dell’anno ed il primo di quello che segue. Per alcuni tra noi la “vita” è una sequenza di giorni, e i giorni sono una sequenza di fasi imposte da movimenti ciclici naturali, esistenziali.

Ecco perché questa smania di “festa” è solo una consuetudine. Il Natale è dunque per me un giorno comune, nel quale non mi dispiace fare quello che quotidianamente faccio, nè più nè meno.

Non lo era del tutto quando avevo “venti anni o poco più”. Anche se, ad osservare quel tempo, mi sono accorto in età matura che già allora non avevo poi questo grande desiderio di fare “mucchio” in assembramenti informi, in luoghi fumosi e chiassosi. In realtà non condividevo quell’ansia di sommare solitudini collettivamente; mi accontentavo di molto meno, anche se nel corso dei giorni “da giovane” non ho mai smesso di “organizzare gruppi” e creare momenti di condivisione sociale. Ma non in momenti, per così dire, “canonici”, nei quali addirittura mi perdevo, smarrivo le mie certezze e diventavo un malinconico depresso.

Ecco dunque perché non condivido questa smania di festeggiare, e di scambiarsi doni, solo in prossimità di particolari “eventi” ciclici.

Si festeggi quando si vuole, non solo quando le convenzioni sociali quasi quasi sembrano imporcelo. E, tra l’altro, queste riflessioni potrebbero essere utilissime proprio in un tempo come questo nel quale gli impedimenti alla socializzazione “diffusa” sono necessari per un possibile futuro durante il quale potremo festeggiare come e quando, oltre che quanto, vogliamo.

E, poi, in una condizione come questa, dovremmo avere un pensiero in più verso chi ha ben poco da festeggiare: qualsiasi siano i motivi che li abbiano condotti a non poter gioire. Ho pensato, infatti, in queste ultime ore prima e dopo quel giorno convenzionale del “Natale”, alle persone care a me ed a tanti altri che hanno perduto amici e parenti, a coloro che hanno perso il lavoro ed il sostentamento che questo procurava alla loro famiglia; ed ho pensato anche ai tanti amministratori onesti che vorrebbero affrontare e risolvere i problemi sanitari ed economici e non sanno come poter portare avanti questo loro impegno.

E, allora, mi si dica cosa c’è da festeggiare?!?

30 dicembre – Il mondo dopo questa “lezione” sarà migliore? Ne abbiamo già scritto e parlato. E ne riparleremo, e scriveremo ancora.

Il mondo dopo questa “lezione” sarà migliore?

Ce lo siamo augurato tutti ed in minima parte ci abbiamo creduto. Perlomeno noi, quelli del ceto medio apparentemente per ora  “garantiti”, lo abbiamo potuto pensare, avendo davanti a noi “intorno a noi” uno scenario molto ristretto e relativo che agisce da “velo” su tutto il resto del mondo e non ci consente di vedere e di poter percepire e capire quel che accade fuori dalla nostra “palla di vetro”. Di noi , quelli che verranno dopo, diranno “forse” che siamo stati degli inguaribili indefessi ottimisti. Lo vedete: ho scritto “forse”, a dimostrazione che un lume di ottimismo ancora arde.

Abbiamo potuto ascoltare voci che hanno fatto compagnia a noi “internet-nauti” nella solitudine del lock down. Abbiamo contrastato le voci pessimistiche, a cominciare da quelle disfattiste per mera ignoranza e fede ideologica (che molto spesso coincidono)  o quelle negazioniste e non solo i no-vax – che avversavano le posizioni della scienza. Abbiamo costituito piccoli gruppi amicali sulle piattaforme digitali, imparando in poco tempo ad utilizzarle. Ci siamo difesi quasi a mani nude dall’aggressione del virus e continuiamo a farlo fin quando, o noi o loro, qualcuno vincerà questa battaglia. Che, detto tra noi, sarà lunga e, come dicono alcuni esperti,  probabilmente “infinita”.

E, con questo, ho speso – dilapidato – quel lumicino di ottimismo di cui vantavo il possesso.

Ma questo “segnale” così pessimistico deve far scattare in noi, al di là della resilienza necessaria a sopravvivere, quello scatto di orgoglio utile a rimetterci in piedi ed in marcia innanzitutto con la testa, poi con il cuore e le braccia e le gambe. Questo complesso umano deve farsi carico del futuro, al di là di quanto già ora stanno tentando di progettare i potentati dai locali ai nazionali ed internazionali: mentre noi eravamo nei nostri gusci di noce, in quelle palle di vetro rassicuranti, fuori avviavano a gestire il quadro economico globale con una visione “antica” di carattere utilitarista e non umanista. Sarebbe la fine delle libertà e non certo simile a quella limitazione che è stata resa necessaria dagli eventi pandemici. Si andrebbe verso una umanità nella quale la stragrande maggioranza – molto più ampia di quanto non sia ora – vivrebbe in condizioni di vera e propria schiavitù collegata al soddisfacimento dei bisogni primari, mentre una minoranza – ancora più ridotta di quanto lo sia ora – godrebbe dei frutti ricavati dal lavoro dei molti “schiavi”.

La pandemìa ha messo in evidenza la necessità di cambiare il modello di sviluppo. Occorre ribaltare la visione attuale, globale, quella che ha prodotto le attuali forme di ingiustizia (il “quadro” spaventoso che ho sopra sintetizzato al massimo ha già le sue turpi radici nella realtà) e rimodulare gli interventi, valorizzando soprattutto le realtà locali, a partire dall’agricoltura che superi le pratiche della monocoltura, e dall’artigianato locale recuperato soprattutto nelle tradizioni. Ovviamente non potremmo limitarci a questo e, nello stesso tempo, dovremmo procedere ad un cambiamento significativo del  nostro stile di vita, troppo teso alla pratica del consumismo senza valore.

Ne abbiamo già scritto e parlato. E ne riparleremo, e scriveremo ancora.