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IL MOTIVO DI MANUTENERE UN BLOG – il mio Blog parte terza (per la parte 2 vedi 4 novembre)

IL MOTIVO DI MANUTENERE UN BLOG – il mio Blog Parte terza

Ho pubblicato a volte più post quotidiani; non sempre ho programmato gli interventi, ed in alcuni momenti ho abbandonato per lunghe giornate la pratica. Negli ultimi mesi, invece, l’emergenza pandemica ha condizionato il ritmo della mia presenza, più sul Blog che sull’account e la pagina Facebook che “curo” e le uscite sono state più regolari. Pochi “buchi” nei mesi da febbraio ad oggi in quest’anno bisestile (il 23 ed il 28 febbraio, il 4 e il 9 marzo, il 17 maggio, il 20 giugno sono state le uniche 6 giornate in cui non è apparso un mio intervento). In generale, in questo periodo, per l’appunto, ho progettato “recuperi” della memoria ed in questo momento ho già più di venti post già pronti per essere pubblicati. A dilatare lo spazio contribuiscono gli eventi “contemporanei” che non mancano mai. Inevitabilmente in un Blog come questo c’è il rischio di ripetizioni involontarie; e qui mi ripeto: scrivere di me non ha molto a che vedere con una sorta di egocentrismo; avessi voluto farlo, avrei potuto allargare il mio plafond di followers (così si chiamano coloro che – in qualche modo – seguono le peripezie di un “blogger”) acquisendo spazi e dando il consenso ad inserzioni pubblicitarie. L’ho fatto e continuerò a farlo fin quando mi sarà possibile, soprattutto perché – alla fin fine – ci deve essere un ruolo nella “microstoria” per ciascuno di noi: è l’ “insieme” che fa il “tanto”.

24 novembre – “DENTRO IL LOCKDOWN I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi” parte 2

“DENTRO IL LOCKDOWN    I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi” parte 2

Mi sono fermato perchè era giusto che si comprendessero meglio le mie preoccupazioni. In realtà non sono solo mie: occorre mantenere alta la guardia. Non sarà tutto vero ma non bisogna mai sottovalutare qualche dubbio; non si può far prevalere una sorta di correttezza istituzionale mentre qualcuno sotto traccia potrebbe meditare reazioni e rivincite antidemocratiche, liberticide. Potrebbe! E se può, utilizzando la sua “libertà” contro quella dei tanti, fiaccando le menti, colpendole ai fianchi quotidianamente con bollettini di guerra continuativi, bisogna attrezzarsi. Questa pandemìa furiosa sta piegando le forze, indebolendo le energie, mortificando le forme associative, limitando il dibattito civile se non quello che si va svolgendo sui social. Cosa devo raccontarvi, cosa aggiungere che non sappiate già?!

Ritornando al primo gruppo dei “no vax” o assimilati ai quali come ho scritto non credo nella maniera più assoluta sono qui anche a spiegare il motivo per cui ne ho parlato e poi apparentemente ho svicolato sul tema. La mia preoccupazione maggiore è sulla qualità dei vaccini e sui suoi costi effettivi, quelli che andranno a carico delle popolazioni. Penso di essere ancora abbastanza fortunato, insieme a tante persone che vivono in questa parte del Mondo che si chiama Occidente, in quanto vi è la certezza della disponibiità delle necessarie dosi di quel prodotto, che con il passare dei giorni, delle settimane e probabilmente di qualche mese potrà far emergere anche gli aspetti meno positivi, laddove – come ci si preoccupa – questi esistessero davvero. Ho accostato il tema della non disponibilità per tutti – pensando ai paesi poveri dove i dati del contagio non sono mai stati attendibili e stimolano gli osservatori a congetturare scenari davvero cupi e pericolosi per il resto dell’umanità (“il virus non si è modificato” è quel che si dice, ma ciò non toglie che non possa in seguito accadere, finendo per provocare accanto ad una devastazione di tipo ecologico ambientale un’ecatombe di tipo planetario).  Questo è lo scenario apocalittico che dobbiamo esemplarmente tenere d’occhio; se la scelta della produzione di massa dei “vaccini” non si pone l’obiettivo della gratuità a vantaggio del fruitore finale, soprattutto i più deboli e poveri, i diseredati della Terra, non farà altro che destinare il Pianeta ad una autodistruzione.

Non avrà alcun valore il livello di Civiltà raggiunto nè il grado di Governo del Mondo.

Non potremo raccontarcelo.

E ritorno a trattare dei “secondi”, ovvero quegli “alcuni che hanno alzato forte il loro allarme sul rischio che corre la Democrazia”. Abbiamo subito pensato che fossero “fuori luogo”, ed in realtà lo erano, perché scendevano in piazza, negando fossero reali i numeri delle vittime, quelle scene strazianti delle “camere di terapia intensiva” dove esseri ormai irriconoscibili lottavano tra il poco di vita che rimaneva e la morte che avanzava, e quelle lunghe file di camion militari con salme che non potevano essere accompagnate dagli affetti più cari. Visionari, dunque? Forse soltanto inopportuni; anche perché con tutto quello che sta ancora oggi accadendo e tutto quello che si annuncia per le prossime settimane e forse mesi e mesi ancora una preoccupazione io la manterrei ben desta.

prosegue……..“DENTRO IL LOCKDOWN    I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi”

DENTRO IL LOCKDOWN I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi parte 1

DENTRO IL LOCKDOWN    I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi 

In questi giorni ho trattato in modo quasi quotidiano i temi del lockdown e le mie riflessioni hanno oscillato tra pessimismo ed ottimismo, anche se i miei punti cardinali di riferimento sono stati e rimangono Gramsci e Pasolini.

Non mi ripeto e per questo oggi il pendolo si piega verso il negativo, il pessimismo.

A indurmi in tale impantanamento hanno contribuito un virologo ed una “compagna” di avventure politiche.

Mi spiego meglio, superando il cripticismo.

Esistono pochi, anche se a volte ci appaiono in tanti, che hanno veementemente professato il loro rifiuto verso l’utilizzazione di vaccini; allo stesso tempo esistono alcuni che hanno alzato forte il loro allarme sul rischio che corre la Democrazia. Ai primi non ho mai dato credito, perchè forte è stato il controllo sugli esiti dalla somministrazione dei prodotti a salvaguardia di alcune diffuse e terribili patologie e non vi è stato alcun riscontro intorno alla loro pericolosità. Ai secondi ho riservato invece una forma di scetticismo, motivato dalla consapevolezza dell’esigenza di interventi pur temporanei che fossero rigorosi energici e risoluti ancor più di quanto non sia poi stato attuato.

Questo, in sintesi, quel che ho creduto fino a pochi giorni fa: verso i secondi sono stato molto più prudente di quanto non abbia fatto con i primi, ai quali proseguo ad assegnare degradanti patenti.

Pur tuttavia, quando l’altro giorno un autorevole virologo ha cominciato a nutrire qualche dubbio sull’efficacia dei vaccini così rapidamente a quasi-diretta disponibilità delle masse, ho avviato una riflessione, che va oltre: mi sono chiesto e non trovo risposte adeguate se fossero state attivate da parte dei ricercatori le opportune necessarie verifiche su fasce di età diversificate scientificamente ed in particolare su possibili interazioni nocive tra vaccino antinfluenzale e quelli che dovranno contrastare il Covid19.

Collegato a quel che potrà significare, con esiti positivi, l’inoculazione del vaccino contro il Coronavirus19, ho allargato la mia visione “pessimistica” al fatto che, dovendosi trattare di un prodotto estremamente necessitato per la “vita” di tutti, nessuno escluso  – a partire dai più anziani e più deboli (che notoriamente sono categorie affini), la disponibilità potrebbe variare a seconda della qualità economica del mercato.

Apparentemente quel che ho scritto qui sopra è di una eccezionale gravità e si potrebbe ascrivere ad uno stato di prostrazione pessimistica eccezionale. Ma di tanto in tanto mi è capitato di sentire di peggio e di sentirlo non in modo furtivo ma con dichiarazioni esplicite. Spero siano solo mie “voci di dentro” malevoli. Ma quando fuori ai nosocomi nelle grandi città ci sono file di ambulanze in attesa e nei corridoi gli ammalati attendono di poter essere collocati a seconda della gravità delle loro condizioni allorquando non vi sono alternative logistiche a disposizione ed è assai urgente intervenire, si procede ad una scelta drammatica.

….a questo punto  interrompo il mio “scriptum” e riporto uno degli articoli dai quali si rileva che le mie parole non sono personali “ubbìe” di vecchio decrepito:

https://www.corriere.it/cronache/20_marzo_09/coronavirus-scegliamo-chi-curare-chi-no-come-ogni-guerra-196f7d34-617d-11ea-8f33-90c941af0f23.shtml

Questa è una “situazione di guerra”.

…. prosegue “DENTRO IL LOCKDOWN    I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi”

22 novembre – DENTRO IL LOCKDOWN – il “dopo” è già “oggi”

Dentro il LOCKDOWN – il “dopo” è già “oggi”

Nella prima fase della pandemìa all’inizio abbiamo faticato a convincerci che occorreva rigore e sacrificio per riuscire a ridurre i danni “umani” (che poi significano anche “economici”). Il mondo della Politica, quasi tutto, si ostinava a mantenere aperte le strutture produttive e quelle commerciali, facendo prevalere gli interessi economici su quelli della salute. E’ una prassi molto cruda che può sorprendere gli sprovveduti, ma che in questo mondo reso ancor più meschino dalla rincorsa all’arricchimento sta divenendo molto comune. Lo stesso settore della Sanità pubblica nel corso dei decenni passati ha visto ridursi in modo molto rapido e deciso i suoi spazi a vantaggio dell’intervento privato. In modo particolare si è visto venir meno progressivamente al ruolo della medicina di base e delle strutture intermedie, la qual cosa ha colpito drasticamente le parti più deboli della popolazione, che a causa di redditi bassissimi ed una scarsissima capacità di sviluppare competenze moderne, come l’uso dei mezzi tecnologici, è stata costretta a ridurre l’accesso alle cure ed alle terapie preventive. Uno degli aspetti su cui è più urgente avviare una seria e profonda riflessione è su come affronteremo il problema delle disuguaglianze che sono la conseguenza non solo di questa “crisi” ma in modo particolare degli errori che l’hanno resa più difficile da superare.

Un Blog, come questo, serve anche a raccogliere giorno dopo giorno la memoria anche se da un punto di vista assolutamente individuale senza pretesa di essere nel vero ma con la cognizione di poter contribuire a ricercare possibili necessarie vie d’uscita.

Anche per questo, devo ripetere che uno sguardo equilibrato non può volgersi solo al contingente ma deve essere in grado di procedere ad una revisione degli errori singoli e collettivi che hanno preceduto questo stato che oggi chiamiamo emergenza e, come tale, affrontiamo solo per riportare il tutto indietro nel tempo ma solo a un minuto prima che questa si svelasse. In realtà molti dei responsabili di quel che se non ha prodotto ma di certo ha favorito la crudezza della crisi, sono tra noi, senza escludere chi oggi denuncia questa stato delle cose. E questo non deve condurre ad un colpo di spugna teso a cancellare ma ad una revisione severa da parte di tutti dei modelli sui quali abbiamo formato la nostra vita.

Se ne vogliamo davvero uscire migliorati, se vogliamo davvero riprendere in mano il destino dell’umanità intera, se davvero amiamo la vita, dobbiamo cominciare da subito a costruire un nuovo progetto. Sarà una vera e propria impresa, anche perchè siamo certi che in altre parti del nostro pianeta, forse anche molto vicini a noi altri si stanno organizzando per riconfermare il loro Potere, accrescendolo e puntando non solo a riprendere le vecchie abitudini ma a costruire altra diversa progettualità per rendere maggiore l’ingiustizia sociale ed accrescere le disuguaglianze.

21 novembre DENTRO il lock down – la lezione di Gramsci

Sarebbe quantomeno opportuno in questo tempo in cui siamo maggiormente portati alla riflessione andare alla riscoperta di alcuni valori che, durante il lungo periodo dell’edonismo sfrenato cui ci siamo lentamente abituati (in realtà chi più chi meno ne ha usufruito) avevamo tralasciato di praticare. Sarà molto difficile una veloce e rapida presa di coscienza complessiva della nostra società, ma si rischia di dover fare i conti con le trasformazioni in modo molto più severo e drammatico man mano che si procederà giorno dopo giorno, settimane e mesi.

Dobbiamo renderci conto che da questo passaggio in poi nulla potrà essere come prima. E se dobbiamo anche continuare a far nostro quell’imperativo camuffato da “futuro” o futuro con desiderio di “imperativo” – “andrà tutto bene!” – che nella prima fase aveva accompagnato le nostre giornate, dobbiamo anche accogliere come prospettiva un profondo cambiamento del nostro stile di vita.

Verifichiamo quotidianamente (anche stamattina leggo un post  tristanzuolo pessimistico di una nostra amica) che non si accettano queste trasformazioni e si paventano in modo inappellabile privazioni accessorie del tutto superflue quasi inconsapevoli dei rischi profondi che si stanno correndo, quasi come si dovesse assistere ad una forma occidentale di Harakiri, un autolesionismo alla maniera dei lemming.

Troviamo davvero disdicevole che, soprattutto persone che posseggono doti intellettuali non comuni, non abbiano acquisito la consapevolezza dei propri limiti umani; lo trovo ancor più inaccettabile se si tratta poi anche di persone che posseggono una fede religiosa chiaramente espressa in tempi “normali”. Ecco! Certamente questi non sono tempi normali: ma nel “mondo” non ci sono stati dappertutto tempi “normali” come qui da noi. In altri luoghi hanno sofferto privazioni estreme: guerra, distruzioni, morti, carestie, epidemie. E’ come se i quattro cavalieri dell’Apocalisse abbiano voluto risparmiarci la loro visita “fino ad ora”.

Forse potrebbe anche bastare questa capacità di volgere lo sguardo sul resto del mondo, hic et nunc, oltre che heri nudius tertius, a renderci conto che siamo ancora tra i più fortunati. Dopo di che occorrerà affrontare tutto il prossimo futuro, facendo tesoro di una parte delle idee espresse da un nostro grande intellettuale, forse il più grande al quale alcuni di noi – a volte immeritatamente (a partire da me) – fanno riferimento: Antonio Gramsci. Forse sarà improprio ma applicare il motto, che Gramsci ricava da Romain Rolland, “Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”, può oggi essere utile, soprattutto se si condivida l’idea che i tempi che stiamo vivendo sono destinati a segnare un profondo mutamento nei costumi nello stile di vita nei modelli di sviluppo.

Scrive Antonio Gramsci in una nota del primo dei “Quaderni del carcere”:

“Ogni collasso porta con sé disordine intellettuale e morale. Bisogna creare gente sobria, paziente, che non disperi dinanzi ai peggiori orrori e non si esalti a ogni sciocchezza. Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”  ed a noi sembra straordinariamente utile ad accompagnarci in questi giorni in cui possiamo impegnarci anche ad aiutare gli altri a sopportare le privazioni e ad attivare una ripresa consapevole per quello che troppo spesso solo in modo pedissequo chiamiamo “sviluppo sostenibile”. Quest’ultimo contiene invece proprio quegli esiti, diversi e lontani dagli stili di vita che abbiamo mantenuto in questi ultimi anni.

PACE E DIRITTI UMANI – XXVII- per la XXVI vedi 29 ottobre

Parte XXVII

Stiamo avvicinandoci alla data del 30 novembre. Il 30 novembre del 1786 fu promulgato e pubblicato il “Codice Penale Leopoldino” voluto dal granduca di Toscana Pietro Leopoldo d’Asburgo. Il 30 novembre del 2000 per la prima volta la Regione Toscana indisse la Festa della Toscana, collegandola a quello straordinario evento:
per la prima volta nella storia del mondo moderno venivano abolite la tortura e la pena di morte . Questi post riportano la trascrizione degli Atti di un Convegno molto importante che si svolse in quella occasione presso il Centro per l’Arte Contemporanea “Luigi Pecci” di Prato

Riprende la parola il professor Giuseppe Maddaluno:

Bene, grazie Attilio. In ogni caso, come si è compreso e visto i tempi, abbiamo finito gli interventi programmati, ma li abbiamo finiti cominciando; praticamente, come ha fatto, e ha fatto molto bene, Attilio Maltinti che ci ha posto delle domande. Sarà, dunque, compito vostro degli allievi come voi più sensibili e dei vostri docenti riportare in piena autonomia la discussione nelle classi, nelle Assemblee scolastiche.

Purtroppo credo che abbiamo dei grossi problemi stasera con i “tempi”, è interessante però quello che tu, Attilio, dicevi, ben collegato con tutto il resto che è stato qui proposto da parte di tutti gli intervenuti.                                                                                                                                                                                                 Però, rispetto a quello che dicevo in apertura, questo per noi è un inizio di un cammino, di un percorso: chiudiamo con delle domande, apriremo on queste domande i prossimi incontri. I tempi tecnici, a causa del ritardo che si è accumulato, sono piuttosto pressanti, perché dovrebbe partire il film e non appena finisce il film dopo almeno 15 minuti nella stessa sala comincerà il concerto, perché sono già le 17.30 e prima delle 18.30 il film non finisce, con 15 minuti di ritardo, speriamo di riuscire tecnicamente anche a fare questo, comincerà il concerto, che è altrettanto interessante e ci saranno tanti di voi che lo vorranno seguire, non dico che qualcuno sia venuto appositamente per loro, ma può essere anche così.

Io ringrazio tutti, speriamo di avere inserito degli stimoli, vi saluto per adesso, spero intanto che voi rimaniate ancora con noi a vedere il film e poi a seguire il concerto, e che siate nel pubblico presente ai prossimi incontri. Grazie. Buona sera.

Così termina la giornata dedicata alla Festa della Toscana del 30 novembre 2000.

Lo scorso 3 giugno del 2019 cominciai a pubblicare il testo dell’intervento che il prof. Giuseppe Panella svolse nell’occasione della celebrazione della Festa della Toscana, indetta per la prima volta proprio nell’anno 2000, il 30 novembre. In quel post iniziale elenco molti degli aspetti che quella occasione significò. L’input a pubblicare sul mio Blog quegli interventi mi venne spontaneo dalla prematura morte dell’amico Panella: anche per questo, desiderando solo riportare il “suo” corposo intenso intervento, avevo all’inizio escluso di inserire quello di altri, a cominciare dal mio che volli “omettere”. Strada facendo, però, ho pensato di aggiungere gli interventi successivi, oltre a quelli miei di coordinatore, sia quelli istituzionali sia quelli culturali. Anche per questo motivo ed al di là di una mia personale “vanità” aggiungo nei prossimi blocchi la mia introduzione, quella che avevo omesso.

Chi lo desidera può intanto consultare il post  di cui riporto lo shortlink

18 novembre CINEMA – Storia minima parte 11 (per la parte 10 vedi 25 ottobre)

CINEMA – Storia minima parte 11

Nel 1936, continuando a trattare il Cinema degli anni Trenta in questa “Storia minima” per immagini, negli Stati Uniti escono tre film del filone “horror”, che proseguono con una certa ironia, pur celata, nella tradizione del cinema espressionista tedesco. Sono “La bambola del diavolo” penultimo film di Tod Browning, “La figlia di Dracula” di Lambet Hillyer e “L’ombra che cammina” di Michael Curtiz con Boris Karloff.

Sempre in quell’anno dobbiamo segnalare un film tratto da un dramma teatrale, interpretato da grandi stelle del Cinema, come Humphrey Bogart, Leslie Howard e Bette Davis, gli ultimi due ancora una volta insieme dopo il successo di “Schiavo d’amore”Si tratta de “La foresta pietrificata” di Archie Mayo.

Inglese è invece un bellissimo esempio di cinema “distopico”, ispirato al romanzo di H.G.Wells The Shape of Things to Come  del 1933, “La vita futura” diretto sempre nell’anno 1936 da William Cameron Menzies. Drammaticamente veniva anticipata la realtà con la quale di lì a poco l’Europa avrebbe dovuto confrontarsi realmente: lo scoppio di una seconda guerra mondiale.

Ripercorrendo la carriera di uno dei più grandi autori del cinema mondiale, troviamo “Verso la vita” (Les Bas-fonds) tratto dal dramma teatrale Bassifondi (o L’albergo dei poveri) di Maksim Gor’kij interpretato da Jean Gabin, che poi nell’anno successivo darà una delle sue migliori interpretazioni ne “La grande illusione” sempre direatto da Renoir.

Concludendo la breve “minima” trattazione dei film del 1936 e ritornando nel nostro Paese ci sentiamo di segnalare una messa in scena tratta dall’omonimo testo teatrale di Luigi Pirandello, “Pensaci, Giacomino!”  diretto da Gennaro Righelli ed interpretato dal grandissimo Angelo Musco, in una delle sue ultime apparizioni, e da Dria Paola, già diretta dallo stesso regista nel primo film sonoro italiano, “La canzone dell’amore”.

Un anno dopo, e sempre in Italia, nel 1937, è importante ricordare la prima apparizione di un personaggio che accompagnerà la nostra vita per gran parte del secolo. Si tratta di Totò, pseudonimo di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio Antonio de Curtis. Il film è “Fermo con le mani”.

Negli Stati Uniti grande successo riscosse “Orizzonte perduto” diretto da Frank Capra Il film, tratto dall’omonimo romanzo di James Hilton, ottenne due Premi Oscar per la scenografia ed il montaggio. Per realizzarlo, Frank Capra non volle utilizzare i consueti – pur ampi –  spazi dei teatri di posa e girò molte scene “en plein air” sulla neve viva e sotto le nevicate. La magica città eterna di Shangri-La , luogo dell’eterna giovinezza da tanti sognata, terra dell’utopìa, rimane nella nostra memoria in modo intensamente indelebile. Un recente “remake” (1973) non è riuscito pur girato con tecnologie molto più avanzate a ripetere il miracolo del prototipo.







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DENTRO IL LOCK DOWN – la Sanità e la Scuola

LA SANITA’ E LA SCUOLA

Nei mesi scorsi ho scritto una serie di post nei quali evidenziavo le ombre e le luci della Sanità toscana. Tra le “ombre” ponevo in primo piano le manchevolezze della parte amministrativa gestionale troppo legata agli apparati politici; tra le “luci” invece sottolineavo la cura, l’impegno professionale – innanzitutto – e quello umano – non secondario – degli operatori, tutti indistintamente. Se la Sanità funziona  lo dobbiamo a loro che tra mille difficoltà cercano di tappare le numerose falle del sistema. E’ infatti soprattutto questo che non riesce a funzionare; questo – il sistema – e l’assenza di operatori capaci tecnologicamente e numericamente adeguati a rinnovare i meccanismi di elaborazione e condivisione al massimo dei dati, a far funzionare le più avanzate e moderne tecnologie per velocizzare i processi.

Accade però che in molte occasioni, come d’altronde è accaduto anche a me, gli utenti si adattano a vivacchiare in contesti discutibili, che tuttavia passano in secondo piano, ed esprimono un grado di soddisfazione fermandosi a valutare in modo esclusivo le prestazioni sanitarie finali, quelle degli operatori con i quali si entra in diretto contatto. A volte avviene anche il contrario, ma è fuorviante e sbagliato, allorquando per i disservizi vengono attaccati proprio coloro che non ne possono e non ne sono responsabili.

Trattando pur in maniera superficiale il tema delle nuove tecnologie e la loro scarsa applicazione pratica a sostegno degli apparati “burocratici” (il termine è quanto mai come in questo caso doverosamente portato verso la sua accezione negativa) mi sovviene il tono di un post pubblicato sull’account di una mia amica

FUTURO
“ Non vorrei mettervi ansia ma tra dieci anni l’appendicite ve la farà un medico che oggi è alle superiori e sta facendo didattica a distanza in mutande davanti all’ Xbox mentre mangia merendine.

Abbiate cura di voi “

Molti negli ultimi tempi lamentano i danni che la DaD comporterebbe. Sono dell’opinione che questa “tragedia” farà crescere la preparazione digitale sia tra i docenti (la maggior parte dei quali sono “analfabeti” parziali o totali sotto quell’aspetto) che tra gli studenti. Condivido la preoccupazione collegata alle differenti basi economiche familiari da cui partono gli studenti ma il superamento di tali disuguaglianze deve essere compito prioritario dello Stato, doveva esserlo già da tempo, ma la tromba della Storia si è assunto il ruolo di svegliarci ed anche in questo tempo “non è mai troppo tardi!”.

Tutti siamo arrivati impreparati a questo “appuntamento” inatteso. Sarebbe ottima cosa se la classe docente e quella politica di riferimento settoriale si ponesse a disposizione per poter meglio  cogliere gli aspetti positivi. Troppi sono ancora abituati a interpretare l’insegnamento come un mero “travaso” di nozioni o poco più – se va bene – e troppi ancora sono abituti ad insegnare in modo esclusivamente frontale. Se leggiamo il giudizio di questo giovane che è riportato in un articolo de “La Repubblica” del 2013 potremmo pensare che in quel tempo si fosse nel lontano Medioevo: ma no! Non è cambiato davvero nulla da allora. E’ soltanto accaduto che la pandemìa ha scoperchiato la realtà. Il rischio, come spesso accade, è che, una volta risolto il “problema sanitario” (già si festeggiano i vari vaccini in arrivo), finisca tutto “in cavalleria”.

https://scuola.repubblica.it/sicilia-catania-lcspedalierisede/tema/gli-studenti-non-sono-vasi-da-riempire-ma-fiaccole-da-accendere-cosi-e-la-scuola-italiana/

In definitiva, e per ora, a quel post intitolato FUTURO risponderei con le immagini dei tre “DIRIGENTI” della Regione Calabria (ALTI Dirigenti!); sono il “MEGLIO” di quanto noi disponiamo. Potete pensare che abbia fatto bene loro la Didattica in presenza?

DENTRO IL LOCK DOWN – prima durante e ora

DENTRO IL LOCK DOWN – prima durante e ora

Durante la prima fase della pandemìa ci ha sorpreso la capacità di resilienza del popolo italiano, quasi entusiasta di poter essere alla ribalta con delle sortite “magiche”. Abbiamo potuto vedere immagini di compostezza: una delle prime apparse e diffuse in tutto il mondo è stata quella della lunga fila di persone  nel piazzale antistante all’Esselunga di Prato in via Fiorentina in attesa dell’apertura del supermercato il primo giorno di lockdown. Poi c’è stata una lunga sequenza di interventi, alcuni dei quali “geniali”, innovativi, con il “privato” che diventava “pubblico” sui diversi “social”. Abbiamo riscoperto il fascino delle “case di ringhiera”, quelle dove a Milano i condòmini, in particolare quelli di origine forestiera – immigrati interni provenienti nella maggior parte dal Sud – condividendo i ballatoi comunicavano in modo dilatato, dialogando con le persone degli altri condomìni. Abbiamo urlato e cantato l’inno italiano e qualche altra canzone, diffondendo il tam tam sulle piattaforme sociali. Un po’ alla volta abbiamo avuto modo anche di apprezzare l’impegno di quella parte di artisti resilienti che mettendosi insieme in un loro progetto “a distanza” hanno composto concerti e performance di altissimo livello qualitativo.

Di fronte a tutto questo, che è solo una minima parte delle cose buone (quelle “cattive” sono state soprattutto i lutti che hanno colpito tante persone, tante famiglie, tanti affetti), non abbiamo esitato a diffondere, credendoci davvero, che sarebbe andato “tutto bene”!

Il livello di guardia in maniera generica per tutti noi (tantissimi di noi) non è venuto meno con la riapertura delle attività lavorative, ma alcune scelte e soprattutto la scarsità ( diremmo meglio “assenza totale”) dei controlli dall’inizio dell’estate fino ad oggi (“fino ad oggi” va sottolineato) hanno condotto al disastro attuale.

Di recente, vi è stata un’inchiesta intorno al tema della “riapertura delle discoteche”. A leggere l’articolo che allego (da “Money.it” del 31 luglio 2020) non vi è stata esplicita autorizzazione alla riapertura, ma un’affermazione pilatesca da parte del Ministro Speranza riportata tra virgolette “Se le Regioni decideranno di farlo autonomamente, possono eliminare le restrizioni ma dovranno assumersene le responsabilità”.

https://www.money.it/discoteche-slitta-riapertura-nuovo-dpcm

In realtà si è continuato a non intervenire solo quando sono scoppiati i contagi. A luglio, per nostra esperienza diretta, girando per le strade nei luoghi della nostra vacanza spesso si incrociavano gruppi resistenti agli obblighi di prevenzione e nel chiuso boschivo retrodunale in alcuni spazi si organizzavano festini “alternativi” alle regole. Andavano sanzionati; invece hanno contribuito a far dilagare il virus non appena il caldo si è attenuato. In alcuni luoghi non ci si è nemmeno nascosti e si è derogato ampiamente: il tutto in nome della libertà di impresa ed a scapito della salute pubblica.

Altro grave errore, collegato essenzialmente alla prevalenza di una gestione del Potere da parte delle forze politiche, tutte in modo indistinto (non c’è Sinistra o Destra che si distingua), è stata la volontà di far partire la campagna elettorale per il rinnovo degli organismi amministrativi regionali e comunali in piena Estate ed in piena crisi pandemìca.

Su questo tema abbiamo più volte espresso il nostro dissenso, motivato dal fatto che in piena post-pandemìa (quella che credevamo “post” ma che era solo una timida sosta) mettere in moto meccanismi che – per essere “democratici” – devono essere in grado di coinvolgere il massimo dei cittadini, è da irresponsabili. Ne parleremo, così come parleremo anche della Sanità in Campania (quella della Toscana l’abbiamo già trattata in alcuni post).

DENTRO IL LOCK DOWN – rassegnazione e assenza di speranza

DENTRO IL LOCK DOWN – rassegnazione e assenza di speranza

Non ho mai avuto desiderio di polemica in questi ultimi mesi; piuttosto c’è stata una sorta di rassegnazione che si è accompagnata però in modo contrastante ad una serie di proposte alternative molto legate ad un realismo concreto, formulato soprattutto in base a verifiche non connotate da forme ideologiche.

Ribadisco che la parola “rassegnazione” ha un sostrato per me insopportabile; non fa parte del mio carattere, del mio DNA. Pur tuttavia è collegata alla impossibilità di avere, in questo momento, ma – purtroppo – non solo in questo, delle speranze verso il futuro . Mi ritrovo a condividere molto tardivamente quel che diceva Pasolini in questa intervista ad Enzo Biagi del 1971.

L’ho scritto, l’ho detto, lo confermo: a questo Governo non c’è alternativa possibile; anche se questo Governo squinternato nella sua palese diversità interna non appare in grado di poter affrontare pienamente la crisi sanitaria e quella economica.

Allo stesso tempo, tuttavia, ho avanzato critiche e rimproveri, assolvendo al compito civile che anche il più piccolo uomo di questo Paese ha il dovere ed il diritto di svolgere. Utilizzo questo Blog a tale scopo.

Ho parlato della Scuola. Ci ho vissuto una vita ed ho conosciuto come è fatta la maggior parte degli edifici; ho anche verso la fine dello scorso millennio ingaggiato battaglie, contenziosi che sto documentando un po’ alla volta, proprio sugli spazi scolastici, sui criteri di sicurezza di questi (in un post scrivevo che in qualche caso venivano “stiracchiati” e adattati “alla bisogna”) e sulla protervia di alcuni amministratori, che seguono criteri incompatibili con la comune ragione. E sulla Scuola ho rilevato molte approssimazioni in questi mesi, molte più di quanto sarebbe stato logico attendersi da un Governo all’interno del quale vi erano “contestatori integralisti” verso il Potere (“Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno” aveva detto il loro Leader tempo addietro) che lasciavano ipotizzare grandi cambiamenti. In realtà quella forma movimentista ha perso nel corso di questi anni, insieme alla forza propulsiva e innovativa, anche la metà dei suoi voti: e quest’ultimo aspetto non è affatto irrilevante; questo Governo è inevitabilmente non più rappresentativo. A poco serve consolarsi con il fatto che l’attuale Presidente del Consiglio abbia ancora un discreto sostegno popolare; quasi certamente fa parte di quella “rassegnazione”, quell’assenza di speranze alternative che caratterizza anche me.

Uno degli atteggiamenti che non mi è piaciuto sin dal primo momento dell’avvento in questo Esecutivo governativo della Ministra Azzolina è quello che emerge dai video qui sotto riprodotti. Non credo di essere colpevole di sessismo, e non voglio esserne sospettato minimamente ma non si può tollerare che un Ministro in carica attacchi in modo così virulente un Ministro che ha appartenuto allo stesso identico Esecutivo.

Mi sono sorpreso di questo atteggiamento e l’ho voluto giustificare per l’inesperienza della Ministra. Ma poi ho capito, abbiamo capito.

Quanto all’insistenza con cui ha chiesto di mantenere aperte le scuole ne parleremo ancora: ma – a chiusura di questo post – voglio dire che non c’era bisogno che lo confermasse il virologo Crisanti: è lapalissiano rendersi conto del grande pericolo di contagio prodotto dalla presenza degli studenti a scuola. Il virus è “invisibile” e contagia in modo anche (direi “soprattutto”) asintomatico. Chi lo accoglie lo veicola già in presenza, quando vi sono comunque masse di individui, e le mascherine diventano un inutile palliativo; poi lo trasporta con sé in giro. D’altronde, il tracciamento è “fallito” ed il virus ha dilagato in lungo e in largo per il Paese.