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2 NOVEMBRE – DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – nona parte – per intero

DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – ottava parte 1 (per la settima – 18 vedi 10 aprile 2020)

Questo è lo shortlink per riprendere il cammino su uno dei temi che ho trattato relativamente a quel che ho vissuto negli ultimi tempi in cui stabilmente sono stato nella mia terra natìa: “Pozzuoli nei Campi Flegrei”
DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE http://www.maddaluno.eu/?p=11530
E’ datato 10 aprile 2020

Il titolo è
DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – SETTIMA PARTE – 18 e ultima della parte settima – una necessaria precisazione

In linea di massima sono alcuni appunti su come nacque l’idea di scrivere un testo per il secondo ciclo delle scuole elementari e per le classi della scuola media inferiore della città di Pozzuoli.
Ho trascritto tutto il testo del librettino in vari post. Di certo le informazioni che in esso ho dispensato risultano in alcune parti essere datate: si trattava in qualche modo di abbinare ad esse delle indicazioni civiche per le nuove generazioni ed infatti il riferimento del titolo della serie di “post” è “illuminante” allorquando si fa riferimento alla “sensibilità ambientalista, storica e culturale”.

Tra le attività che, da organizzatore (in cooperazione con Raffaele e Renato), svolsi in quella straordinaria occasione dei “2500 anni dalla fondazione di Dicearchia”, ci fu il Concerto della “Nuova Compagnia di Canto Popolare” che era stata fondata all’inizio della seconda parte del decennio precedente (1966) dai musicisti napoletani Eugenio Bennato, Carlo D’Angiò, Roberto De Simone e Giovanni Mauriello ai quali si unirono Peppe Barra, Patrizia Schettino, Patrizio Trampetti, Fausta Vetere e Nunzio Areni.
Prendemmo contatto con l’impresario, che in quel periodo iniziale era Giulio Baffi, uno dei personaggi del mondo dello spettacolo, come studioso del teatro, non solo popolare, ma soprattutto quello di ricerca e di studio che era (ed è) una delle caratteristiche fondamentali dell’esperienza della NCCP, particolarmente in quel periodo in cui facevano riferimento in modo diretto al grande “maestro” Roberto De Simone.
In pochissimi giorni avevamo già concordato gli aspetti amministrativi e per la fase logistica organizzativa, essendo stato previsto l’utilizzo di uno spazio della Diocesi, la Cittadella Apostolica che si trova accanto all’Accademia Aeronautica, fissammo un appuntamento con alcuni membri della Compagnia alla Stazione della Metropolitana.
Arrivarono Eugenio Bennato, Giovanni Mauriello e Patrizio Trampetti; e, con loro, il geniale fratello maggiore di Eugenio, Edoardo, che si estranea e non partecipa alle discussioni, confermando la sua indole ribelle. Andammo poi tutti insieme a fare un sopralluogo tecnico acustico nel Teatro della Cittadella.
Molti tra noi già conoscevano ed apprezzavano la Nuova Compagnia di Canto Popolare che avevamo seguito sin dalle loro prime prove. Io stesso avevo in qualche occasione avviato un percorso teatrale etnomusicale insieme a Salvatore Di Fraia, Raffaele Caso e Enzo Aulitto senza ottenere tuttavia alcun incoraggiamento per i risultati – per me – davvero deludenti (non ho mai avuto una preparazione musicale); e non ho insistito, assistendo volentieri però al successo dei miei compagni di avventura di quel tempo che ancora oggi riescono ad esprimere un buon livello nelle loro performance.

Nel prossimo post riporterò un Comunicato Stampa da me redatto per l’occasione del Concerto di cui parlo, che si tenne il 22 ottobre del 1972

“Meravigliosi!”, “Stupendi!”, “Sono bravissimi!”, e la Nuova Compagnia di Canto Popolare non aveva che da pco iniziato il suo Recital alla Cittadella Apostolica offerto dal Comitato delle Celebrazioni in occasione del XXV Centenario della fondazione di Pozzuoli ad un folto gruppo di autorità e di cittadini.

La breve presentazione fatta dall’eclettico prof. Adinolfi aveva in precedenza predisposto il pubblico al tipo di s pettacolo cui avrebbe di lì a poco assistito

Fra le altre cose veniva riportata alla luce parte della nostra storia cittadina con tre canti di tradizione puteolana, recitati in maniera pregevole dallo stesso prof. Adinolfi.

Allo spettacolo era intervenuto un pubblico di eccezione, quale mai era stato visto, un pubblico preparato ed attento he, man mano, divenuto entusiasta fino a confondersi con il gruppo dei cantanti in un collettivo che raramente si raggiunge, ha espresso la sua opinione con applausi prolungati e ripetute richieste di “bis”.

Terminata la breve parentesi di presentazione, il gruppo della Nuova Compagnia Popolare si accostava, passando attraverso un corridoio laterale alla sala, verso la pedana palcoscenico e nei loro caratteristici abiti d’epoca si presentavano con un inchino, mentre il maestro Roberto De Simone, che dà luce e stile al gruppo con la sua perizia di ricercatore etnofonico e la sua bravura di Direttore, indicava la finalità della loro arte, tesa alla riscoperta dei valori che ci vengono offerti dalla tradizione popolare attraverso i canti della gente del nostro Sud.

Quello che più ci aveva sorpresi era la loro semplicità, che avevamo potuto riconoscere nei primi incontri con questi ragazzi, e provammo un’intensa commozione nel dover ammettere che essi, proprio per quella virtù, meritavano ancor più il nostro plauso, allorché cominciarono a presentarci il loro valido, interessante repertorio.

“Madonna de la Grazia”, il primo brano di derivazione procidana, ancora in voga in quell’isola, vide il pubblico attento all’ascolto, mentre tutto il gruppo si presentava con le sue possibilità canore.

Poi, pian piano, si arrivò, tra un entusiasmo e un altro, a quel canto che gli organizzatori dello spettacolo attendevano, quel “Cicerenella”, che la Compagnia presenta nei suoi spettacoli, utilizzando il nostro dialetto in maniera del tutto perfetto, tanto da ingannare spesso i presenti, che si chiedono se questo o quell’altro dei membri o tutto il gruppo non sia di origine puteolana.

Fausta Vetere, unica donna della “Compagnia” non ha niente, tuttavia, da invidiare nei confronti dei suoi amici per bravura musicale e canora e si fece applaudire nelle sue interpretazioni di “Nun me chiammate cchiù Donna Sabella” e nel “Ritornello delle lavandaie del Vomero”, nonché nel ruolo di solista e in quei pregevoli arpeggi che si sono rivelati la delizia degli esperti.

Bravo Patrizio Trampetti, la cui voce nell’interpretazione de “La morte de mariteto” e di “Vurria addeventare”, canto di cocente delusione, è stata in definitiva tra le più interessanti.

Un plauso davvero speciale per Eugenio Bennato, bravissimo “Pulcinella” nella “Zeza”, sorprendete artista strumentale, elemento sommamente indispensabile in un complesso di quella levatura.

Non va dimenticato Giovanni Mauriello, con la sua voce particolarmente affascinante, perché ai più anziani ricorda un po’ le canzoni di qualche anno fa, così come ha dimostrato in “Lacreme ‘e cundannate”, che ripropone, in tono certamente più vicino alla storia, il caso di Sacco e Vanzetti.

Di Peppino Barra non riesco a dire in breve, tanto le sue qualità di cantante e di attore hanno sorpreso il pubblico presente che lo ha ripetutamente richiesto dopo la sua esibizione nel “Ballo di Sfessania”

Nunzio Areni non canta, o almeno, se lo fa, si limita ad un sottofondo velato, ma col suo flauto è inimitabile e la sua fortuna, anche come solista, è sicura se continuerà di questo passo.

Un “Bravi!” dunque che va all’intera Compagnia ed un ringraziamento che è diretto al Comitato che ha permesso che un simile spettacolo potesse essere presentato al pubblico puteolano, che ha mostrato di voler, in seguito, avere altre occasioni di riascoltare questo gruppo, semmai con l’introduzione nel suo repertorio di altri canti di tradizione popolare puteolana.

Tra gli intervenuti, oltre al Sindaco, prof. Angelo Nino Gentile, Presidente del Comitato per i festeggiamenti, erano presenti il senatore Dott. Salvatore Sica, l’ Onorevole Antonio Palumbo, Assessore Regionale, il professor Armando Traetta De Bury e consorte, Monsignor don Ignazio Imbò, Monsignore Cascella, il professor Gennaro Saverio Gentile, il professor Sirago ed altri.

Pozzuoli 22 ottobre 1972

1 Novembre – Una grande sfiducia verso la classe politica, verso le forze politiche ed i suoi rappresentanti: tutto

Una grande sfiducia verso la classe politica, verso le forze politiche ed i suoi rappresentanti: introduzione

Tra poco più di due settimane andremo al voto; in sette regioni italiane si vota per rinnovare i consigli regionali ed eleggere i presidenti delle regioni (Campania, Toscana, Veneto, Liguria, Valle d’Aosta, Marche e Puglia) ed in 1178 comuni si rinnoveranno le Amministrazioni. Inoltre si voterà in tutto il territorio italiano per il referendum costituzionale che chiede il taglio del numero dei parlamentari.
Intorno a questo appuntamento, che per l’appunto coinvolgerà l’intero elettorato, si concentra la massima attenzione, in modo naturalmente collegata allo scontro tra chi ha proposto tale riduzione e di chi viceversa le ha in qualche modo accolte subendole ed ora vorrebbe ovviare votando un “NO”.
La vicenda ha dei toni paradossali davvero tipici di un teatrino dell’assurdo. A me viene in mente quel “mantra” berlusconiano del “teatrino della Politica” che si voleva superare, sostituendo al “chiacchiericcio” il “fare”. Tuttavia dalla discesa in campo con la vittoria del Centrodestra berlusconiano del 1994 ad oggi, pur resistendo l’ex Cavaliere circa un ventennio, nulla è cambiato quanto alle modalità rituali della Politica, fatte soprattutto di lunghi e defatiganti confronti. Ma questa è una “notazione a margine”: dopo tutto il confronto e dunque le discussioni rimangono per me sempre il sale della Politica e della Democrazia. A meno che dietro tutte queste diatribe non vi sia l’incoerenza. Il paradosso di questi giorni è collegato al fatto che la stragrande maggioranza alla Camera (presenti 569, votanti 567, favorevoli 553, contrari 14, astenuti 2) delle forze politiche meno di un anno fa, l’8 ottobre del 2019, ha approvato in via definitiva la proposta di legge costituzionale A.C. 1585-B.

Riporto dal sito ufficiale del Governo, Dipartimento per le Riforme Istituzionali

http://www.riformeistituzionali.gov.it/it/la-riduzione-del-numero-dei-parlamentari/:
La proposta di legge costituzionale prevede una drastica riduzione del numero dei parlamentari modificando gli articoli 56 e 57 della Costituzione passando dagli attuali 630 a 400 deputati e dagli attuali 315 a 200 senatori.
L’obiettivo è duplice: da un lato favorire un miglioramento del processo decisionale delle Camere per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini e dall’altro ridurre il costo della politica (con un risparmio stimato di circa 500 milioni di euro in una Legislatura).
La riforma consentirà all’Italia di allinearsi al resto d’Europa: l’Italia, infatti, è il paese con il numero più alto di parlamentari direttamente eletti dal popolo (945); seguono la Germania (circa 700), la Gran Bretagna (650) e la Francia (poco meno di 600).
La riduzione del numero dei parlamentari entrerà in vigore dall’inizio della prossima Legislatura e richiederà un modestissimo adeguamento della legislazione elettorale senza alcuna alterazione del sistema elettorale vigente.

Qui di seguito dal sito ufficiale della Camera dei Deputati:
https://www.camera.it/leg18/1132?shadow_primapagina=9600

La Camera ha approvato, in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei componenti, la proposta di legge costituzionale: Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dal Senato, approvata, in prima deliberazione, dalla Camera e approvata, in seconda deliberazione, con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, dal Senato) (C. 1585-B).

Parte 2

Tutto concluso: macchè! Una parte dei parlamentari, 71 sottoscrittori – 7 in piu’ di quanto fosse sufficiente – hanno depositato in Cassazione la loro richiesta di rimettere al giudizio dell’elettorato la proposta di legge costituzionale. Legittima ma ovviamente strumentale ed incoerente, visto che molti degli stessi firmatari aveva obbedito pedissequamente (ciò è ovvio dato il repentino “pentimento”) alle indicazioni dei Partiti in occasione delle diverse fasi (non una sola) in cui si è suddiviso il trattamento di tali modifiche.
Chi ha ovviamente messo in moto il meccanismo referendario appartiene alla classe politica di primissimo livello che avverte il rischio di non essere ricandidata, quella parte che è stata chiamata “casta”, riferendo tale appellativo alla loro, presunta ma accreditata dai fatti, intangibilità. Quella parte che propendendo per il No alla riconferma di quel testo che in modo definitivo con Legge costituzionale ha ridotto il numero dei parlamentari, sta operando allo scopo di mantenerlo nella sua attuale quantità.
Come si può avere fiducia in questi personaggi che prima approvano un testo ed una scelta e poi si avviano a proporne la negazione? La richiesta in Cassazione di poter rivedere tale decisione non è stata contrastata nemmeno un po’ dagli apparati politici di riferimento dei singoli proponenti. In realtà ciò viene autorizzato in modo ipocrita, giustificandosi con una volontà di rendere maggiormente democratica la riduzione dei parlamentari, senza peraltro tener conto che è nella volontà degli elettori, quella espressa attraverso sondaggi, che hanno più volte confermato la preponderanza del SI: anche i più recenti, quelli ultimi a ridosso della consultazione, che tuttavia vedono un calo del SI, dovuto quasi certamente alla sequela di enunciazioni sui gravi pericoli che la Democrazia, con questo attentato alla Costituzione, va correndo. E’ indubbio che le scelte non vanno fatte in modo tranchant – con un semplice SI o con un altrettanto banale NO – e che occorre di conseguenza modificare alcune parti della legislazione in tema di diffusione della Democrazia, espandendola però sui territori e riportandola da questi verso il luogo centrale deputato alle decisioni legislative.
Gli stessi personaggi politici – e civici – che spingono per un NO vanno operando in modo drastico e drammatizzante come se si dovesse trattare di una battaglia finale sui temi delle libertà costituzionali: da una parte sconfessano se stessi e dall’altra non assegnano alcuna fiducia su coloro che dovranno in ogni modo – qualsiasi sia il risultato della consultazione – mettere mano ai meccanismi “democratici” necessari a far funzionare la riforma base. Ci si richiama al dettato costituzionale lanciando apertamente timori sulla tenuta democratica del Paese, ben sapendo (non fosse così, sarebbe ben molto grave) che i “pilastri” della Carta sono immodificabili. Facendo questo, gettano discredito su se stessi, confermando il degrado purtroppo “naturale” del mondo politico, che mette in luce il bassissimo livello culturale dei suoi rappresentanti, alcuni dei quali si scagliano contro i sostenitori del SI (ancor più quando appartenenti al coacervo – vero o presunto – dei propri sostenitori) apostrofandoli come traditori.
Ancor più grave per l’appunto, è la colpa – a detta di costoro – di chi, essendo di Sinistra, afferma di voler votare “consapevolmente” a favore della riduzione del numero dei rappresentanti parlamentari. Si arriva a considerarli fuori da quei consessi ideologici, all’interno di una pura ed ormai superata – nella realtà quotidiana – barriera tra i vecchi schemi.

Parte 3

Nel corso degli ultimi decenni man mano è venuto a mancare il rapporto di fiducia nel mondo politico. E’ abbastanza strano tutto questo: i dati dei sondaggi sono impietosi e contraddicono in modo curioso il sostegno che di volta in volta, pur con un abbassamento progressivo della partecipazione nel suo complesso, l’elettorato assegna alle forze politiche tradizionali. Spesso infatti l’elettore “si tura il naso” e si rassegna a votare per “il male minore”: e questo può accadere soprattutto dal momento in cui si sono ridotti drasticamente i luoghi del confronto. Molti di questi ultimi sono stati “mortificati” proprio nelle loro essenze di base, tanto è che sono progressivamente calate le iscrizioni ai Partiti e molte strutture di base sono state chiuse: mi riferisco in modo particolare a quelle che conosco meglio. E quindi accade che pur con una partecipazione soddisfacente siamo dentro un trend fortemente negativo. Come, ad esempio, si rileva dal grafico dell’Istituto Cattaneo a commento dei risultati delle ELEZIONI POLITICHE del 4 MARZO 2018. Infatti i dati che emergono si riferiscono ad una sostanziale tenuta – pur entro un calo – della partecipazione alle elezioni politiche (un 72,9 % rispetto a quello del 2013, di poco superiore: 75,2%), anche se nel 2015 solo un 58,7 aveva partecipato alle Europee ed un misero 52 alle Regionali, che già nel 2010 avevano visto un dato poco più confortante (63,5).
Non intendo irridere – riconoscendone in primo luogo la buona fede – alle argomentazioni di chi oggi lancia proclami di allarme verso la deriva autoritaria che potrebbe innescarsi – più o meno lentamente più o meno velocemente – con la conferma della legge costituzionale di cui si tratta; dico soltanto che, fosse così, emergerebbe ancora più forte la sfiducia nell’attuale composizione parlamentare cui dovrebbe appartenere il compito di legiferare gli opportuni aggiustamenti necessari a far crescere la partecipazione democratica al di là del numero dei futuri parlamentari. Invece di schierarsi in modo accusatorio verso chi esprime legittimamente il suo parere confirmatorio bisognerebbe affermare il proprio ruolo. Se la Democrazia corre gravi rischi dopo la vittoria del SI la responsabilità non può essere addebitata a chi lo ha sostenuto ma bisogna che la classe politica di oggi riesca a far partire al proprio interno, soprattutto, ed in modo diffuso e “partecipativo” al proprio esterno, una sana autocritica e provveda a sanare le gravi storture esistenti. Trovo abbastanza difficile che ciò avvenga; ciò nonostante penso sia giusto votare SI, ascoltare le argomentazioni di chi non è d’accordo, valutarle e prenderle in considerazione per le scelte future. In tutto questo mio argomentare, semplicistico quanto si vuole, chiedo rispetto, continuando a sentirmi pienamente di Sinistra, consapevole che la Democrazia è sempre in bilico, e non sarebbe la vittoria del NO una sua vittoria, così come non sarebbe una sconfitta della Democrazia la vittoria del SI, a meno che non lo vogliano coloro che oggi sono i protagonisti della Politica.

 Parte 4

Ora “siamo alle porte co’ sassi”. E c’è il rischio concreto che di questo bailamme se ne possa avvantaggiare la Destra, non quella democratica e liberale che comunque non è il mio punto di riferimento, ma quella autoritaria, illiberale, antidemocratica, xenofoba e razzista.
Una delle battaglie più importanti sarà quella delle 7 Regioni. Ma ci sarà anche il Referendum.
Non è la vittoria del “SI” a preoccuparmi, ma quella del “NO”. Ho accolto con sollievo la decisione “ufficiale” del PD, ma sono molto preoccupato dalla persistenza a favore del NO da parte della Sinistra verso cui guardo con maggiore attenzione negli utlimi tempi, anche se da sempre ho sognato – anche con il PD (si vedano le mie personali diatribe con quel Partito che ho fondato e che ho lasciato da alcuni anni) la nascita di una forza di Sinistra “unta”.
Trovo che chi difende la scelta del NO esprima in sostanza una sfiducia nei confronti dell’attuale classe politica e governativa, ma non solo questa: c’è sfiducia negli organismi paralleli (magistratura, forze sindacali, imprenditoria, associazionismo democratico diffuso) che sono il vero “sale” della Democrazia.
In primo luogo votando NO si smentisce quanto già deciso poco meno di un anno fa; in secondo luogo si evidenziano in tal modo le incapacità degli attuali parlamentari a porre in atto le conseguenti disposizioni legislative per l’adeguamento e per il rafforzamento della presenza democratica diffusa sui territori e dai territori verso il centro vitale del Paese; inoltre chi propone di votare NO lo fa utilizzando argomentazioni apocalittiche, distopiche, disperate, pessimistiche oltre misura. Indubbiamente lo fanno in modo molto articolato, convincente, soprattutto verso la massa di persone che ha bisogno di “credere” in qualcosa di “cristallizzato” o da rendere tale, dopo l’usura del tempo.
Io voto SI proprio perchè ho fiducia nella capacità reattiva del Paese verso quei rischi eversivi che i sostenitori del NO paventano. Questi ultimi non mi convincono del tutto e trovo la loro straordinaria bravura dialettica molto più pericolosa di quanto non lo sia la semplice constatazione che tutto si evolve e si trasforma, a partire dai nostri corpi e dalle nostre menti. Stabili ed indelebili devono permanere i “valori” comuni da declinare sempre al meglio per il bene di tutti, a partire dagli “ultimi”. Io voto SI perchè riconosco il mutare delle stagioni.

Quelli che hanno sottoscritto la richiesta referendaria hanno avuto per questo compito il “Via Libera” ed il “rispetto” da parte dei leader dei loro Partiti. Con quella “scelta” gli “ipocriti farisei” hanno consentito di bloccare di fatto per un anno i processi legislativi riformatori necessari ad adeguare l’apparato legislativo generale dello Stato alla riduzione dei rappresentanti parlamentari. Anche contro di loro e per il bene comune e nel rispetto della volontà espressa nell’ultima votazione io voto SI. Come tanti altri membri di questa comunità dichiaro sin da ora la mia disponibilità a battermi affinchè la Democrazia sia maggiormente diffusa sui, e dai, territori attraverso un micro humus partecipativo in modo reale e concreto: diciamoci il vero, è questa la “rivoluzione” che gli apparati temono, non di certo la possibilità che vi sia la nascita di una forma repressiva reazionaria antidemocratica.

Joshua Madalon

30 ottobre – DENTRO UN NUOVO LOCKDOWN – parte 10 – “Avremmo…”

DENTRO UN NUOVO LOCKDOWN – 10

Probabilmente, certamente mi ripeterò; forse smentirò anche qualcosa che ho detto: le mie non sono assolute certezze; spesso il mio argomentare mi spinge a riflessioni. La situazione si va aggravando: ciascuno di noi si era augurato che saremmo ritornati ad una vita pressoché “normale”. Invece non è affatto così!

Avremmo voluto riprendere a dibattere le nostre visioni politiche; avremmo voluto rimettere in piedi alcuni percorsi interrotti; avremmo voluto ritornare con serenità nei cinema, a teatro, nelle piazze, nei circoli culturali e politici a mettere in pratica le nostre passioni, avremmo avuto un gran piacere nel rifrequentare bar e pizzerie, ristoranti pub e discoteche; avremmo volentieri ripreso a viaggiare, visitando città, musei, sagre; avremmo davvero seguito con grande attenzione la riapertura delle scuole nello scorrere di una vita “normale”; avremmo ripreso ad organizzare incontri conviviali con persone nostre amiche.

Avremmo voluto essere tutti “migliori” come avevamo auspicato in un impeto di ottimismo nel corso della prima fase pandemica, che “allora” ci appariva già tremendamente seria.

Avremmo…ma la realtà con la quale dobbiamo minuto per minuto confrontarci ci spinge a prenderci la responsabilità di mostrare gli aspetti più crudi e proporre le soluzioni più urgenti, quelle più adatte, quelle più convenienti…sul serio.

C’è una parte del Paese che avverte il peso gravoso che queste scelte che il Governo sta prendendo a nome della nazione intera comporteranno sul loro livello di vita: dobbiamo, nel rispetto delle urgenze di coloro che si ribellano – non quelle che lo fanno in modo violento, andando oltre alla protesta, salvaguardare la maggioranza e lavorare affinché sia più rapido il ritorno ad una normalità da tutti auspicata.

Questo non sarà possibile senza la compartecipazione di tutti i cittadini ed il senso di responsabilità della Politica, tutta, sia maggioranza che opposizione.

Ritorno a trattare la questione della Scuola, seguendo per l’appunto le ultime notizie: il governatore della Puglia ha chiuso tutte le scuole; la Ministra Azzolina prosegue imperterrita nell’affermare, sorretta in questo da una parte dell’opinione pubblica, che la Scuola deve rimanere aperta.

Bene! Riaprire – o non chiudere – le scuole sarebbe anche, come dico sopra, davvero molto importante; ma occorre in primo luogo sottolineare che si è perso molto tempo a rincorrere i “banchi” – e poco altro – e non ci si è impegnati per davvero a rimodulare efficacemente gli orari dei trasporti con quelli di ingresso e di uscita; non si è prodotto un intervento pubblico propedeutico nazionale per la Didattica a Distanza, probabilmente perché – oltre a non augurarselo stupidamente – non si era in grado di sopperire,  come Ministero della Pubblica Istruzione, tecnologicamente ad una ricaduta autunnale nella pandemia. Ad ogni modo la Ministra sta mostrando i suoi limiti, che non possono essere più sopportati. Le sue esternazioni sono perniciose: la scuola è un luogo – lo riconosce anche lei – di socialità; e proprio in tal senso è certamente molto più pericoloso di discoteche, bar, pizzerie e luoghi della movida. In essa il virus  scorazza impunemente in forma asintomatica pericolosissima, in grado di diffondere il contagio soprattutto nelle famiglie e nei soggetti più anziani e deboli. Lei si fa forte a volte di pareri scientifici che apparirebbero favorevoli al mantenimento dell’insegnamento in presenza. Altri pareri sono discordanti e denunciano più o meno quel che dico sopra. In un momento di grande difficoltà, sarebbe cosa buona e giusta ascoltare i pareri che consentano il miglior risultato possibile per il superamento della crisi. Non ci si perda in polemiche sterili, improduttive e pericolose: alla fin fine se le voci di tregende fossero false ma si riuscisse a venir fuori dall’impasse in uno o due mesi, niente di male. Sarebbe molto peggio il contrario.

29 ottobre – PACE E DIRITTI UMANI …XXVI….(per la parte 25 vedi 9 ottobre)

PACE E DIRITTI UMANI …XXVI….
Prosegue l’intervento del professor Attilio Maltinti, Vice Presidente del Centro per l’Arte contemporanea “Luigi Pecci”:
Ci sono però comportamenti sociali. Il linciaggio che gruppi di cittadini hanno tentato di operare in più occasioni da noi negli utlimi tempi è un segnale. Cosa ci vuol dire? Vuol dire che la gente, quindi, comincia a pensare che è giusto che ci sia la pena di morte, e se non c’è la legge che la stabilisce, è giusto allora farcela con le proprie mani la pena di morte? Queste cose non sono chiacchiere, sono fatti, sono comportamenti ed ai comportamenti seguono pensieri, ragionamenti, stati d’animo, e così via. Qundi parlando con studenti più o meno della vostra età io sento a volte rispondere:
“Sì, noi le rispondiamo di sì, cioè che siamo contro la pena di morte, perché si pensa che lei sia da quella parte lì; pensiamo che lei in qualche modo ci abbia in simpatia se noi lo diciamo, certo, la pena di morte va abolita; però le possiamo dire la verità?” quale verità? Se esiste una verità su questo punto, è che molti di noi pensano che la pena di morte vada reintrodotta, vada assolutamente contemplata dalla legge”.
Domando loro: “Ma sono atteggiamenti emotivi i vostri o sono atteggiamenti razionali?”, e loro rispondono “Lo pensiamo veramente”.
Allora anche se questa posizione fosse minoritaria rispetto ad un gruppo classe, rimarrebbe estremamente importante e significativa. Ora non è detto che questo atteggiamento sia rappresentativo di tutti gli studenti italiani di oggi, poniamo che sia solamente caratteristico di un piccolo gruppo; ma il fatto esiste, esiste cioè che la gente, adulta o giovane che sia, comincia di nuovo a pensare che forse, forse la pena di morte bisognerebbe ci fosse, perché i delitti contro i bambini vanno puntiti con la pena di morte, perché e atrocità che vengono commesse non devono avere pietà, e così via. E’ chiaro che io invece penso che la pena di morte assolutamente è un qualcosa che va abolita, e lo penso razionalmente come cittadino, come genitore, come insegnante, come uomo di questo globo e così via; e sono convinto che questa posizione non è una posizione intellettualmente astratta, si basa su una scelta di valori, si basa su una convinzione profonda di atteggiamenti e comportamenti sociali che io condivido. Per cui, ecco, la domanda che facevo dianzi la ripropongo ancora “ma c’è qualcosa che secondo voi impedisce l’abolizione definitiva della pena di morte laddove esiste?” e “Che cos’è allora che impedisce secondo voi questa abolizione, è la paura che i comportamenti delittuosi aumentino?” e ancora “Oppure pensate che l’uomo come essere umano sia comunque sempre destinato a commettere atti tali per cui se non si fa la pena di morte se non c’è la pena di morte questi atti non cesseranno e comunque, è una legalità la pena di morte?”, ecco mi interesserebbe conoscere il vostro pensiero a questo riguardo, perché credo che dalla discussione che potrebbe nascere si imparerebbe utti qualcosa di più. Probabilmente anche il film ci può aiutare in questo, e siccome io ce le ho delle risposte da darmi o da darci, però non le voglio dire qui, semmai solo se c’è tempo dopo il film. Grazie.

…fine parte XXVI……

28 ottobre Aspetti negativi e aspetti positivi della Sanità pubblica toscana (partendo da alcune esperienze personali) parte 4 (per la parte 3 vedi 7 ottobre)

4.

Non sono così orbo da non aver compreso che, rispetto ad altre realtà regionali, quella della Toscana tocca punte di eccellenza. Allo stesso tempo come cittadino “toscano” desidererei per me e per tutte le altre persone, che contribuiscono a tenere in piedi questo Paese insieme ai loro congiunti, un miglioramento della qualità della vita, non un arretramento. Ovviamente, so benissimo che la Toscana è tra le Regioni in cui la Sanità è stata tra i “modelli” da imitare; ben tuttavia, negli ultimi anni si è rilevato un netto peggioramento della qualità della vita in relazione questo settore, oltre che in altri. In tutto questo tempo in cui ho vissuto qui, dopo altre esperienze in altre Regioni, anche io ho difeso più volte il livello qualitativo della Sanità toscana, ma alcune scelte che tendenzialmente si muovevano ad imitazione di altre realtà (ad esempio, il modello “lombardo”, che pure possiede delle eccellenze) hanno sempre più accentrato le strutture amministrative di vertice riducendo al minimo il rapporto diretto dei cittadini, ed allo stesso tempo hanno ridotto gli spazi “pubblici” di fruizione dei bisogni sanitari.

Ho portato un esempio concreto relativo ad una mia esperienza recente (un’asportazione chirurgica di due cisti sebacee con visita in Ospedale nel settembre 2019 e intervento chirurgico fine agosto 2020, cioè 11 mesi) ed ho sottolineato che tutto sommato non era così importante, trattandosi di un intervento “ambualtoriale” che – a mio avviso – non si caratterizzava come “urgente”. Ho dimenticato però di aggiungere che, allorchè i chirurghi, prima di operare, avevano visto i due “bernoccoli”, dopo averli tastati, mi avevano detto che, a lungo andare, laddove la loro mole fosse aumentata, avrebbero potuto infiammarsi ed infettarsi, con la conseguenza che qualsiasi intervento chirurgico non si sarebbe potuto praticare con l’anestesia.

Quell’intervento rimane per me una “cavolatina” ma per fortuna, pur cresciute, le mie cisti erano ancora “sane”.

Questa è una precisazione, che attesta in ogni caso che anche per una “cavolatina” non si può rischiare un’attesa così lunga (undici mesi).

Se si aprono però i “cahiers de doleance” di amici e conoscenti “toscani”, scopriremo che la Sanità toscana ha accumulato molti difetti ed abbandonato molti aspetti che erano considerati “positivi”.

Di recente, forse stimolati da una campagna elettorale, la Regione ha deciso che dal 1° settembre non si paga più il ticket sulle ricette per i medicinali “equivalenti”, annullando il riferimento alle “fasce di reddito”. Detta così appare come una “ottima notizia”; ma se andiamo a ragionare scopriamo che ad usufruire di questo “benefit” sono anche coloro che hanno fasce di reddito medio alto altissimo. Ovviamente è un intervento di tipo “populistico” molto distante da quanto vorrebbe far credere la parte politica di Governo, quando accusa proprio l’Opposizione di attingere a toni populistici per guadagnare consensi.

Meglio sarebbe stato – e sarebbe – dare una risposta concreta ai bisogni più seri; una parte considerevole di cittadini – tra cui anche io ritengo di appartenere – potrebbe pagare anche di più la medicina generale ma avere una risposta immediata e sollecita a quelli che sono i bisogni sanitari preventivi, diagnostici, quelli che garantiscono di poter vivere con dignità la nostra esistenza.

27 ottobre – “DENTRO” UN NUOVO LOCKDOWN (per niente “gentile”) parte 9 della serie “Verso un nuovo lockdown”

DENTRO UN NUOVO LOCKDOWN  (per niente “gentile”)parte 9 della serie “Verso un nuovo lockdown”

Ho seguito l’intervento della Ministra Azzolina a “Che tempo che fa” ieri sera (oggi è il 26 ottobre, primo giorno del nuovo lockdown). (vedi sotto)

Avevo previsto l’altro giorno di parlare di “altro” e non intendo venir meno, facendo “tesoro” delle dotte argomentazioni della Ministra che non recede dalle sue “fisime” che non tengono conto della cruda realtà. Avevo previsto infatti un altro titolo, “VERSO UN NUOVO LOCKDOWN parte 9 – I banchi e la realtà”. E’ cambiata la prima parte del titolo visto che siamo “DENTRO UN NUOVO LOCKDOWN” ed anche la seconda parte che fa riferimento a quella caratteristica che alcuni osservatori volevano prevedere di un “distanziamento gentile”, pensando ad una riduzione dei limiti. Invece….

Non rinuncio però a parlare dei “banchi”!

Questi sono i “nuovi”!!! Nella foto in evidenza vedete i vecchi e fate la dovuta differenza!

Basterebbe confrontare i vecchi con i nuovi banchi senza la “furia” iconoclasta con la quale questo tema è stato affrontato nei periodi più crudi della pandemìa per comprendere la grande fandonia che è stata montata a vantaggio di “ignoti”. Per un ottimale distanziamento bastavano i vecchi banchi che avevano una loro ampiezza che garantiva pienamente quel che era considerato necessario dagli esperti.

Come potete ben vedere dalla foto i vecchi banchi erano assolutamente sicuri, avevano spazio “naturale” per consentire il distanziamento previsto.  I nuovi banchi in realtà sono peggiori dei “vecchi” sia per l’assenza di una base disponibile (i vecchi ne hanno una “duplice” ben più solida e….ampia!) sia per la loro ampiezza che consente un più rapido e rischioso avvicinamento. I banchi nuovi inoltre rasentano la ridicolaggine. E, poi, sono a chiedere anche io, come tanti, come saranno smaltiti? La Ministra tra l’altro (al minuto 14 e 40”) con un sorrisino beffardo li tratta così come i “vecchi scarponi”: mi verrebbe da dire che allo stesso modo sarebbe in grado di trattare una parte della società in chiave eugenetica. Ma questo, lo avverto, sarebbe troppo, addirittura solo pensarlo. “L’Italia aveva bisogno di rinnovare gli arredi scolastici” e parla di un “mondo” che non esisteva da tempo, forse riferito – speriamo sia così – ad una sua esperienza. La nostra esperienza, qui, in Toscana ed a Prato, per quanto io ne sappia (ma anche a Empoli ed a Feltre), ci parla di qualcosa di estremamente lontano dal libro “Cuore”.

Ritorneremo di certo a parlarne, perché si potrebbe trattare di vero “dolo”.

La scuola, poi, in generale, non è un ambiente sicuro se si ritiene che debba garantire la “socialità”.

Nè la Ministra nè tantomeno alcuni “esperti” sanno a tutta evidenza come si svolge l’attività scolastica in ambienti strettissimi (non solo le aule – definite a volte anche “pollaio” – ma oltre tutto corridoi e altri spazi, come le “mense”, le “palestre”, gli spazi esterni per la “socialità” sono estremamente pericolosi).

Inoltre vi è di certo la presenza di “asintomatici” che possono provocare danni ingenti, per tamponare i quali non riescono ad essere valide le procedure di prevenzione, nemmeno i “tamponi” rapidi, che tra l’altro, oltre che essere non del tutto attendibili, sono stati eliminati dalle ipotesi di protocollo.

Parleremo anche di altri aspetti che ci appassionano come quelli del mondo della Cultura.

Chi difende la trasmissione della Cultura e della Conoscenza non può voler essere d’accordo con la chiusura “tout court” di Teatri e Cinema, soprattutto laddove i criteri di “sicurezza” sono oggettivamente rispettati.

24 ottobre – VERSO UN NUOVO LOCKDOWN – parte 8 La legittimità di rincorrere un’utopìa…e la concretezza di fronte alla realtà

VERSO UN NUOVO LOCKDOWN – parte 8 La legittimità di rincorrere un’
utopìa…e la concretezza di fronte alla realtà

Le mie riflessioni sono dettate da un profondo convincimento: non esservi alcuna alternativa possibile migliore rispetto al quadro politico amministrativo attuale. Spero sia stato chiaro in tale direzione da sempre, quando ho trattato in modo critico l’azione del Governo, in particolar modo nel settore che da sempre conosco in modo diretto, come studioso, come genitore, come docente: la Scuola.

Ho rilevato alcuni comportamenti che non mi sono piaciuti nell’attuale Ministro della Pubblica Istruzione; l’ho scritto e lo sottoscrivo ancora, perché “la classe non è acqua” ed il cattivo gusto non può essere tollerato, alla pari di chi, accedendo ad un ruolo amministrativo, pensi di potersi presentare in un’ Aula consiliare vestita con maglietta e short. E’ quindi, a mio parere, intollerabile che in modo indegno si attacchi il proprio predecessore  – peraltro appartenente alla stessa forza politica – ed è emendabile l’utilizzo di espressioni volgari davvero triviali non adatte al ruolo che si ricopre pur temporaneamente.

Poi, per tutto il resto, si può sognare un futuro roseo per il proprio settore di competenza, è del tutto legittimo rincorrere un’utopìa. Ma, per poter percorrere agevolmente  quei “sentieri”, occorre partire da dati reali, concreti, non basarsi su posizioni fantasticate. Ciò che ancor più sorprende è la superbia con cui ci si contrappone ai rilievi critici, che fa forza sulle presunte competenze acquisite “sul campo”, che, a conti fatti, sono riferibili a pochissime minime parziali impalpabili esperienze, pur se di recente culminate in una abilitazione al ruolo di Dirigente scolastica. Diciamo che, con un po’ di impegno e di serietà, la Ministra Azzolina potrebbe pur divenire una buona Dirigente: è giovane e si spera che anche questa esperienza governativa le abbia potuto offrire la possibilità di capire meglio i meccanismi “concreti” della Scuola italiana.

E’ legittimo che chi governa auspichi il buon funzionamento del settore cui è assegnato; a patto che tenga conto dello “stato delle cose” che già da molto tempo prima dell’emergenza sanitaria in corso era precario e tormentava i sonni degli amministratori seri.

Già negli anni scorsi era difficile far entrare in ambienti sempre più stretti ed inadatti gli studenti che facevano domanda di iscrizione. Già il carosello dei docenti era un’abitudine consolidata agli inizi di settembre e il disagio si trascinava per tutto il mese successivo, quando andava bene. Già le tecnologie in un turbinìo di innovazioni progressive divenivano obsolete, superando le stesse conoscenze di base faticosamente acquisite dal personale docente, spesso riottoso ad appropriarsene con i necessari doveosi aggiornamenti: d’altra parte, non si può rinnovare “in toto” con un colpo di spugna la classe docente di pari passo con i mutamenti tecnologici.

La Ministra, però, si è lasciata affascinare da un tema in modo particolare, connesso alle urgenze che la pandemìa aveva sollevato per il mantenimento di una distanza tra studenti nelle classi: la necessità di avere postazioni individuali. In poche parole, i banchi. I vecchi banchi, pur in qualche caso abbastanza nuovi, non apparivano garantire tale prerogativa. In fretta e furia, si è decretata la “morte” dei vecchi banchi e si è deciso di acquisirne di nuovi, alcuni dei quali “a rotelle” per poterli meglio disporre e spostare. Davvero non so chi sia stato l’autore di questa idea e non so chi per davvero l’ha sponsorizzata. Può darsi che sia stata l’urgenza, la fretta; e in quel periodo caotico ci può stare, così come ci sta che eravamo così intontiti da prendere per buona qualsiasi menata……

VERSO UN NUOVO LOCKDOWN parte 7

VERSO UN NUOVO LOCKDOWN parte 7

Speravo di poter procrastinare il commento preannunciato per “i prossimi giorni” sulla questione dell’ “autonomia scolastica” ma la “capronaggine” con la quale la Ministra Azzolina persegue ad argomentare intorno alle questioni che riguardano gli Istituti scolastici locali e le Istituzioni Regionali, minacciando di ricorrere al TAR per impugnare la scelta fatta da alcuni governatori (Lombardia e Campania, dimenticando il Lazio – chissà perché – e la Liguria che si muovono nella stessa identica  direzione) nel prevedere l’utilizzo della Didattica a Distanza nelle scuole superiori di secondo grado, con modalità diverse (solo le ultime classi, alternanza per gruppi, alternanza settimanale, alternanza per discipline) mi spinge ad anticipare il mio commento.

Sono portato a scrivere soprattutto perchè ho avvertito la possibilità che in Toscana si desse avvio ad un pericoloso tentativo di espropriazione dei livelli di autonomia propria degli Istituti scolastici in relazione al DPR 275 del 1999.

La servile proposta, camuffata da consiglio di buon padre di famiglia è stata avanzata dal neo Presidente della Regione Toscana: avocare pur se temporaneamente al livello regionale (Ufficio Scolastico Regionale) la scelta decisionale della possibile chiusura temporanea di alcuni settori dell’Istruzione con il contemporaneo esercizio della Didattica a Distanza.

Eugenio Giani, e la Ministra Azzolina, non sa o dimentica che la situazione all’interno degli Istituti scolastici è estremamente variegata, per responsabilità che vengono da molto lontano. In Toscana  queste hanno avuto un segno costante dal punto di vista amministrativo: e sarebbe bene che egli stesso, erede di tanto disastro, se ne assumesse in pieno il carico.

Sinceramente c’è da sconfortarsi. Si è trascorsa l’estate a discutere di “banchi a rotelle” e si è avviato uno scaricabarile tra le strutture amministrative statali, regionali e provinciali (o interprovinciali come quella di Prato e Pistoia) circa le iniziative da prendere per rendere possibile la riapertura delle scuole il 14 settembre (vi ricordo che in Veneto, Campania, Toscana, Liguria, Marche, Puglia e Valle d’Aosta si votava il 20 ed il 21 senza dimenticare che in quei giorni si votava anche in 1.050  Comuni, tra cui grandi città come Venezia e Reggio Calabria, ma questo è un “carico” di senso critico). Ci si è però dimenticati – e qui lo ricordo, ma nei miei post l’ho già ampiamente segnalato nei mesi scorsi – che la situazione nelle scuole italiane – e toscane, per quel che meglio conosco – quanto a livello di sicurezza, è molto variegata e da collegare a problematiche annose (spazi angusti, sovraffollamento, mancanza di strutture che consentano l’espletamento di quella “socialità” della quale la Ministra ed i suoi servitori sciocchi si riempiono la bocca). La Ministra – e l’attuale Governo – non ne portano la responsabilità; pur tuttavia non hanno mai saputo denunciare ampiamente che lo “stato delle cose” nel settore delle “strutture scolastiche” non poteva consentire una facile ripresa.

Vanno precisate anche alcune questioni, che valgono per l’intero territorio italiano: quando si indica come alternativa una variazione di orario di ingresso e/o un utilizzo di lezioni pomeridiane si dovrebbe tener conto della impreparazione strutturale congenita ad adempiere a tale soluzione (mancanza di utili collegamenti, identico sovraffollamento dei mezzi pubblici, assenza di strutture adeguate per il servizio mensa e per il tanto legittimo bisogno di “socialità”).

La Ministra, così come i suoi predecessori, hanno visitato alcuni “istituti” virtuosi (non ne mancano ma sono una sparuta minoranza); lo hanno fatto in assenza dei flussi ordinari, semmai andando in quelle scuole fortunate che hanno visto arrivare in tempo utile (!) i nuovi banchi. A proposito dei quali, ci sarebbe molto da dire.

…7….

VERSO UN NUOVO LOCKDOWN – parte 6

Parte 6 – VERSO UN NUOVO LOCKDOWN

Che sia gentile non possiamo che sperarlo; non si ha più tanta fiducia di questa classe “politica” ormai compromessa nell’assoluta incapacità. Il giudizio non è “ideologico”, non si vuole contrapporre per lucrare vantaggi di una parte su un’altra. Si è detto “classe politica” e la si critica in toto. E, d’altra parte, non ci resta che attendere che finisca, in un modo o nell’altro, questa commedia, con il rischio che si trasformi da ”commedia” in una vera e propria “tragedia”. Una tragedia non solo per i numeri dei contagiati e di quelli che non ce la faranno a rimanere in vita ma anche per le istituzioni che chiamiamo “democratiche”. Già oggi, ed è sempre più estremamente evidente, non si sa più chi decida, cosa decida, chi presiede,  chi coordina. C’è un inutile  “surplus” di personaggi, alcuni dei quali fanno davvero invidia agli inventori di “satira”.

Se, come abbiamo sempre supposto, non esiste una alternativa credibile a questo Governo (e, se esiste, è considerata peggiorativa rispetto all’attuale situazione), vuol dire che l’unico motivo per cui si continua a sostenere questo Esecutivo non è per la sua validità ma per assoluta “disperazione”.

Avevo lasciato il blocco 4 riferendomi alla trasmissione di Fabio Fazio su Rai Tre.    

 Mentre si attendevano le “comunicazioni” del Presidente del Consiglio, che tardavano (“per comunicare le decisioni alle forze politiche di Opposizione” dirà lui stesso subito dopo),  intorno alle 21.00 il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca argomentava su alcune delle “anticipazioni” ricevute  affermando che era stata tenuta in considerazione ciò che sia lui che altri Presidenti di Regione avevano chiesto circa la possibilità di attivare nelle ultime classi della scuola media superiore di secondo grado l’utilizzo della Didattica a Distanza (DAD). Ovviamente non sono mancati gli accenni ironici anche se moderati nel rispetto del contesto. Intorno alle 21.15 c’è stato finalmente il “messaggio comunicativo” del Premier Conte. Relativamente alla questione della DAD non c’è stata alcuna indicazione, se non generiche raccomandazioni (“le attività scolastiche continueranno in presenza…per le scuole superiori…verranno favorite attività ancora più flessibili di organizzazione dell’attività didattica, con ingresso degli alunni a partre dalle ore 9.00 e, se possibile, anche con turni pomeridiani” ha detto) che evidenziano ancora di più la profonda ignoranza delle condizioni in cui continua – malgrado l’insistente battage pubblicitario dell’Azzolina – a versare la scuola italiana.

Ecco, per l’appunto l’Azzolina che ieri sera (20 ottobre) nella “zona di protezione” offerta da La7 che titolava la puntata di “Otto e mezzo” con un trionfante “La rivincita della Ministra più attaccata”. Ovviamente dopo il palcoscenico di “In Onda” dei primi di agosto con Telese e Parenzo che sbavavano di fronte al “Mi sono fatta il mazzo tanto” della gentile signora non poteva mancare l’ospitata da parte della strenua “femminista” borghese Lilli Gruber, che costruendo una “narrazione” fuori dalla realtà non è stata in grado di sottolineare l’ignoranza della Ministra, colpevolissima (non è “sua” materia, ma lo sanno anche “le pietre”) di non saper distinguere tra “test molecolari” e “tamponi rapidi”.

5- VERSO UN NUOVO LOCKDOWN (ediz.straord.ria) reloaded IL SENSO DI RESPONSABILITA’ (differire le competizioni elettorali e referendarie al 2021) pubblicato lo scorso giugno

reloaded IL SENSO DI RESPONSABILITA’ (differire le competizioni elettorali e referendarie al 2021)

Lo scorso giugno scrivevo questo post. Quel che è qui riportato non ha avuto ascolto. Oggi ne paghiamo le conseguenze. Il mondo “politico” ha dormito o, al più, si è impegnato in altra direzione. Punto.

Scrivevo l’altro ieri quel che segue (in corsivo)

Lo ripropongo di nuovo
Chi ci governa (dallo Stato centrale alle Regioni fino ai Comuni) ha chiesto ai cittadini di mostrare un senso di responsabilità di fronte ai diversi drammi derivati dalla pandemia: ci ha imposto un rigoroso “lockdown”; ha costretto molta parte del Paese alla inattività con le conseguenze di una profonda riduzione fino allo stremo del reddito di ciascuno.
Il popolo italiano nella sua quasi totale maggioranza ha mostrato di rispettare queste limitazioni di “libertà” in nome degli interessi vitali messi in pericolo dal Covid19.
Da più parti, sia la comunità scientifica sia quella politica ed istituzionale invitano alla prudenza temendo un ritorno della pandemia da qui al prossimo autunno-inverno. Non è sicuro ma è possibile.
Non vorrei essere l’unico folle a richiedere che il senso di responsabilità che viene richiesto ai cittadini non debba coinvolgere la stessa leadership politica istituzionale del nostro Paese.
L’invito è a differire di un anno (fino alla primavera inoltrata 2021) le elezioni amministrative regionali ed ogni altra competizione elettorale o referendaria. Le motivazioni che mi spingono a rivolgere questo appello sono chiare: non ci potrebbe essere una campagna elettorale “serena”.

La smania per gli appuntamenti elettorali sta ad evidenziare la scarsissima considerazione dei veri problemi del Paese da parte della classe politica italiana. Sarebbe oltremodo opportuno il differimento di un anno degli appuntamenti elettorali. Sarebbero molteplici le motivazioni favorevoli a questo “gesto”, in primo luogo il rispetto per la grave situazione che si è creata e che va verso un aggravamento ulteriore. Le campagne elettorali sono sostanzialmente fatte di enunciati positivi e propositivi “da realizzare in un quinquennio”; il Paese ha bisogno invece di fatti concreti “ad horas”.
In questi rilievi non c’è alcuna differenza tra chi “governa” e chi fa “opposizione”. Appaiono tutti ben disponibili a dimenticare le traversie e tuffarsi in una “intensa(?!?) calda campagna elettorale “estiva”, con il risultato certo (non valgono rassicurazioni in merito: gli “interessi” particulari prevarranno alla grande, ricoperti da un ipocrita riferimento ad interessi “collettivi”. Molti dei “protagonisti” delle prossime contese, previste in Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto, scalpitano da tempo ed allo stesso modo alcuni leader nazionali di Centrosinistra, di Centrodestra e Destra insistono addirittura di poter votare prima possibile, il che avrebbe in un primo tempo potuto significare nei mesi estivi, poi sembrano accontentarsi di settembre, noncuranti non solo delle problematiche connesse alla conduzione di una campagna elettorale sotto gli ombrelloni e, si intende, nel rispetto delle regole anti Covid, ma anche delle tante urgenze collegate alla ripresa del nuovo anno scolastico con annessi e connessi già oggetto di accese discussioni.

Quel che io sto scrivendo qui non mi sembra essere argomento in cima ai pensieri di molti altri cittadini nè tanto meno dei diversi – a diverso titolo – partecipanti alle prossime contese elettorali. E’ indubbio che la preoccupazione maggiore della stragrande maggioranza del Paese siano le scelte di politica economica per fronteggiare la crisi e che la preoccupazione maggiore della stragrande maggioranza – oserei pensare la “totalità” – dei sostenitori delle forze politiche sia collegata strettamente alla messa a reddito dei loro presunti (o reali, non intendo discutere su questo: non ne ho oggettiva contezza) meriti, su cui preparerebbero una campagna elettorale paradossale, una campagna ancor più davvero insensata, nel malaugurato caso di ritrovarsi di fronte ad una epidemia di ritorno.

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Ci sarebbe davvero tanto da fare, al di là delle vaghe promesse elettorali, in ogni Regione. La pandemia ha messo in primissimo piano molti problemi che “prima” erano snobbati dalla stragrande maggioranza dei politici; in primo luogo, non ci stancheremo di ripeterlo, la delega ai privati di vasti settori della Sanità; la sottovalutazione dei temi ambientali e la cura delle infrastrutture più utili, in primo luogo quelle scolastiche, da troppi anni abbandonate nella loro progressiva obsolescenza ed insufficienza. Allo stesso tempo, però, ci si preoccupava di mettere in piedi “mostri” come il Ponte sullo Stretto o una nuova Pista aeroportuale a Firenze, i cui impatti sia ambientali che eco-umani sarebbero devastanti ed i cui costi rischierebbero di vanificare quel Piano di verifica statica su tutta la rete extraurbana nazionale resa necessaria dal suo invecchiamento.
Le urgenze non possono essere procrastinate ad una nuova stagione politica là da venire. Occorre occuparsene ora, subito.

Joshua Madalon