Archivi categoria: Antropologia

VALORI E PRINCIPI NON NEGOZIABILI

VALORI E PRINCIPI NON NEGOZIABILI

E’ davvero molto scomoda la posizione di chi, in questo spazio di tempo nel primo quarto del secolo ventunesimo si ritrova ad avere uno spirito critico autonomo da appartenenze partitiche, pur mantenendo ben fermi gli ideali collegati ai valori progressisti, democratici, solidali, egualitari e libertari: semplicemente “di Sinistra”. Da molto tempo, ma in modo particolare dall’inizio di questo nuovo millennio, non ci convincono le scelte di quella Sinistra di Governo che si è troppe volte lasciata sedurre da progetti riformistici disponibili ad una serie di accordi con il mondo della Finanza e dell’Impresa, contrabbandati come necessari alla creazione di nuove ed importanti opportunità lavorative ma troppe volte rivelatisi tranelli allestiti per far crescere a dismisura le differenze sociali; una sedicente Sinistra che con inganno e simulazione sventola una sua presunta anima verde ma non rinuncia ad inquinare con tantissimi piccoli medi grandi e devastanti interventi infrastrutturali quali la nuova Pista aeroportuale di Firenze.
Quest’ultimo sciagurato proponimento in questa terra di Toscana sarà più che simbolicamente l’emblema del distacco ulteriore tra me ed il Partito Democratico. E’ in assoluto il discrimine poichè in quella scelta si coglie proprio l’elemento di contraddizione che si evince dall’uso di termini ecologici che si dicono essenziali e le attività imprenditoriali che si vogliono intraprendere in una realtà territoriale comunque delicata e fragile come la Piana fiorentina. Il candidato alla Presidenza della Regione Toscana non ha mai fatto mistero sulle sue idee in proposito e non ha mai fatto un passo indietro nè ha mai fatto esprimere su questi temi coloro che maggiormente vi saranno coinvolti. Questa sua “insensibilità” tradisce che per lui gli interessi delle imprese coinvolte in questo progetto sono più importanti dei cittadini che in quei luoghi vivono o che hanno inteso difendere tout court gli ecosistemi sotto scatto.
Questa candidatura, emersa al di fuori di qualsiasi normale condivisione anche interna, è l’espressione di gruppi di potere economico finanziario molto più forti rispetto alla stessa massa – sempre più esigua ma abbastanza consistente – degli stessi militanti attivisti, molti dei quali condividono il mio disappunto, anche se avvertono forte il ricatto insito nella possibilità che a vincere non sia il Centrosinistra ma i suoi avversari più temuti, rappresentati in questo caso dalla Lega, sempre più un Partito di Destra. Verso di loro, intendo i militanti di base, ci sarà una grande provvisoria interessata convergenza da parte dei dirigenti e dei loro accoliti portaborse e cortigiani senza colore che si impegneranno a portare acqua a quel mulino sfasciato cercando di dimostrare l’inverosimile pur di poter avere un piccolo momentaneo consenso.
Noi non siamo più dei giovani virgulti rampanti con tanta prospettiva davanti. Ed è anche questo uno dei motivi per cui “tertium non datur”, non c’è alternativa: o il sedicente centro(Sinistra) si chiarisce al suo interno in relazione al “modello di sviluppo” che intende scegliere (per ora, quello prospettato, non è adatto ad una Sinistra che voglia davvero essere ambientalista) e parlo di un complesso di scelte ineludibili come la gestione dei rifiuti, la Sanità eminentemente “pubblica”, la legalità economica ed il rispetto rigoroso delle regole nel mercato del Lavoro, un modello di servizi sociali che sia per tutti a partire dagli “ultimi”, un blocco strategico del consumo di suolo e di spazi (c’è un surplus di appartamenti nuovi non affittati e non venduti mentre si continuano a costruire “mostri” di cemento) a vantaggio del restauro e risanamento conservativo dei vecchi edifici, adeguandoli alle norme antisismiche e semmai riconvertendoli ad usi pubblici o privati “nuovi”, collegati anche ai bisogni insorti dopo gli eventi pandemici.

Joshua Madalon

PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO – una serie di documenti del Comitato di Prato per il Partito Democratico

Prato

PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO – una serie di documenti del Comitato di Prato per il Partito Democratico

Nel 2006 ero Presidente della Commissione Scuola e Cultura della Circoscrizione Est del Comune di Prato. Ero alla seconda legislatura che si sarebbe conclusa nel 2009. Nella prima delle due legislature ero stato eletto nei “Democratici con Prodi” (ovvero “l’Asinello” dal simbolo acquisito in Italia dai “Democrats” statunitensi); poi, nella fase calante dell’esperienza di quel raggruppamento (vi avevano aderito, oltre a spiriti liberi, fuorusciti dai Democratici di Sinistra e dal Partito Popolare) che si era poi diviso tra Margherita (ex Popolari) e DS, ero ritornato in quest’ultimo Partito, forte di nuove passioni e progetti politici. Uno di questi apparve essere la costituzione di un nuovo soggetto, che avesse visto la cooperazione tra le due forze riformistiche dei cattolici e dei progressisti con lo scopo di mettere in moto un processo di forte rinnovamento della Politica nel Paese, ormai attraversata da spinte conservatrici reazionarie di Destra, avviate dall’avvento sorprendente di Silvio Berlusconi alla guida del Paese dal 1994. Sembrava allora necessaria la formazione di un bipolarismo, i cui raggruppamenti guardassero tutti alla conquista del Centro, la Destra con un Centrodestra e la Sinistra con un Centrosinistra. Nella seconda parte del 2006 si intensificarono gli incontri nello studio dell’avvocato Rocca, che appariva interessato a porre in cantiere un soggetto che fosse propedeutico alla nascita della nuova forza politica. Ad alcuni di noi, in primo luogo la compagna Tina Santini ed io, gli incontri ai quali partecipavamo apparivano sempre più accademici ed autoreferenziali ed in linea di massima si sottraevano a quel compito che noi ritenevamo dovesse essere prioritario: la formazione di un nuovo Partito costruito sulle due forze principali, aperto a 360 gradi oltre che ai cattolici democratici ed ai riformisti di Sinistra, democratica, ecologica antifascista anche a quella parte di Sinistra radicale che avesse voluto scommettere su quel Progetto, superando le ambiguità e le contraddizioni che avevano prodotto larghe insoddisfazioni e rifiuti nel corpo elettorale democratico del Paese. La discussione era sempre più vaga, improduttiva. Può darsi che questa fosse solo la sensazione a quanti tra noi partecipavano già con l’idea di dover rivedere molti aspetti della pratica politica: eravamo degli utopisti, degli illusi, degli inguaribili sognatori! I nostri sogni erano infatti tali, non più nè meno come quelli che ci hanno poi sospinto ad altre scelte nel corso dei venti anni successivi. Una cosa è certa, tuttavia: nessuno di noi ha mai operato per migliorare le proprie posizioni, nè tanto meno quelle dei pochi amici e sodali più fidati.
Nei prossimi post riporterò una parte del dibattito di quei giorni, utilizzando alcuni materiali che sono in mio possesso, a partire da una serie di mail che intercorsero tra me e Alberto Rocca, dalle quali non emerge uno scontro, ma un confronto franco ed aperto, dialettico. Ad Alberto riconosco una concretezza che io non ho mai avuto, una profonda onestà mentale e professionale. Alberto aveva previsto molto più chiaramente gli esiti; noi ci illudevamo di poter cavalcare la passione per modificare gli assetti. Tutti sanno come è andata, poi.

…1…

FACCIAMO FINTA CHE TUTTO VA BEN TUTTO VA BEN

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Facciamo finta che “tutto va ben – tutto va ben!” 

C’erano una volta dei Sindaci che, mentre ancora la pandemia era in corso (si era a fine aprile) volevano riaprire le scuole; lo dicevano con molta energia, come per convincere coloro che li tiravano per la giacchetta: intanto facevano lunghe passeggiate in bici per lanciare occhiate severe; molte dirette per rispondere alle domande della popolazione; dichiaravano una grande disponibilità ad occuparsi delle angustie della gente. Tuttavia, “anche” grazie ad una legge che concentra nelle loro mani – e nella loro testa – molti poteri alla conta dei “fatti” hanno soltanto utilizzato gli spazi a loro disposizione per farsi propaganda: non importa se poi l’applicazione pratica di quei “poteri” non permette, per mancanza di materia grigia e di capacità organizzative “manageriali”, di affrontare i veri problemi quotidiani che come nodi irrisolti incancreniti da anni di profonda incuria e sottovalutazione (ambiente, scuola, traffico, sanità, cura del territorio a partire dalle periferie), finiscono per accumularsi e rendere peggiore il livello qualitativo della vita della gente comune.
Accade in molte parti. Quasi dappertutto. Accade anche a Prato. In una città, che ha retto nel periodo dell’emergenza grazie al senso civico di “responsabilità” della cittadinanza, ma che ai suoi vertici (non solo amministrativi ma anche imprenditoriali) non ha costruito un nuovo inizio per il “dopo” emergenza. Come e più che altrove i suoi amministratori e le sue classi dirigenti non sono in grado di rispondere ai bisogni e non può essere una giustificazione che “è così dappertutto” oppure che “il Governo non è in grado di…”.
Parlo spesso dei problemi della Scuola. Anche l’altro giorno in un post che cercava di spiegare il senso di quei “conti che non tornano” ponevo in evidenza l’incapacità dei governi di ieri e dell’altroieri – non supportati diversamente da quelli di “oggi” – nell’affrontare i problemi della Scuola, non “un” problema ma i “mille” problemi irrisolti che da diversi anni condizionano il livello di Istruzione e di Cultura “generale” (a partire da quella “civica”) nel nostro Paese.
Sin dal primo momento dell’emergenza Covid19 con la chiusura delle strutture scolastiche una classe dirigente con gli attributi avrebbe dovuto luogo per luogo, in piena ed assoluta autonomia mettere in piedi una “task force” (che bello, questo termine, di cui i governanti piccoli, medi e grandi, si sono riempiti la bocca!) per affrontare le urgenze di una emergenza che viene da lontano.
Io, da parte mia, mi riempio la bocca di un altro macrotermine, “Memoria”. E lo faccio per segnalare che ciò che oggi ha difficoltà a funzionare non è che funzionasse prima del marzo 2020: non è stato certo il Covid19 ad evidenziare le carenze strutturali degli edifici scolastici; la mancanza di aule era male cronico, così grave da condizionare gli avvii di ogni anno scolastico e costringere gruppi numerosi di studenti a frequentare le loro lezioni in spazi “inventati”, adattati all’uso didattico ma non a tale scopo vocati nella loro genesi. E neanche si può pensare che una didattica moderna, semmai digitale ma non a distanza, si possa praticare in aule costruite per una didattica ottocentesca, eminentemente umanistica; ed ancor più ciò può avvenire in strutture che non erano destinate a scopi didattici. E dunque bisognava, bisogna, bisognerà preparare una progettazione che guardi davvero verso il futuro, verso il quale naturalmente si rivolge il mondo dell’Istruzione, della ricerca, dell’apprendimento, della Cultura.
In questo stesso periodo, ma c’è chi osserva giudica ed esprime sue opinioni in merito da tempo, si mette in evidenza l’esistenza di un surplus insopportabile di strutture abitative “nuove” ma invendute (colpa ovviamente dei costi, della crisi di prima e di quella che andiamo vivendo ora, ma non solo: anche qui c’è una profonda incapacità progettuale. Che rasenta l’irresponsabilità e l’illegalità). Ci si giustifica – nei “piani alti” – che, così facendo (cioè permettendo a ditte edili di lavorare e far lavorare) – si svolga anche un ruolo ed una funzione sociale. Molto bene: allora se è così dirottiamo sull’edilizia pubblica di riconversione, ristrutturazione o anche semplice manutenzione del patrimonio esistente delle scuole e degli edfici pubblici generici.
Ne riparleremo. Non si può tacere.

Joshua Madalon

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PACE E DIRITTI UMANI XVII 17 per la XVI vedi 7 giugno

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PACE E DIRITTI UMANI
XVII 17 per la XVI vedi 7 giugno

prosegue l’intervento della professoressa Agostini:

Cioè la cosa su cui vorrei che tutti noi riflettessimo è, per esempio, l’importanza della circolazione di questa idea e mi ha colpito moltissimo il fatto che questo libro, tradotto in francese, viene poi ritradotto in italiano. E’ una cosa incredibile questa, cioè arrivano questi prodotti dopo un secolo e mezzo di grande lavorio, perché i giansenisti in Francia avevano iniziato a mettere in discussione certi sillogismi fin dal 1600. Pensate che Pistoia, per esempio, era la sede di un famoso collegio vescovile, dove i giansenisti avevano con Monsignor Scipione dei Ricci, un “covo”, tra virgolette come si dice noi alla Toscana, un po’ come dire “scomodo” per il potere un po’ scomodo anche per Leopoldo che pure non era nel novero dei sovrani così retrogradi, come abbiamo visto, e quel collegio ha dato anche le gambe o perlomeno qualche stampella, diciamo, a certe idee dei filosofi del ‘700. Allora perché riflettere sulla circolazione delle idee? Secondo me è molto importante perchè, lo diceva prima l’Assessore Gerardina Cardillo, niente è dato per scontato, cioè gli equilibri sono in continuo movimento, si rimettono e si riassestano in continuazione; quindi ciò che abbiamo conquistato non è detto che se non vigiliamo e non stiamo attenti riusciamo a prtarcelo a casa. Anzi sono tempi abbastanza strani questi, in cui magari in Italia non è che si fanno delle campagne molto seguite sul ripristino della pena di morte, ci mancherebbe altro, però accanto a quella ci sono ancora sicuramente, lo rammentava prima l’Assessore, certi diritti sanciti dalla Costituzione che probabilmente ancora sono come i programmi del ’79 della scuola, tanto belli ma mai realizzati compiutamente. Allora a me quello di stasera sembra un momento molto importante perché la Scuola, le Circoscrizioni, gli esperti, la politica, perché si può fare buona Politica, svolgano un ruolo positivo. Noi oggi al di là del fatto di una riflessione profonda sulla pena di morte che è un fatto di civiltà che in qualche modo nobilita la nostra storia, dobbiamo riflettere anche sul perché a volte siamo tentati di vivere molto per noi stessi in maniera abbastanza egoistica abbastanza individualista, mentre invece bisogna uscire dall’isolamento e riflettere in modo collettivo. Si può fare della politica buona, ecco, e si fa della politica buona anche in questo modo, cioè portando in qualche modo i ragazzi fuori dall’aula per sconfiggere la routine, mettendo di fronte all’attenzione di tutti un tema come questo e cercando di costruire intorno a questo tema non tanto o soltanto la cronaca, ci pensano i mass media a fare questo, ma una riflessione profonda, perché si corre troppo e si riflette poco. La scuola molto spesso, nonostante la bravura degli insegnanti, nonostante la buona volontà, perché io tutto sommato non penso che questa generazione sia la peggiore ditutte,anzi, voglio dire che è una generazione con gli occhi aperti e che riflette, la scuola, come dicevo, dovrebbe essere un luogo molto più aperto; però a volte la routine ci sconfigge, si preferisce di più stare in classe a leggere una pagina di un libro di storia: questo a volte va bene ma non sempre ci si concentra nel modo giusto, è proprio il caso di dirlo.

….XVII….

I CONTI NON TORNANO – 10 (per la parte 9 vedi 6 giugno)

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I CONTI NON TORNANO – 10 (per la parte 9 vedi 6 giugno)

10
Questi dati che riporto invece qui in calce sono afferenti alla presenza di nuovi residenti cinesi fino a tutto il 2005. Molto spesso sono ricongiungimenti familiari, sono nuove famiglie con figli provenienti non solo dalla madrepatria ma anche da realtà nazionali europee o altre città italiane (Milano, Napoli in particolare). Gli “esperti” non intercettarono nelle loro previsioni questa “nouvelle vague” proveniente dalla Cina che aveva bisogno anche di “istruzione” (molto spesso condizionata dalla necessità di avere “traduttori” abili in casa da parte dei genitori). Ed ovviamente gli edifici scolastici non bastavano a contenerli.

Il commento in corsivo sui dati non è mio!

http://www.comune.prato.it/immigra/cinesi/anagrafe/annuali/htm/cmigra.htm
Residenti cinesi per anno di immigrazione
Dati al 31/12/2005

Anno V.A. V.%

1973 2 0,02
1978 1 0,01
1984 2 0,02
1988 1 0,01
1989 9 0,10
1990 154 1,78
1991 111 1,29
1992 82 0,95
1993 58 0,67
1994 32 0,37
1995 39 0,45
1996 182 2,11
1997 327 3,79
1998 241 2,79
1999 249 2,88
2000 330 3,82
2001 506 5,86
2002 633 7,33
2003 1.172 13,57
2004 1.494 17,30
2005 1.832 21,21
a Prato dalla nascita 1.123 13,00
Dato mancante 56 0,65

Totale 8.636 100,00

Fonte: Anagrafe comunale di Prato
Elaborazione: Banca Dati Centro Ricerche e Servizi per l’Immigrazione del Comune di Prato
Residenti cinesi per area e luogo di nascita. Dati al 31/12/05

L. nascita V.A. V.%
R.P.C. 6.910 80,01
Altri stati esteri 18 0,21
Italia 1.708 19,78
Totale 8.636 100,00

R.P.C. V.A. V.%
Zhejiang 6.413 92,81
Fujian 297 4,30
Liaoning 53 0,77
Shanghai 44 0,64
Jiangxi 22 0,32
Heilongjiang 13 0,19
Xinjiang 9 0,13
Sichuan 9 0,13
Beijing 8 0,12
Hunan 6 0,09
Tianjin 5 0,07
Hebei 4 0,06
Henan 4 0,06
Jiangsu 4 0,06
Shandong 3 0,04
Anhui 2 0,03
Chongqing 2 0,03
Guangxi 2 0,03
Jilin 2 0,03
altre 8 0,12

Altri stati esteri V.A. V.%
Taiwan 1 5,56
Francia 13 72,22
Belgio 1 5,56
Paesi Bassi 1 5,56
Germania 1 5,56
Gran Bretagna 1 5,56

Italia V.A. V.%
Prato 1.507 88,23
Montemurlo 2 0,12
Firenze 44 2,58
Firenze (prov.) 23 1,35
Pistoia e prov. 8 0,47
Lucca 2 0,12
Siena 1 0,06
Arezzo 2 0,12
Grosseto 1 0,06
Torino 7 0,41
Milano e prov. 20 1,17
Reggio Emilia e prov 9 0,53
Roma 18 1,05
Napoli e prov. 7 0,41
Salerno e prov. 13 0,76
Altre province 44 2,58

Fonte: Anagrafe comunale di Prato

Popolazione cinese residente a Prato
La comunità cinese si è formata a Prato nel corso del biennio 1990-1991: Durante tale periodo il numero dei residenti cinesi è salito dai 38 del 1989 a un totale di 1009 che è continuato ad aumentare, poi, con ritmo più lento, negli anni successivi, e ha raggiunto dimensioni sempre più rilevanti a partire dalla seconda metà del decennio (malgrado il perdurare di un contemporaneo movimento di emigrazione verso altri comuni italiani). Pochi sono, dunque, quelli che vi risiedono da lungo tempo ma numerosi sono, in compenso, coloro che vi vivono dalla nascita. Essi hanno contribuito, in misura sempre più consistente, allo sviluppo della comunità cinese a Prato che in certe fasi è cresciuta quasi esclusivamente proprio per effetto delle nascite.
I dati del 2005 rilevano una forte crescita della popolazione cinese che passa dai 6.831 residenti del 2004 agli attuali 8.636, grazie all’acquisizione della residenza da parte dei nuovi arrivati e al perdurante incremento di nati nel comune di Prato.
La distribuzione per anno d’immigrazione mostra che oltre il 21% dei cinesi hanno acquisito la residenza nel 2005 ma l’esistenza di una scarsa anzianità migratoria è una caratteristica che accomuna anche molti altri membri della comunità. Quasi la metà di essi risultano, infatti, immigrati tra il 2000 e il 2004 (2.666, pari al 30,87%, nel biennio 2003-2004 e 1.469, pari al 17,01%, nel triennio 2000-2002), circa il 12% tra il 1995 e il 1999 e meno del 6% tra il 1990 e il 1994, mentre solo una quindicina sono coloro che vi risiedono stabilmente da anni antecedenti.
Molti, in compenso, sono i cinesi che vivono a Prato dalla nascita (1.123, pari al 13% dei residenti) e ad essi si affianca, inoltre, un consistente numero di persone che vi sono nate e successivamente immigrate dopo un provvisorio periodo di allontanamento (in Cina o in altri comuni italiani).

…10…segue

IL RITORNO ALLA NORMALITA’

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IL RITORNO ALLA NORMALITA’

Mi ripeto: una delle peggiori “epidemie” che colpisce le nostre popolazioni si chiama “amnesia”. Ieri scrivevo che ci siamo inoltrati nel distanziamento abbandonando nel “cestino” del nostro cervello tutto quello che fino a quel momento ciascuno di noi aveva detto, scritto, fatto, pensato e praticato. Anche per questo, sento di essere un maledetto imperterrito insistente rompiscatole, continuo a praticare la memoria “critica” (quella di cui trattavo ieri che non ha soluzioni univoche). Durante questo lungo senza dubbio inedito inverno molti di noi si sono limitati negli spostamenti e lo hanno fatto quasi con piacere, costruendosi dei ritmi domestici che non consentissero di avvertire la mancanza di socialità. Molti, ma non tutti, anche perché una parte considerevole è stata posta in difficoltà sia per le risorse economiche di cui non disponevano ( ma qui il discorso diventa anche “politico” ed “antropologico” e vale la pena soffermarci su questo tema in uno dei prossimi post ) sia per gli spazi angusti in cui dovevano necessariamente muoversi.
Appartengo per fortuna al primo macro-gruppo: solo un lieve reflusso di ipocondria mi ha interessato. Ma era anche il frutto di una riflessione concreta. Da giovane sono stato ipocondriaco ma con l’età ho razionalizzato le paure e le ho superate con l’impegno costante nella Politica e nelle attività culturali. Pur tuttavia in quei giorni, nei primissimi giorni drammatici, ho avvertito qualche lieve diisturbo psicosomatico ma in defintiva ero angosciato da un problema concreto che mi tormentava: non poter essere tranquillo sul fatto che, di fronte ad un malessere reale non riferibile ai problemi pandemici (un ictus, una disfunzione cardiaca; insomma qualcosa di veramente serio), non ci potesse essere da parte del Servizio Sanitario pubblico una risposta rapida e perlomeno sufficiente.
In quel periodo non era neanche immaginabile di poter andare al Pronto Soccorso così come mi è capitato di poter fare all’inizio dell’unica patologia seria che mi è stata riconosciuta: in quell’occasione, ma sono passati quasi dieci anni, ebbi modo di apprezzare la professionalità complessiva del personale sanitario che, in un tempo ragionevolmente veloce, diagnosticò la mia ipertensione.
Ritornando al “prima”, ma rimanendo sul “tema”, vorrei ricordare che negli ultimi anni si è andato progressivamente riducendo il ruolo della Sanità pubblica a Prato ed in Toscana. Sono stati chiusi molti Distretti periferici e sono stati ridotti i posti letto nel nuovo Ospedale. Già prima che scoppiasse la pandemia c’era chi lamentava l’aumento esponenziale degli accessi al Pronto Soccorso ed in quelle occasioni si segnalava da parte delle Sinistre la sottovalutazione del ruolo della Sanità pubblica a favore di quella privata. Su questi temi occorre ritornare a denunciare e proporre.
Durante il periodo pandemico più duro per diversi motivi la Sanità pubblica è stata dominante ma l’attenzione maggiore era per i contagiati ed i malati Covid19. La Sanità privata ha provato ad inserirsi nel contesto ma lo ha fatto in modo maldestro, svelando la sopravvalutazione dei “propri” interessi: si dirà che ciò sia inevitabile in una società dove prevale la logica del “mercato”, ma bisognerebbe anche saperne limitare gli ambiti in momenti di emergenza.
Con il ritorno alla normalità risaltano nuovamente ed in modo più eclatante i difetti del tempo di “prima”. Come la questione dell’accesso al Pronto Soccorso, che in questi giorni è intasato da richieste a volte improprie e banali e mette in evidenza la “complessità” del fenomeno, dovuto essenzialmente alla mancanza ormai “cronica” di presidi di medicina territoriale e difficoltà che genera sfiducia nel rapporto con i medici di base. Questi ultimi finiscono per essere considerati come consiglieri trascrittori di ricette o poco più, anche per le restrizioni imposte dalla dirigenza regionale che li limita nel loro specifico lavoro.
Anche in Toscana, meno però che in altre Regioni più “operose” dal punto di vista manageriale (ivi compresi gli ambiti sanitari), il Covid19 ha posto in evidenza i limiti dell’azione politica, in questo caso, del Centrosinistra, che – fatte le debite distinzioni poco meno che “ideologiche” – non ha operato per valorizzare le funzioni pubbliche ma ha avvantaggiato – anche nascondendosi dietro le lungaggini delle pratiche burocratiche – di fatto il “privato”, anche se convenzionato.

Joshua Madalon

SONO UN SOSTENITORE DI QUESTO GOVERNO, MA SONO “CRITICO E DISPERATO”

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SONO UN SOSTENITORE DI QUESTO GOVERNO, MA SONO “CRITICO E DISPERATO”

Mia cara amica, ho un Blog.
A cosa serve un Blog?
Scrivo quello che serve per me; innanzitutto per esprimere i miei dubbi e le mie perplessità, che molto spesso non collimano con le certezze di altri.
I social sono fatti così: di norma c’è un dibattito assertivo, mai dubitativo; ne utilizzo qualcuno, in primo luogo quel Facebook dove ci incrociamo.
Ad ogni modo, sono stato sempre così, forse (lo vedi, utilizzo sempre queste forme che tradiscono incertezza), forse sono fatto “male”: di sicuro non mi sono mai sentito “perfetto” e continuo a costruire la mia esistenza.
Ho 74 anni; possono dirmi “vecchio”, ho molte rughe, ma non ho mai abbandonato la mia indole di ricercatore di verità, ma non di una sola ed assoluta.
Spesso ciò mi fa litigare con le persone che mi sono più vicine: e sì! perché di fronte alle asserzioni definitive io contrappongo il dubbio, l’invito ad osservare le altre forme della medaglia, che non ha solo sempre una o due facce. Possono essere tante di più ed io già da ragazzo non ho atteso filosofi o scrittori, professori o scienziati che mi insegnassero la complessità caleidoscopica della realtà, della verità.
Ed ho cominciato molto presto a mettere in dubbio i dogmi religiosi ed ideologici, ne ho sofferto ed ho cercato progressivamente di trovare una strada unica che mi facesse sentire amante ed amato.
Ma finora non è stato possibile: mi comporto come un eterno indeciso che non riesce a cogliere aspetti definiti. In realtà intorno a me ho trovato progressivamente una congerie di persone che “sanno” tutto quello che “é”, che non hanno dubbi, ma che neanche ammettono che uno o più altri ne abbiano. Per carità, però, non si creda che io non abbia mai deciso! E’ che quando l’ho fatto, quando lo faccio e lo farò avrò sempre presente che “un’altra strada era possibile” e che non è mai detto che la migliore sia quella intrapresa. E infatti molto spesso mi capita di dire la “mia” giusto perché qualcun altro sappia quel che penso e non mi scandalizzo mica se qualcuno dissente; ciò che mi dà noia è che ad altri rispetto alla “loro” non sentano la necessità di allargare gli orizzonti e chiedersi, perlomeno chiederselo, se sia o meno giusta corretta onesta l’idea degli altri.
Quanto al Governo, ho detto che ne sono un sostenitore: ovviamente “critico” e disperato. Quest’ultima condizione è collegata al fatto che non posso fare altro che sostenere “questo” Governo perché non ve ne sono altri possibili ed attualmente quelli che si potrebbero proporre come alternativi sono pessimi, incapaci più di quanto possano immaginare gli stessi loro supporter.

Mia cara, siamo nei guai.
Ma probabilmente molti continuano a soffrire di una profonda amnesia. La società italiana non era messa davvero bene prima che la pandemia ci colpisse. Lo stesso quadro politico viveva profonde contraddizioni (si pensi solo ai due Governi di questa legislatura) ed il mondo economico piccolo medio grande era in affanno. La nascita del Governo M5S PD e pochi altri non è stata certamente dovuta al Covid19 e dunque questo Esecutivo non era assolutamente pronto a fronteggiare la crisi. Anche in altri “paesi”, alcuni più ricchi del nostro come la Germania, non è stato semplice. Se dovessi assegnare un voto al Governo non andrei oltre la sufficienza; ma il Paese non può accontentarsi di un “sei”, ha bisogno di più e questo Governo non è in grado di andare più in là, condizionato da troppo tempo da poteri finanziari fortissimi che da sempre hanno bloccato le Riforme, anche perché fino a quando il Paese non si dota di regole rigorose possono fare man bassa anche dei grandi risparmi accantonati dalle famiglie italiane negli ultimi decenni.
Ecco, dunque, questo, mia cara, è il mio Blog. Intervengo poco in modo diretto su Facebook con dei “post” che necessitano di “sintesi”. E nella “sintesi” spesso c’è l’ambiguità. Alla prossima occasione!

Joshua Madalon

CINEMA –una storia minima – seconda parte degli Anni venti prima del sonoro (vedi 31 maggio)

CINEMA –una storia minima – seconda parte degli Anni venti prima del sonoro (vedi 31 maggio)

Nel 1924 si avvia la carriera di uno dei più grandi autori cinematografici francesi – e non solo – con René Clair ed il suo manifesto dell’Avanguardia, “Entr’Acte” prodotto – come si evince dallo stesso titolo – come “film di sostegno” che intrattenga gli spettatori di un balletto di Picabia. In quello stesso anno, sempre in Francia, si produce “Ballet mécanique” di Fernard Léger, opera fondamentale per la conoscenza dell’arte futurista di cui Léger era interprete.

Intanto, tra il 1923 ed il 1924 si affaccia in modo rilevante sulla ribalta dell’arte cinematografica la stella di Buster Keaton, la cui “faccia triste” accompagnerà gli spettatori fino alla metà degli anni Sessanta. Straordinarie le sue interpretazioni, accompagnate da grandissimi successi commerciali, ne “La legge dell’ospitalità” del 1923, “La palla n.13” del 1924 e, sempre in quest’ultimo anno, “Il navigatore”.

Da segnalare, nel 1924, uno splendido film di fantasia e di avventura, che si avvale dell’interpretazione di uno dei “divi” più significativi dell’epoca del cinema muto, Douglas Fairbanks e del genio registico di Raoul Walsh: si tratta de “Il ladro di Bagdad”.

Ritornando al 1925, avendo ricordata l’uscita di quel capolavoro che è “L’ultima risata” di Murnau, che punta il dito sul declino della società mitteleuropea, non possiamo non aggiungere che è l’anno de “La corazzata Potemkin”, punto di riferimento della cinefilia non solo nostrana, ma indubbio capolavoro della cinematografia sovietica. Sempre in quell’anno, Eisenstein realizza un altro dei suoi capolavori, “Sciopero”.

In quello stesso anno, agli inizi della carriera avviata appena due anni prima, esce “La via senza gioia” di Georg Wilhelm Pabst, la cui protagonista anche ella più o meno agli inizi della carriera è quella straordinaria icòna Diva che porta il nome di Greta Garbo. La straordinarietà del film consiste anche nella presenza contemporanea di altre due “dive”: Asta Nielsen e Marlene Dietrich. Greta Garbo era stata notata da Pabst su un set nell’anno precedente, quello di La leggenda di Gosta Berling” di Mauritz Stiller. Il film, così come altre opere di quel periodo (la stessa “L’ultima risata” di cui si accenna sopra) rappresenta, attraverso la figura interpretata dalla Garbo, la crisi economica, civile e morale della Germania, dopo la sconfitta subita nella Grande Guerra.

Sempre nel 1925, tornando negli Stati Uniti va segnalata la quinta opera di Eric von Stroheim, “Greed”, un Kolossal enciclopedico di durata improponibile (circa 7 ore nella versione originale), considerato anche per questo motivo tra i film “maledetti” della storia del Cinema. Analogamente alle atmosfere europee, forse per le origini austriache del grande “maestro”, i temi trattati nei film di Stroheim sembrano collegarsi al clima di declino morale che si respirava in Germania. Molto diversa era l’aria che spirava nelle “storie” narrate da Charles Chaplin che nello stesso anno gira “La febbre dell’oro”, nel quale aleggia la speranza di un riscatto umano e sociale sempre presente nel mito americano dell’uomo che si fa strada verso il riscatto partendo dal basso.

Il 1925 è anche l’anno di un esordio eccellente in Gran Bretagna, quello di Alfred Hitchcock, con “The Pleasure Garden”, una storiella abbastanza esile, nella quale però si intravede il genio che verrà. Ed infatti nell’anno seguente, il 1926, “The Lodger” (Il pensionante) già rivela uno stile inimitabile nella narrazione che farà di Hitchcock un marchio indiscutibile fino alle ultime sue prove ed un punto di riferimento per tantissimi giovani autori.

A proposito di “mascherine” a Prato e – forse – in Toscana

A proposito di “mascherine” a Prato e – forse – in Toscana

Il Presidente della Regione Toscana si è vantato (in linea di massima ne aveva tutto il “diritto”) che la Regione da lui “governata” distribuiva “mascherine” gratis. Molto bene! Purtroppo, però, oltre alla indegna “questione” assunta ai “(dis)onori della cronaca”, c’è da rilevare che la stragrande maggioranza delle “edicole” cui in questa fase sono stati assegnati i compiti della distribuzione delle “mascherine” ha dichiarato progressivamente “forfait”.
Ad ogni modo, confessando la mia ignoranza, non riesco a comprendere il senso del testo che è accluso in ogni confezione di “mascherine”. E’ uno scherzo?
P.S.: In una delle ultime edicole dove mi sono affacciato c’era un cartello “La distribuzione delle mascherine è finita…per noi”

Qualcuno, leggendo il mio post breve sull’account di Facebook pubblicato stamattina, ha voluto innanzitutto presentare chi in modo palese chi in modo occulto le sue credenziali. “Dotti, Medici e Sapienti” come la canzone di Edoardo Bennato.

“Io sono …. e quindi (a tutta evidenza) ne so più di te, caro signor Nessuno che non vuoi capire che di questi tempi ti tocca stare zitto e subire”

Non proprio così, ma il sottinteso è certamente molto vicino a questo.

Riporto il testo: Io sono un medico. Tu stai facendo una pessima figura oltre a disinformazione. Che poi è l unico motivo per cui stavo perdendo tempo. Bloccare la disinformazione. Se anche uno solo dei tuoi contatti viene influenzato da te nel messaggio che queste mascherine sono fabbricabili anche in casa, sarebbe un danno per la collettività. Buon proseguimento.

Si è anche aggiunto che diffondevo “fake”; chi lo ha scritto probabilmente poi si è accorto, rileggendo con attenzione il testo che non si trattava di “notizie” ma di una riflessione su un “problema” serio abbastanza diverso da quello che appariva dal “decorso” della discussione (che molto spesso tracima dal “seminato”) e cioè la grande difficoltà con cui una “promessa” sacrosanta del Governatore Rossi della civilissima Toscana potesse realizzarsi.

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Solo in seconda battuta c’era – pur se accompagnata da due foto, e questo forse ha prodotto l’equivoco – la domanda su cosa significasse quella scritta apposta in ogni confezione distribuita prima nelle Farmacie e poi nelle Edicole: “Le presenti mascherine non sono da considerarsi né Dispositivi Medici né Dispositivi di Protezione Individuale”. La domanda, quest’ultima, a mio parere, è doverosa (a proposito, io non sono un medico ma sono un “linguista”: non credo però di essere “infallibile” ma ho sempre mantenuto la pratica del “dubbio”) e continuo a non comprendere il senso della “scritta” (pare che sia “obbligatoria” ma rimango perplesso). La stragrande maggioranza della gente non è Umberto Eco e nemmeno Giuseppe Maddaluno o, se preferite, Joshua Madalon.
Qualche altro ha trasceso in modo provocatorio come capita spesso sui “social” mandandomi a quel paese con stratagemmi ridicoli o invitandomi ad emigrare in Lombardia o in Liguria…in Veneto no!

Cito dai commenti al post no no e lei è la sua sinistra scassalcazaia (per citare i Broncovitz) che di sinistra in realtà non ha proprio nulla, che continua imperterrita a sbagliare bersaglio, in nome non si sa bene di quale idealismo puro e si alinea sempre con la destra più becera!

Proseguo nelle citazioni guardi prenda la residenza in Lombardia, li può tranquillamente fare a meno anche delle mascherine, che per altro nessuno ha mai distribuito gratuitamente né lo farà in futuro, perché la Regione ha tutelato e protetto assai meglio i suoi cittadini, tant’è che la Lombardia è notoriamente da mesi a contagi zero. Oppure opti per la Liguria o il Piemonte… In Veneto no, non ci vada, lì più o meno hanno operato come la Toscana, tranne per il fatto che non hanno consegnato mascherine gratuitamente

A chi ha dialogato in modo pacato pur non condividendo il post (ma nessuno di coloro che ha ruoli più o meno istituzionali, al di fuori del giovane F.B. ha compreso – o ha finto di non comprendere – quale fosse l’argomento principale) ho anche risposto in modo preciso.

a cosa dovrebbero servire le “mascherine” lo sapevo da molto tempo: quando incontravo operaie ed operai cinesi (più le une che gli altri) capivo perfettamente che si proteggevano. Per loro era un’abitudine, per cui non hanno faticato molto ad abituarsi alla “novità”.So bene anche che non servono a proteggersi ma a proteggere. Quando ho scritto il post, tuttavia, sono partito da un’altra constatazione (non la ripeto, la ritrovate leggendo la prima parte del post), alla quale non trovo risposte da parte di nessuno dei partecipanti al dibattito che è diventato stucchevole ed “accademico” ed in definitiva inutile dimostrazione di “ciò che ciascuno sa”. Quanto alla seconda domanda (…è uno scherzo?”) mi chiedo ancora una volta – e ve lo chiedo – per quale motivo sia necessario tutto questo “dibattito” per spiegare che….e blablabla….Vi siete accorte che la nostra società è al limite dell’analfabetismo di ritorno, se non già molto oltre? Direi che quella dicitura apposta in ogni confezione sia la dimostrazione del vortice di burocrazia nel quale abbiamo ficcato il nostro Paese. Se volete, ne discutiamo pacatamente in diretta. Se conoscete qualcuno di quelli che approfitta della discussione per fini di contrapposizione “politica” fategli presente che nella società ci sono quelli che accettano in modo pedissequo le scelte e quelli che, pur condividendo la “posizione” politica dei “protagonisti” provvisori non la accettano in modo totale perché amano ragionare. So bene che questa azione del “ragionare” poco si addice a chi si occupa di politica corrente. Sono un uomo che si è liberato da queste sovrastrutture e sono diventato sempre più scomodo. A coloro che da Destra pensano di lucrare dalle mie argomentazioni rivolgo un invito a non illudersi. La mia è una Sinistra che può anche non piacere a parti di Centrosinistra, ma che non può essere confusa con la Destra.

Un commento “saggio” è giunto per l’appunto dal giovane F.B.

I sistemi di consegna non saranno dei migliori, Giuseppe, però bisogna ammettere che a differenza delle altre regioni di Italia possiamo avere le mascherine gratis, ed io sto andando avanti con quelle. Direi che più che una passerella sia una fortuna.
C’è ancora da fare, si può sempre migliorare, ma non credo sia questa la faccenda su cui fare polemica.
Era questo il “tema”, non altro

Una compagna ha capito tutto (ma non ci voleva davvero la laurea):

Il giornalaio di via dell’Alberaccio, apre alle 16, alle 14,30 c’è già gente in fila, non ne dà che a 50 persone, le altre sono state ad aspettare, ma non gli toccano, lui mi ha detto stamani che smetterà questo servizio, qualcosa deve cambiare, così non funziona

A lei ho precisato il senso del post e del Post scriptum:

ne avevamo trovate in via Montalese. Sono ripassato ieri perché nostra figlia è ritornata per qualche giorno ma ci ha sorpreso la scritta di cui sopra: “La distribuzione delle mascherine è finita…per noi”. Già l’altro ieri era “sfavato” e quindi ha agito di conseguenza. Ho rilevato da qualche parte che “ben diversa sia la “mission” dei farmacisti rispetto a qualle degli edicolanti. Pare (!) che la splendida idea delle “edicole” sia partita da “La Nazione”.

La compagna mi ha risposto

preciso che nessuno di noi le ha prese ( 9 persone)

ed io ho chiuso

…e questo la dice lunga!

Tralascio altro, per ora

Joshua Madalon

L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA (perché non si differiscono le competizioni elettorali al prossimo anno?)

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L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA (perché non si differiscono le competizioni elettorali al prossimo anno?)

La smania per gli appuntamenti elettorali sta ad evidenziare la scarsissima considerazione dei veri problemi del Paese da parte della classe politica italiana. Sarebbe oltremodo opportuno il differimento di un anno degli appuntamenti elettorali. Sarebbero molteplici le motivazioni favorevoli a questo “gesto”, in primo luogo il rispetto per la grave situazione che si è creata e che va verso un aggravamento ulteriore. Le campagne elettorali sono sostanzialmente fatte di enunciati positivi e propositivi “da realizzare in un quinquennio”; il Paese ha bisogno invece di fatti concreti “ad horas”.
In questi rilievi non c’è alcuna differenza tra chi “governa” e chi fa “opposizione”. Appaiono tutti ben disponibili a dimenticare le traversie e tuffarsi in una “intensa(?!?) calda campagna elettorale “estiva”, con il risultato certo (non valgono rassicurazioni in merito: gli “interessi” particulari prevarranno alla grande, ricoperti da un ipocrita riferimento ad interessi “collettivi”. Molti dei “protagonisti” delle prossime contese, previste in Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto, scalpitano da tempo ed allo stesso modo alcuni leader nazionali di Centrosinistra, di Centrodestra e Destra insistono addirittura di poter votare prima possibile, il che avrebbe in un primo tempo potuto significare nei mesi estivi, poi sembrano accontentarsi di settembre, noncuranti non solo delle problematiche connesse alla conduzione di una campagna elettorale sotto gli ombrelloni e, si intende, nel rispetto delle regole anti Covid, ma anche delle tante urgenze collegate alla ripresa del nuovo anno scolastico con annessi e connessi già oggetto di accese discussioni.

Quel che io sto scrivendo qui non mi sembra essere argomento in cima ai pensieri di molti altri cittadini nè tanto meno dei diversi – a diverso titolo – partecipanti alle prossime contese elettorali. E’ indubbio che la preoccupazione maggiore della stragrande maggioranza del Paese siano le scelte di politica economica per fronteggiare la crisi e che la preoccupazione maggiore della stragrande maggioranza – oserei pensare la “totalità” – dei sostenitori delle forze politiche sia collegata strettamente alla messa a reddito dei loro presunti (o reali, non intendo discutere su questo: non ne ho oggettiva contezza) meriti, su cui preparerebbero una campagna elettorale paradossale, una campagna ancor più davvero insensata, nel malaugurato caso di ritrovarsi di fronte ad una epidemia di ritorno.

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Ci sarebbe davvero tanto da fare, al di là delle vaghe promesse elettorali, in ogni Regione. La pandemia ha messo in primissimo piano molti problemi che “prima” erano snobbati dalla stragrande maggioranza dei politici; in primo luogo, non ci stancheremo di ripeterlo, la delega ai privati di vasti settori della Sanità; la sottovalutazione dei temi ambientali e la cura delle infrastrutture più utili, in primo luogo quelle scolastiche, da troppi anni abbandonate nella loro progressiva obsolescenza ed insufficienza. Allo stesso tempo, però, ci si preoccupava di mettere in piedi “mostri” come il Ponte sullo Stretto o una nuova Pista aeroportuale a Firenze, i cui impatti sia ambientali che eco-umani sarebbero devastanti ed i cui costi rischierebbero di vanificare quel Piano di verifica statica su tutta la rete extraurbana nazionale resa necessaria dal suo invecchiamento.
Le urgenze non possono essere procrastinate ad una nuova stagione politica là da venire. Occorre occuparsene ora, subito.

Joshua Madalon