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TEMPI NUOVI

TEMPI NUOVI

Può darsi che questa emergenza, superati gli aspetti negativi, produca effetti positivi sulla società. Di solito accade, ma tutto dipende dalla qualità degli uomini e delle donne (delle donne e degli uomini) del nostro tempo. Se devo riferirmi a quel che ho visto e sentito negli ultimi tempi, le speranze che una revisione etica positiva si verifichi, sono al minimo termine. Tuttavia, occorre uno sforzo comune di buona volontà, al quale voglio a modo mio partecipare. Stamattina in uno dei commenti familiari intorno ai primi caffè rilevavo che negli ultimi giorni c’è una sorta di “pax mediatica” su Facebook: i commenti beceri si contano sulle dita di una sola mano. Segno è che il Coronavirus limita le acredini e tiene lontano le buzzurrate. Tuttavia, partecipando alla lettura dei quotidiani attraverso i canali televisivi non ho potuto esimermi dal provare un profondo disgusto nel leggere il titolo di prima pagina de “Il Giornale” che, commentando l’intervento a reti televisive unificate del Presidente della Repubblica, lo giudica come una sorta di “commissariamento” nei confronti del Presidente del Consiglio.

Non è solo un modo ignobile di accostarsi ai temi, ma dimostra la profonda ignoranza del dettato costituzionale relativamente al rapporto ed ai ruoli dei diversi principali soggetti istituzionali. Tra l’altro, proprio per la caratteristica dei meccanismi elettivi che conducono alla scelta del Capo dello Stato, non vi è alcun dubbio che spetti soprattutto a lui il compito di richiamare all’unità e ad un certo tipo di “ordine democratico” necessario nel momento delle maggiori difficoltà del Paese. Aggiungerei addirittura che sarebbe stato quasi fuori luogo che quel discorso lo avesse pronunciato il Premier.

Il Giornale 6 marzo

Il titolo “MATTARELLA IN CAMPO – CONTE DIMEZZATO” sta a sottintendere non del tutto velatamente il profondo desiderio, inconscio e non, di portare il Paese verso un baratro davvero profondo, cercando di scaricare responsabilità che, umanamente, potrebbero essere di molti – e diversi – rispetto a quanto da loro, in modo scellerato, auspicato.

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Ieri la leader di “Fratelli d’Italia” ha lanciato dardi malèfici contro il Premier, accusandolo di essere un “criminale”. Si è poi parzialmente corretta, aggiungendo che “ha avuto un atteggiamento criminale” mettendo il Paese in difficoltà, allorquando – alle prime avvisaglie del morbo -ha avanzato una critica nei confronti della sottovalutazione dei primi casi. Indubbiamente quel rilievo è apparso un atto d’accusa verso quelle strutture sanitarie regionali del Nord Italia, i cui governatori – tutti appartenenti al blocco del Centrodestra – avevano voluto mostrare una grande capacità di autonomia non del tutto poi rispondente alla necessità del caso. Ho peraltro già scritto che sarebbe stato doveroso, anche nel rispetto dei cittadini e dei lavoratori di quella zona “lombarda”, ammettere tale debolezza: ciò non avrebbe inficiato sostanzialmente il riconoscimento dell’eccellenza di quella Sanità. Capisco perfettamente che “non sia il momento”, che “non lo fosse nemmeno allora”; ma, quindi, evitiamo di trascendere in polemiche inutili alla stregua dei “polli di Renzo”, che – disgraziati loro – vivevano in quella parte di Italia ed in un abbastanza simile periodo di difficoltà sanitarie.
Fermiamoci dunque alle parole del Capo dello Stato.

“Qui sono tutti matti” a partire da me

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“Qui sono tutti matti” a partire da me

Qualche giorno fa commentando alcuni dati sull’incidenza del Coronavirus rispetto ad altre patologie una mia amica oncologa concludeva: “Qui sono tutti matti!”. Ricevendo questo messaggio, non riuscivo però a comprendere chi fossero i “matti”. In realtà non avrei potuto comprenderlo, avendo io involontariamente (la mia non è una scelta condizionata dalla diffusione del virus) utilizzato una sorta di “quarantena” culturale: me ne sto per gran parte della giornata in casa in mezzo a migliaia di stimoli culturali, che mi distraggono dalla “catastrofe” mediatica. L’altra mattina Mary, svegliandosi un po’ più tardi del solito mi chiedeva i dati aggiornati sul contagio ed io le ho risposto che “non se ne può più…non c’è uno spazio libero dai bollettini di guerra…la tv non fa altro che questo…e io stamattina non l’ho proprio accesa!”.
Così, un po’ alla volta, sto comprendendo a cosa si riferisse la dottoressa, parlando di “matti”. Sono perfettamente convinto che quel che sta accadendo sia molto serio e grave: pur tuttavia occorre mantenere la calma e non farsi prendere dal panico, contribuendo ad aumentare così il numero dei “matti”.
Le isterie colletive non aiutano a superare la crisi. Occorre certamente rispettare le norme igieniche, anche se sarebbe stato bene farlo da sempre; ma non è mai troppo tardi per imparare. Sono quelle cose che ci aiutano a giustificare quel che ci appare come un sacrificio insormontabile. Ovviamente alcune indicazioni, come quella della “distanza di uno o, meglio, due (facciamo uno e mezzo) metri” non vanno interpretate in modo rigoroso: sarebbe molto comico vederci zigzagare per la strada o nei corridoi del supermarket alla ricerca di uno spazio di sicurezza. Intanto si evitino i luoghi pieni e si privilegino quelli meno affollati. Bene, perciò, aver chiuso le scuole; così, con l’accortezza di uscire poco, e con gli strumenti tecnologici sempre più avanzati utilizzati soprattutto dalle nuove generazioni, si potrebbero studiare forme alternative di trasmissione del sapere, sperando tuttavia di non dover corrispondere alle assurde pretese di quel Dirigente (!) preoccupato per il fatto che la chiusura straordinaria delle scuole avrebbe comportato un danno alla preparazione didattica dell’Istituto. A proposito di “matti” ci sono anche queste tipologie, che assestano un colpo di credibilità fortissimo alla validità della preparazione scolastica dei nostri studenti: basta lavorare sul “sapere” in modo esclusivo ed avviare invece un “saper fare”, che nella scuola italiana è fortemente carente. In Italia c’è ancora troppa accademia e troppi parrucconi vetusti a dettar legge. Chissà che un “virus” anche tanto pericoloso non ci aiuti in quella direzione.
E poi la grande confusione che alberga sovrana è dovuta proprio a questo analfabetismo civile che caratterizza il momento. L’altra sera ho ricevuto la richiesta da parte di una giovane amica supplente temporanea di farsi accompagnare alla Guardia medica. Forse non era necessario ma la solitudine fa brutti scherzi e quindi mi sono prestato per accontentarla. Aveva seguito le indicazioni prescritte dal giorno prima, per cui per accedere occorreva prenotare telefonicamente l’appuntamento. Ed era tutto in regola: niente di che, solo un mal di gola persistente, qualche linea di febbre. Ma mentre attendevo che uscisse dall’ambulatorio sono passate altre persone che non avevano tuttavia prenotato e le Guardie giurate le informavano su come fare, commentando in modo improprio che “la legge non ammette ignoranza”. Purtroppo non di “legge” si trattava, ma di una prescrizione temporanea di tipo organizzativo tesa ad evitare assembramenti pericolosi per la diffusione della patologia virale; e poi solo da poche ore era stata comunicata: fino al giorno prima chi aveva bisogno in giorno festivo o feriale notturno di un controllo ne poteva usufruire senza alcun preavviso. Ecco, dunque, che – guardandosi intorno – i matti li scopriamo un po’ dappertutto, a partire da noi stessi, ovviamente.

Joshua Madalon

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LA (nostra) VITA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS (dall’osservatorio di Prato) ….continua……

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LA (nostra) VITA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS (dall’osservatorio di Prato)……continua…..

Mentre rileggo il mio post di ieri seguo uno dei programmi di informazione del canale La7, Tagadà, e sono preso da un desiderio di esprimere pubblicamente il mio profondo disgusto verso un giornalista, tale Francesco Borgonovo, che pretende anche di esprimere “La Verità” ( è questo il nome del giornale di cui è caporedattore ). Nazionalista e sovranista convinto, non perde occasione, anche in questi frangenti critici, di lanciare attacchi alla comunità cinese e a coloro che in occasioni diverse ne hanno sottolineato la civiltà. Più o meno, egli dice che come nel momento della crisi più acuta vissuta in Cina qualcuno ha solidarizzato con la comunità in Italia entrando nei locali gestiti da quella, ora quelle stesse persone dovrebbero riempire i locali dei nostri connazionali, che invece sono vuoti. Lo fa con acredine: d’altra parte è la sua prossemica naturale che esprime tale sentimento: a mio parere, dovrebbe avere una grande difficoltà a reggere il suo stesso sguardo allo specchio.
Ebbene, ritorno su temi già trattati: il nostro Paese non si risolleverà dalla crisi profonda già precedente a questa “tragica” situazione epidemica. Ho la sensazione che se non si ritroverà uno spirito unitario, umile e rispettoso della libertà di ciascuno, limitata solo dagli accenti violenti e minacciosi, nei quali la forma critica oppositiva non possiede elementi di razionalità e di opportunità (non “opportunismo” come purtroppo è solitamente appannaggio di personalità politiche alla ricerca di consensi).
Una delle formulazioni sciovinistiche nazionali recita che “di fronte alle difficoltà emerge il carattere degli italiani”. A volte quel che si intravede è la parte buona, la migliore; in altre occasioni, invece, è quella peggiore. Nel caso di personaggi come Salvini e Borgonovo, che – credo – sia un collega molto stretto del primo, quel che viene fuori è proprio il peggio. E, dunque, se ne ricava che siano proprio queste esternazioni a rivelarne la vera natura.
Allo stesso tempo, da un osservatorio molto particolare che è quello della città di Prato, zona piena Chinatown (via Filzi e via Pistoiese con annessi e connessi), emerge un atteggiamento di profondo rispetto verso la comunità cinese, in grado autonomamente di regolarsi, dimostrando profonda cura e rispetto per le regole restrittive che comunemente dobbiamo seguire.
Bisognerà pure studiare sociologicamente questo periodo, quando arriveremo in fondo; credo che solo a quel punto potremo confermare le nostre opinioni che in questo momento sono “libere” e comprovarle o metterle in discussione. Per ora, ho la sensazione che questa esperienza ci consentirà di avere una migliore interlocuzione tra le due comunità maggiori della città.

Joshua Madalon

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LA (nostra) VITA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS (dall’osservatorio di Prato)

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LA (nostra) VITA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS (dall’osservatorio di Prato)

Sì, certamente! La vita al tempo del Coronavirus va un po’ cambiando. Non credo che avremo l’opportunità di abituarci a questa forma di socialità, anche se, con gli opportuni “tagliandi”, non sarebbe male che ciò si verificasse. Uno degli aspetti su cui punterei potrebbe essere quello dell’essenzialità. E soprattutto – mi sia consentito – modificherei l’uso strumentale di lunghi dibattiti e discussioni intorno a quel che vien detto “sesso degli angeli”. E’ stata, e purtroppo è, l’abitudine che ha contraddistinto molti tra noi – la critica è “autocritica” – appartenenti alla Sinistra.

Ovviamente, la mia è una semplice speranza e nell’auspicare tali cambiamenti mi affido al destino di un’epidemia che possa aiutarci a cambiare. Come dicevano gli avi “Non tutto il male viene per nuocere” ed anche questo Coronavirus potrebbe essere un elemento positivo che ci faccia ritrovare la giusta misura dell’esistenza, minimalistica al punto giusto, facendoci evitare gli sciovinismi ed i bizantinismi pelosi ai quali ci siamo abituati in tutti questi anni.
In questi ultimi giorni si esce meno di casa, ci si riappropria di spazi riflessivi, si dedica più tempo alla lettura. E’ pur vero che tutto questo posso farlo io che sono in pensione e che, tutto sommato, ho più tempo a disposizione. Ed è vero che per la stragrande maggioranza delle persone adulte in età da lavoro, sia esso autonomo o dipendente, la situazione sta provocando nell’immediato dei danni che comporteranno ulteriodi difficoltà, soprattutto economiche con tutto quello che ne consegue. Anche se, con gli opportuni accorgimenti, una parte del mondo del “lavoro” potrebbe strutturarsi in modo diverso ed innovativo, utilizzando le modernissime tecnologie informatiche: un primo immediato vantaggio consisterebbe nel minor utilizzo dei mezzi di trasporto e conseguenti risparmi energetici e minor impatto ecologico. Il lavoro sarebbe anche meno stressante e più sereno.
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Intanto una lezione di civiltà formidabile ci è stata impartita da questa epidemia: siamo tutti uguali (ve la ricordate “ ‘A livella “ di Totò? ). Ed è così che ci si guarda – al di là delle appartenenze etniche e nazionali – condividendo preoccupazioni e sorridendo partecipi. Facendo la fila alle casse dei supermercati schizofrenici per l’alternanza di affollamenti e saccheggi contemperati da desertificazioni: e già…una volta fatto il pieno delle provviste vi si ritorna solo per l’essenziale di cui semmai si avverte la mancanza; sostando all’esterno dell’ufficio postale – tanto non piove – dopo aver preso il numeretto per l’operazione in scadenza; tenendosi a distanza di un metro come suggeriscono gli epidemiologi; e poi, la mascherina: cosa si fa con la mascherina?
Fino ad ieri non ci si chiedeva mica cosa facessero per la strada principale della Chinatown pratese tanti cinesi con la mascherina. Ora invece siamo là a chiedercelo: fanno un’operazione di puro marketing.
In realtà non sono infettati: a Prato non c’è nemmeno un caso sospetto, nè cinese nè di altra etnia nè tantomeno – come si dice – “nostrano”.
La mascherina, dicono gli esperti, serve a coloro che hanno contratto il virus e devono evitare di infettare le altre persone con cui entrano in contatto. Dunque è una forma di salvaguardia per tutti quelli che vengono incontrati casualmente per strada o che utilizzano dei servizi nei tanti negozi gestiti da personale cinese.
Anche questo comportamento sta contribuendo a far modificare la percezione reciproca in una città nella quale i rapporti tra la comunità autoctona e quella orientale non sono stati sempre facili.
Il caso di Prato potrebbe dunque avere anche su questi temi sociologici una particolare attenzione di studio.

Joshua Madalon

MEDIATECA DELLA MEMORIA – un’ iniziativa della Circoscrizione Est del Comune di Prato nel maggio 2001 (LA GIORNATA DELLA MEMORIA FU ISTITUITA NEL NOVEMBRE DEL 2005) la storia di E.T. Eugenio Tinti parte 5 (dopo il preambolo dello scorso 27 gennaio e la prima parte contrassegnata con il numero 2 del 3 febbraio più quella numero 3 del 12 febbraio e la numero 4 del 17)

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MEDIATECA DELLA MEMORIA – un’ iniziativa della Circoscrizione Est del Comune di Prato nel maggio 2001 (LA GIORNATA DELLA MEMORIA FU ISTITUITA NEL NOVEMBRE DEL 2005) la storia di E.T. Eugenio Tinti parte 5 (dopo il preambolo dello scorso 27 gennaio e la prima parte contrassegnata con il numero 2 del 3 febbraio più quella numero 3 del 12 febbraio e la numero 4 del 17)

ND.: E magari eravate tutti un po’ così amici in una zona come questa.
E.T.: Qui, oltre a essere amici nella zona, eravamo amici anche dentro il palazzo dove abito. Perché prima eravamo quasi tutti, io son del Casentino, non son fiorentino, son di Poppi; quindi quando son venuto qui a Firenze eravamo tutta gente di qui che ci conoscevamo e ci scambiavamo anche delle visite, diciamo così; oggi anche qui dentro è diventata come la casbah di Algeri: non ci si conosce più nessuno. Son venuti di fuori, non so, ci sono persone che qualificherei come non troppo desiderabili, ecco.
ND.: E allora, se lei avesse bisogno di una cortesia, non c’è modo di averla.
E.T..: La cortesia, posso dire che ci ho un’inquilina qui accanto, giovane, carina: se si ha bisogno di qualcosa, alle volte ho bisogno del latte o che mi manca qualcosa ed è a lei che mi posso rivolgere…
ND.: Meno male, meno male, signor Eugenio, perché questi famosi ceno gradini, ecco, quante volte al giorno li fa, lei?
E.T..: Anche tre volte al giorno.
ND.: Perché?
E.T..: E perché ho bisogno di uscire prima per fare la spesa, perché non c’è nessuno che me la fa e, poi, per andare, anche per me andare a fare una passeggiata oppure andare a portare della roba, per esempio io come lavare faccio far tutto in tintoria, e quindi bisogna che vada anche lì, non ci andrò tutti i giorni; insomma una volta alla settimana bisogna che vada anche lì.
ND.: Lei ha parlato di passeggiate: come fa a passeggiare in questo centro così caotico, nonostante ora abbiano un po’ dimensionato il traffico?
E.T.: La mia passeggiata non è che la faccia proprio nel centro: vado qualche volta anche nel centro, per forza di cose dobbiamo andarci; però io preferisco andare nel Lungarno oppure là in quel piccolo giardino, là a San Niccolò…perché si respira un po’ meglio… in centro non è possibile starci tanto. Ora meno male che hanno messo la zona verde, un po’ più si respira, ma c’è pericolo, per esempio la mattina, prima che scatti la zona verde o la sera dopo le sei che comincia il traffico un’altra volta ed è una fornace di gas.
ND.: E qualche amico oppure qualche luogo, diciamo non so, un centro sociale o qualcosa del genere dove scambiare quattro chiacchiere?
E.T.: Ma, e io veramente ci sarebbe la Casa del Popolo della Sinigaglia, ma io non posso lasciare mia moglie perché mia moglie è malata a letto e io bisogna stia sempre con lei; se vo un’oretta fuori, come ripeto, per fare due passi per via di non farmi atrofizzare le gambe, se no io sto in casa.
ND: Signor Eugenio, lei ha parlato della malattia di sua moglie. Qui vedo una ricetta veramente nutrita: sono molte le medicine che deve prendere, paga molto di ticket?
ET.: Ultimamente ho pagato quarantamila lire.
ND.: Quarantamila lire ogni quanto?
E.T.: No, non sempre quarantamila lire ma sulle ventimila quindici ventimila lire ogni quindici giorni bisogna che io faccia questo lavoro.
ND.: Cosa ne dice di questi ticket?
E.T.: Mah, questi ticket per me sarà la salvezza, non so, di come si chiama….di Galloni o come si chiama…di Donat Cattin, ma non che sia una cosa che faccia bene a chi ci ha una pensione, per me son di molto dolorosi.
ND.: Io, signor Eugenio, a questo punto la saluto, la ringrazio di averci ospitato; le auguro di essere sempre così come la vedo adesso.
E.T.: Grazie tante della visita: ho avuto piacere anch’io di poter comunicare con voi, non so potrà fare comodo ad altri, per me la vita….
ND.: No, questo non lo dica: lei è un bell’esempio di “ragazzo del ’99.

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UN PAESE DIVISO E’ PIU’ DEBOLE in un momento difficile lo è ancor più – lo sappiano i leaders dell’opposizione esterna ed interna a questo Governo! il Paese lo ricorderà!

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UN PAESE DIVISO E’ PIU’ DEBOLE in un momento difficile lo è ancor più – lo sappiano i leaders dell’opposizione esterna ed interna a questo Governo! il Paese lo ricorderà!

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Mostrare il ghigno o fare la faccia truce è una delle modalità di autodifesa che gli animali o le persone in difficoltà utilizzano. Basterebbe poco a neutralizzarli questi tentativi così come fa Indiana Jones in una delle scene cult dell’Arca perduta.

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Nella realtà e nella Politica dei nostri giorni molto più assoggettata al mondo della comunicazione globale sono sempre più frequenti simili comportamenti: la mimica facciale , la prossemica, l’uso oratorio a dismisura dell’invettiva finiscono per essere utili per aggregare masse sempre meno colte e fondamentalmente bisognose di esprimere tutto il fiele accumulato nei tempi. Hanno bisogno di un leader che giustifichi l’espressione di quei bisogni sopiti, ne hanno bisogno per imitarlo e semmai superarlo.
Questo è solo un preambolo al disastro che una modalità di espressione politica di quel livello, così infimo, sta provocando nel nostro Paese. Sarebbe necessario, di fronte alla diffusione di un virus la cui incidenza e gravità è in gran parte ignota, fare per davvero un fronte comune. Sarebbe utile al Paese, che di questo potrebbe essere grato, fronteggiare le conseguenze di un pericolo globale per la salute e l’economia generale. Sarebbe un’ottima occasione per rivedere gli stili di vita consumistici e riappropriarci dell’essenzialità dell’esistenza “Sarebbe”: invece no. “Io vorrei” e giù un breve preambolo di buone intenzioni accompagnate da una sequela di estrema virulenza ed aggressività, con lo scopo – si osservi – di accreditarsi come sostituto aspirante non appena ve ne sia l’occasione.

Questa modalità è la prima vera responsabile del danno economico e quello di reputazione internazionale del nostro Paese. Questo non è il momento di lucrare sulle disgrazie; è l’ora di cooperare senza se e senza ma. Quando l’attuale opposizione avrà contribuito a produrre ulteriori divisioni potrà anche governare il Paese ma sulle sue macerie. Là invece dove un’opposizione responsabile potrà dimostrare di essere stata collaborativa in un momento così difficile e complesso, a tutta evidenza si accrediterebbe come alternativa positiva.
La bassezza “politica” dell’attuale opposizione (ma non è molto diverso il comportamento di Italia Viva, alla ricerca spasmodica di ottenere riconoscimenti sotto forma di sottogoverno e grand commis di Stato, oltre a qualche decimale di consenso) osannata e supportata da una parte del mondo dell’informazione gretta e meschina apporterà ulteriori danni all’immagine dell’Italia.
Viene forte il sospetto, tuttavia che, essendo i leader dell’opposizione (in primo luogo Salvini della Lega e Berlusconi di Forza Italia) rappresentanti di quel protagonismo del Nord piemontese lombardo veneto la cui superbia sfiora e travalica la tracotanza, avvertendo per sè la superiorità su tutto e tutti, stiano invece dovendo fare i conti con la superficialità con la quale qualche loro struttura sanitaria ha trattato l’inizio degli eventi di contagio. Lo dico con profonda consapevolezza: tutti possono sbagliare, è umano. Meno lo è non volerlo riconoscere e ribaltare la responsabilità nei confronti del Governo centrale, reo di non aver chiuso ermeticamente l’ingresso a persone provenienti dalle aree dove si era sviluppata l’epidemia di Coronavirus, Wuhan e via dicendo. La “consapevolezza” di cui sopra è legata al fatto che vivo a Prato, luogo dove la comunità cinese è molto presente e dove sin dalle prime avvisaglie è scattata in modo autonomo da parte loro la quarantena che in linea di massima sta proseguendo tuttora. Fatto è che non vi siano stati casi di contagio finora: anche se non mancano di essere diffuse sotterraneamente fole e fake news di bassissimo profilo sul fatto che “i contagiati ci sono ma vengono nascosti”.
Continueremo a trattare questi temi in altri post.

Joshua Madalon

Leggete quel che accade a Prato

http://www.notiziediprato.it/news/coronavirus-il-direttore-dello-spallanzani-elogia-il-metodo-prato-e-il-comportamento-della-nostra-comunita-cinese

I VASI COMUNICANTI, MACHIAVELLI E IL NUOVO PRINCIPE perchè NI o forse SI parte 2

I VASI COMUNICANTI, MACHIAVELLI E IL NUOVO PRINCIPE perchè NI o forse SI parte 2

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Nel post di ieri non era chiaro il riferimento al titolo. Qui, dopo alcune righe di ulteriore commento alle ragioni del NO e quelle del NI o forse del SI, brevemente illustro il senso del titolo.

“o Franza o Spagna, purché se magna”

In linea di principio il ragionamento di chi propende per il NO non fa una grinza, tuttavia…..pecca di concretezza, disegnando un Paese assai lontano dalla realtà e ad esso rapportandosi nelle analisi e nelle prospettive. Costruito intorno ad un’ utopia ideologica. Purtroppo è uno dei difetti periodici della Sinistra, quello di assumere come propria la difesa di fortini dentro i quali si annidano poi molti dei suoi nemici, ipocriti e ciarlatani, ingannatori. E’ così che tanta gente per bene, convinta di partecipare ad una sacra crociata si trova ad essere fantoccio inconsapevole del Potere, quello senza distinzione di colore o casacca, che nel mentre si lancia contro il qualunquismo, se ne avvantaggia crogiolandosene al suo interno.
L’incauto ingenuo sostenitore di tali pseudo difensori della Democrazia e della Libertà utilizza, pensando a propri ideali vantaggi, una costante sopravvalutazione dell’elemento ideologico fondamentalmente acritico ed improduttivo a asvantaggio della concretezza. C’è chi è convinto di porre un argine alla Destra ma non si rende conto che va sostenendo forme ormai indistinte di governo.
Comunque vada i conti per chi conta andranno a gonfie vele. Ecco il riferimento ai vasi comunicanti. O si vota o non si vota i vuoti si riempiranno, gli spazi saranno coperti sempre dalle stesse persone, quelle che verranno scelte al di là di quanto uno, o più di uno, avrebbe desiderato.
Si fa un gran argomentare di rappresentanza ma nulla si dice e nulla si è fatto e si fa nel concreto per riformare la modalità di reclutamento e di inserimento nelle liste dei candidati. Gli esempi concreti non mancano: a Prato, città nella quale vivo e dalla quale scrivo, gli elettori del Centrosinistra, di quel PD rosa pallido, alle ultime elezioni politiche avevano l’unica possibilità di votare un candidato davvero spurio, lontano dal territorio e “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. E nel meccanismo elettivo regionale nella prossima occasione ci saranno ancora una volta listini bloccati.
Si parla molto per slogan e non si scende mai nel concreto. Al di là dei numeri dei parlamentari ci sarebbe davvero da riformare il meccanismo rappresentativo, rendendolo più legato ai territori ed in grado di corrispondere maggiormente ad una sua diretta rappresentanza.
Inoltre sarebbe opportuno avere rappresentanze più diffuse sui territori e meno nel Parlamento. Chi oggi si impegna a mantenere (o, come dice un compagno ad aumentare addirittura) il numero di “parlamentari”, dovrebbe nel contempo impegnarsi – MA NON A CHIACCHIERE – a realizzare un DECENTRAMENTO operoso più collegato ai territori periferici.

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Allorché richiamo la figura di Machiavelli mi ricollego essenzialmente al suo “pessimismo”, quello con il quale egli interpreta il conformismo degli intellettuali e l’”utilidiotismo” dei suoi contemporanei, nessuno escluso.
Certamente la figura “forte” che a volte si auspica da parte del “popolo” sarebbe una reale punizione della dabbenaggine comune e della incapacità a concretizzare un discorso più ampio e collettivo di tipo riformatore che parta davvero, però, dai bisogni dei tanti: se ne avvantaggerebbero “tutti”, non solo i più potenti, perché vivere in un mondo più felice rende tutti felici.
Uno dei rischi, forse il più duro per chi crede negli ideali, sarebbe la rivalutazione del “qualunquismo”, del disimpegno. Una Democrazia che tuttavia non vede la partecipazione dei cittadini (vedi Napoli e poi pensa anche al referendum nel quale il “quorum” non sarà significativo per il raggiungimento del risultato) andrebbe riformata. Ovviamente occorrono dei “correttivi” democratici rispettosi della ragione di una possibile maggioranza. Oggi tutto ciò non è possibile, ma un legislatore dovrebbe intervenire in merito, non fermarsi all’immanenza degli eventi.
Ecco alcune delle ragioni per cui mi sento molto lontano da coloro che, senza costruire progetti e prospettive ragionevoli, affermano che occorra votare contro il taglio dei parlamentari.

Joshua Madalon

MAGICI LUOGHI

MAGICI LUOGHI

In ogni territorio ci sono luoghi magici, sorprendenti. Ciascuno di noi, sin dall’infanzia ne ha conosciuti. Per me l’isola di Procida è stato un luogo di formazione, di sofferenze e di gioie. Lo sono stati anche altri luoghi come la Necropoli di via Celle ed alcune cave di tufo abbandonate in quella che chiamavamo “’a sèvera” dove andavamo a giocare. Nella Necropoli ci infiltravamo attraverso stretti cunicoli e ragionavamo di Storia e di Poesia, un po’ anticipando gli studenti del collegio Welton che in una grotta calcarica di notte andavano ricostituendo la Setta dei Poeti Estinti, con la complicità del professor Keating (ricordate? L’attimo fuggente): avevamo poco più di dieci anni, ma il nostro mondo in quel lembo di terra ci appariva troppo piccolo e ristretto. Là dentro sognavamo; nelle “cupe”, strette stradine ricavate da sentieri antichi, i nostri passi veloci per non perdere tempo, ci lasciavano immaginare avventure con pirati e tesori.

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Nel corso della vita ho conosciuto altri luoghi magici; di qualcuno, come il Cantiere di Prato, ho già parlato. Non pensavo però di poter incrociare altri luoghi così, fino a qualche giorno fa.
La mia famiglia, laica, ha un rapporto molto stretto e frequente con un’organizzazione che si occupa del riciclo partendo da un progetto religioso di vita comunitaria. Il dono è sacro contributo alla condivisione del quotidiano. E’ la Comunità Emmaus di Prato: abbiamo imparato a non disfarci del superfluo gettandolo in modo indistinto nei cassonetti, anche quelli che riportano destinazioni rassicuranti, e portiamo lì vestiti ed oggetti ancora in buono stato e funzionanti. Il nostro punto di riferimento è il Gruppo di Narnali in via Pistoiese 519.
In realtà abbiamo poi avviato a frequentare anche altre sedi. A Prato ce ne sono almeno cinque. In una di queste, “I libri dimenticati”, in fondo a via Santa Trinita 117, in un ambiente riservato e claustrofobico (il termine è tuttavia dotato di ambiguità: a me piacciono i luoghi stretti pieni di stimoli e di sorprese) si trovano molte occasioni. Qui vengono raccolti libri, riviste, dischi, stampe, quadri, cd, dvd e altro materiale cartaceo.
Ma l’altro giorno insieme a Mary ed a Lalla (Lalla, o meglio Lavinia, è nostra figlia ed è ricercatrice di Storia Moderna, dopo aver conseguito il dottorato a Cambridge) siamo andati in una delle altre sedi di Emmaus, “Le rose di Emmaus” in viale Montegrappa 310. C’eravamo stati più volte ed avevamo portato oggetti come videonastri VHS anche originali ed avevamo acquistato materiali vari. Anche il vestiario e biancheria di altissima qualità aveva attratto l’attenzione; oltre agli oggetti di uso comune, come piccoli elettrodomestici o mobili (a tale proposito c’è una falegnameria molto accurata che rimette in sesto anche qualche malandato mobile).
Ma quel che ci ha sorpreso è l’allestimento della “nuova” libreria (c’erano già da tempo degli scaffali e delle teche piene di volumi ben sistemati in ordine sia di materia trattata che di collezione in una delle prime stanze un po’ anguste). E’ stato molto difficile staccare gli occhi e le mani dai tantissimi e vari volumi, anche questi ben collocati per materia: alcuni di questi sono ormai testi introvabili anche in attrezzatissime biblioteche, come quella comunale “Lazzerini” che pure ha un grandissimo valore. E’ un luogo per me magico come gli altri e forse oggi, che la mia esistenza corre verso il declino, forse più degli altri: camminando lungo gli scaffali ritrovo amici di un tempo che consideravo perduti. Vale la pena ritornarci e rimanere là fin quando non sia l’ora di chiusura.

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…in questo Blog…..come sono

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…in questo Blog…..come sono

La Democrazia e la Coerenza sono concetti a volte (forse, troppe volte) fin troppo elastici e disposti da parte di molti di noi (non credo di essere immune da questa pratica) a parare scelte e convinzioni contraddittorie e paradossali, erte a difesa di interessi non sempre personali. Ma è sempre più difficile riconoscerlo.
Nel corso degli ultimi anni mi sono sempre più posto a distanza da posizioni precostituite, prevalentemente ideologiche e “partigiane”. E già! Questo termine così abusato e utilizzato a sproposito, “partigiano”, è un’altra delle forme che non ho mai voluto assumere in modo costitutivo, volendo avere in definitiva sempre la possibilità di andare a cogliere l’elemento, pur piccolo ed a volte invisibile ai più, che poteva decretare l’ambiguità di un comportamento individuale e/o collettivo che fosse. Voglio immediatamente eliminare la percezione che io non sia un convinto antifascista, una persona rispettosa del meccanismo democratico. Ma non posso non rilevare ulteriormente precisando il mio pensiero l’uso strumentale dell’antifascismo e della democrazia che è stato spesso fatto da chi nella pratica quotidiana ed in quella costante politica ha inteso agire per tutelare i propri interessi e quelli di parti, minoritarie ma economicamente forti, a lui collegate.
I miei post sono pieni di questi messaggi. Chi volesse, se già non lo ha fatto, può andarseli a leggere. Forse non sono stato molto chiaro, ma non c’è “linea” ufficiale che tenga: non prendo “ordini” e credo di avere ben saldo il pensiero. Non troverete in nessun testo uno scarso rispetto per il pensiero democratico. Tutt’altro! C’è una perenne denuncia dell’antidemocrazia dei cosiddetti “democratici”. Coloro che si mettono “insieme” non per tutelare gli interessi della stragrande maggioranza della gente, che fatica a mettere su il “pranzo” con la “cena” (ma è solo un modo di dire e terraterra li chiameremo “incapienti” e “poveri”, anzi “poverissimi” sempre più poveri e disperati) e semmai alza la voce semplicemente per poter così ottenere nello stile dei vecchi peggiori “democristiani” qualche posto al sole “per sè e per i suoi”.
Ce n’è per tutti.
E’ vergognosa la sola presenza di chi, in un tempo come questo contrassegnato dalla urgenza di fare un fronte comune, non perde occasione per criticare in modo indecoroso e peraltro strumentalmente discutibile l’operato del Governo in materia di interventi preventivi sull’emergenza Coronavirus: se riconosco a Salvini ciò che riconosco a me, posso ben dire “liberamente” che la sua posizione mi provoca un profondo disgusto.
Per “par condicio” rilevo la stessa repulsione per Renzi, che in un momento così difficile non perde occasione per rilanciare una sua “urgenza” nell’ambito dei “grandi lavori”: quella “scellerata” proposta di realizzazione di una nuova pista per un mega aeroporto nella Piana tra Pistoia e Firenze. “Scellerata” perché porterà vantaggi per “pochi” e morte per molti. I “pochi” se ne staranno a godersi le proprie ricchezze come dei sull’Olimpo ed i “molti”, a partire dagli elementi naturali delle aree umide e tutti gli altri esseri viventi della parte bassa di quella Piana, verranno colpiti da malattie mortali ed invalidanti. La Piana sarebbe invasa inoltre da migliaia di turisti alloggiati in altri alveari a forma di grattacieli e pronti a riversarsi nelle strade strette della città.

Joshua Madalon

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VERSO IL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI – 29 MARZO

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VERSO IL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI – 29 MARZO

Il 29 marzo andremo a votare per un referendum per confermare o rigettare il taglio dei parlamentari. Come tanti sono in grande imbarazzo: comunque vada, mi dico, continueranno a dettar legge i soliti apparati. Se viene fermato il taglio canteranno vittoria la gran massa dei politici di mestiere, soprattutto quelli che non hanno un loro passato professionale “normale” avendo vissuto solo di “politica”. Strano a dirsi ma accadrà la stessa cosa, se invece il “taglio” sarà confermato. Nei primi giorni di ottobre dello scorso anno (il 2019) una maggioranza ”bulgara” vicina al 100% ha approvato il taglio (vedi foto in evidenza). E’ molto strano, paradossale, davvero assurdo che, poi, molti di quelli che hanno votato per il taglio, oggi si impegnino a partecipare al referendum sostenendo proprio il contrario di quella scelta. Ma la Politica, conosciuta come Arte del possibile ( e, dico io, dell’impossibile ), è fatta così.

Mi sento – e lo sono – un comune cittadino informato e consapevole. Ed esprimo i miei dubbi.
La chiamano “Democrazia”, ma il “demos” è sostituito da una congerie di lobbies, veri e propri potentati economici o subeconomici che mirano a realizzare macrointeressi di classe concedendo benevolmente poco più che briciole al “popolo”, ovvero alla parte più debole di un Paese.

La rappresentanza indiretta stabilita dalla nostra forma di “repubblica parlamentare” non consente il pieno esercizio della “democrazia” da parte dei cittadini. Occorre dunque prevedere una regolamentazione che permetta una vera partecipazione popolare alle fasi di reclutamento e di accesso alle liste o perlomeno si abbia la possibilità di esprimere delle preferenze e semmai di poter utilizzare la forma del voto disgiunto. Invece sia nella scelta del personale politico rappresentativo sia in quelle di carattere politico ed economico generale pochi sono coloro che gestiscono il potere quasi sempre a proprio esclusivo vantaggio ed a danno dei molti.
Tra qualche settimana andiamo a votare per il referendum che tratta del “taglio del numero dei parlamentari italiani”.

Sottopongo al lettore una (la n.5 su 9 pubblicate su
http://www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it/2020/02/12/faq-sul-referendum-costituzionale-del-29-marzo-sul-taglio-dei-parlamentari/) delle FAQ preparate dal Comitato per il NO al taglio. Intendo rilevare che nella risposta, peraltro convincente se tutto quel che si scrive dipendesse da “altri” (un “nume” cattivo, un “despota” sanguinario), vi è la “soluzione”: chi viene eletto quasi sempre “non “ rappresenta i propri elettori nel senso vasto, ma quella piccola parte “di potere” che gli ha consentito di poter essere eletto. Ragion per cui anche se i parlamentari si riducessero, poco cambia per il “popolo” se non vengono realizzati dei correttivi metodologici utili alla costruzione di un vero e proprio rapporto con i territori.
Questa la domanda assertiva
A: La riduzione del numero dei parlamentari non incide sulla rappresentanza, anzi la rende più autorevole.
Questa è invece la risposta
B: Completamente falso. Se si riduce il rapporto fra cittadini e parlamentari si incide profondamente sulla rappresentanza politica, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo.Perché si realizzi una vera rappresentanza politica, bisogna che i singoli parlamentari abbiano una relazione reale e continua con i problemi del territorio in cui è avvenuta la loro elezione e dei cittadini che ci vivono, nonché un rapporto costante, non limitato al momento del voto, con i propri elettori. Meno sono gli eletti e più difficile è realizzare quel rapporto. Questo inevitabilmente nuoce all’azione dei parlamentari sul piano qualitativo perché riduce la possibilità di una conoscenza dei problemi concreti.Quindi la rappresentanza politica ne risulta peggiorata.

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Ne riparleremo

Joshua Madalon