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DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – SETTIMA PARTE – 8

Ritorno a pubblicare il post del 12 dicembre 2018 allo scopo di riprendere il viaggio sui tempi della “memoria” personale. Il mio impegno storico, ambientalista e culturale è già tutto inscritto in questo piccolo contributo che diedi alla mia città.
A seguire il blocco numero 8 della settima parte del mio racconto
Il libro è “PASSEGGIATA nei Campi Flegrei – Pozzuoli” novembre 1971
Quelli che…sono nati ieri lo sappiano

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RIFLESSIONI ED ANATEMI

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RIFLESSIONI ED ANATEMI

Dove è detto che “progresso” debba coincidere con interventi come quello della nuova pista aeroportuale di Firenze? Dove è scritto che il “futuro” debba essere caratterizzato dalla presenza di termovalorizzatori o inceneritori? Chi continua a progettare nuove costruzioni di complessi residenziali che rimarranno invenduti? Chi si fa portatore di mantenere integro il verde pubblico nelle affermazioni e poi invece tradisce ipocritamente tale assunto svendendolo alle società immobiliari ed alle lobbies incapaci di riciclare il proprio intervento? Chi si impegna ad affermare che siano utili sempre più “centri commerciali” invece che uno sviluppo del commercio diffuso sui territori? Sarebbe bene avviare una critica puntuale sui danni che hanno provocato alcuni avanzamenti tecnologici, come quella che si continua a chiamare rivoluzione digitale, che ha reso molto più sola l’umanità, molto più rinchiusa nella sua individualità, inaridendo il dialogo a favore dei messaggini rapsodici e frenetici che spesso creano ambiguità ed incomprensioni: come era bello quando ci si parlava guardandosi negli occhi. Oggi l’uomo non è più capace di farlo, si è disabituato al confronto e prevale l’uso dei cinguettii e delle monodirette Whatsapp.
Detto tra noi, ci deve essere qualcuno che “non si vende”, che non opera scambi vantaggiosi che non appaiano “tangenti corruttive” pur praticamente essendole, che dica quel che pensa, che pensa quel che dice, che fa quel che pensa e dice; e non è disponbile a trattative.
Una Sinistra che voglia essere e rimanere tale, queste cose le deve pensare, le deve dire e le deve fare.
In primo luogo, ripetendo quel che ho scritto ieri e qualche settimana fa, i “grandi vantaggi” che l’Aeroporto di Firenze ampliato porterebbe non possono essere gli unici aspetti da valutare: l’inquinamento acustico (vorrei qui ricordare quel che “in un momento di sincerità” espresse l’attuale Sindaco di Firenze: “non posso non rispondere alle proteste degli abitanti di Scandicci che lamentano il persistente assordante rumore degli aerei che si apprestano ad atterrare”) insieme a quello atmosferico ed ambientale che – con l’aumento dei voli internazionali – più frequenti ma anche più pesanti – colpirà una vasta area, incidendo invece che su Scandicci su Prato e Sesto Fiorentino.
Allo stesso tempo quell’area che va da Prato a Firenze verrà “distrutta” ecologicamente e sarà più facilmente “preda” di famelici immobiliaristi, ivi comprese le “cooperative bianche e rosse, grigie e blu, verdi e rosa”, e loro accoliti, che “saranno costretti” ad innalzare nuovi templi per il turismo di elite e nuove “gabbie” per la solitudine dei consumatori, riempendo gli spazi di grigio cemento.
I nostri nipoti scopriranno che il “progresso” voluto da questi “potenziali criminali bugiardi o ignoranti” (ignoranti o bugiardi, scegliete voi: sapendo che ai “comuni mortali” non è data la possibilità di ignorare le leggi) ha acuito vecchi malanni e ne ha prodotti di nuovi. E sarà tardi per sanzionare i colpevoli, i quali oggi inorgogliti nel loro doppiopetto si saranno ben guardati dal continuare a vivere in questi luoghi, che peraltro saranno sempre più riservati alla parte più debole della popolazione, i “nuovi poveri” crescenti che dovranno accontentarsi di vivere semmai segregati in appartamenti il cui valore da un giorno all’altro si ridurrà in modo vertiginoso.
Quel che possiamo oggi permetterci è un sincero augurio di disgrazie sulle loro teste, essendo passato il tempo delle ghigliottine.

Joshua Madalon

QUARTIERI SPAGNOLI girovagando parte 4 ed ultima

QUARTIERI SPAGNOLI girovagando parte 4 ed ultima

Ma, dopo tutte queste belle sorprese, dov’era Salvatore? E chi era costui?
In una delle strade il cui nome si sviluppa intorno ad una fantasia creativa ma beneaugurale, Vico Giardinetto, e collegabile alle caratteristiche del personaggio che andremo a conoscere, c’è una bottega, all’apparenza disordinata e polverosa. L’insegna la identifica come MINIERA. E tale è!

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Simona si affaccia mostrandosi alla vetrata. “Sì, c’è. Salvato’ comme staie?” e ci invita ad entrare. Il gruppo è numeroso ma il giovane che appare vuole rendersi prima conto della consistenza e poi ci invita a scendere giù nella bottega vera e propria. In un primo momento pensiamo che il “luogo” sia solo quel piccolo spazio un po’ mal messo, ma quando si scende man mano ci si rende conto dell’ampiezza del locale e della sua profondità. Ci rendiamo conto che si tratti di una delle “cave” tipiche della Napoli tufacea anche se luminosa ed in un certo modo ordinata. Non appena siamo in ordine riappare Salvatore, una sorta di Alessandro Siani un po’ dimesso a causa di una febbre che lo ha colpito, dopo una sua breve incursione in quel di Venezia, città di cui non parlerà molto bene sottolineandone la tradizione mercantile che ancor oggi la caratterizza.

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La nostra guida ha tenuto nascosto per garantirci una sorpresa quelle che sono le peculiarità dell’impegno del ragazzo che stiamo conoscendo. Lui ci racconta parte della sua storia, di reietto o in ogni caso di aspirante tale, che lo ha portato a conoscere come tanti altri giovani come lui il carcere, la droga, la violenza. Lui in qualche modo ha saputo poi mettere in pratica ed in modo positivo la tipica filosofia napoletana dell’arrangiarsi. Certamente si ricorda, in senso negativo, quella invenzione della cintura dell’automobilista praticamente disegnata direttamente sulla maglietta o su altro indumento superiore. Ma quello è un caso che può far sorridere ma non è utile davvero. Invece, facendo tesoro degli scarti, che sono sempre più abbondanti e spesso ingombranti le stradine dei quartieri, ne ha ricreato l’uso sotto altra forma, inventandosi la “Riciclarte”. In questo “lavoro” ha cominciato a coinvolgere altri ragazzi come lui, destinati diversamente a vivere ai margini negativi degli ambienti degradati della città, facendo sviluppare in loro la creatività. E’ un uomo umile ma determinato “Se ce l’ho fatta io ce la possono fare tutti. Ogni giorno cerco di trovare dei giovani a cui insegnare il mestiere di falegname per dargli una prospettiva lavorativa che non sia la strada e la delinquenza”. Con loro raccoglie materiali di scarto e li trasforma in cestini per la spazzatura, resi artistici con disegni colorati, ha costruito panchine artistiche partendo da assi di legno e letti abbandonati sulla strada, ha prodotto insegne sia per indicare esercizi commerciali e luoghi di interesse storico ed artistico sia per indirizzare il turista un po’ sperso tra vicoli strade e vicoletti. Ha incoraggiato peraltro la produzione di “arte di strada” da parte di giovani writers. Interessanti sono i volti ritratti di Maradona e di Giancarlo Siani, il giovane giornalista ucciso dalla camorra.

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Salvatore parla di sé e della sua mission che ormai è diventata un vero e proprio lavoro, sociale, culturale, artistico. La sua però non è un’impresa facile, anche perché non sempre le istituzioni posseggono la giusta sensibilità e ci parla di grandi difficoltà, anche perché il ragazzo è orgoglioso, giustamente, e non vuole scendere a compromessi che lo vincolino poi a delle condizioni che snaturino poi i suoi obiettivi. Occorre seguirlo anche da lontano per coglierne le potenzialità e copiare le buone pratiche esportandole nei nostri territori.

Joshua Madalon

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QUARTIERI SPAGNOLI girovagando Parte 3

QUARTIERI SPAGNOLI girovagando Parte 3


Sulla base della piazzetta c’ è un rettangolo piastrellato leggermente rialzato, sotto il quale si apre celato oggi alla nostra vista uno dei tanti pozzi-cave di tufo utilizzati come rifugio nel corso della guerra ed in altro modo prima e dopo di essa. La “Napoli sotterranea” è diventata celebre dal punto di vista turistico e meriterebbe altra escursione per tutti noi. La guida, riferendosi alla caratteristica conformazione tufacea del terreno, ci spiega il motivo per cui i palazzi si siano sviluppati in altezza piuttosto che in orizzontale sul territorio.
Proseguendo nella passeggiata “parlata” ci si ferma per un caffè in uno dei piccoli bar locali proprio accanto a Vico Conte di Mola. E’ l’occasione per accennare alla storia dei “cafè chantant” francesizzanti ma esclusivamente “napoletani”. La moda del “can can” del “Moulin Rouge” aveva coinvolto anche Napoli e, a due passi dal luogo dove ci si è fermati c’era fino a pochi anni fa (ne ho memoria personale”) il Salone “Margherita” teatro dove per l’appunto ai miei tempi si svolgeva attività di avanspettacolo nel quale si impegnava il fior fiore della “sceneggiata” e si esibivano procaci ragazzone a mantenere alto il morale di marinai di stanza nel porto e ragazzotti che avevano preferito esser là piuttosto che a scuola. Non era un luogo adatto a me ma per ragioni di studio socioantropologico mi rammarico oggi di non averlo mai frequentato.
Il Conte di Mola come luogo è menzionato in una delle canzoni più celebri dell’avanspettacolo locale, nota però ormai a tutto il mondo: “Lily Kangy”.

Nel testo di quella che chiamiamo “sciantosa” (dal francese “chanteuse” cioè cantante) c’è il riferimento a questa pratica che si basava sul rifiuto di avere “personale” straniero – francese – sui palcoscenici che tuttavia avrebbe dovuto imitare il più celebre “can can” e Lily afferma di essere in grado, pur se nata al vico Conte di Mola, di imitare le più titolate sue rivali, facendosi scambiare o per francese o per spagnola.
E c’era anche la più locale “Ninì Tirabusciò”, nome inventato che si riferisce al “cavatappi” tradotto in francese maccheronico, che ha dalla sua l’invenzione della mossa”.

Girovagando poi si parla dell’attività di molte donne dei “bassi” ora non più praticata così come lo era quando me ne narravano le “gesta” alcuni miei amici un po’ vecchi e scafati di me. Nella “tradizione” socioantropologica sostavano discinte e scosciate davanti ai loro usci. Famosissimo è il personaggio creato da Raffaele Viviani, quella “Bammenella ‘e copp’e Quartiere”, che ha attratto l’attenzione di molti di noi appassionati di teatro.

Sempre riferendosi a questi luoghi Simona ci mostra due stradine, due vicoli, anzi un vicoletto ed un vicolo che riportano lo stesso nome, “Tofa”.
Un’avvertenza è d’obbligo: non utilizzate questo termine nei confronti di altri e soprattutto di “altre”. “Tofa” in realtà è una conchiglia di mare utilizzata per emettere un suono prolungato come le “trumpette” della festa di Piedigrotta; ma a causa dei “luoghi” di cui sopra la parola è traslata, trasmigrata a significare “poco di buono”, una poco di buono, per cui “Si’ ‘na tofa” è offensivo.

…fine parte 3….

Joshua Madalon

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QUARTIERI SPAGNOLI girovagando parte 1 e 2

QUARTIERI SPAGNOLI girovagando parte 1

“Speriamo che Salvatore ci sia!” la nostra guida mentre ci accompagna lungo le stradine dei Quartieri Spagnoli sembra quasi parlare tra sé e sé.

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Ci aveva dato appuntamento all’altezza di una pizzeria all’angolo di via Chiaia. Dopo un caffè al bar del San Carlo, visto che eravamo in anticipo siamo arrivati al luogo convenuto. Le responsabili di Insolitaguida erano già là insieme ad un piccolo gruppo di persone. Simona ci riconosce e partono i convenevoli. Sbrighiamo le pratiche e ci fermiamo lì a due passi dall’assembramento momentaneo. Mary ed io eravamo un po’ distratti dal controllare se la sede dell’Università Suor Orsola Benincasa venisse aperta; dovevamo chiedere informazioni su alcuni corsi, ma negli uffici sembrava tutto in ordine, illuminato ma non c’era ombra alcuna di impiegati.
In quel mentre un signore tra i settanta e gli ottanta, italiano sicuramente napoletano ben vestito a dimostrazione di un’appartenenza borghese ma con un evidente calo di fortuna, ci ha chiesto un aiuto. Ho frugato in tasca e gli ho porto un euro, rammaricandomi del fatto che si fosse umiliato così. Anche altre persone hanno contribuito subito dopo. Distratti non ci eravamo accorti che Simona aveva già preso il via su per la stradina accanto alla Pizzeria Brandi, quella della famosa “Margherita”. Siamo partiti all’inseguimento della coda del gruppo, per poter cogliere le prime indicazioni su cosa siano stati i Quartieri Spagnoli e sulla storia della pizza “ab ovo”.
Tra le stradine rese ancor più strette da auto parcheggiate e tavolini di alcune trattorie o arnesi vari di artigiani diversi, alcuni dei quali chiamati “zarellari”, il gruppo si snodava osservando i tipici “bassi” come quelli descritti da Eduardo in “Napoli milionaria” e “Filumena Marturano”, ma che erano assai lontani ormai da quel tempo. Eppure da queste parti avevo una vecchia zia di mia madre, vedova già negli anni Cinquanta e qualche volta da bambino c’ero anche venuto. Su alcuni muri accanto a questi “bassi” si possono leggere targhe storiche del Comune che dichiarano quegli ambienti non adatti all’abitabilità; anche se, oggi, a vederli somigliano a villette svizzere.

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Abbiamo visitato vecchi monasteri abbandonati e trasformati in decine di appartamenti decorosi che affacciano su corti arricchite da una presenza umana di straordinaria potenza. Passando accanto ai vari negozietti di vicinato Simona tenta di farci comprendere come mai non vi sia alcun segno di fallimento in questa pratica commerciale “Qui non ci sono i centri commerciali; la gente compra negli stessi esercizi nei quali compravano i loro nonni ed i loro genitori” ed io ci ragiono tra me e me: “Credo che la verità sia tutta nell’invecchiamento della popolazione fatta in maggioranza di gente che non possiede mezzi di trasporto, gente che non possiede grandi risorse e che trova un enorme vantaggio a rifornirsi da chi opera a stretto contatto e conosce i veri problemi di quel territorio”.
Abbiamo notato sugli angoli una serie di cartelli indicatori a forma di freccia, tutti realizzati con lo stesso stile. In tre di questi sovrapposti c’è scritto: CULTURA INTEGRAZIONE TOLLERANZA. Chiedo cosa indichino.

….fine parte 1….
Joshua Madalon
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QUARTIERI SPAGNOLI girovagando parte 2

Veniamo a scoprire come a realizzare quei cartelli sia stata la stessa persona di cui si parla all’inizio come forma di interlocuzione letteraria (“Chissà chi è ‘sto Salvatore?”). E Simona ce ne mostra altri che stanno ad indicare luoghi, strade, persone, esercizi commerciali.
I Quartieri appaiono puliti ed ordinati, ad eccezione del traffico di auto e motorini che tuttavia attendono pazienti il deflusso del gruppo. La realtà è ancora più sorprendente se si segnali la data della visita guidata, il 4 gennaio, a ridosso del rito liberatorio del passaggio di anno, che richiama alla mente altri passaggi significativi nel corso dei quali ci si libera dei panni vecchi per indossarne di nuovi. Mi riferisco all’abitudine di lanciare giù sulla strada qualche oggetto consunto o fuori uso per una sostituzione migliorativa. La nostra guida sottolinea questo cambiamento di mentalità, probabilmente collegato alle ristrettezze finanziarie degli ultimi anni e poi aggiunge “C’è tutto un impegno soprattutto in questo Quartiere ma non solo per un riciclo utile di vecchi materiali ed arnesi. Se c’è Salvatore, ve lo rivelerà!”.
Intanto proseguiamo il nostro viaggio a zigzag nei Quartieri. E’ quasi ora del pranzo, quasi perché non è ancora scoccato il mezzodì. Davanti ad una pizzeria c’è già una gran fila formata da un gruppo di stranieri, sembrano statunitensi dallo strascichio del loro linguaggio simile all’inglese. La pizzeria è collocata in mezzo alla strada con una serie copiosa di tavolini già pronti; all’interno c’è un gran daffare per il personale. Simona ci dice che si tratta di una pizzeria tipica che ha come sua caratteristica il modo di trattare “spiccio” i clienti. Sullo stile del volgare più spinto. Più avanti c’è – almeno così ci dice la guida – un vecchio monastero. Se ci passate non ve ne accorgete, perché in realtà “c’era”. Tuttavia ci fa entrare in un portone, mentre qualche abitante ci osserva ed un passante lancia un avvertimento scherzoso “Nun è overo!” rivolto alle dotte indicazioni della Simona, che non si scompone. Saliamo pochi gradini ed entriamo in un cunicolo che in modo contorto ci porta in una piazzetta interna sulla quale affacciano molti ballatoi con ingressi separati come le “case di ringhiera” del Nord industriale. C’è anche una torre che funge da divisorio per i diversi ingressi. Era un vecchio monastero che nel tempo aveva subito storie e trasformazioni: vantava anche di essere stato un set per quel bellissimo film di Nanni Loy che celebrava “Le quattro giornate di Napoli”.

…fine parte 2….

Joshua Madalon

QUARTIERI SPAGNOLI girovagando parte 2

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QUARTIERI SPAGNOLI girovagando parte 2

Veniamo a scoprire che a realizzare quei cartelli sia stata la stessa persona di cui si parla all’inizio come forma di interlocuzione letteraria (“Chissà chi è ‘sto Salvatore?”). E Simona ce ne mostra altri che stanno ad indicare luoghi, strade, persone, esercizi commerciali.
I Quartieri appaiono puliti ed ordinati, ad eccezione del traffico di auto e motorini che tuttavia attendono pazienti il deflusso del gruppo. La realtà è ancora più sorprendente se si segnali la data della visita guidata, il 4 gennaio, a ridosso del rito liberatorio del passaggio di anno, che richiama alla mente altri passaggi significativi nel corso dei quali ci si libera dei panni vecchi per indossarne di nuovi. Mi riferisco all’abitudine di lanciare giù sulla strada qualche oggetto consunto o fuori uso per una sostituzione migliorativa. La nostra guida sottolinea questo cambiamento di mentalità, probabilmente collegato alle ristrettezze finanziarie degli ultimi anni e poi aggiunge “C’è tutto un impegno soprattutto in questo Quartiere ma non solo per un riciclo utile di vecchi materiali ed arnesi. Se c’è Salvatore, ve lo rivelerà!”.
Intanto proseguiamo il nostro viaggio a zigzag nei Quartieri. E’ quasi ora del pranzo, quasi perché non è ancora scoccato il mezzodì. Davanti ad una pizzeria c’è già una gran fila formata da un gruppo di stranieri, sembrano statunitensi dallo strascichio del loro linguaggio simile all’inglese. La pizzeria è collocata in mezzo alla strada con una serie copiosa di tavolini già pronti; all’interno c’è un gran daffare per il personale. Simona ci dice che si tratta di una pizzeria tipica che ha come sua caratteristica il modo di trattare “spiccio” i clienti. Sullo stile del volgare più spinto. Più avanti c’è – almeno così ci dice la guida – un vecchio monastero. Se ci passate non ve ne accorgete, perché in realtà “c’era”. Tuttavia ci fa entrare in un portone, mentre qualche abitante ci osserva ed un passante lancia un avvertimento scherzoso “Nun è overo!” rivolto alle dotte indicazioni della Simona, che non si scompone. Saliamo pochi gradini ed entriamo in un cunicolo che in modo contorto ci porta in una piazzetta interna sulla quale affacciano molti ballatoi con ingressi separati come le “case di ringhiera” del Nord industriale. C’è anche una torre che funge da divisorio per i diversi ingressi. Era un vecchio monastero che nel tempo aveva subito storie e trasformazioni: vantava anche di essere stato un set per quel bellissimo film di Nanni Loy che celebrava “Le quattro giornate di Napoli”.

…fine parte 2….

Joshua Madalon

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NAPOLI e la civiltà – istruzioni per un uso politico amministrativo

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NAPOLI e la civiltà – istruzioni per un uso politico amministrativo

Via Toledo è ancora infreddolita in questa mezza giornata , quando Mary ed io la percorriamo di ritorno dalla visita guidata sui Quartieri Spagnoli dalla preziosissima Simona di Insolitaguida. Eppure mentre dappertutto in questo Sud il ghiaccio e la neve la fanno da padroni (persino Matera ha accolto la nostra amica Angela desiderosa di lasciare la fredda Feltre con ben più di dieci centimetri di neve) qui a Napoli solo la cima del Vesuvio è circondata da uno spruzzo di bianco. Passando da un lato all’altro per dare un’occhiata ai negozi ci ritroviamo a ridosso dell’ingresso della Stazione della Linea 1 del Metrò quando ci arriva un’ondata di aria calda. Ne siamo per un attimo sorpresi; poi la memoria recente ci aiuta. Nei giorni scorsi la città di Napoli in previsione di questi freddi annunciati ha aperto tutti gli spazi coperti, come quello di alcune stazioni della linea ferroviaria, per ospitare i sempre più numerosi senza tetto, consentendo alle organizzazioni volontarie di svolgere la loro preziosa assistenza. Quel caldo che arrivava assumeva anche la funzione di un simbolo, di una città accogliente, solidale, pienamente consapevole dei problemi generali ma anche attenta ai bisogni degli ultimi e di tutti quelli che sono stati condotti in quelle condizioni dall’insipienza volontaria o meno di governanti incapaci se non addirittura xenofobi e razzisti. Napoli conosce anche i problemi dei suoi cittadini “privilegiati” (gli “italiani”, come ribadisce ad ogni piè sospinto quel “qualcuno” innominabile), ma un buon Sindaco deve occuparsi di tutti quelli che coabitano anche se temporaneamente il suo territorio, garantendo la Sicurezza che è anche quella Sociale e Sanitaria.
Allo stesso tempo quell’aria calda mi fa ricordare che a Prato, invece, le stazioni vengono chiuse ermeticamente per non consentire l’utilizzo dei suoi spazi coperti ai bisognosi di un tetto mentre fuori piove e fa freddo.
Cresce dunque l’intolleranza, l’indifferenza, l’incuria. Altro che!
Nei Quartieri spagnoli a ridosso di via Toledo avevamo letto un cartello con tre parole “CULTURA – INTEGRAZIONE – TOLLERANZA”.
La civile città ha da insegnare valori fondamentali al mondo incivile che chiude gli occhi sulla sofferenza e gioisce ipocritamente su discutibili successi.

Joshua Madalon

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DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – SETTIMA PARTE – 6

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DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – SETTIMA PARTE – 6

Molto è andato perduto, e sarebbe meglio anche dire “troppo”. Da antiche carte sappiamo come antichi basolati romani, colonne ed arredi venissero prelevati spesso nemmeno di nascosto e, trasportati in altre città, venissero usati per (abbellire) altre costruzioni, inframmezzati ad altri materiali meno nobili o venduti da improvvisati antiquari ambulanti come arredo nelle case degli appassionati.

Nota post: Da ragazzino curioso mi ero incuneato in varchi minuti all’interno delle stanze funerarie della Necropoli di via Celle ma non ho mai trovato nulla se non tanta tanta polvere.

Contiguo a quello degli Astroni ma molto più vicino al nostro centro si può ammirare, accanto ad altri più piccoli e forse anche per questo meno riconoscibili, il cratere di Cigliano. Le colline che ne circondano la base sono coltivate a vigneti ed il vino che lì si produce è famoso da tempi immemorabili. E’ una zona, questa, in cui il poco verde che resta deve essere salvaguardato. Per questo ci appelliamo a voi, giovani cari amici.
Fu immenso il mio stupore quando, ritornando dopo qualche anno dalle mie scorribande giovanili attraverso le “cupe” che iniziano subito dopo via Celle verso Nord Est ed arrivando in quel posto detto “la Cava” alla ricerca dei ricordi dell’infanzia, scoprii che anche quella zona aveva acquistato una forma “lunare”, che la polvere vi abbondava e sapeva di cemento, là dove il profumo dei rovi mi aveva conquistato, mentre d’ora in poi non si sarebbe più trasformata in terra fertile. Dove non c’è il verde, c’è il grigio. E come è triste il grigio!

Nota post: per visitare il cratere occorre penetrare attraverso una fenditura che accompagna vecchi casolari contadini. Non bisogna temere di chiedere il permesso per poter poi godere della vista: si entra in una sorta di Shangri-La e chissà che non vi sia ivi la vita eterna.

Alle falde del cratere di Cigliano, lungo la via Campana antica, lungo la via Celle e lungo i binari della ferrovia statale si trova la più bella raccolta di tombe antiche della nostra zona (e forse non solo di quella): tombe d’età romana messa una al di sopra dell’altra. Gli ultimi lenti lavori di restauro le hanno meglio portate alla luce, ma le hanno rese, con quel grigio che le contraddistingue or ache son prive della vegetazione che le ricopriva, meno poetiche.

Nota post: più volte sono ripassato da quelle parti, nulla è cambiato nè in meglio nè in peggio.

Proseguendo per la via Campana nuova tra il complesso del Monte Gauro-cratere di Campiglione (di cui subito dopo accenneremo) ed il cratere collina di Cigliano si arriva, attraverso lo stretto passaggio (due auto si incrociano con difficoltà: immaginatevi altri più ingombranti mezzi) della Montagna Spaccata, opera dei Romani (si può notare chiaramente l’ “opus reticulatum”, formato, come dice la stessa parola, da moltissimi cubetti messi l’uno accanto all’altro in posizione di rombi), nella pianura del comune di Quarto.

Nota post: sono due dei miracoli che ci accompagnano. Il primo è legato alla capacità ingegneristica dei nostri antenati che per rendere più agevole il passaggio in men che non si dica riuscivano a tagliare le colline. Il secondo è riferito alla tecnica edilizia per rinsaldare le pareti della collina con opera che hanno sfidato I millenni. Oggi quel che costruiamo non supera il secolo di vita, a volte anche molto meno.

…fine settima parte – 6 – continua….

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DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – SETTIMA PARTE – 5

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DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – SETTIMA PARTE – 5

Da un aggettivo derivato dalla lingua greca e che significa “ardente” la nostra zona fu detta “Campi Flegrei”. Tale dovette essere l’impressione per I primi colonizzatori di questa terra, che avevano anche attinto alle loro precedenti conoscenze (“Flegrea”, che deriva da un verbo Greco che significa “bruciare”, era l’antico nome di una penisola greca e nella sua pianura era avvenuta la mitologica battaglia di Giove con I Giganti, rei di averlo volute sfidare).
Se ci alzassimo ora in volo sopra questo territorio, potremmo spiegarci anche il perchè di questa denominazione. Molti sarebbero infatti I crateri che noi potremmo vedere a cominciare da quello molto ampio degli Astroni, sede anche di un piccolo lago, di un parco botanico e zoologico aperto ai visitatori grandi e piccolo (questi ultimi solo se accompagnati).

Nota post: Non conosco le attuali condizioni del “luogo” in quanto quel territorio è stato più volte oggetto di devastazioni attraverso incendi dolosi.

L’altro cratere vicino, quello di Agnano (di cui gà abbiamo accennato) è interessato tuttora da fenomeni vulcanici secondary con emission di vapori e fango, entrambi utilizzati a scopi industriali nelle famose Terme.

Nota post: Sono stato alcuni anni fa – circa dieci – in quelle Terme in visita istituzionale come membro dell’Esecutivo della Circoscrizione Est del Comune di Prato in occasione del gemellaggio con il Municipio di Bagnoli e ne ho potuto apprezzare le caratteristiche.

La Solfatara, cratere di vulcano allo stato inerte, è caratterizzata da numerosi fenomeni come emissione di fango ad elevata temperature, fumarole che emettono vapori densissimi, sorgenti d’acqua; le sue pendici, che emanano costantemente vaporti di zolfo (da cui deriva il nome del luogo), hanno un colorito giallognolo e mancano del tutto di vegetazione. Ma in questo caso la colpa non è dell’uomo.

Nota post: Una delle particolarità del luogo è che sia proprietà di un privato, che ne ha tenuto cura. Circa un anno fa è accaduto un evento tragico, a seguito del quale il sito è stato chiuso al pubblico. Gli studiosi vulcanologi e sismologi continuano ad occuparsene.

Sempre da un immaginario aereo, potremmo notare la fettuccia d’asfalto che ha deturpato la verde zona del nostro entroterra, rendendola colam di detriti e facile preda di speculazioni.
Essa è un’impportante arteria stradale che collegherà il nostro centro con Napoli, rendendo più scorrevole il traffic sulle attuali strade ed il suo nome è ormai noto: “Tangenziale Est-Ovest alla città di Napoli”. “Tangenziale” significa pressappoco “che tocca” e cioè che unisce I vari luoghi più vicini al nostro capoluogo. La Natura è sacrificata alla Tecnica. Questa, in omaggio della quale sono state occultate innumerevoli testimonianze, sul suo cammino tenta di calpestare molto di ciò che ci va ricollegando al passato, protesa come è verso un future nel quale l’uomo non avrà più possibilità di vivere, là dove le strutture di cemento e di acciaio, l’asfalto, il petrolio, le machine e tutto ciò che le riguarda, avranno il predominio sulla natura e sull’uomo.

Nota post: Nei luoghi dove è stata costruita la Tangenziale molti di noi abbiamo vissuto le prime avventure fantastiche. La chiamavamo “ ’A selva ” e nelle sue “cupe” ombrose e contorte immaginavamo storie orientali. In alcuni spazi più ampi di vecchie cave si giocava anche a calcio e più in là per qualcuno nacque qualche storia d’amore.

Joshua Madalon

…fine parte settima – 5….continua

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