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NON SONO AMICO, COMPLICE ED ELETTORE di Matteo Salvini – sono Giuseppe Maddaluno (Joshua Madalon) e sono cittadino italiano

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NON SONO AMICO, COMPLICE ED ELETTORE di Matteo Salvini

 

Stamattina ho svolto il mio dovere di cittadino ed ho inviato il messaggio a Prima Pagina di Radio 3 comunicando che non mi sento né amico, né complice, né tantomeno elettore di Salvini.

L’ho fatto su sollecitazione telematica  ma, a dire il vero, meditavo di dichiararlo quanto prima attraverso questo Blog e sul mio account Facebook.

E’ da un po’ di tempo che la “comunicazione” del leader della Lega esprime la volontà da parte del suo leader di accreditarsi ruoli e funzioni che non possono essere affidate a singoli o a parti minoritarie del Paese, ancor più se indagati sia singolarmente che collettivamente come è il caso attuale di Salvini e della Lega. Ed ancor più non è tollerabile civilmente e costituzionalmente che si chiamino a raccolta in modo indistinto le cittadine ed i cittadini italiani a difesa di interessi parziali  a tutta evidenza illegali ed incostituzionali.

Non si può allargare, seguendo ed approvando l’azione indagatoria della Magistratura, all’intera nazione la responsabilità di avere sequestrato centinaia di persone sulla nave “Diciotti” né allo stesso tempo chiamare l’intero Paese alla correità sull’uso improprio e personale dei fondi elettorali destinati ai Partiti che i dirigenti della Lega hanno compiuto tempo addietro (2008-2010), allorquando in ogni caso Salvini era già della partita (dal 2004 al 2006 è stato al Parlamento europeo; nel 2006 è capogruppo della Lega Nord a Milano ed è vicesegretario nazionale della Lega lombarda; nel 2008, viene eletto alla Camera; nel 2009 ritorna al Parlamento europeo e si dimette da quello nazionale. Nel 2012 assume l’incarico di segretario della Lega lombarda…e via dicendo fino alla elezione come segretario federale il 7 dicembre del 2013) e non poteva ignorare quel che stava accadendo.

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Posso pensare tutto il male possibile di quest’uomo ma non che non sia avveduto e scaltro; il dubbio che ne abbia approfittato contando sull’impunità, tipica del giocatore di calcio che dopo aver commesso il fallo si scosta sdegnato, è molto concreto.

Lo considero un ipocrita, considerando peraltro che l’ipocrisia è stata la cifra corrente dell’azione politica più o meno da sempre, compreso quel Movimento 5 stelle che si è presentato in un modo e poi si sta comportando in tutt’altro (sarà la cattiva compagnia?). Ad ogni modo i nodi e i conti si sciolgono al loro tempo. Ma l’avvio è stato “rivelatore” senza più speranze.

L’onestà, di cui ci si adorna, non è pane per i loro denti.

In definitiva, è molto importante distinguersi da questa volontà di inserire tutti nel buglione generico ed indistinto: siamo tutti colpevoli. Ma di cosa parliamo? Potrei accusare di correità chi ti ha votato, esimio signor Salvini: sei un cittadino come tutti noi e lo sono tutti quelli che sono iscritti al tuo Partito o Movimento. Non generalizzare, signor Salvini. Sei tra i massimi responsabili del degrado civile, culturale, sociale e politico di questo Paese. E, da laico, ti diffido ad utilizzare il Santo Vangelo come arma di persuasione della tua onestà, non ne hai il diritto esclusivo, anche perché a conti fatti non ti sarebbe riservato il Paradiso, forse il Purgatorio ma ancor più l’Inferno.

Bisognerebbe ad ogni modo avviare una buona volta l’analisi dei bisogni che la gente ha espresso e che non sono stati ascoltati dalla Politica. Non ho alcuna fede nell’attuale Governo, composto da improvvisatori, arroganti e mentitori. Ma la Sinistra, quella vera, cosa fa?

 

Joshua Madalon

 

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IL TEMPO NON TORNA PIU’ La corda, usurata, si rompe! Sappiatelo

 

 

 

IL TEMPO NON TORNA PIU’

 

La corda, usurata,  si rompe! Sappiatelo

Se corro con la mente indietro nel tempo, trovo sempre più il senso della sofferenza che alcuni di noi hanno patito nella partecipazione ricca di ideali e passione alla vita politica.

La saggezza degli anziani mi aveva accompagnato nel corso degli anni giovanili, consigliandomi di non occuparmi di Politica, ma “giovane” e ribelle come si addice all’età dei quindici-venti anni non potevo sottrarmi all’impegno per combattere le ingiustizie e soprattutto le differenze di classe.

Ho raccontato tante parti di me, non – come suppone un mio attuale detrattore – per vanità, per segnare il passaggio dei nostri giorni ad una fase rigenerativa, superate le secche delle delusioni.

Basta seguire questo Blog e leggerne alcuni post dal 2014 ad oggi, anche se costerà fatica a chi volesse aderire a questo invito, per capire le fasi delle delusioni e quelle delle battaglie culturali e politiche.

Non sono stato uomo di rotture decise, ho sempre privilegiato passaggi soft, anche se come nel caso della mia esperienza consiliare in Comune “sbattendo la porta” (così dissero alcuni giornalisti) ma transitando temporaneamente in Gruppo misto indipendente.

Ci fu poi il mio periodo con l’Asinello attratto da Prodi e da Landini Goffredo. I Democratici prodiani poi si accostarono al Partito Popolare, ex DC che aveva formato poi la Margherita. Per me la scelta non poteva prendere quella strada: altri lo fecero. Ma le differenze erano notevoli tra il mio ed il loro pensiero e, così, all’insegna di un nuovo passaggio soft, entrai nei Democratici di Sinistra, visto che nel frattempo il PDS era stato già superato.

Intanto veniva avanti una nuova idea, tutto sommato accattivante, pensando alla possibilità di smantellare metodi e pratiche politiche. Illusione ovviamente di un giovane cinquantenne. Il nuovo soggetto mi vide in una prima fila, a seguire dapprima le giravolte di un gruppo che si era costituito intorno all’avvocato Rocca per poi decidere, di fronte alle ambiguità ed alle indecisioni di questa prima esperienza, di costituire ufficialmente il Comitato per il PD insieme alla carissima amica Tina Santini.

Quel periodo ha evidenziato in modo palese le ragioni per cui l’attuale PD sta fortunatamente correndo verso la sua autodistruzione.

Insieme ad altre persone stiamo lavorando per mettere in piedi un nuovo soggetto plurale che rappresenti le idee della Sinistra a sostegno delle fasce più deboli della popolazione. Sarà un’impresa; ma vale la pena provare.             Mi aiuta padre Dante Inferno canto XXVI vv.114-116   “…a questa tanto picciola vigilia / de’ nostri sensi ch’è del rimanente / non vogliate negar l’esperienza….”

 

Non possiamo sottrarci: non mi rimane molto da vivere, anche se mi auguro che avvenga più tardi possibile, ma non è umano pensare di avere “tutto” il tempo a propria disposizione. Bisogna dunque mettere tutta la nostra forza in gioco.

 

J.M.

AGOSTO FLEGREO 2018 – 6

 

 

AGOSTO FLEGREO 2018 – 6

La scalinata che dalla chiesetta di San Vincenzo porta verso la passeggiata che si distende tra I blocchi di case marinare e la scogliera ha un che di aristocratico e pare molto adatta a location di sfilate di moda. Purtroppo come notavo precedentemente l’ambiente si è progressivamente degradato, forse non più di quanto lo fosse prima. Le aiuole sono aride e prive di radici, come se vi fosse passata un’orda di cani barbarici. L’idea era interessante anche perché prevedeva che una striscia di terra o ponti di legno sorretti da travi d’acciaio avrebbe dovuto abbracciare l’intero corpo del Rione Terra e spuntare all’altezza della Chiesina della Madonna Assunta; per capirci meglio nel luogo dove eravamo poco prima.

La passeggiata è romantica e colma di tanti ricordi cinematografici: mi viene in mente subito il corto di Antonio Capuano, “Sofialorèn”, inserito ne “I Vesuviani”.

 

Il panorama volgendoci a destra è indimenticabile; mentre a sinistra lo sguardo va a colpire quella struttura incompiuta, giustamente forse tale, elevata sulla base dell’ex Ristorante “Vicienzo a mmare”. E’un colpo allo stomaco ritornare ogni volta e trovarla in piedi. C’è stato un acceso dibattito tra vecchi amici, interrotto per motivi tristi. Lucio era convinto che sarebbe stato meglio rimettere in piedi la vecchia struttura in legno; sono convinto, lo ero già da prima, che il tempo non ritorna mai indietro e che, una volta distrutto un manufatto anche per l’incuria della proprietà successivamente ai fenomeni sismici che hanno prodotto ben altre profonde ferite nella realtà puteolana non si possa pensare ad una ricostruzione ma vada abbattuto ed utilizzato semmai per scopi pubblici. Anche in questo caso ci è sembrato che l’indecisione prevalga e che torneremo molte altre volte in questa città e ritroveremo il “mostro”. Eppure a quello spazio mi legavano ricordi festosi e ricchi di passione politica ed anche in questo caso immagini del Cinema, come quelle di “Catene” degli anni Cinquanta con Amedeo Nazzari.

 

 

 

Superato quell’obbrobrio abbiamo passeggiato serenamente lungo il nuovo Corso Umberto con il Lungomare Pertini e Lungomare Yalta, frequentatissimi da persone di tutte le età soprattutto verso sera quando si può godere la brezza marina. Spazi vari, sedute comode per larghezza e straordinariamente pulite; ampio lo spazio per il passeggio tanto che si può proseguire in pattini o bicicletta. E’ uno dei luoghi dove quasi ogni sera si va ed a volte si incontrano vecchi amici.

Rendo omaggio a Claudio Correale mostrando uno dei suoi video che illustra proprio questa parte della città. A metà percorso io e Mary ci siamo fermati davanti ad un balcone arredato artisticamente un po’ come quelli della Napoli del popolo. Ma ne parleremo poi.

J.M.

AGOSTO FLEGREO 2018 – 5

 

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AGOSTO FLEGREO 2018 – 5

Di fronte al Monumento ai caduti c’è la sede dell’Ufficio Turistico.  Avevo avuto modo di fotografarlo mentre, nell’approssimarsi della stagione estiva a giugno era tristemente “chiuso” con l’indicazione che “erano finiti i fondi”.  Segno anche questo dell’indolenza fatalistica di questo popolo che pure mi appartiene; dell’incapacità a progettare di cui già accenno altrove. Era aperto ma allo stesso tempo chiuso; ho picchiato lievemente le nocche sul vetro ed una gentile signorina è venuta ad aprire. Quasi certamente incolpevole e succube di un destino, non ho argomentato in merito al suo futuro, limitando la richiesta ad un paio di riviste qualitativamente di buon livello, “My Country”. Fossi un visitatore inglese qualsiasi della classe operaia sarei compiaciuto; se però fossi un inglese colto mi porrei più di un quesito in merito alla necessità di intitolare una rivista che parli del tuo paese italiano, intitolandola “My Country”. La nostra è una lingua storicamente importante, al di là della sua diffusione universale.

Abbiamo ritirato le riviste e salutato. Procedendo a ridosso del rione Poerio ristrutturato in modo egregio utilizzando le forme mosse preesistenti, siamo passati davanti alla composizione maiolicata di un trittico che rappresenta  a sinistra di chi guarda la Vergine del Rosario con il Bambino supplicata da San Vincenzo Ferrer e dalle anime dell’Inferno; da notare anche il simbolo dei Domenicani, un cane con in bocca una fiaccola accesa. Al centro poi la Crocifissione con personaggi contemporanei alla realizzazione del trittico adoranti. A destra di chi osserva poi l’Apoteosi di San Vincenzo che sovrasta una delineazione di come doveva essere la città di Pozzuoli a metà Ottocento, età in cui il trittico fu realizzato. E’ una delle opere artistiche più importanti della Pozzuoli moderna ancor più per il fatto che sia godibile pubblicamente.

 

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La Chiesa ha una sua grazia naturale anche per la sua collocazione e per quella della canonica la cui struttura scenografica interna ed esterna sospinge verso il mare. Credo che il mio amico Giuseppe Gaudino puteolano e cultore a suo modo “artistico” della storia locale ne abbia tratta ispirazione per uno dei suoi ultimi film, “Per amor vostro”, in quelle inquadrature oniriche che spingono oltre balconi e finestre. Ai visitatori chiedo di non limitarsi alla visita della Chiesa ma di procedere a sinistra percorrendo qualche ansa della canonica fino ad affacciarsi sul lungomare che si trova a destra dello scheletro orrendo dell’ex “Vicienzo a mmare”.

 

Noi avveduti infatti procedemmo in tale direzione ed un gentilissimo sagrestano anziano ci tenne compagnia senza negare dettagli storici ed archeologici conditi da inserti antropologici, tutti insieme abbastanza inesatti ma appassionati.

 

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Dalla terrazza il panorama è magnifico ad eccezione dei ruderi contemporanei dell’ex ristorante “Vicienzo a mmare”. In effetti, purtroppo non si tratta proprio delle vestigia di quel locale ma di un fabbricato in cemento armato orribile nella sua incompiutezza ed abbandono, ricettacolo per decenni di monnezza varia e di tossici alla ricerca di una copertura per spaccio e consumo. Punto dolente è tuttavia anche  la vista di un percorso alberato oramai già consumato in gran parte,  che divide il terrapieno dove si trova la Chiesa e le abitazioni del rione Poerio dalla scogliera. Ai tempi dell’inaugurazione era uno dei fiori all’occhiello della Giunta comunale. Ora ci si va per lamentarsi o, in linea di massima, per accontentarsi. Dopo tutto, è la rassegnazione la peggior disgrazia che colpisce questa parte di mondo.

 

J.M.

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AGOSTO flegreo

 

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AGOSTO flegreo

Intorno alla metà di agosto di solito avviene un cambiamento del clima: “di solito” significa anche “non sempre”. Ma quest’anno la tradizione si è confermata e già un giorno prima del Ferragosto c’è stata un’intera giornata con temporali, fulmini e tuoni possenti con acqua che veniva giù dritta e copiosa. Indubbiamente non è dappertutto così, ma qui nell’area flegrea la ricorrenza della festività della Madonna Assunta che è tradizione consolidata è stata – quest’anno – colpita non solo dalla immane tragedia genovese ma anche dall’inclemenza naturale del clima nelle ore precedenti allo svolgersi delle funzioni laiche (il tradizionale “Palo a sapone”) e religiose (la Processione della Madonna).

Don Antonio ci aveva accolti qualche giorno prima, descrivendo con il giusto orgoglio come si sarebbe svolta la funzione e la processione; ma non aveva potuto tener conto degli eventi futuri. Aveva accennato ad una Messa all’aperto nello spazio ben più ampio antistante la piccola chiesa sul lieve declivio del “Valione”  ma poi il 14 agosto per l’intera giornata e nottata dello stesso 15 si era scatenato Giove pluvio e non era stato possibile né consigliabile allestire il palchetto esterno, per cui tutta la funzione religiosa  era stata ricondotta all’interno, come peraltro era avvenuto negli anni passati. Nel pomeriggio invece la popolare competizione del  “Palo a sapone” era stata rinviata in segno di rispetto per il lutto nazionale per il quale anche le navi da diporto che solitamente usano lanciare il proprio saluto sonoro in omaggio alla Madonna erano state tristemente  silenti.

Mary ed io ci eravamo confusi tra la folla del popolo e le autorità che seguivano in modo distratto dall’esterno lo svolgimento della funzione religiosa. Solo una minima parte riusciva a lanciare lo sguardo all’interno.  Dopo un po’ abbiamo cercato un posto dove sederci e lo abbiamo trovato sotto il portico del Laboratorio dei Vallozzi, Maestri d’ascia di grande valore storico e culturale, che purtroppo hanno dovuto chiudere per stanchezza e consunzione fisica (uno dei due fratelli è venuto meno e l’altro non se la sente più di continuare in assenza di discepoli: è la storia che si ripete purtroppo in relazione ad attività artigianali specifiche e speciali). La loro era un’impresa portata avanti con genialità, della quale ha parlato Dario Antonioli in un film documentario  di qualche anno fa, “Una città in barca” che purtroppo non ho ancora visto. Me ne aveva accennato in un sopralluogo per una location di tipo teatrale un amico di gioventù, Enzo D’Oriano, che è stato l’ideatore di quel film. Sulla porta chiusa c’è una formula “però a comm’stann’ca capa” a segnalare che quell’attività è collegata non tanto alle necessità economiche ma alla libera espressione dell’ingegno umano.

Mary ed io ci siamo però ricordati che qualche mese prima eravamo passati di là e ci eravamo affacciati per curiosare ed avevamo  interloquito con un signore anziano che ci aveva accolti in modo cortese e gentile. L’ambiente presentava già i segni dell’abbandono anche se vigeva un certo ordine. Di tanto in tanto spuntava da qualche segreto nascondiglio qualche gatto impaurito da presenze estranee. In ambienti marinari è consuetudine avere comunità feline per difendersi dai roditori; in cambio ricevono doni ittici, siano residui interi o parziali di un possibile pescato. Non ci trattenemmo molto, però; ed ora che seduti su una delle basi per la costruzione delle barche attendevamo l’uscita della statua della Madonna Assunta  davanti alla porta chiusa ce ne rammaricavamo.

J.M.

 

 

NAPOLI è……

 

 

 

 

 

 

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NAPOLI E’ TANTO, UNA CITTA’ RICCHISSIMA DI STORIA, DI CULTURA NEL SENSO PIU’ AMPIO DEL TERMINE

LE IMMAGINI SONO RIFERITE AL COMPLESSO DI SAN GIOVANNI IN CARBONARA, A QUELLO DI SANTA MARIA LA NOVA ED A PANORAMI FLEGREI

NON MANCA L’OMAGGIO A PULCINELLA ED A PINO DANIELE

 

J.M.

PASSEGGIATE FLEGREE giugno 2018 – parte 7

 

 

 

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PASSEGGIATE FLEGREE giugno 2018 – parte 7

 

Tornare a casa dalla zona Mercato-Porto di Pozzuoli a quella collinare della Solfatara significava dover salire di quattrocento metri  e qualche centimetro ad una distanza di  poco più di cinquecento metri.  Avevamo rinunciato a prendere in considerazione i mezzi “pubblici” del tutto inaffidabili; peraltro in un impeto di fiducia avevamo anche acquistato i titoli di viaggio, incuranti in quel momento di poter essere sbeffeggiati dai compagni di avventura che ci avrebbero degnati di commiserazione osservando il nostro tentativo di obliterarli in macchinette quasi sempre in tilt.

“Saglite, saglite, signo’” aveva detto il conducente del bus a Marietta, quando in uno dei suoi viaggi di ritorno nella sua terra aveva mostrato  che non aveva i biglietti e “Cosa ha detto il signore?” le aveva controbattuto l’amica Angela, incredula, avendo ben compreso l’invito alla trasgressione civile. Ed allo stesso modo insieme alla delegazione di un’Amministrazione in visita al territorio gemellato avevo fatto io sulla linea della Cumana nel tratto “Terme puteolane – Bagnoli”. Ricordi di annata, ormai. Oggi, maturi ultrasessantenni, ci apprestavamo a pagare il fio delle birbonate, scegliendo di far ritorno a piedi, con una differenza sostanziale nella forza fisica e nella sopportazione di una umidità elevata.

La più agevole tra le salite ci sembrò quella dei Cappuccini e così ci avviammo, scegliendo tra l’altro di percorrere un tunnel  che attraversa la collina della Terra murata. Fino a più di settanta anni fa (io non l’ho mai visto in funzione) c’era la linea del tram che arrivava da Napoli lungo la litoranea.

Il percorso ci consentiva di ridurre il cammino e di avere una discreta ombra, anche se mista a qualche scarico di motorette rombanti.

Passammo a fianco della vecchia struttura del Cinema Mediterraneo, chiuso ormai da trenta anni, del quale però si vedeva ancora l’Uscita di Sicurezza e poi cominciammo lentamente a salire sulle comode larghe scale.

Attraversata la sede ferroviaria della Cumana cominciò la nostra ascesa e  “Village of Hope & Justice Ministry (onlus)” vedemmo scritto al termine della prima rampa.   Curioso ma il caldo, l’ora e il desiderio di “elevarci” prima possibile ci sconsigliò l’approfondimento.  Anche perché, girato l’angolo, fummo attratti da voci giovanili e da uno strano lampione sotto il quale c’era  una scritta amena ma molto attraente, “Lux in Fabula”, accompagnata dall’immagine della “lampada di Aladino”, così come trasmessa dalla nostra infanzia di visionari. Sarà stata pure la stanchezza ma quei due curiosi che siamo rimasti si spinsero a chiedere qualche informazione in più. I ragazzi furono molto contenti di accontentare il nostro desiderio di sapere. “Claudio, ci sono questi due signori che vogliono sapere di cosa ci occupiamo” uno dei giovani si era rivolto a qualcuno che era dentro, in uno spazio apparentemente angusto e colmo di oggetti e libri. Marietta ed io con il peso delle nostre “provviste”  e la leggerezza  della curiosità avevamo allungato il collo per capire chi fosse Claudio, mentre il parlottare dei giovani si era acquietato, forse anche in attesa di sapere chi fossimo noi, così curiosi ed interessati sia alla sosta in un ambiente più fresco sia alla possibile nuova scoperta di mondi a noi ignoti.

 

…fine parte 8….continua

 

Joshua Madalon

 

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LA TERRAZZA – luogo esclusivo dell’esclusione

 

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LA TERRAZZA – luogo esclusivo dell’esclusione

Concludevo il post di ieri 11 giugno, quello dal titolo “UN VORTICE PERICOLOSO”  con quell’invito ad “essere in un mercato, in un ufficio pubblico, in treno o in una piazza” per poter  ascoltare la gente e rendersi  conto di quel che è accaduto nella nostra società in questi ultimi anni. In quel modo da me suggerito si sarebbe altresì creato un rapporto diretto, non mediatico e basta, con la gente. Anche se sarebbe bastato tastare il polso attraverso i social, comodamente seduti nelle nostre case. Ma l’ideologia, la presunzione, l’arroganza, la cocciutaggine e, spero, non gli interessi personali,  hanno fatto sì che non solo non si ascoltassero  le voci della gente che soffre ma molto spesso la si sbeffegiasse ed umiliasse nella considerazione commiserevole del loro grado di istruzione o dell’appartenenza a classi sociali considerate “infime”.

Badate bene che sto parlando del Partito Democratico che avrebbe dovuto e potuto avere un rapporto privilegiato proprio con quella parte della società meno tutelata ed invece negli ultimi tempi ha scelto, con il sostegno di una leadership forte ma sciagurata, la strada dello snobismo, smantellando gli avamposti popolari (i Circoli, le Feste) su tutti i territori, abbandonando al loro destino migliaia di persone spaventate dalla crisi oltre che impoverite a dismisura anche nel livello culturale, che hanno trovato un sostegno psicologico nelle parole d’ordine della Lega e delle Destre: solo una parvenza di futuro migliore ha spazzato via decenni di lavoro democratico sui territori periferici.

E ad errori si risponde nella foga con altri errori ancora più gravi perché non si avverte un benché minimo segno di resipiscenza. Non chiedo di tornare indietro dal punto di vista dei valori riconoscendo agli avversari  – le Destre – di avere ragione, ma insisto nel chiedere che si valuti con onestà quale sia stata l’opera educativa di una forza politica che vanta di provenire dalla tradizione socialista, comunista, cristiana, nel diffondere nel cuore della società il germe della solidarietà, della generosità, dell’apertura ai bisogni del mondo degli ultimi che interpellano le nostre coscienze. Noi siamo nati e viviamo qui in una realtà libera e democratica, in grandissima parte prospera; milioni di esseri umani vivono in luoghi dove non c’è libertà e democrazia, ci sono violenze e guerre, non c’è il minimo per poter sopravvivere. E questo avviene anche e soprattutto per l’egoismo delle classi egemoni occidentali, di cui “noi” involontariamente ma concretamente” facciamo parte.  Sono i nipoti e pronipoti, forse anche i bisbisnipoti, di coloro che sono stati oppressi e defraudati dai nostri predecessori (le Destre che inneggiano al passato non dimentichino le colpe dei loro rappresentanti così esaltati).

Leggo – e ascolto – sospiri di sollievo da parte del PD per i risultati delle elezioni comunali del 10 giugno e credo che davvero non c’è alcun limite alla dabbenaggine. Non c’è stato alcun passo in avanti; solo un rafforzamento della Destra salviniana (Lega più estrema Destra), un arretramento del M5S che perde qualche pezzo di Destra a favore della Lega, la sconfitta sicura in alcune realtà ed altrettante annunciate per il prossimo 24 giugno.

Ed in mezzo a questi disastri cosa fa il PD ancora tributario dell’incoscienza renziana? Lancia il progetto della “terrazza”! Un progetto “Verità”, a mio parere! In quella idea di utilizzare per comunicare con il “mondo”  la “terrazza” della sede romana di via Santi Apostoli c’è il nucleo della sconfitta così come la descrivevo sopra: c’è qualcosa di “esclusivo”, trasmette la volontà di non mescolarsi, di essere al di sopra di tutti, i migliori! Una sorta di “caminetto” da cui far partire delle “omelie”!

 

Joshua Madalon

 

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da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….quella politica e cinematografica – ottava parte – 7

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da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….quella politica e cinematografica – ottava parte – 7

 

Gli anni di Feltre erano ancora intensamente riferiti alle conquiste sociali; erano molto diversi da quelli che stiamo attraversando: noi crescevamo anche se le nostre strade erano lastricate di ostacoli, reali ma anche sormontabili, a parte quegli ambienti come Padova, che non era poi così distante dove il conflitto tra le forze politiche della Sinistra, non solo quelle socialiste e comuniste ma anche quelle cattoliche, e l’area dell’Autonomia ed il terrorismo nero e rosso, era palpabile. Anche se vivevamo in un territorio riparato a Sud dalle gole di Vas (nel Medioevo potevano essere una grande sicurezza), le discussioni politiche coinvolgevano tutti, compreso quelle frange extraparlamentari di Sinistra che contestavano già allora l’apertura della Sinistra verso il neoliberismo, che andava accettando l’americanizzazione del lavoro, attraverso la flessibilità, che veniva contrabbandata come conquista estrema di modernità e libertà. Ma le conquiste del movimento operaio e della società italiana erano ancora molto recenti e noi giovani cinefili volevamo segnalarle, andando anche a recuperarne ed approfondirne alcuni aspetti critici. Fu così che proponemmo di discuterne intorno alla visione di film come “I compagni” di Monicelli, “La classe operaia va in Paradiso” di Petri, “Il posto” di Ermano Olmi.

 

 

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Praticare festival ed incontrare giovani che amavano il cinema mentre continuavo ad occuparmi di insegnamento, utilizzando strumenti che in quel tempo – fine anni Settanta del XX secolo – apparivano tecnologicamente avanzati, mi spingeva anche a progettare, elaborare soggetti e sceneggiature,  sviluppando una grande curiosità verso i vari “mestieri del cinema”. Mi appassionava il mondo politico senza peraltro avere ambizioni (in quel tempo “mai” ho sottoposto la pratica politica ad un percorso di conseguimento di uno specifico ruolo amministrativo; non ero interessato ad ottenere riconoscimenti: mi piaceva e basta!) e sviluppavo allo stesso modo la mia pratica sindacale nel mondo della scuola. L’impegno civile “integrale” arricchito dall’attrazione verso il mondo dell’immagine e l’adesione all’UCCA mi pose in contatto con il Comune di Modena che in quel tempo, così come tantissime altre realtà emiliano-romagnole, aveva un Ufficio Cinema.

Era il 1980. Fui invitato a visionare la Mostra “Come nasce un film”, un percorso didattico basato su un lungometraggio di Gian Vittorio Baldi “L’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale”, ispirato da una storia vera, una delle tante inutili stragi perpetrate verso civili inermi da parte dei nazifascisti e dei repubblichini. Non ebbi modo di incontrare Gian Vittorio Baldi ma, una volta concordato di poter ospitare i pannelli della Mostra, lo contattai a telefono per invitarlo a Feltre all’inaugurazione. All’ultimo momento, però, ci fu un contrattempo e il regista non riuscì a venire. Mi aveva detto che somigliava ad Alfred Hitchcock, ma io non l’ho mai incontrato. Il tema ci consentiva di rafforzare il rapporto con l’ANPI a Feltre e con quanti avevano vissuto gli anni della Resistenza, partecipandovi attivamente. Fu un successo al quale contribuirono l’ex Sindaco di Feltre Giorgio Granzotto, il grande artista Bruno Milano ed il filologo Silvio Guarnieri.

 

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Questa iniziativa, fu l’ultima, per me in terra feltrina. Stavamo progettando il trasferimento. Deluso il nostro “padrone di casa”: “Andate da quei ‘bestemmiatori’!” riferendosi ai toscani, ci disse, quando seppe che saremmo andati a Prato.

 

 

Joshua Madalon

da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….quella politica e cinematografica – ottava parte – 6

 

 

 

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da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….quella politica e cinematografica – ottava parte – 6

 

Quel che accadde giovedì 6 maggio 1976 non l’ho vissuto direttamente, perché non ero a Feltre: ero sceso a Napoli per concludere quella fase di corso abilitante cui avevo partecipato,  con il colloquio finale.

Me lo ha raccontato Pinuccio Loiacono, compagno di Partito e convivente provvisorio per necessità reciproca in tempi di “vacche magre”.

In quel periodo lui però era ancora al Park Hotel, un Albergo gestito da meridionali molto vicino alla Stazione ferroviaria. Non ci si conosceva ancora. Dopo cena, era andato intorno alle 21.00 in bagno, proprio quando arrivò lo scossone più forte, 6.5 della Scala Richter. Tutto tremò ed andò all’aria ma la cosa tremenda fu il black-out ed il conseguente disorientamento per psicosi, per cui Pino rimase chiuso nel bagno in preda al panico.

Il sisma aveva colpito il Friuli a nord di Udine creando danni enormi in aree prevalentemente montane provocando 990 morti e oltre 45.000 senza tetto. A Feltre non ci furono danni evidenti ma molta paura. Quell’evento mi ha insegnato a capire la profonda dignità di quel popolo, che non si perse d’animo in piagnistei ed in pochi anni ricostruì in modo diretto il proprio habitat. Di quell’evento avemmo testimonianza anche da parte di un altro collega originario del Friuli, che aveva perso tutto, tranne una fornitissima biblioteca familiare che portò a Feltre e con la quale rivestì totalmente l’appartamento che aveva preso in affitto senza mobili, arrivando a dormire sugli stessi libri in un atto d’amore folle. Un collega carissimo di cui ho perso le tracce, un uomo geniale, originale, dalla tipica fisicità montanara, votato alla solitudine randagia.

In quegli anni la passione per il Cinema si era abbinata a quella della Politica, del Sindacato. Avemmo modo di collaborare anche con l’ARCI e con l’ANPI in una occasione particolare. Con la prima Associazione che non aveva una sede a Feltre si entrò in contatto per stabilire una collaborazione, dopo che con il giovane Francesco Padovani avevo fondato il Circolo di Cultura Cinematografica “La Grande Bouffe”. C’era un gruppo attivo a Ponte nelle Alpi a nord di Belluno. E si aderì all’UCCA, l’Unione dei Circoli Cinematografici dell’ARCI. Così si avviarono una serie di rapporti anche con Padova e Venezia e da lì al livello superiore fino a Bologna ed a Roma. Fu così che ebbi modo anche di frequentare Festival come quello di Venezia, di Pesaro e di Cattolica e di incontrare amici che avrei poi continuato a frequentare con il mio trasferimento in Toscana, in modo particolare Andrea Coveri di Prato e Jaurés Baldeschi di Castelfiorentino.

Tra le tante iniziative culturali e cinematografiche, senza mai dimenticare la mia passione civile e politica, sarebbe molto importante ricordare quella dedicata al Lavoro ed al Movimento operaio che mi pose in contatto con alcune strutture romane molto importanti, come la Cineteca Italia-URSS curata dai fratelli Predieri e la Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico con cui ho costruito anche in seguito una serie di collaborazioni.

 

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Ho accennato all’ “occasione particolare” di collaborazione tra ARCI ed ANPI e ne parlerò nel prossimo post, dopo aver anche ricordato in modo più preciso le caratteristiche della Rassegna sul “Movimento operaio”.

…continua….

 

Joshua Madalon