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TURN OVER – cambiamo verso a questi obbrobri

TURN OVER – cambiamo verso a questi obbrobri

E’ allucinante nella sua forma di cinismo criminale l’affermazione che l’Assessore al Sociale del Comune di Prato – Amministrazione PD renziano – ha formulato, parlando di turn over. E’ come se non sapesse che per il riconoscimento dello status di rifugiato i tempi sono più che biblici. Ed è così che ad attivare un possibiole turn over ci pensano regole che delineano con chiarezza i doveri e glissano sui diritti universali.
Ecco la notizia così come riportata da diverse testate:

https://poppi.virgilio.it/notizielocali/prato_ha_raggiunto_il_numero_massimo_di_richiedenti_asilo_ospitati_faggi_non_ne_accettiamo_di_nuovi_se_non_in_turn_over_video-52422255.html

Per chiarezza e completezza va detto che da tempo alcune strutture hanno accolto un numero superiore alla loro effettiva capienza, sollevando alcuni dubbi sulle possibilità di sufficiente risposta alle richieste minime da garantire, ivi comprese quella esigenza primaria di alfabetizzazione. La menziono proprio in quanto una delle regole che è prevista in modo restrittivo dalla legislazione attuale, pena l’allontanamento-espulsione dalla struttura, è la partecipazione ai corsi per la conoscenza della lingua italiana.
Mi considero moderatamente esperto in tal senso, avendo da alcuni anni messo a disposizione parte del mio tempo libero per le attività della San Vincenzo de Paoli in quel di san Bartolomeo.
Non è facile affrontare la varietà di punti di partenza per muovere i primi passi in una lingua straniera: c’è chi viene da persorsi scolastici diversificati (3 – 5 – 8 – 10 anni) e chi è in assoluto analfabeta totale della sua lingua e di quelle lingue (francese ed inglese) che nelle loro terre sono considerate a volta anche alla pari. Non è strano aggiungere che, come accade con i nostri allievi italiani, vi sono menti aperte e disponibili ed altre che evidenziano tante diverse difficoltà di apprendimento. Gli stranieri, così come gli italiani, non sono degli automi, nè possono essere considerati “argille” da modellare, quanto alla conoscenza, a proprio piacimento.
E allora cosa succede, che i “lucignoli” stranieri a volte si sottraggono a questi supplizi (ve lo dico in un modo esplicito: “si scocciano”, “sia ammorbano” di fronte ad insegnanti che sono incapaci di fornire loro le conoscenze pratiche e si ostinano ad insegnarela “grammatica” per filo e per segno, ivi comprese le regolette che farebbero imbestialire anche i nostri figli e nipoti) e per questi motivi vengono allontanati.
Dove vanno? Come funziona questo turn-over? E’ da ipocriti criminali operare in tal senso in questo contesto! Gli espulsi non vengono accolti in altri centri dove “eventualmente” l’accoglienza culturale sia migliore. Non ci si chiede il perchè e si va dritti in modo ottuso: io, lo dico davvero, proverei ad espellere dal loro ruolo questi amministratori.
Ho posto una domanda: dove vanno gli espulsi dai Centri Sprar? Chi li segue? Chi li controlla?
Nei prossimi giorni proveremo a farlo capire.

J.M.

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TEATRO METASTASIO – uno sguardo al futuro senza dimenticare il presente ed il passato- a partire da un Comunicato di Si – Toscana a Sinistra – Comitato di Prato –

TEATRO METASTASIO – uno sguardo al futuro senza dimenticare il presente ed il passato
– a partire da un Comunicato di Si – Toscana a Sinistra – Comitato di Prato –

Una forza politica, ancorchè piccola (ma solo i “piccoli” possono crescere), che si occupi della “cosa pubblica” e che si candidi ad interpretare da protagonista il futuro della Cultura nella città di Prato non può fermarsi a delle informazioni a dir poco velenose, critiche sì ma negativamente declinate.
Amo ed ho amato il Teatro “Metastasio” sostenendone il riconoscimento di “Stabile” negli anni in cui mi sono direttamente occupato della Cultura nella città di Prato. Con pochi altri e molti detrattori, forse oggettivamente impauriti dalla titanicità dell’impresa, nella seconda parte degli anni Novanta, allorquando era Direttore del teatro il grande Massimo Castri,

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mi sono impegnato a far sì che si avviasse il procedimento per la richiesta formale al Ministero. Ricordo allora, come se fosse oggi, la fatica che ci costò vincere il braccio di ferro con l’Amministrazione, della quale facevamo parte integrante, ed in particolare l’ostilità dell’Assessore alla Cultura di quel tempo, che frappose veti che stavano portando alla scadenza dei termini se non avessimo, con un blitz, imposto all’Ordine del giorno della quinta Commissione l’approvazione della richiesta al Ministero del riconoscimento di Teatro Stabile della Toscana. Come oggi, anche allora, Prato aveva avviato un processo che evidenziava tutti i parametri per ottenere quel riconoscimento a fronte dell’inesistenza di tali caratteristiche da parte degli altri teatri, anche di quelli altrettanto famosi dell’area fiorentina.
Poco è cambiato da allora, se non una Politica che ha spostato i suoi equilibri di Potere verso la Firenze di Renzi e Nardella e la Pontedera di Rossi; anche oggi (intendo dire nel 2015) come allora la rinuncia ad avviare l’istruttoria per il riconoscimento di Teatro Nazionale è un segno di profonda debolezza culturale, di sottomissione politica.
Ecco, piuttosto che attaccare l’attuale Direttore Franco d’Ippolito e la Presidenza, occorrerebbe segnalare questo dato “politico” incontrovertibile ed impegnarsi a riprendere il dibattito su “Quale futuro per la Cultura a Prato e quali le prospettive per le grandi Istituzioni che insistono sul suo territorio”.
Venendo al Comunicato di Sì – Toscana a Sinistra – Comitato Prato non posso non notare che sia di una pochezza estrema la sottolineatura dei dati numerici relativi al non raggiungimento degli obiettivi. Che dire? Sembra quasi che vi sia un “dentino avvelenato” con delle forme di personalismo inefficace ad affrontare le problematiche reali, innanzitutto la riduzione degli interventi pubblici a sostegno del Teatro, che stanno a dimostrare ulteriormente la scarsa considerazione che la produzione di Cultura mantiene nell’Amministrazione comunale: non si possono di certo fare “le nozze con i fichi secchi”. E’ chiaro che il “peccato originale” risiede in quella rinuncia di cui sopra. Ed è su questo che occorre dirigere l’impegno di una Sinistra che intenda in modo alternativo occuparsi delle tematiche culturali in questa città.

In coda riporto il Comunicato al quale mi riferisco, aggiungendo che, prima di scriverlo, sarebbe stato opportuno di certo sentire il parere del Direttore d’Ippolito, le cui competenze nel settore culturale sono state e sono importanti e riconosciute, oltre che politicamente riconoscibili.

Piuttosto che criticare, ascoltiamo ed offriamo il nostro impegno per il futuro, quello prossimo, semmai.

J.M.

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Sì – Toscana a Sinistra – Comitato Prato
METASTASIO CALA il SIPARIO.

Se il bilancio economico non è confortante, Il quadro si fa ancor più desolante se si osserva la programmazione culturale.

Nel 2015 il Comune di Prato decise di rinunciare a compilare la domanda ministeriale che avrebbe consentito al Teatro Metastasio Stabile della Toscana di assumere il ruolo di Teatro Nazionale.
Un titolo che gli sarebbe spettato di diritto, per la sua storia e perché possedeva tutti i requisiti tecnici richiesti dal ministero. Quella rinuncia regalò il ruolo di Teatro Nazionale – e molti soldi per la sovvenzione – alla Pergola di Firenze e al Teatro di Pontedera, affiliatosi politicamente all’iniziativa fiorentina.
Di fatto il Metastasio, sesto teatro in Italia per giornate lavorative e uno dei primi per attività territoriali, ha rinunciato a un suo diritto e a una straordinaria opportunità.

E tutto questo nonostante il sindaco Matteo Biffoni avesse promesso, a gran voce, l’esatto contrario e avesse fatto del Teatro Metastasio/ Teatro Nazionale lo slogan del programma
culturale della sua campagna elettorale. E quindi avesse preso l’impegno a fare del Met una delle strutture teatrali più importanti d’Italia.

E oggi ci troviamo un teatro depotenziato,sia sul piano della produzione culturale, quanto su quello economico.
Nelle ultime dichiarazione ad alcuni quotidiani locali del direttore Franco D’Ippolito vengono infatti riportate cifre che intendono presentare come un successo di gestione quello che a noi pare un vero insuccesso.
Parlando della stagione appena conclusa, il direttore mette sul piatto un aumento del 12% degli spettatori e parla di 22.000 presenze totali con un aumento degli incassi che passano da 182.000 euro a 187.000, omettendo di dire però che sul testo di presentazione della stagione 2016/2017 lui stesso si era posto l’obiettivo di raggiungere i 26.000 spettatori. Una scommessa persa.

Ma le cose stanno molto peggio, soprattutto se andiamo a verificare gl’incassi da botteghino dei bilanci del 2014 e del 2015.
Leggendoli ( i bilanci sono pubblici) si evince che nel 2014 il totale degli incassi fu di 232.338 e nel 2015 di 238.066.
Di quale aumento stiamo parlando allora? E rispetto a che cosa?

È chiaro che invece di aumento sarebbe onesto parlare di un gravissimo calo di pubblico rispetto alla precedente gestione.
La domanda da porsi è dunque semplice: fra la stagione teatrale 2015 e quella dell’anno successivo quel disavanzo al botteghino di 56.066 euro, quanti spettatori conta? E quanti sono gli
spettatori del Festival Contemporanea?
Quanto incide il Festival sul Bilancio del Teatro e quanti spettatori ha? Quanti paganti?
Forse, in nome della trasparenza, sarebbe importante dare qualche cifra anche su questo.

Ma le note negative non finiscono qui. Passiamo al disavanzo: nella stagione passata le Tournee di Porcile, Danza Macabra e Utoya , tutte produzioni della precedente gestione, sono state il centro distributivo del Teatro Meastasio da novembre a marzo, quindi fortemente determinanti per il raggiungimento dei parametri necessari all’accesso al contributo ministeriale, vitali per la sopravvivenza del teatro stesso.

Eppure il Direttore nella sua intervista attribuisce il disavanzo di 196:000 euro proprio a queste produzioni.
Ma come? E’ ovvio inoltre che i costi di queste produzioni fossero stati messi a suo tempo a bilancio .

A questo punto sarebbe forse importante che i sindaci revisori del teatro si esprimessero pubblicamente in merito al disavanzo. Altrimenti le affermazioni del direttore a riguardo sarebbero davvero gravi.
Se il bilancio economico non è confortante, Il quadro si fa ancor più desolante se si osserva la programmazione culturale.
Basta guardare le ultime stagioni teatrali per capire che l’attività di produzione è passata in secondo piano rispetto agli spettacoli ospitati.

Il punto di forza delle future produzioni è basato su molti autori che sono stati *storici* pilastri nell’impalcatura costruita costruita dalla precedente direzione: Stein, Binasco, Veronesi,per fare alcui nomi.

Non solo: il Metastasio ha rinunciato ad un programma che lo distingueva per ecletticita* nei suoi progetti, alla sua vocazione di Teatro europeo.
Che ne è stato dei rapporti con le reti internazionali?
Che ne è stato dei rapporti con i Festival e i Teatri esteri costruiti negli anni?
E delle attività di formazione in collaborazione con Teatri e professionisti a livello europeo?
Non se ne parla più. Si è cancellata anche l’esperienza innovativa (per l’Italia) di una compagnia stabile. Una scelta legittima, ci mancherebbe. Anche se si sarebbe potuto ammettere che l’idea era ottima e offriva grandi opportunità.

Ci sarebbero potuto essere un ricambio degli attori, ma
cancellare con un tratto di penna tutto il lavoro fatto perché?
Attraverso la compagnia era stato possibile approfondire il lavoro sul territorio in molte direzioni soprattutto riguardo la formazione, con le scuole di ogni grado . E tutto questo proprio nel momento in cui il Ministero richiama all’obbligo delle attività in sede e altri teatri stanno imitando quella esperienza.

Un teatro senza attori all’interno è come un auto senza motore.
È un contenitore che viene messo a disposizione dei burocrati che lo abitano, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. E non sempre dunque, le scelte che vengono definite in discontinuità con il passato, rappresentano degli avanzamenti.
E purtroppo, il Met, non se la passa bene.

reloaded ad un anno dalla pubblicazione GLI ESAMI NON FINIRANNO MAI – Istruzioni per l’uso

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GLI ESAMI NON FINIRANNO MAI – Istruzioni per l’uso

Ieri sera in una delle poche occasioni nelle quali partecipo ad incontri conviviali mi è capitato di affrontare un dialogo sulla possibilità che nei prossimi anni vi possano essere delle modifiche per l’esame di Maturità e qualcuno, menzionando la Spagna (ma non ho trovato notizie che me ne confermassero l’effettiva pratica), arrivava a prevedere che l’intero Esame di Stato, in nome della tecnologia 2.0, si sarebbe svolto per via telematica, con una serie di prove a test né più né meno come accade già per l’accesso ad alcuni dei corsi universitari. Ho pensato che probabilmente il candidato avrebbe in quel modo avuto interlocutori assai più umani di alcuni dei nostri colleghi semoventi, di quelli che non ti guardano mai negli occhi e che quando articolano un pensiero che si estrinseca in una pseudo-domanda hanno bisogno di una Pizia personale per sciogliere gli enigmi.

Se non altro la macchina non pretenderà di essere umana!

A dire la verità, anche se la mia appare una scherzosa digressione, mi riferisco a persone in carne ed ossa che imperversano all’interno delle Commissioni e procurano danni irreparabili.

Di certo, lo studente avrà molta più attenzione dallo schermo del computer di quanta ne ha avuta durante le prove in qualche Commissione, allorché vi era chi “spippolava” sui propri cellulari, chi bisbigliava argomentazioni segrete nelle orecchie di un altro Commissario, chi si distraeva vagando nell’aula alla ricerca di una via d’uscita dalla noiosa situazione nella quale avvertiva di essersi cacciato, mentre nel contempo si svolgeva una “caccia” spasmodica alla domanda intelligente e difficile sulla quale far cadere il malcapitato di turno.

In questa sessione 2016 ho svolto il compito di Presidente e devo ribadire con serietà che nella mia Commissione nulla di quel che ho rilevato con quell’ironia un po’ acre (sarcasmo?) è accaduto, e spero di non essere stato cieco; tant’è che tra la nostra Commissione e gli studenti si è creata un’empatia particolarmente fervida che ha prodotto ottimi risultati anche nella votazione finale.

E forse alcune storture, laddove nel prossimo anno non imperversi la tecnologia riportando l’Esame a livelli di umanità 2.0, andrebbero sanzionate addirittura in partenza. Mi riferisco a quei colleghi che, nominati, si affrettano ad affermare che la scuola dove andranno è quella dei ciuchi, mentre la loro – di conseguenza logica in “soggettiva” – è la migliore nel migliore dei mondi possibili e si avviano ad operare con quel piglio già aggressivo e pregiudizievole che non lascia sperare nulla di buono. Per non parlare del ruolo di alcuni Presidenti che si adeguano a – o sollecitano a – questi strani comportamenti mentre toccherebbe loro il rendere sereno il lavoro di tutti, proprio tutti però, a cominciare da coloro che sono il nostro obiettivo principale, gli studenti ai quali non bisogna chiedere l’impossibile ma portarli a ragionare partendo da quel che hanno acquisito negli anni di frequenza e di studio “umano”. Il Presidente peraltro non partecipa alla pratica inquisitoria ma conduce con mano lieve il percorso colloquiale andando a stemperare – non aggravare – le difficoltà, laddove queste emergano.

Ne parlerò ancora, ma non posso non rilevare che tra le giovani generazioni di docenti, peraltro ancora “precari”, quest’anno nella “mia” Commissione ho avuto il piacere di incontrare alcuni che erano alla loro prima esperienza ed il loro contributo è stato egregio ed hanno arricchito il gruppo con la loro freschezza ed il loro genuino entusiasmo senza mancare in competenza dal punto di vista dei contenuti.

Ricordo la tensione della mia prima esperienza in Commissione e l’ausilio che mi fornì in quell’occasione un mio ex insegnante di Matematica al tempo della Scuola Media e mi specchio – a tanti anni di distanza – nell’emozione che avranno provato Chiara e Monica quest’anno che per me, come nel caso del professore Iazzetti, è l’ultimo nel quale posso svolgere questo ruolo, dal quale ho tratto sempre nuovi insegnamenti soprattutto umani.

UN AVVERTIMENTO: HO PARLATO DI ALCUNI DEI MIEI COMMISSARI MA ACCENNERO’ ANCHE AGLI ALTRI PERCHE’ POSSANO ESSERE DA ESEMPIO POSITIVO PER IL LAVORO DEI PROSSIMI ANNI

…e, per questo, il mio Blog continuerà a parlare ancora di ESAMI

…siete sotto tiro!

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reloaded – A futura memoria – LE IDEE NON VIAGGIANO MAI DA SOLE – AIUTIAMOLE A MUOVERSI

Ripropongo due post dal mio Blog del marzo 2015 a riprova di quanto costruito dal gruppo di San Paolo in autonomia politica

LE IDEE NON VIAGGIANO MAI DA SOLE – AIUTIAMOLE A MUOVERSI

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NON PROTESTE MA PROPOSTE – dal Circolo ARCI San Paolo di Prato e dall’ ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE all’interno di TRAMEDIQUARTIERE – Progetto seguito dall’IRIS Ricerche (Massimo Bressan, Massimo Tofanelli e Sara Iacopini) nell’ambito del PROGETTO PRATO della Regione Toscana (Andrea Valzania e Vinicio Biagi. “Gestire le diversità” è uno degli obiettivi da perseguire in una realtà come “questa” di San Paolo che è una vera e propria frontiera.
Ne avevamo parlato in altre occasioni e qui riproponiamo alcune parti di quelle elaborazioni che sono superate nelle “etichette” ma non nella necessità e nella nostra volontà (alcune parti possono essere “datate” riferendosi a nominativi oggi per fortuna “obsoleti” come quelli di Cenni e di Milone).
Ecco alcuni brani di un testo che avevamo preparato alcuni mesi fa:

OBIETTIVI E INTERVENTI INTEGRATI
L’obiettivo generale del nostro progetto è il cambiamento del clima nelle relazioni sociali ed economiche, nel quartiere dove operiamo, nella direzione della distensione e dell’accoglienza. La complessità dei temi da affrontare nel territorio di San Paolo-Macrolotto Zero impongono la scelta di interventi integrati che riguardino diversi campi d’azione: l’inter-cultura, l’ambiente, l’urbanistica e gli spazi pubblici, la viabilità, le relazioni economiche, la partecipazione dei cittadini (con le loro diverse origini culturali) alla gestione del territorio.
Inter-cultura
In una realtà così composita notevoli sono i fenomeni di disgregazione, di isolamento e di spaesamento. Per essere felici in un posto occorre avvertire il territorio nel quale si vive come luogo amico e per raggiungere questo obiettivo occorre conoscerlo nella sua storia nelle sue trasformazioni nelle sue caratteristiche sociali ed antropologiche. San Paolo è stato da tempo luogo di presenze di diversa provenienza territoriale: negli ultimi decenni forte è stata l’immigrazione interna a supporto dell’’industria tessile mentre negli ultimissimi anni notevole è stato l’afflusso di extracomunitari di origine soprattutto cinese, tanto è che il problema più rilevante è diventato proprio il rapporto fra la comunità pratese già di per sé composita ed i cinesi con le loro abitudini, i loro particolari stili di vita e la difficoltà di comunicare in modo agevole. Non è facile ma bisogna attivare ogni sforzo per ottenere anche piccoli risultati in positivo.
………………………………….

Riteniamo che il coinvolgimento della Scuola, insieme ad altre agenzie culturali, sia uno dei pilastri su cui basare un intervento efficace per mettere in collegamento i mondi diversi del territorio. Ci proponiamo di attivare i seguenti progetti:
– Percorsi di conoscenza storica, sociale e culturale in una scuola importante di San Paolo (via Toscanini).
Avvieremo incontri con i dirigenti scolastici ed i rappresentanti delle diverse etnie residenti sul territorio.
Costruiremo relazioni attraverso momenti di discussione e di “festa”.
Lavoreremo per costruire sul territorio di San Paolo occasioni per approfondimenti inter-culturali con agenzie culturali che supportano questo progetto (IRIS, ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE, Associazione “Dicearchia2008”) e le varie comunità.
Si accompagnerà il lavoro di ricognizione e studio che l’IRIS di Prato, in modo specifico il suo Presidente Massimo Bressan, va proponendo per un’analisi approfondita delle diverse trasformazioni sociali ed antropologiche che si sono presentate sul territorio del Macrolotto Zero e di San Paolo. Verranno coinvolti anche altri Circoli presenti, come il “Curiel” di via Filzi e la Cooperativa “Aurora” di via Ciardi. Saranno organizzate giornate di studio, seminari, incontri con esperti (etnologi, sociologi, antropologi, architetti); saranno allestite mostre fotografiche ed una vera e propria Mediateca delle testimonianze in video che saranno il risultato del progetto “Gestire la diversità” che IRIS attiverà utilizzando tecniche di “digital story telling” che coinvolgerà cittadini del quartiere delle diverse etnie.

……………………………….

Ambiente, urbanistica e spazi pubblici
Ci concentreremo su due aspetti distinti e paralleli. Il primo di carattere storico e culturale collegato al punto precedente tenderà ad una conoscenza degli studi accurati ed approfonditi che l’architetto urbanista Bernardo Secchi ed i suoi collaboratori, alcuni dei quali già disponibili a partecipare alla realizzazione di questo Progetto, avevano prodotto alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso e che vedevano come luogo di primaria rilevanza proprio il territorio di San Paolo e quello specifico del cosiddetto Macrolotto Zero. Il secondo aspetto sarà più specificatamente collegato alle questioni ambientali sociali e sanitarie si dovrà occupare degli stili di vita e delle condizioni abitative e lavorative della comunità cinese, anche allo scopo di evitare poi spiacevoli conseguenze nel rapporto con la popolazione italiana e con gli organismi di controllo istituzionali. Le due parti potrebbero avere come titolo:
1) Dal Piano Secchi al Piano strutturale: cosa recuperare e cosa modificare – Come rendere lo spazio vitale e comune più accogliente per tutti.
2) Acquisizione delle conoscenze in materia di rispetto dell’ambiente ed in materia sanitaria da condividere ed applicare.

fine prima parte

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NON PROTESTE MA PROPOSTE – dal Circolo ARCI San Paolo di Prato via Cilea e dall’ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE – seconda ed ultima parte

Viabilità
Il Quartiere di San Paolo è collocato ed è stretto, da una parte, a ridosso della linea ferroviaria FirenzePratoPistoia, dall’altra dall’asse viario di percorrenza veloce della strada detta “Declassata” che conduce a Firenze o a Pistoia e dall’altro asse che è la Tangenziale che porta verso la Vallata. Nel corso degli anni ed in particolar modo negli ultimi sei il territorio di San Paolo è stato compresso per la lungaggine dei lavori non ancora a tutt’oggi terminati per la costruzione del nuovo Ospedale. Tutto ciò ha notevolmente aggravato e compromesso il senso di Sicurezza da parte della popolazione residente. L’incuria delle ultime Amministrazioni ha prodotto un abbassamento non solo percettivo della qualità della vita e della percezione di Sicurezza. Avanzare proposte che affrontino queste tematiche servirebbe a creare un clima di maggiore tranquillità (si pensi soltanto al fatto che a pochissime centinaia di metri dall’abitato di San Paolo è stato costruito il nuovo Ospedale di Prato ma per accedervi per gli abitanti di questo territorio vi sono più difficoltà rispetto a prima quando il nosocomio cittadino era a due chilometri di distanza) per tutti.

Anche in questo caso struttureremo i nostri interventi allo scopo di ottenere risultati tangibili; abbiamo già avviato delle riflessioni sul disagio che una viabilità inadeguata ha prodotto sui cittadini di San Paolo (2012 e 2013); ora proseguiremo con un’attività di critica propositiva a chiedere che alcune questioni vengano affrontate ed alcuni nodi vengano sciolti.
Il tema della viabilità sarà affrontato in tre fasi:
– Studio sulle cartine e discussione con esperti, tecnici e cittadini;
– prime proposte alternative all’attuale viabilità;
– studi sulla fattibilità e prime progettazioni.
Relazioni economiche
Il tema delle relazioni economiche è fortemente condizionato da quello dell’evasione fiscale e dello sfruttamento dei lavoratori da parte degli imprenditori cinesi. Sono fra i temi più attuali collegati al lavoro all’interno dei capannoni laddove in special modo la comunità cinese opera e vive per tutto l’arco delle ventiquattro ore, sottoposta a ritmi di lavoro che essa accetta in cambio di guadagni che consentano loro di poter innanzitutto liberare i loro “passaporti” e poi di riuscire diventare imprenditori in proprio o in patria o fuori di essa. Oltre alle problematiche di ambiente malsano e di igiene vi è tutta la partita dell’evasione fiscale e contributiva che pesa gravemente sulle spalle della nostra comunità; occorre trovare vie d’uscita che non siano solamente quelle repressive attuate dall’Amministrazione di Centrodestra che non vuole ascoltare le critiche che una parte avveduta della città non obnubilata da forme xenofobe e razziste le rivolge e continua imperterrita a proporre blitz ed incursioni hollywoodiane che non producono poi effetti reali sull’economia. Il Circolo propone dunque di incontrare funzionari della Guardia di Finanza, imprenditori e commercialisti attivi nell’ambito dell’imprenditoria straniera locale e confrontarsi anche con le categorie sociali e sindacali locali.
Ascoltando le opinioni della gente spesso prevale la sensazione che l’evasione o elusione dei diversi oneri sia prevalentemente ascrivibile alla comunità cinese; noi vorremmo capire meglio cosa accade. Ascoltando altre opinioni verifichiamo se dietro questo comportamento illegale si celino interconnessioni la cui responsabilità ricada su parte della comunità italiana che lucra sulla manodopera straniera a bassissimo costo, anche perché troppo spesso quasi costretta alla vita clandestina.
Noi vorremmo dimostrare che non è affatto “buonismo” la ricerca della verità e l’utilizzo di forme di intervento che tengano in massimo conto della complessità dei fenomeni e che non continuino ad accanirsi in modo irrazionale e generalmente unidirezionale come ha fatto l’attuale Amministrazione di Centrodestra di Cenni e Milone.
Il lavoro si svolgerà attraverso incontri nei Circoli e nei luoghi comuni (Giardini, piazze, sedi parrocchiali) allo scopo di confrontarsi in modo ampio con la maggior parte dei cittadini. Suddivideremo in tre fasi il nostro intervento:
– Scelta degli interlocutori “esperti” e primi approcci con le problematiche attraverso incontri “riservati” agli operatori di questo progetto;
– incontri pubblici nei Circoli con discussioni sui dati a disposizione e sulle possibili “exit strategies” da proporre alla prossima Amministrazione comunale;
– applicazione di parte delle strategie evidenziate nella pratica amministrativa locale.

PRATO E DILETTANTISMO AMMINISTRATIVO pernicioso per il Paese – Il caso CREAF

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PRATO E DILETTANTISMO AMMINISTRATIVO pernicioso per il Paese – Il caso CREAF

Il CREAF, acronimo nobile di Centro Ricerche ed Alta Formazione, è situato in via Galcianese 36 ed è stato costituito nell’autunno del 2005 in una struttura preesistente ai margini del Mulino Mugnaioni e dei terreni agricoli retrostanti. Il territorio dove risiede appartiene alla località pratese Ovest – San Paolo.
Bella ed affascinante l’idea che viene ai rappresentanti della Provincia che, insieme ai Comuni dell’Area pratese con capofila quello più grande ed importante, stimolati da alcuni personaggi dell’Università e dell’Impresa partono nella iniziativa di costituzione di un Polo per la Ricerca, la Formazione e l’Aggiornamento, che offra supporto alle imprese del territorio per sostenerne la crescita, la competitività e l’innovazione.
“Bella ed affascinante” dicevo; ma un albero nato già secco e senza radici.
IL SIMBOLO DELLA VACUITA’ AMMINISTRATIVA DEGLI ULTIMI ANNI – infatti se siete passati negli ultimi dieci anni in via Galcianese e non siete al corrente delle attività amministrative locali (ma “anche se lo foste stati poteva accadere la stessa cosa”), non avreste mai riconosciuto in quella struttura tutta restaurata all’esterno – ed all’interno – il Centro che così roboantemente veniva presentato come un ponte verso il futuro di amministratori, accademici e imprenditori.
Ricordo che nel Circolo PD Sezione Nuova San Paolo cominciammo a renderci conto dopo un anno della presenza di quella “cattedrale nel deserto” che mai era decollata, tanto che, per evitare intrusioni – visto che non era stato mai attivato un Piano di sorveglianza anche perché non si era stati in grado di costruire un Progetto al di là delle “chiacchiere” politiche – all’interno le stanze erano state lasciate vuote di arredi e strumenti. E ci attivammo per chiedere lumi ad uno dei responsabili più importanti di allora, anche perché il timore di un fallimento era già concreto, e su quell’area cominciavamo ad avere delle idee molto diverse e lontane dallo spirito pioneristico, soprattutto quando si opera con i quattrini pubblici, degli industriali. I dubbi non furono dissolti, anzi….
Negli ultimi mesi ed anche in questi giorni si riparla del fallimento del CREAF e si avanzano in modo approssimativo ipotesi vaghe con un’unica certezza: l’esborso da parte di un Ente pubblico, in questo caso la Regione Toscana, di cifre che superano i tre milioni di euro per chiudere l’ “affare” CREAF.
E’ un altro segnale, questo, dell’incapacità amministrativa di questi “dilettanti”.
E lo sottolineo qui a tutte quelle forze di opposizione della SINISTRA: smettiamola di blaterare intorno alle malefatte dell’Amministrazione e diamoci una mano, tutti insieme, per costruire, intanto, un’alternativa credibile e preparata per le prossime Amministrative. Ogni giorno che passa senza che vi siano segnali in tal senso, è un sassolino a vantaggio di coloro che mortificano l’intelligenza umana in questa città.

J.M.

IL RIBELLE DON MILANI FA ANCORA PAURA ALLA CHIESA?

IL RIBELLE DON MILANI FA ANCORA PAURA ALLA CHIESA?

Perchè la Chiesa, una parte consistente di essa, si ostina a temere che su don Milani si possa dare un giudizio da parte dei laici che ne evidenzi il carattere di ribellione agli stereotipi, al conformismo, all’appiattimento a difesa più dei potenti e ricchi che degli umili e poveri del suo tempo? C’è una volontà di mantenere inalterata la propria forza, attraverso la difesa delle gerarchie non solo quelle fisiche ma soprattutto quelle etiche, ideali, ideologiche persino? Si fa un torto alla Verità, affermando che don Milani non fu “anche” un ribelle, un innovatore in anticipo sui tempi, che ne fecero un’icona per le generazioni successive; si avverte la paura che se ne possano appropriare coloro che ancora oggi si ostinano a difendere gli emarginati, i disoccupati, gli sfruttati, quella parte della società che non avrebbe altri difensori se non persone come lo fu don Milani? Perchè negare il “j’accuse” potente della Lettera a don Piero; perchè disconoscere che il libro “Esperienze pastorali” utile zibaldone socio-antropologico della società del secondo dopoguerra fu ritirato dal commercio perchè dichiarato inopportuno dal Sant’Uffizio? E perché mai lo fu? Certamente a difesa di don Milani ben pochi si levarono allora, soprattutto dall’interno delle gerarchie, seguite dalla massa dei sacerdoti, la cui cultura, dal punto di vista sociale, era infima, arretrata, più attenta alla difesa dogmatica che alla dialettica sociale e, perchè no, “politica”.
La Chiesa – non quella “francescana” – ha ancora paura del “Comunismo”? Forse sì. E ci fa piacere, perché ne abbiamo ancora bisogno; e abbiamo bisogno di preti come don Milani che sappiano ribellarsi al conformismo mortificante e non abbiano paura di mettersi in discussione, non si sottraggano al confronto aperto con chi la pensa in modo libero e sia disponibile a sua volta per un confronto dialettico.

J.M.

DOPO IL SOLSTIZIO D’ESTATE reloaded prima parte CLOUDY SUN

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DOPO IL SOLSTIZIO D’ESTATE reloaded prima parte CLOUDY SUN

Mia figlia Lavinia è partita ieri sera, lasciando l’avvio dell’inverno di Rio per inoltrarsi nell’avvio dell’estate italiana. Per poco tempo, poi ritornerà a Cambridge dove l’estate è pallida contrassegnata da un sole che dalle nostre parti si direbbe “malato” ma che contribuisce a creare un clima piacevole con pioggerelline per noi mediterranei “primaverili”. Qualche anno fa, rincorrendo “Viaggiatori”, scrivevo questo racconto, in parte minima autobiografico, in parte rifacendomi ad esperienze generiche collegate ad amiche ed amici che in quella parte del mondo, così ricco di Cultura, culla di geni straordinari da Newton a a Hawking, hanno trovato il loro posto ideale dove far valere la loro professionalità. ne riproduco oggi la prima parte, invitando chi fosse interessato a ricercare la seconda e terza nell’ottobre del 2014. (J.M.)

CLOUDY SUN – prima parte

Professionalmente avveduto o un perfido insolente? L’impiegato della ditta di mezzi pubblici delle linee che partono da Stansted non aveva nemmeno chiesto conto dell’età della signora che si trovava di fronte e l’aveva già accreditata come anziana fornendole biglietti scontati. Londra aveva accolto Giulietta ed Armando con un cielo terso del tutto insolito per quelle latitudini; c’era anche un vento abbastanza sostenuto freschino per i turisti che arrivano dal Sud ma gradevole, quasi estivo, per gli autoctoni. Eh già! gli autoctoni che, quando il cielo è coperto, lo identificano con cloudy sun, ovvero “sole nuvoloso”. Avevano programmato quel viaggio per incontrare degli amici che si erano trasferiti da qualche anno a Cambridge, dove si occupavano di materie davvero particolari per un’Università straniera ritenuta di certo a torto anglofonocentrica, retorica latina e papirologia araba. Giulietta ed Armando erano in pensione, mentre Lucio e Francesca, più giovani di loro di circa 10 anni, erano in piena attività e giravano il mondo: erano stati anche a Roma (erano entrambi però originari della Calabria) dove si erano conosciuti ed avevano conosciuto Giulietta ed Armando durante un Seminario organizzato dal Dipartimento Scienze dell’antichità dell’Università della Sapienza. Sarebbero andati a casa loro, all’interno di un College che metteva a disposizione delle stanze anche per gli ospiti dei docenti per un tempo limitato. Né Armando né Giulietta erano stati mai a Cambridge e le aspettative erano alte; ne avevano letto e sentito parlare come di un luogo davvero particolare, costruito quasi esclusivamente per gli “studi avanzati e specialistici”, come Oxford o Harvard che prese il nome dal suo fondatore che apparteneva ad un gruppo di emigrati inglesi che fondarono una nuova città chiamata Cambridge, presso Boston. Ne parlavano identificando quel territorio come un grande parco inframmezzato da nuclei abitativi e strutture universitarie. Il viaggio da Stansted a Cambridge durò circa un’ora; si attraversava un’autostrada, la bretella n.8, con scarsissimo traffico senza vedere nemmeno un centro abitato ed, anche a ridosso della città di Cambridge, c’erano solo case basse – tipo terratetto – inframmezzate da vaste porzioni di verde. La fermata del bus era a ridosso di un Parco frequentato da un po’ di gente seduta sui prati, malgrado il vento, che ai “nostri” apparve anche un po’ freddino. Lucio era venuto incontro ai suoi amici e dopo i saluti cordialissimi si erano avviati verso il College; avevano attraversato il grande Parco e si erano inoltrati su una strada abbastanza trafficata; poi per una stradina laterale erano giunti sul Cam ed erano entrati, dopo aver attraversato un piccolo ponte in legno, in un sentiero ciclopedonale in mezzo ad un Parco di cui non si scorgeva la fine. Arrivarono dopo qualche minuto ad un caseggiato dietro una fitta boscaglia composta da alberi di alto fusto e videro venir loro incontro Francesca, sorridente e splendida in una di quelle gonne plissettate lunghe fino ai piedi con disegni floreali: l’avresti detta già una tipica donna “british” solida e ben piantata. Il tempo era cambiato e, portati dal vento, grigi nuvoloni si erano addensati e già poco prima di arrivare a casa degli amici iniziava a cadere una pioggerellina sottile sottile. Quella sera nel cottage del College, formato da stanze basse e piene di mobili che emanavano insieme al legno del parquet un intenso odore misto di pulizia e di antico, dopo una lunga chiacchierata a cena e dopo cena, Armando e Giulietta si erano ritirati nella loro camera e ben presto si erano addormentati al tepore di un piumone accogliente. Era luglio inoltrato ed in Italia di certo stavano soffrendo l’afa. Il giorno dopo avrebbero potuto visitare, da soli, perché Lucio e Francesca erano impegnati nei loro Dipartimenti, la città di Cambridge.

– fine prima parte- (J.M.)

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OGGI IN SPAGNA DOMANI IN ITALIA – Carlo Rosselli – ANNIVERSARI 2017 ( 9 GIUGNO 1937 )

OGGI IN SPAGNA DOMANI IN ITALIA – Carlo Rosselli – ANNIVERSARI 2017 ( 9 GIUGNO 1937 )

Il 9 giugno del 1937 – 80 anni fa – in Francia dove era rifugiato politico a Bagnoles-de-l’Orne Carlo Rosselli insieme al fratello Nello vennero uccisi da una squadra di “cagoulards”, miliziani della “Cagoule”, formazione eversiva di destra francese, su mandato dei servizi segreti fascisti e di Galeazzo Ciano; con un pretesto vennero fatti scendere dall’automobile, poi colpiti da raffiche di pistola: Carlo morì sul colpo, Nello (colpito per primo) venne finito con un’arma da taglio. I corpi vennero trovati due giorni dopo.

NOI DI ANNIVERSARI PER RICORDARLI riportiamo uno dei discorsi più intensi e significativi di Carlo Rosselli, fondatore di “Giustizia e Libertà” (1931 a Parigi), nell’ambito della sua partecipazione alla guerra civile di Spagna

Discorso pronunciato alla radio di Barcellona il 13 novembre 1936

Compagni, fratelli, italiani, ascoltate.
Un volontario italiano vi parla dalla Radio di Barcellona per portarvi il saluto delle migliaia di antifascisti italiani esuli che si battono nelle file dell’armata rivoluzionaria.
Una colonna italiana combatte da tre mesi sul fronte di Aragona. Undici morti, venti feriti, la stima dei compagni spagnuoli : ecco la testimonianza del suo sacrificio.
Una seconda colonna italiana. formatasi in questi giorni, difende eroicamente Madrid. In tutti i reparti si trovano volontari italiani, uomini che avendo perduto la libertà nella propria terra, cominciano col riconquistarla in Ispagna, fucile alla mano.
Giornalmente arrivano volontari italiani: dalla Francia, dal Belgio. dalla Svizzera, dalle lontane Americhe.

Dovunque sono comunità italiane, si formano comitati per la Spagna proletaria.Anche dall’Italia oppressa partono volontari.
Nelle nostre file contiamo a decine i compagni che,a prezzo di mille pericoli, hanno varcato clandestinamente la frontiera. Accanto ai veterani dell’antifascismo lottano i Giovanissimi che hanno abbandonato l’università, la fabbrica e perfino la caserma. Hanno disertato la Guerra borghese per partecipare alla guerra rivoluzionaria.
Ascoltate, italiani. E’ un volontario italiano che vi parla dalla Radio di Barcellona. Un secolo fa, l’Italia schiava taceva e fremeva sotto il tallone dell’Austria,del Borbone, dei Savoia,dei preti. Ogni sforzo di liberazione veniva spietatamente represso. Coloro che non erano in prigione, venivano costretti all’esilio. Ma in esilio non rinunciarono alla lotta. Santarosa in Grecia,Garibaldi in America, Mazzini in Inghilterra, Pisacane in Francia, insieme a tanti altri, non potendo più lottare nel paese, lottarono per la libertà degli altri popoli, dimostrando al mondo che gli italiani erano degni di vivere liberi. Da quei sacrifici,da quegli esempi uscì consacrata la causa italiana. Gli italiani riacquistarono fiducia nelle loro forze.
Oggi una nuova tirannia, assai più feroce ed umiliante dell’antica, ci opprime. Non è più lo straniero che domina. Siamo noi che ci siamo lasciati mettere il piede sul collo da una minoranza faziosa, che utilizzando tutte le forze del privilegio tiene in ceppi la classe lavoratrice ed il pensiero italiani.

Ogni sforzo sembra vano contro la massiccia armata dittatoriale. Ma noi non perdiamo la fede. Sappiamo che le dittature passano e che i popoli restano. La Spagna ce ne fornisce la palpitante riprova. Nessuno parla più di de Rivera. Nessuna parlerà più domani di Mussolini. E’ come nel Risorgimento, nell’ epoca più buia, quando quasi nessuno osava sperare, dall’estero vennero l’esempio e l’incitamento, cosi oggi noi siamo convinti che da questo sforzo modesto, ma virile dei volontari italiani, troverà alimento domani una possente volontà di riscatto.
E’ con questa speranza segreta che siamo accorsi in Ispagna. 0ggi qui, domani in Italia.
Fratelli, compagni italiani, ascoltate. E’ un volontario italiano che vi parla dalla Radio di Barcellona.
Non prestate fede alle notizie bugiarde della stampa fascista, che dipinge i rivoluzionari spagnuoli come orde di pazzi sanguinari alla vigilia della sconfitta.
La rivoluzione in Ispagna è trionfante. Penetra ogni giorno di più nel profondo della vita del popolo rinnovando istituiti, raddrizzando secolari ingiustizie. Madrid non è caduta e non cadrà. Quando pareva in procinto di soccombere, una meravigliosa riscossa di popolo arginava l’invasione ed iniziava la controffensiva. Il motto della milizia rivoluzionaria che fino ad ora era “No pasaran” è diventato ” Pasaremos”,cioè non i fascisti, ma noi, i rivoluzionari, passeremo.
La Catalogna, Valencia, tutto il litorale mediterraneo, Bilbao e cento altre città, la zona più ricca, più evoluta e industriosa di Spagna sta solidamente in mano alle forze rivoluzionarie.

Un ordine nuovo è nato, basato sulla libertà e la giustizia sociale. Nelle officine non comanda più il padrone, ma la collettività, attraverso consigli di fabbrica e sindacati. Sui campi non trovate più il salariato costretto ad un estenuante lavoro nell’interesse altrui. Il contadino è padrone della terra che lavora, sotto il controllo dei municipii.Negli uffici,gli impiegati,i tecnici, non obbediscono più a una gerarchia di figli di papà, ma ad una nuova gerarchia fondata sulla capacità e la libera scelta. Obbediscono, o meglio collaborano, perché‚ nella Spagna rivoluzionaria, e soprattutto nella Catalogna libertaria, le più audaci conquiste sociali si fanno rispettando la personalità dell’uomo e l’autonomia dei gruppi umani.
Comunismo, si, ma libertario. Socializzazione delle grandi industrie e del grande commercio, ma non statolatria: la socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio è concepita come mezzo per liberare l’uomo da tutte le schiavitù.
L’esperienza in corso in Ispagna è di straordinario interesse per tutti. Qui, non dittatura, non economia da caserma, non rinnegamento dei valori culturali dell’Occidente, ma conciliazione delle più ardite riforme sociali con la libertà. Non un solo partito che, pretendendosi infallibile, sequestra la rivoluzione su un programma concreto e realista : anarchici, comunisti, socialisti, repubblicani collaborano alla direzione della cosa pubblica,al fronte, nella vita sociale. Quale insegnamento per noi italiani!
Fratelli,, compagni italiani, ascoltate. Un volontario italiano vi parla dalla Radio di Barcellona per recarvi il saluto dei volontari italiani. Sull’altra sponda del Mediterraneo un mondo nuovo sta nascendo. E’ la riscossa antifascista che si inizia in Occidente. Dalla Spagna guadagnerà l’Europa. Arriverà innanzi tutto in Italia, cosi vicina alla Spagna per lingua, tradizioni, clima, costumi e tiranni. Arriverà perchè la storia non si ferma, il progresso continua, le dittature sono delle parentesi nella vita dei popoli, quasi una sferza per imporre loro, dopo un periodo d’ inerzia e di abbandono, di riprendere in in mano il loro destino.
Fratelli italiani che vivete nella prigione fascista,io vorrei che voi poteste, per un attimo almeno, tuffarvi nell’ atmosfera inebriante in cui vive da mesi,nonostante tutte le difficoltà, questo popolo meraviglioso. Vorrei che poteste andare nelle officine per vedere con quale entusiasmo si produce per i compagni combattenti;vorrei che poteste percorrere le campagne e leggere sul viso dei contadini la fierezza di questa dignità nuova e soprattutto percorrere il
fronte e parlare con i militi volontari. Il fascismo,non potendosi fidare dei soldati che passano in blocco alle nostre file, deve ricorrere ai mercenarii di tutti i colori. Invece,le caserme proletarie brulicano di una folla di giovani reclamanti le armi. Vale più un mese di questa vita,spesa per degli ideali umani,che dieci anni di vegetazione e di falsi miraggi imperiali nell’Italia mussoliniana.
E neppure crederete alla stampa fascista che dipinge la Catalogna,in maggioranza sindacalista anarchica, in preda al terrore e al disordine. L’anarchismo catalano è un socialismo costruttivo sensibile ai problemi di libertà e di cultura. Ogni giorno esso fornisce prove delle sue qualità realistiche. Le riforme vengono compiute con metodo, senza seguire schemi preconcetti e tenendo sempre in conto l’esperienza.
La migliore prova ci è data da Barcellona, dove, nonostante le difficoltà della guerra, la vita continua a svolgersi regolarmente e i servizi pubblici funzionano come e meglio di prima.
Italiani che ascoltate la radio di Barcellona attenzione. I volontari italiani combattenti in Ispagna, nell’interesse, per l’ideale di un popolo intero che lotta per la sua libertà, vi chiedono di impedire che il fascismo prosegua nella sua opera criminale a favore di Franco e dei generali faziosi. Tutti i Giorni areoplani forniti dal fascismo italiano e guidati da aviatori mercenari che disonorano il nostro paese, lanciano bombe contro città inermi, straziando donne e bambini. Tutti i giorni, proiettili italiani costruiti con mani italiane, trasportati da navi italiane, lanciati da cannoni italiani cadono nelle trincee dei lavoratori.
Franco avrebbe già da tempo fallito, se non fosse stato per il possente aiuto fascista.Quale vergogna per gli italiani sapere che il proprio governo,il governo di un popolo che fu un tempo all’avanguardia delle lotte per la libertà,tenta di assassinare la libertà del popolo spagnolo.
Che l’Italia proletaria si risvegli. Che la vergogna cessi. Dalle fabbriche, dai porti italiani non debbono più partire le armi omicide. Dove non sia possibile il boicottaggio aperto, si ricorra al boicottaggio segreto. Il popolo italiano non deve diventare il poliziotto d’Europa.
Fratelli, compagni italiani, un volontario italiano vi parla dalla Radio di Barcellona, in nome di migliaia di combattenti italiani.

Qui si combatte, si muore, ma anche si vince per la libertà e l’emancipazione di tutti i popoli. Aiutate, italiani, la rivoluzione spagnuola. Impedite al fascismo di appoggiare i generali faziosi e fascisti. Raccogliete denari.E se per persecuzioni ripetute o per difficoltà insormontabili, non potete nel vostro centro combattere efficacemente la dittatura, accorrete a rinforzare le colonne dei volontari italiani in Ispagna.
Quanto più presto vincerà la Spagna proletaria, e tanto più presto sorgerà per il popolo italiano il tempo della riscossa.

VI ASPETTIAMO MERCOLEDI’ 7 GIUGNO ALLO SPAZIO AUT CON “NINA i sogni fuori e noi nel cassetto” di ANNA PALMERI ore 20.00 l’aperitivo (che pagherete voi) ed ore 21.00 la presentazione del libro

VI ASPETTIAMO MERCOLEDI’ 7 GIUGNO ALLO SPAZIO AUT CON “NINA i sogni fuori e noi nel cassetto” di ANNA PALMERI ore 20.00 l’aperitivo (che pagherete voi) ed ore 21.00 la presentazione del libro

QUELLO DI ANNA PALMERI – NINA i sogni fuori e noi nel cassetto – è un libro spumeggiante, frizzante, allegro, genuino, diretto così come la protagonista “Nina” – un testo adatto ai “giovani” non solo quelli che hanno dai 15 ai 30 anni: anche quelli come me che gli “anta” li hanno già visti passare alcune volte.
E poi oltre lo “stile”, vi è la “struttura” (e la “sovrastruttura”, parola che abbiamo imparato accostandoci alla filosofia ed a Gramsci): che dire? L’è modernissima, tecnologica, attuale, forse nel tentativo (riuscito) di strizzare gli occhietti ai cybernauti (io, vecchietto di 70, sono della partita) ed ai nativi digitali (che non potrò mai essere io, che scrivevo a mano ed era un lusso farlo con la mitica Lettera 22 portatile).
Scorrevole nella forma, lineare, gustoso. Oh! che aspettate? Venite mercoledì 7 giugno allo Spazio AUT a leggerne con noi insieme a Mauro Fondi, Roberto Caccamo ed alla bellissima e coinvolgente autrice, ANNA PALMERI.

Vi aspettiamo fin dalle ore 20.00 con un aperitivo (lo pagate voi, però, eh?) allo SPAZIO AUT di via Filippino a Prato (una stradina alle spalle di Piazza Duomo: per chi si trova in quella piazza e guarda l’ingresso del Duomo si inoltri appena su via Magnolfi e, dopo cinque metri svolti a sinistra (SINISTRA, avete capito bene!), quella è via Filippino: ci sono molte etnie in quelle strade ed in tutta Prato, ma quella via non è “dedicata” ad una sola di esse).

Ci sarò anche io, a fare da “tessitore”!

Joahua Madalon

UN INVITO A TUTTE/I VOI – OGGI 1° GIUGNO 2017 ORE 17.00 LIBRERIA FELTRINELLI – ORE 21.30 SPAZIO AUT VIA FILIPPINO 24

Cena ad AUT con Gramsci 001

CARISSIME AMICIZIE DI FACEBOOK ( e, spero, non solo di Facebook! ) QUESTO E’ UN INVITO PER TUTTE/I VOI ( da estendere, se vi piace, alle vostre amicizie ) per questo pomeriggio (LIBRERIA FELTRINELLI – PRATO ORE 17.00) E STASERA ( SPAZIO AUT VIA FILIPPINO 24 PRATO ORE 21.30 ) – incontreremo il prof. Angelo d’Orsi con il suo “GRAMSCI una nuova biografia”
DAGLI ALLEGATI TROVERETE ALTRE PICCOLE INFORMAZIONI – GRAZIE PER LA VOSTRA ATTENZIONE

Gramsci incrociò nella sua breve incredibile ed intensa vita la storia dle primo Novecento, quella delle gloriose giornate della Rivoluzione russa e delle promesse ad esse connesse e diffuse nell’Europa squassata, spossata dalle distruzione fisiche e morali della Grande Guerra, dalle privazioni, dalle umiliazioni della classe lavoratrice, del proletariato che aveva preso coscienza di sè man mano nei decenni precedenti proprio in quella Torino, che poteva a buon diritto apparire la Pietrogrado d’Italia. Una vita intensa, quella del giovane Gramsci, negli anni della sua formazione civile, sociale e politica, la sua formazione negli studi universitari che gli consentirono di aprirsi al mondo di allora, che possedeva un respito forse addirittura più ampio rispetto a quello nostro contemporaneo verso l’Europa ed il mondo.
Visse in mezzo alle speranze ma la sua cultura, la sua preparazione, la sua acuta sensibilità gli fecero intuire, al di là dei fatti stessi che andavano proponendosi, con le fratture e le varie distinzioni all’interno di queste nel corpo vivo del movimento operaio e socialista, peraltro in un tempo che sembrava promettere un ben diverso futuro, le ragioni di una sconfitta che di lì a poco porterà ad altre divisioni e fratture ed all’avvento del ventennio fascista.
Angelo d’Orsi ha indagato nel profondo proprio quella parte della “nostra” Storia nel corso della sua carriera di studioso di Gramsci. Tra i suoi libri, oltre a quelli che andiamo a presentare e cioè “GRAMSCI una nuova biografia” e “1917 L’anno della Rivoluzione” dobbiamo ricordare a proprosito di quanto scritto sopra: “La cultura a Torino tra le due guerre”, Einaudi, 2000, “Intellettuali nel Novecento italiano”, Einaudi, 2001, “L’Italia delle idee. Il pensiero politico in un secolo e mezzo di storia” Bruno Mondadori, 2011, “Il nostro Gramsci. Antonio Gramsci a colloquio con i protagonisti della storia d’Italia” Viella, 2013, “Gramsciana. Saggi su Antonio Gramsci” Mucchi, 2015; 2a ed., “Inchiesta su Gramsci” Accademia University Press, 2015, oltre alla cura della Bibliografia Gramsciana Ragionata (I vol., Viella 2008) ed alla direzione di “Historia Magistra”, rivista di storia critica, e di “Gramsciana”, rivista internazionale di studi su Antonio Gramsci.
La consapevolezza della “rivoluzione mancata” da parte di Gramsci è descritta dal d’Orsi nel libro “GRAMSCI una nuova biografia” nel capitolo omonimo: divisioni all’interno del movimento, una “mancata capacità di stabilire reti efficaci di solidarietà tra le fabbriche e l’esterno e ancora la scarsa o nulla incidenza del movimento sui quadri, sui tecnici e sugli impiegati” oltre a una forte “debolezza della classe politica socialista” a fronte della “fragilità politica dello Stato” portarono alla sconfitta ed al fallimento dei progetti rivoluzionari.
Che dire? Interroghiamoci. La Storia dovrebbe essere utile ai nostri giorni, ma tutto sembra ripetersi.

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