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Un dibattito intorno al tema della “Democrazia” – aprile 2008 – 3

Un dibattito intorno al tema della “Democrazia” – aprile 2008 – 3

Rincorrendo il filo della memoria per evitare che chi non mi conosce abbia di me un’idea che non corrisponde alla realtà, che non sia ancorata alle vicende vissute, ma sia offuscata da pregiudizi fuorvianti vado recuperando testi che contrassegnano il “tempo” passato e lo riportino in vita, perché tutto sia più chiaro, alle nuove generazioni ma anche a coloro i quali, non del tutto giovani, ignorano o sono smemorati

Nel testo ci sono dei nomi; non è un mistero che alcuni non si fidassero di me. Altri, soprattutto i più giovani, capirono la mia buona fede e non si preoccuparono della mia libertà di pensiero.

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La mail che segue è inviata a Mauro Banchini, giornalista. Mauro era stato contattato da me per mettere in piedi la lista di sostegno a Rosy Bindi nella campagna delle Primarie costitutive del Partito Democratico. Mauro era in convalescenza per un problema serio e mi chiese di non essere coinvolto. Io allora lo ringraziai e poi chiesi a Paolo Rappuoli, segretario della Bindi, di poter contattare Massimo Carlesi e con lui avviammo il lavoro ricognitivo per costruire una lista. In questo scambio però siamo in un momento successivo alle Primarie.

in coda poi la mail di Mauro Banchini a cui rispondo. Il richiamo a Pier Paolo Pasolini mi onora immensamente

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Gentilissime\i
ho ricevuto una mail da Mauro Banchini.
Ve l’allego in coda. Gli ho scritto in modo diretto ma la riflessione può essere socializzata e quindi ho aggiunto anche una ulteriore precisazione per Edo Rosadoni.

Carissimo Mauro
ti ringrazio infinitamente anche perchè ho una strana sensazione che mi pervade in questi ultimi giorni; mi sento assolutamente inefficace a contribuire ad un effettivo (lento, non sarebbe male; perlomeno si muoverebbe) cambiamento della Politica. Vedi. Ciascuno di noi in questi ultimi mesi ha operato per il PD e correndo dietro ai sogni ed alle utopie che si arricchivano di belle parole in modo diversificato abbiamo creduto di poterlo costruire per noi, per i nostri figli ed anche per gli altri (perchè il PD fosse una forma esemplare di guardare in modo diverso e nuovo alla Politica).
Ora sono stanco, sia perchè non vedo una via d’uscita diversa da quella che preveda un insuccesso elettorale che faccia riflettere e sono preoccupato perchè ho paura di vincere, capisci, ho paura di vincere perchè se si vincesse (non importa nemmeno come!) nessuno sarebbe disponibile a promuovere la necessaria autocritica.
Non credo più neanche agli amici che mi dicono che “ora” non è il momento, perchè purtroppo mentono consapevolmente e sanno bene che, soprattutto se si vincesse questa competizione così complessa, non riusciremmo più a trovare persona alcuna che si impegnasse a migliorare questo Partito.
Mi chiedo perchè ad esempio mi devo ritrovare a pensare che voterò con una certa riottosità il Partito per il quale da anni mi sono battuto. E l’ho fatto mentre la stragrande maggioranza degli attuali Dirigenti (quando decidevano eventualmente di concederci l’onore della loro presenza) non riusciva neanche a balbettare qualche timida frase imparata a memoria dai discorsi dei leaders.
Intendo – ora – rispondere a Edo Rosadoni che mi invita a riflettere, a stare calmo (lo fa con affetto, lo so): mi sento profondamente responsabile di quanto vado scrivendo e vado dicendo ed è per me un grande onore, allorquando rileggo tutto quello che abbiamo scritto e detto insieme come Comitato per il PD, riconoscere che i motivi, per i quali alcuni Signori (non persone qualsiasi, intendiamoci: il Sindaco, il Presidente della Provincia, i due capogruppi in Comune ed in Provincia, il giovane astro nascente del PD poggese, la signora Minozzi ed il signor Dini che per un lapsus “freudiano” ho chiamato Lamberto e non Mario) hanno posto nei miei confronti un veto per la mia presenza in Direzione Regionale, sono tutti ancora fortemente attuali. Il Partito Democratico deve caratterizzarsi per una assoluta discontinuità rispetto al passato e non può avvalersi di vecchi strumenti arruginiti nelle mani di vecchie “vestali” della vecchia politica italiana.
Mi ha fatto molto piacere aver avuto il sostegno di giovani come Matteo Biffoni, del giovane Barni, di Cristina Sanzò, di Monia Faltoni e naturalmente di Salvatore Bruno: tutti giovani, e di questo – credetemi – vado fortemente fiero. Li ringrazio. Vorrei poter ringraziare tanti altri, soprattutto quegli “amici” che tacciono, che hanno taciuto spesso e che continuano a farlo, forse sperando in uno scampolo di “carriera” all’interno di un Partito che, visto così, non ha proprio nulla da invidiare a quelli vecchi.

Vi saluto. Alla prossima
Giuseppe Maddaluno

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Da: Banchini
A: Giuseppe Maddaluno
Inviato: Lunedì 31 marzo 2008, 20:58:23
Oggetto: Re: Cos’è la Politica

Caro Giuseppe:

ricorderai di sicuro il Giulio Andreotti (e dico: Giulio Andreotti !!!) che qualche anno fa arrivò a scrivere una cosa incredibile (“Se avessimo, tutti quanti, dato più retta a Pasolini, adesso staremmo di sicuro meglio”).

Ti ringrazio molto per questa bella sottolineatura, della quale – immagino – interesserà un tubo a chi, senza sforzo e senza democrazia, sta per andare in Parlamento.

Fra i miei ricordi più intensi, conservo ancora – una ventina di anni fa – la visita alla tomba, in quel piccolo paesino del Friuli, con Pasolini sepolto insieme alla mamma, vicino al muro di confine (bel segnale) del piccolo cimitero. Con un roseto che veniva fuori dalla terra, sulla tomba.

Anche per me – curioso ma parecchio pessimista sul futuro di questa strana “cosa” chiamata PD – PPP avrebbe dovuto essere quella “icona” di cui anche tu senti la mancanza. Ma che ci vuoi fare? Per la politica plastificata di oggigiorno, Pasolini è forse troppo complicato … o troppo impegnativo .

Un abbraccio.

Mauro Banchini

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NOTERELLE sparse intorno a “L’attimo fuggente” presentato a Coiano l’altra sera con sorpresa finale – 2

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NOTERELLE sparse intorno a “L’attimo fuggente” presentato a Coiano l’altra sera con sorpresa finale – 2

Poesia ritmata.

Quella della poesia ritmata è una tradizione anglosassone che viene da lontano. Non è dunque sorprendente o fuori luogo la scena del film “L’attimo fuggente” nella quale i giovani che hanno deciso di seguire le orme di Keating nel riproporre la Setta dei Poeti Estinti leggono brani poetici all’interno della Grotta Indiana e battendo ritmicamente su tamburi recitano ripetutamente in coro come un “rap” ante litteram i versi del poeta Vachel Lindsay

Preso dalla fede ebbi una visione, | dall’orgia io fuggivo ma non senza derisione. | Vidi il fiume Congo, scavare con la testa, | e una lingua d’oro tagliare la foresta.

La poesia come espressione di libertà.

Insegnare la struttura di un’opera poetica è di per sè una contraddizione in essere. Keating nell’invito a strappare le pagine teoriche del prof. Prichard esercita il suo ruolo. Oggi lo riconosciamo ma non era così nel 1959 ed a volte ancora oggi il gesto del prof. Keating non è apprezzato soprattutto dai nuovi bacchettoni, protagonisti e figli del Sessantotto.

“Continuate a strappare ragazzi. Questa è una battaglia, una guerra e le vittime sarebbero i vostri cuori e le vostre anime. Grazie mille Dalton. Armate di accademici avanzano misurando la poesia. No! Non lo permetteremo. Basta con i J. Evans Prichard. E ora, miei adorati, imparerete di nuovo a pensare con la vostra testa. Imparerete ad assaporare parole e linguaggio. Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo. Quello sguardo negli occhi di Pitts dice che la letteratura dell’Ottocento non c’entra con le facoltà di economia e di medicina, vero? Può darsi. E lei, Hopkins, è d’accordo con lui e pensa: “Eh, sì, dovremmo semplicemente studiare il professor Prichard, imparare rima e metrica e preoccuparci di coltivare altre ambizioni.” Ho un segreto da confessarvi, avvicinatevi. Avvicinatevi. Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana, e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita. Citando Walt Whitman, «Oh me, oh vita, domande come queste mi perseguitano. | Infiniti cortei di infedeli. Città gremite di stolti. | Che v’è di nuovo in tutto questo, oh me, oh vita? | Risposta. | Che tu sei qui, che la vita esiste, e l’identità, | che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso.» Quale sarà il tuo verso?”

La passione per la poesia che non finisce.

Uno dei giovani, il più sensibile Nell, legge i versi di Tennyson che sono un invito alla condivisione

«Venite amici, | che non è tardi per scoprire un nuovo mondo. | Io vi propongo di andare più in là dell’orizzonte, | e se anche non abbiamo l’energia che in giorni lontani | mosse la terra e il cielo, siamo ancora gli stessi. | Unica, eguale tempra di eroici cuori, | indeboliti forse dal fato, ma con ancora la voglia | di combattere, di cercare, di trovare e di non cedere.»

E sul vecchio libro del prof. Keating dei versi di Henry David Thoreau scritti a mano come un’epigrafe.

Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità, succhiando tutto il midollo della vita. Per sbaragliare tutto ciò che non era vita e per non scoprire in punto di morte che non ero vissuto.

Sorpresa finale

Sto ritornando verso casa dopo l’intervista a Massimo Smuraglia. Non sono ancora tranquillo perché non ho ricevuto notizie di Daniele che è andato a Parigi dalla sorella Lavinia. Parcheggio lungo il perimetro dei giardini e poco più avanti un’altra auto si è appena fermata: scendono tre giovani ragazzi. E’ passata la mezzanotte. Facciamo qualche passo insieme a distanza di pochi metri. Chiacchierano e poi si siedono sulle panchine sotto i glicini folti. Sono curioso. “Cosa ci fate qui, a quest’ora? Io abito lì sopra”. Rispondono con cortesia, anche se avrebbero potuto mandarmi a quel paese. E così scopro che si ritrovano come i giovani de “L’attimo fuggente”. Lo conoscono, il film e questo è un’altra bella sorpresa consolatoria. Quel giardino per loro è come la Grotta Indiana: e allora mi ritorna in mente anche il video che girai proprio su quel giardino.

Joshua Madalon

CLICCARE su “Giuseppe” per vedere il video

Giuseppe

NOTERELLE sparse intorno a “L’attimo fuggente” presentato a Coiano l’altra sera con sorpresa finale – 1

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NOTERELLE sparse intorno a “L’attimo fuggente” presentato a Coiano l’altra sera con sorpresa finale – 1

Non vedevo Massimo (Smuraglia) da alcuni anni; ci eravamo sfiorati in qualche occasione culturale ma nulla di più. Quando Mario Barbacci mi ha chiesto di partecipare ad uno degli eventi dell’Estate al Circolo di Coiano ho accettato e l’ho fatto ancor più volentieri perché si trattava di un doppio lieto evento per me, quello di intervistare Massimo che avrebbe parlato de “L’attimo fuggente”. Se si andasse a riavvolgere il nastro delle nostre vite (quella mia e quella di Massimo) troveremmo due elementi comuni: il Cinema e la Scuola. Entrambi (noi e il film) – pensai – qualcosa possiamo mettere a disposizione della società attuale.
Ci siamo sentiti qualche giorno prima utilizzando squarci di tempo libero per concordare qualche aspetto dell’intervista. Massimo poi mi ha anche inviato il suo curriculum con tanti tasselli che non conoscevo. Ne ricavo solo una parte: non avremo molto tempo a disposizione. E così decido di preparare le domande. Partirò dai “sogni” del ragazzo e poi via via verso la maturità, seguendo anche la sceneggiatura del film di Peter Weir.
Riguardo il film e mi sorprendo a scoprire atmosfere dimenticate ( non quelle intorno a Keating e il “Carpe Diem”, o l’”Inno alla gioia” e le scene di giubilo, nè l’ “O Capitano mio Capitano!” finale”).
Arriviamo insieme a Coiano venerdì 5 luglio. Gli chiedo se ha letto le domande. Credo di sì, ma lui si schermisce borbottando non so quale scusa per dirmi che no, non le ha lette. Gliele riassumo. Il resto è quel che è accaduto: tutto alla perfezione. Domande sintetiche al massimo per ridurre il tempo, risposte piene di riferimenti colti non solo cinematografici.
Poi la proiezione.

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“Cane, signore?” “O no, oggi no!” “Guardi che un cane fa bene ogni tanto!….Uno può fare un pasto completo a base di cane…” dallo schermo Keating irriverente e provocatorio legge brani assurdi ai suoi giovani attenti e coinvolti allievi. La signora accanto a me, che aveva tra le sue braccia un canino piccolo piccolo si alzò ed a me sembrò che andasse via, offesa e preoccupata di quel che sarebbe seguito: un vero e proprio menù a base di cane. “Si comincia con cruditè di dalmata, si continua con un bel cocker flambèe, e per finire un pechinese al pepe rosa”. Si allontanò di poco forse per dissetare il canino e poi tornò, proprio mentre andava in scena uno dei momenti clou del film, quando Keating invita i suoi studenti a cambiare il punto di vista, saltando sulla cattedra.

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ED IO MI SENTO come Keating sessanta anni dopo

“Perché sono salito quassù? Chi indovina?
Per sentirsi alto.
No […]. Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.”

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RACCONTI D’ESTATE calda – 1

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RACCONTI D’ESTATE calda – 1

Non è la prima volta; ho fatto volture sulle utenze ad ogni passaggio tra vecchi e nuovi affittuari, nel periodo in cui l’appartamento di mia figlia era libero. Nella “posta” del giorno ritrovo tre buste senza una loro intestazione. Le apro e ci sono tre assegni di piccola quantità ma il totale arriva quasi a 100 euro. Che fare? Appartengono tutti ad una delle utenze; in un’altra occasione penammo per incassarli, anche se vi erano indicazioni precise su come farlo. Il primo esercente segnalato era anche molto vicino a casa, ma in quei giorni non aveva il collegamento giusto. Ci credetti, perchè no? Capita anche a casa a volte che Internet non funzioni, di solito è perchè “stanno facendo lavori sulle cabine”; e dovendo andare dall’altra parte della città scelsi dall’elenco due altri posti dove poter incassare l’assegno. Trovai però gli stessi problemi con lievi variazioni. Al che fui portato a pensare che mi sarei potuto pure arrendere: anche in quel caso la cifra era minima. E pensai al fatto che sono intanto dotato di uno strato di curiosità che mi consente ancora di potermi orientare nella giungla del web, mentre tantissime persone anche della mia età (settanta circa, classe 1947) non sempre ci riescono e penso poi a quelle ancora più anziane e più sole che non hanno una vita sociale per incuria e per sventura. Come faranno? Di fronte a questi ostacoli qualcuno rinuncia a battersi per i propri esclusivi interessi e finisce tutto in cavalleria, facendo arricchire ulteriormente banche e gestori delle utenze. Un meccanismo perverso che occorre correggere, attivando semmai delle modalità nuove di sostegno ai nuovi “handicap” con la costruzione di una rete di solidarietà territoriale. Trovai la soluzione, andando in una Sala scommesse (non ci avrei scommesso nulla, ma ci provai) lontana venti chilometri da casa mia (quel giorno – si vede – funzionavano le linee).

Quasi per una sfida decido di ritornare con i tre nuovi assegni dal primo esercente. Li osserva e mi dice che non li può pagare perché non sono incassabili al di fuori di una banca. L’intestazione infatti appartiene ad uno degli istituti di credito più importanti e mi consiglia o di depositarli nella banca di fiducia o di andare direttamente nella filiale più vicina della banca cui afferiscono quegli assegni. Convinto del consiglio, decido di andare direttamente alla sede centrale della banca. E’ un ufficio supernuovo dove c’è un grande movimento: mi dirigo subito al dispositivo per ritirare il numero per la prenotazione del servizio, ma poco prima di arrivarci sono intercettato da un commesso elegante, come tutto il resto del personale, che dopo avermi chiesto quale sia il motivo per cui sono lì, avendogli mostrato i tre assegni, mi squadra con fare serio chiedendomi se ho un conto in questa banca. Probabilmente il mio diniego è altrettanto scabro; lui risponde che non era possibile incassarlo.
“Caro signore, questi assegni si riferiscono a quattrini che voi gestite per conto di altri, ma che appartengono a me. Quindi, mi dica cosa devo digitare per procedere!”
Compresa l’antifona, il commesso digita per me un numero, avvertendomi che dovrò aspettare 45 minuti. E’ un ulteriore segno di scortesia: in pratica mi mette alla prova. Ma fuori è caldo e dentro c’è un bel fresco e poi a casa non ho nessuno, posso tornare anche tardi.

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Joshua Madalon

SUI FILI DELLA MEMORIA – un excursus a ritroso nel tempo insieme a Massimo Smuraglia….

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Un post che anticipa l’evento organizzato dal Circolo ARCI di Coiano per venerdì 5 luglio ore 21.00 all’interno del contenitore IncontrARCI per capirsi Estate 2019

Avrò il piacere di intervistare Massimo Smuraglia che conosco sin dai giorni in cui approdai a Prato, venendo dall’Alto Veneto; anzi già qualche mese prima lo avevo incrociato a Pesaro alle giornate della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema dedicato quell’anno al cinema magiaro ed jugoslavo, di cui ho trattato già su questo mio Blog.

http://www.maddaluno.eu/?p=9560

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Con Massimo Smuraglia abbiamo anche percorso un tratto di strada culturale insieme negli anni intorno alla fondazione del Cinema Terminale nel gennaio del 1984, allorquando egli nel CEDRIC insieme a Ignazio Gullotta seguiva le programmazioni di alcuni cinema d’essai collegati all’UCCA Toscana (Unione Circoli Cinematografici dell’ARCI). Poi le strade si sono diversificate pur mantenendo comunque un’attenzione comune verso il mondo del Cinema e la sua diffusione didattica nelle scuole. Entrambi abbiamo praticato anche la realizzazione di documentari e film in modo diverso: il mio più artigianale e collegato direttamente all’insegnamento, il suo molto più professionale all’interno della Scuola di Cinema “Anna Magnani”.

La scelta del film “L’attimo fuggente” fatta da Massimo ha dunque un senso profondo collegato al nostro vissuto comune.

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SIETE TUTTE/I INVITATE/I A PARTECIPARE

Venerdì 5 luglio 2019 ore 21.00 – CASA DEL POPOLO DI COIANO via del Bisenzio a San Martino 5/F PRATO

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SCHIZOFRENIA ALLO STATO IMPURO

SCHIZOFRENIA ALLO STATO IMPURO

Ho ascoltato J-AX ieri argomentare su alcuni aspetti della vicenda che sta attirando l’attenzione dei media in questi ultimi giorni.
Intanto, riflettiamo sul fatto che i media in gran parte ormai supini in copia conforme alle farneticazioni semplicistiche e volgari di alcuni personaggi della commedia dell’arte contemporanea non si limitano a seguirne le mosse mediatiche ma le sostengono essenzialmente.
E riflettiamo anche sul fatto che sono sparite dall’attenzione dei media alcune vicende chiaramente illegali come quella dei 49 milioni di euro indebitamente entrati nelle casse della Lega, all’interno della quale è stato cresciuto il signor Maramaldo e tanti altri come lui. Su quella vicenda il rapporto con la magistratura è stato tutto rose e fiori e dunque nulla da obiettare, tanto – “campa cavallo” – un po’ alla volta finirà tutto in cavalleria (per l’appunto).
E riflettiamo anche sulle capacità mentali di questa gente che schizofrenicamente si richiama ai valori cristiani nel mentre si gira dall’altra parte sdegnosa quando si tratta di aiutare chi ha bisogno. Questa gente che si propone di distruggere con le ruspe degli insediamenti umani e si dà da fare per liberare immobili pur illegalmente occupati, a parte che non appartengano a sodali quali gli attivisti di Casa Pound romani.
E, per ritornare ai discorsi di J-AX, ne riprendo un tratto all’ingrosso: quando sottolinea come, guardando un film, ci si appassioni a difendere le ingiustizie e, poi, troppe volte ce ne si dimentica quando dalla finzione si passa ad una realtà.
Alcune vicende potrebbero servire anche a distogliere l’attenzione dai fatti più seri (a proposito non è che la disoccupazione come la “povertà” debellata da Di Maio sia ai minimi livelli: è che in questa parte dell’anno ci sono maggiori bisogni di piccoli lavoretti: in pratica sono quei lavori pagati a quattro euro l’ora per quattro ore dichiarate e ventiquattro lavorate), come la necessità di intervenire sui conti correnti e le cassette di sicurezza della gente per bene (quella non per bene sa perfettamente dove custodire i propri risparmi); ed è andata anche male al Governo il braccio di ferro con la Sea Watch che ha portato a Lampedusa un po’ alla volta nel corso dei giorni da tutto il mondo decine e decine di osservatori, che hanno avuto molto tempo per accorgersi in diretta che il flusso dei “visitatori” africani era costante, tanto che mentre tenevano fermi sulla nave i 42 a terra ne arrivavano a centinaia, senza tanti clamori.
Ho scritto nei giorni scorsi alcuni brevi commenti nei soliti dibattiti social. Quello che sta accadendo e che è accaduto negli anni, nei mesi e nelle settimane scorse è semplicemente un movimento naturale di uomini alla ricerca di un luogo migliore. Se vengono qui è perchè non stanno bene dove nascono e dove dovrebbero vivere: ci sono guerre, epidemie, carestie, una natura ostile. La società occidentale, la nostra, ha contribuito a depredare quelle popolazioni, le ha sottomesse, umiliate e mortificate, schiavizzate. Ora in qualche modo forse inconsapevole vengono qui a chiedercene conto. E’ gente in gran parte onesta disponibile a contribuire alla crescita della nostra civiltà, che a tutta evidenza è apprezzata. Frapporre un muro di odio è incomprensibile. Allo stesso modo, e per oggi chiudo, il messaggio del Maramaldo apparentemente diretto all’Europa (“li faremo andare dove vogliono senza procedere al riconoscimento”) appare essere un twitter ai malavitosi che approfittano proprio degli irregolari sans papier per lavoretti vari nei periodi più intensi della raccolta di alcuni vegetali nelle campagne del Sud.

Joshua Madalon

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UNA MADDALENA DEL TERZO MILLENNIO quinta e ultima parte

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UNA MADDALENA DEL TERZO MILLENNIO

Parte quinta e ultima
La sua storia è ricca di eventi drammatici: Laura dopo la perdita dei genitori quando aveva tre anni in un gravissimo incidente viene adottata da una famiglia benestante, molto vicina alla famiglia della piccola. Il rapporto con la madre adottiva è orrendo, lei non era mai stata convinta di poter avere una bambina; solo il padre, il nuovo genitore, aveva insistito per l’adozione ed aveva condizionato in tal senso la moglie, gelosissima, che aveva addirittura sospettato che lui, il marito, fosse il vero padre di Laura. Il destino poi era stato crudele portandolo alla morte improvvisa ed il mondo le era crollato addosso. I rapporti con la madre erano diventati sempre più tesi anche per le scelte di Laura come l’innamoramento per un giovane straniero, nel quale aveva riposto tante aspettative, anche queste andate deluse, dopo che egli aveva deciso di abbandonarla portando via con sè in Romania i suoi due figli. Laura rimane completamente sola; non ha mezzi per portare avanti le pratiche per poter riottenere i bambini ed è esclusa del tutto dalla madre adottiva che non vuole più sapere nulla di questa figlia degenere. Riesce a tirare a malapena avanti, lavorando part time in un ufficio di un commercialista ad Empoli, ma non ha un contratto vero e proprio. Laura racconta se stessa: Claudio non ha bisogno di fare domande…Laura racconta…racconta.
Il tempo previsto è già finito da un pezzo: Laura comprende che il desiderio di Claudio era quello di conoscere l’umano che è in ciascuno degli esseri viventi, anche quando alcuni di loro si trasformano pur temporaneamente in prestatori d’opera e datori di lavoro in una sorta di supermercato dei sensi che è la prostituzione. Laura ha percepito che quella di Claudio stava trasformandosi in una specie di indagine sociologica reciproca nella quale erano entrambi protagonisti anche se in forme diverse: una parlando l’altro ascoltando.
Claudio promette che scriverà la sua storia: lo farà più in là nel tempo, quando avrà potuto riflettere e far decantare le emozioni per poter ottenere la massima oggettività. Scriverà tutto e quasi certamente lei si riconoscerà. E allora probabilmente riuscirà anche a dire quel che in quel momento non era stato in grado di esprimere: Laura è una ragazza straordinariamente ricca dal punto di vista umano; allo stesso tempo anche le cosce che pubblicizzavano, unico dettaglio per la vendita, il suo annuncio erano di gran lunga più belle dal vivo.

Claudio però teme che questa narrazione finirà per rimanere segreta; ha perso il numero di telefono di Laura e quantunque osservi di tanto in tanto gli annunci non ritrova più il suo. Ha però la speranza che questa mancanza possa significare il recupero della felicità e della serenità semmai con i suoi due bambini ed un lavoro rassicurante.
“Con lei”, commenterà nella sua relazione Claudio, “hanno funzionato i cinque sensi, ma soprattutto quello che si chiama “sesto””.

“Il profumo della sua pelle, la sua morbidezza, il sapore dolce di un unico bacio, il ritmo del suo respiro, l’immagine misteriosa della sua persona mi hanno coinvolto razionalmente e sono stati accompagnati dalla sensazione di trovarsi a contatto con una “storia”, una di quelle da raccontare. Eccone qua l’inizio”.

Joshua Madalon

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LA SCELTA DI CAROLA e quel che ne consegue

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LA SCELTA DI CAROLA e quel che ne consegue

Forse non se ne renderanno nemmeno conto quei quattro buzzurri del Governo che si danno bordone per ottenere consensi facili basati su problemi inesistenti. Si sono dati un gran daffare a smentire che in questo Paese molte delle emergenze gridate e fatte temere sono essenzialmente “percepite” in modo abnorme lontane dalla realtà. Hanno contestato questo termine, “percepite”, perchè fosse invece più evidente la paura dello straniero, visto come unico e solo pericolo per la quiete e la sicurezza pubblica. Ed in tutto questo non si rendono conto, quei quattro buzzurri di cui sopra, che la vicenda Sea Watch e “la scelta di Carola” sta portandoli alla sconfitta. Accadrà un po’ come la storia (ma i “buzzurri” la ignorano nella sua complessità) di Davide e Golia. Ma basterebbe ricordarsi di Nelson Mandela per capire che le scelte rivoluzionarie spesso sono contro leggi ingiuste perché varate da Governi ingiusti, che approfittano di una provvisoria “vacatio” del sonno della ragione per emanare provvedimenti liberticidi come quelli che attaccano capisaldi della Carta costituzionale italiana e della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo e del cittadino.
Quella “vacatio” di cui sopra è data da un profondo fallimento del Centrosinistra in questo Paese, quel raggruppamento che gravita intorno al Partito Democratico che non ha saputo mettere insieme legalità e accoglienza rimanendo succube di meccanismi illegali (o para illegali, cioè sopportati per abitudine come tali) all’interno dei quali hanno convissuto parti sane e parti corrotte della società. D’altra parte non sempre la Sinistra è stata in grado di cogliere tali contraddizioni, rimanendo invischiata per piccole convenienze all’interno di quei meccanismi perversi. Fino a quando non si riconoscono questi gravissimi errori sarà gioco facile delle Destre alzare la voce: solo questo tuttavia possono fare ed ovviamente aggregare in tal modo la parte più debole culturalmente del Paese, che non riesce ad andare oltre all’elemento di base per cui il male è tutto da quella parte “estranea” che chiede di essere accolta. Altro elemento è la partita con l’Europa, che è giocata allo stesso modo di come lo è stato con i Governi precedenti. L’appartenenza all’Europa è molto più altro che la mera questione immigrazione. Puntare il dito sul sovranismo e sulla necessità di partecipare al ricollocamento dei migranti in quota parte è una profonda contraddizione. Il giorno in cui la massa di migranti fosse assai più alta dell’attuale si parlerebbe – allora sì – di invasione ma sarebbe come quella dei popoli del Centronord europeo dei primi cinque secoli del primo Millennio. Nessuno li fermerebbe.
Ad ogni modo occorre innanzitutto una ferma opposizione a questo Governo, partendo tuttavia dal riconoscere gli errori, e proseguendo nel proporre soluzioni vantaggiose per tutti. Occorre aprire una “nuova frontiera”; per costruirla bisogna nella maniera più assoluta abbandonare la presunzione sia da parte del Partito Democratico sia da parte della Sinistra, che nella sua irrilevanza paga lo scotto di una diffusa paura della Destra, una paura altrettanto immotivata e basata su elementi percettivi, che in definitiva contribuiscono a rendere difficile la cooperazione. Non basta dire che è necessario fare un fronte comune, occorre specificare come lo si può fare insieme.

Joshua Madalon

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P.S.: Golia forse era un gigante (un uomo probabilmente più alto degli altri, probabilmente più forte degli altri) ma essenzialmente era un arrogante presuntuoso. Tra i due protagonisti della vicenda Sea Watch degli ultimi giorni è Salvini ad assomigliare a Golia. Credo che la Carola gli farà con la sua “scelta” rendere indigesto l’insulto “pur benevolo” di “sbruffoncella”!

PROCIDA

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Qualche anno fa ebbi modo di interloquire con una intellettuale che mi sollecitò a dire chi io fossi, relativamente alla mia origine flegrea ed in parte, per linea materna, procidana. A quell’isola su questo blog ho dedicato pagine segrete ma anche pagine molto chiaramente ispirate. Il dialogo si aprì e si chiuse con queste righe che seguono

Gentilissima signora

Cercherò di esserle utile! Comincio subito:
Sono nato a Napoli (semplicemente perchè mia madre, Ruocco Assunta, procidana di Ciraccio, che aveva sposato un puteolano, ebbe la necessità di partorire in clinica, diversamente dalla maggior parte delle donne che abitualmente era assistita direttamente da un’esperta – “la vammana” – in casa). Ma fin dai primissimi giorni di vita, una delle mie zie procidane, Agnese, la più energica ed attiva, veniva a prenderci a Pozzuoli e si attraversava il mare per portarci molto spesso alla casa dei nonni materni in via Flavio Gioia.
La famiglia materna era soprannominata “Mainardo”; è un’abitudine frequente e diffusa da quelle parti.
Di mio nonno Vincenzo ricordo vagamente e lontanamente come un’ombra i contorni; avverto ancora ora la sua presenza patriarcale e mi rivedo sollevato dalle sue braccia. Mia nonna Rachele la ricordo invece molto bene perchè, al contrario di mio nonno è venuta meno quando ero negli anni della pubertà e di lei rammento il periodo della senilità durante il quale aveva problemi di memoria e suscitava in noi nipoti una certa irriverente ilarità.
Fra gli episodi più significativi che io ricordi vi erano quelli che ponevano mia nonna in rapporto alle tecnologie di comunicazione (parlo delle radioline a transistor – il televisore arrivò successivamente alla sua morte in quella casa) per le quali non solo non riusciva a comprendere il funzionamento – e sarebbe stato normale per tutti noi – ma non si capacitava che qualcuno parlasse e lei non riuscisse a vederlo; e per questo lo cercava sempre dietro agli strumenti………..

Ho detto che iniziavo; parlerò di molto altro fino a quando lei vorrà.

Copio e incollo per mantenere la memoria (tenga presente che mentre scrivevo avevo dimenticato il soprannome della famiglia di mia madre e solo grazie a questo esercizio me ne sono ricordato; non è più il tempo di aspettare per fermare i ricordi; la ringrazio per la sollecitazione).
Un saluto affettuoso

Giuseppe Maddaluno

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incontrando Norman McLaren

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incontrando Norman McLaren


Su questo Blog ho dedicato spazio ai miei ricordi, ed in particolare ho aperto una serie di riferimenti alla mia formazione professionale, culturale e politica con “da giovane….”. Il post di oggi è in parte un’aggiunta anche se ha una sua funzione autonoma relativa al contesto in cui viviamo. Gli anni di Feltre erano caratterizzati da altre battaglie politico-culturali, anche se in quella parte di Nord Est del nostro Paese si avvertivano già alcuni sentimenti ostili: ero essenzialmente “straniero” anche se accettato largamente perché il mio desiderio di conoscenza non mi faceva rinchiudere nel privato così come accadeva per tanti altri che continuavano a rimpiangere il loro personale “piccolo mondo”.

A Feltre conobbi Norman McLaren, non lui di persona ma il suo cinema sperimentale. L’incontro avvenne attraverso quelle casualità che mi hanno fatto crescere e che contribuiscono a far crescere tanti giovani: la curiosità immensa che sin da bambino mi aveva portato a costruire “ombre” che a me davano l’idea della proiezione cinematografica. Ho amato la settima Arte anche se poi non ho definito in quella direzione il mio impegno professionale. E così capitò di avere tra le mani un catalogo di filmati dell’Ambasciata del Canada e, forte anche della collaborazione già avviata con Carlo Montanaro, di concentrare la mia attenzione sui prodotti dell’animazione e del documentario. Una gran messe di filmati portava la firma di Norman McLaren, di origine scozzese, approdato nel 1941 dopo esperienze come la partecipazione alla guerra civile spagnola al National Film Board of Canada, nel quale riuscirà anche a produrre filmati di propaganda a sostegno degli sforzi bellici nella seconda Guerra mondiale, nel mentre approfondisce le tecniche sperimentali che lo faranno diventare uno dei maestri assoluti del cinema d’animazione.

In verità oggi non pensavo di dilungarmi su Norman McLaren. Senonché ho pensato ad uno dei suoi film più noti, mentre meditavo su alcuni aspetti antropologici contemporanei espressi innanzitutto attraverso i social e corroborati da una serie di risultati reali e virtuali, che stanno facendo emergere la parte peggiore del nostro Paese.

Ciò significa che c’è un ampio fondo “nero” che si è depositato nel corso degli anni di crisi ed è andando crescendo nel buio, una sorta di “vaso di Pandora” che attendeva di essere sollecitato ad aprirsi.

Ebbene, riflettendo sull’odio e la cattiveria, la volgarità e la violenza non solo – ma anche – verbale, ricordavo la sintesi di quello straordinario apologo che è “Neighbours” di Norman McLaren.

In un luogo ameno, felice, idilliaco, due vicini, molto simili conducono una vita serena, anche se qualche segnale ci avverte di una diversità di vedute: i due leggono quotidiani dai titoli diversi e contrastanti. Uno riporta il titolo “PEACE CERTAIN IF NO WAR”, l’altro è “WAR CERTAIN IF NO PEACE”. Entrambi fumano la pipa e si scambiano il fuoco, ma dietro questo quadretto ottimistico si nasconde il tema della “proprietà privata” di oggetti e territori, che spinge al dissidio. “Neighbours” vinse l’Oscar come miglior cortometraggio nel 1953.
La tecnica utilizzata è assolutamente innovativa e si inscrive nel solco della ricerca incessante di nuove frontiere mettendo in animazione non solo oggetti reali ma soprattutto per la prima volta persone reali non disegni. Straordinaria rilevanza tra l’altro ha l’uso della colonna sonora che è disegnata direttamente sulla pellicola “positiva”. Norman McLaren utlizzerà questa tecnica studiando i segni riprodotti sulla banda sonora dai suoni reali registrati e riproducendoli manualmente a sua volta in quella forma sulle bande delle pellicole da lui stesso disegnate.

Vi propongo dunque di vedere “Neighbours” e due degli altri film del grande McLaren disegnati direttamente sulla pellicola, compreso la colonna sonora, come rapidamente spiegato prima. Ho scelto “Dots” (trad.ne “Punti” o “puntini”) del 1940, anticipatore del “Minimalismo” e “Boogie Doodle” . Ma, per chi volesse, youtube aiuta gli audaci e i curiosi.

Joshua Madalon