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reloaded L’ipocrisia e la raccolta “porta a porta” nel Macrolotto Zero di Prato

Pubblico nuovamente questo articolo di un anno fa con una bozza di lettera su casi molto recenti: tra l’altro ALIA dopo aver annunciato che l'”umido” in San Paolo sarebbe stato ritirato in occasione del Natale non la mattina del 25 (lunedì) ma la mattina prima (domenica) non ha mantenuto la promessa e l’umido rimarrà fuori nei contenitori fino a venerdì mattina 29 dicembre

Vorrei esporre alcune considerazioni in merito al deposito dei rifiuti. L’Azienda ci ha dato indicazioni precise circa “l’esposizione” e non circa “il deposito”.
Questa mancata normativa fa sì che che esistano piccole “discariche” disseminate un po’ ovunque in spazi condominiali non sempre preventivamente adeguati a tale scopo e questo elemento non sfugge ad un osservatore attento.
Bidoni condominiali, maleodoranti e fonte di problemi igienico-sanitari, si sono parcellizzati e sono diventati ancora più insidiosi. Data la rilevanza del problema, un intervento normativo da parte delle Istituzioni preposte sarebbe necessario e apprezzato da quei cittadini che vogliono contribuire attivamente al decoro urbano. Trovo singolare che si possano depositare i rifiuti “in qualsiasi momento salvo diverso regolamento interno del Condominio stesso”.
Questa affermazione è in contrasto con il principio di raccolta ecologica dei rifiuti che non dovrebbero ammassarsi in modo sconsiderato perché cittadini anarchici applicano lo stesso principio di deposito che si utilizzava con i cassonetti.
Ringrazio per la cortesia espressa dai referenti alle segnalazioni dei disguidi, ai quali ho telefonato, ma poco si ottiene o nulla con “la buona volontà”.
I principi devono essere normati se si vuole argomentare in modo tale da essere credibili. Suggerirei di precisare che i rifiuti devono essere “depositati” la sera prima della raccolta come da calendario.
Le controversie, in una città a vocazione europea, non possono dirimersi con “regolamenti di condomini” che darebbero adito ad opposizioni giuridicamente valide, se non c’è un Regolamento Generale che le detti.
Faccio inoltre notare che tutti gli appartamenti condominiali appena fuori dal Centro storico sono dotati di terrazzi, terrazzini o verande in cui il cittadino, rispettoso anche di regole igienico-sanitarie può contenere per due-tre giorni i propri rifiuti senza scaricarli in modo inopportuno nei bidoni che sono, allo stato attuale delle cose, la moltiplicazione dei vecchi cassonetti.
Spero che il mio scritto possa essere un elemento di riflessione per le autorità competenti e per i funzionari responsabili o devo pensare che, in contrasto con quanto avviene altrove, si possa agire affidandosi al solo buonsenso.
In analogia, mi chiedo se sia sufficiente appellarsi al buonsenso del cittadino per vaccinare i figli in buono stato di salute. E’ una riflessione che meriterebbe attenzione in quanto le istituzioni sono intervenute per stabilire norme a salvaguardia della salute generale.
Di molto minore impatto e onere di impegno sarebbe una normativa del Comune in merito alla gestione del “deposito dei rifiuti”.

lettera firmata in “bozza”

reloaded L’ipocrisia e la raccolta “porta a porta” nel Macrolotto Zero di Prato

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Nei giorni scorsi si è diffusa qui a Prato una polemica innescata dall’annuncio che l’Amministrazione comunale non avrebbe consentito la realizzazione della “Festa delle luci” che la comunità cinese intendeva riproporre nel Macrolotto Zero (San Paolo – Via Filzi- via Pistoiese e dintorni) dopo il successo dell’edizione del 2016. Contemporaneamente a questo annuncio vi era stata la presa di posizione del Comitato di via Pistoiese – Macrolotto Zero che si opponeva alla manifestazione. E subito dopo l’annuncio del Comune che collegava il diniego alla Festa con la difficoltà a realizzare pienamente e correttamente la raccolta dei rifiuti “porta a porta” si era levata la protesta della Sinistra che considerava tale scelta come reazionaria e diseducativa. In risposta a quest’ultima si riscontrava il commento di un membro della Giunta comunale che la etichettava come “ipocrisia”.
Ed è su questo termine che, come evidenzia il titolo del post, mi voglio produrre oggi.
Se “ipocrisia” vi è, questa è espressa dall’ Amministrazione comunale! Le principali ragioni per non consentire la realizzazione della “Festa delle luci” risiedono nel fatto che questa è stata finanziata nel 2016 dalla Regione Toscana e che per il 2017 tale finanziamento non vi è stato. Il Comune dunque avrebbe dovuto subentrare alla Regione ma non lo ha potuto fare per mancanza di fondi e, ipocritamente, trova la giustificazione collegando il niet alla raccolta porta a porta. Il fatto stesso che poi tale atteggiamento puramente repressivo e scarsamente educativo abbia avuto la sponda da una organizzazione “destrorsa” come quella del Comitato di via Pistoiese che guarda ai processi di integrazione in modo prettamente unilaterale è significativo della posizione che l’attuale maggioranza di Governo della città, che vorrebbe presentarsi come Sinistra o centrosinistra, va proponendo. Più “IPOCRISIA” di così cosa vorreste?
I rapporti con la comunità cinese e di questa con quella autoctona (ma già composta da un sostanzioso “melting pot” interno ed esterno) sono contrassegnati da una profonda differenza di cultura e di tradizioni e non bastano certamente gli interventi pur apprezzabili che si svolgono in pochi luoghi centralizzati, come può essere il Circolo Curiel, nè si può pensare che tutto si risolva con interventi urbanistici velleitari che finiscono per coinvolgere solo la parte culturalmente più elevata della comunità cinese.
Per la corretta realizzazione dl porta a porta occorrerebbe il coinvolgimento di rappresentanti di condominio che si responsabilizzino nel ruolo educativo. A questi ovviamente ci si potrebbe riferire per un primo essenziale controllo. Sugli oli esausti ritengo sia molto importante avere più punti di raccolta nella zona del Macrolotto Zero: a tutta evidenza non bastano quelli del Circolo di via Cilea e quello di via Lorenzo da Prato. Allo stesso tempo occorre creare soprattutto nei primi tempi del “porta a porta” una task force che controlli a tappeto il territorio e fornisca indicazioni e suggerimenti atti anche a migliorare i rapporti tra la comunità straniera predominante e gli abitanti del quartiere.
Poiché uno degli ostacoli a tutto questo è la lingua, sarebbe bene prevedere mediatori culturali sempre presenti.
Poiché parlavo di “IPOCRISIA” mi piace sottolineare che purtroppo questa è una delle anime fondamentali della pratica politica, che ci avrebbe fatto piacere superare nel nostro impegno. Ma tant’è: ci siamo ritrovati in piena prima Repubblica, infarcita di menzogne indorate da ottimismo. Speriamo nel nuovo anno, ma le prospettive non sono rosee. BUON 2017!!!

…e buon 2018 sperando che qualcosa possa cambiare!

Joshua Madalon

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…con i miei auguri di Buon Natale….

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…con i miei auguri di Buon Natale….

Quando eravamo piccini, a Natale scrivevamo la letterina che nascondevamo sotto il piatto, o sotto la tovaglia in corrispondenza di quello, di nostro padre ed era di solito un elenco di “confessioni” e di “promesse” solitamente banali e quasi sempre “ripetibili” ad ogni festività successiva. Già nell’approssimarsi dell’adolescenza quella pratica veniva abbandonata. Altre promesse e confessioni, dichiarazioni d’amore spesso lasciate al vento dei primi palpiti ci coinvolgevano.
E poi l’arrivo della giovinezza e l’impegno sociale, civile, politico che ci spingeva sulle piazze e nelle sezioni fumose per diversi motivi ad arrovellare i nostri cervelli correndo dietro alle utopie ed ai progetti di qualche furbastro che giocava con le nostre passioni. E noi continuavamo a scrivere e ad urlare, ad urlare ed a scrivere, i nostri desideri, sempre correndo dietro alle ragioni che ci spingevano verso il cambiamento generazionale di metodi e di pratiche, contestando con veemenza il passatismo di coloro che erano lì, e prima di noi avevano prodotto mutazioni nelle quali non riconoscevamo più gli elementi fondativi del nostro contratto iniziale.

Quegli anni sono passati e nel nostro bagaglio di esperienze abbiamo accumulato momenti di gioia e di sconforto, di soddisfazioni e delusioni, di “sogni e di chimere” accompagnati allo stesso tempo da crudo realismo e consapevolezza dei limiti e delle forze, e l’esperienza ci affina a riconoscere le falsità e le ipocrisie così come siamo in grado di accogliere le amicizie che durano e scansare quelle che ti rincorrono per soddisfare semplicemente i loro interessi.

E’ così: siamo ad un nuovo Natale e quasi certamente bisognerà scrivere ancora una volta, all’età dei settanta, una lettera. La rivolgeremo agli amici veri sapendo di non essere delusi ed a quelli falsi, il cui valore intrinseco è proprio in quella loro incapacità di convincerti, che è per noi una vera e propria fortuna. Siamo in una fase cruciale della nostra vita civile e politica: abbiamo bisogno di tirare le somme.
Sì, in definitiva, sarebbe bene farlo tutti almeno una volta all’anno nell’approssimarsi del 31 dicembre. Un consuntivo, come le “confessioni” dell’infanzia espresse nella letterina, ed un “preventivo” come le “promesse”. E’ una fase, questa, nella quale non possiamo esimerci di cercare anche qualche errore nei meccanismi che abbiamo creduto di conoscere sempre bene e che a volte ci hanno tradito. Forse saperlo fare, ed il volerlo, ci consente di recuperare quell’umanità di cui anche il mondo politico ha urgente bisogno.

Non siamo perfetti, ma non lo sono nemmeno coloro che non ci piacciono e pretendono di condizionarci sopravvalutando se stessi. D’ora in avanti, con dignità e senso di responsabilità non ci piegheremo alle condizioni ed alle pretese di chi vuole strumentalizzare il nostro operato ed utilizzare a proprio vantaggio la nostra intelligenza.

Joshua Madalon

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“CARTOLINE DA CHINATOWN” di Federica Zabini

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“CARTOLINE DA CHINATOWN” di Federica Zabini

Da un paio di anni, molto più di prima, ho tra I miei allievi nel Corso di alfabetizzazione della lingua italiana, organizzata dalla San Vincenzo de Paoli nei locali della Parrocchia di San Bartolomeo in Piazza Mercatale, molte donne cinesi. Ed è un’esperienza straordinariamente stimolante, anche perchè sono tra le allieve più curiose di apprendere e si divertono moltissimo, rendendo piacevole il mio impegno volontario. Da loro apprendo molto più di quanto loro apprendano da me e credo che sia proprio questa empatia bidirezionale a far scattare l’armonia nell’intero gruppo di lavoro formato da centro e sudamericane, da africani del nord e da pachistani.
Ho già segnalato in altri post la variegata provenienza etnica dei frequentatori di quei corsi ma non potevo non riferirmi a questa mia contingente avventura culturale volendo parlare del libro, piccolo ma denso, di Federica Zabini: “Cartoline da Chinatown”. Ne avevo sentito parlare; a dire il vero, avevo anche letto della sua presentazione al caffè Bacchino lo scorso 29 ottobre ma le mie corse frenetiche tra un evento e l’altro, molto spesso organizzati da me stesso, mi impediscono troppe volte di cogliere occasioni interessanti come quella. Poi tra una chiacchiera e l’altra in previsione di approfondimenti culturali, sociali antropologici e… politici qualcuno mi riparlò di Federica Zabini e di questo suo “Cartoline da Chinatown”. La Rete fa miracoli e mi capita spesso di raccordarmi con persone che non conosco, ma di cui mi si parla, in un battibaleno attraverso i social.
Stuzzico Facebook e scrivo, peraltro di fretta con errori di battitura: ottengo rapida risposta con indicazione su dove poter trovare il libro. “Mondi paralleli” è una piccola libreria gestita da compagni che conosco e con i quali mi incrocio soprattutto allo Spazio Aut di via Filippino ma non la frequento: graphic novel, fumetti vari non sono più da tempo libri che riescano ad occupare uno spazio tra le mie letture. Mi ci fiondo, deciso a portare in dirittura di partenza il possesso del libro. Mi aspettano già, preavvertiti dall’autrice, che evidentemente ha avuto fiducia in me. Questo è accaduto quasi un mese fa, agli inizi di dicembre: il libro l’ho letto rapidamente in due notti (è il periodo nel quale da un po’ preferisco svolgere questa funzione) e poi l’ho lasciato decantare……….
Federica Zabini è un’acuta osservatrice, attenta a cogliere i palpiti del mondo che la circonda. Ella sa trasmetterci la realtà di una popolazione che si è insediata in modo particolare in uno spazio ormai obsoleto e degradato, fondamentalmente rivitalizzandolo. La crisi del settore tessile sarebbe stata inarrestabile in tutte le sue fasi se ad un artigianato ed un’imprenditoria che aveva perso la passione (quella che ti fa sopportare i sacrifici e le incertezze dell’impresa) non fosse subentrata l’intraprendenza e la capacità di reggere la fatica per ore ed ore. Ai piccoli e modesti artigiani-industriali pratesi i cinesi hanno da insegnare…e questo è apparso insoffribile. Da qui nasce l’astio verso questa comunità che parte proprio da settori medio-borghesi e si diffonde tra la popolazione di scarsa cultura.
Nel libro formato da 15 bozzetti alcuni un po’ più corposi altri in forma mignon prevale lo sguardo infantile del puro di cuore su una realtà che si eleva da un prosastico lastrico ad un cielo poetico, a partire dal primo dei raccontini, “L’albero del pop corn”. Ed i mondi che vengono osservati sono quelli della produzione oppure quelli del consumo come il ristorante di Liu, o ancora quelli pubblici, come le Poste o la Farmacia oppure le strade e le piazze, uno studio di agopuntura, il fiume, la fiera. Tra tante storie non poteva mancare quella più tragica nella quale l’umanità prevale e si riducono le differenze. Federica Zabini ci mette di fronte ad un mondo intero che rimarrà parallelo fino a quando non riusciamo a comprendere che dall’alto della loro riservatezza (ma vi assicuro, cominciano davvero a sciogliersi e lo fanno in primo luogo le donne: anche quelle cinesi così come le nostre stanno prendendo coraggio) i cinesi ci riserveranno grandi positive sorprese.
E ci inconteremo. Anche se tra le due comunità maggiori di questa città, quella legittimamente autoctona (I’ so’ di Prato!) e quella cinese, è quest’ultima ad essere la più seria e matura, compatta, e forse per questo motivo viene percepita come pericolosa. D’altronde come ben si sa i vuoti tendono a colmarsi.

Benaugurale è la dedica, profetica financo. Non farebbe di certo male, da qui a poco, pensare che Prato possa avere una guida amministrativa cinese. Dopotutto, abbiamo avuto un papa polacco e ne abbiamo uno che “viene da lontano”.

Joshua Madalon

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ANNIVERSARI 2017 – Gramsci e la Rivoluzione russa PAESE SERA TOSCANA 12 dicembre 2017 Giuseppe Maddaluno

Con questo articolo pubblicato lo scorso 12 dicembre ha inizio la mia collaborazione con PAESE SERA Toscana – on line

www.paesesera.toscana.it/

Joshua Madalon

ANNIVERSARI 2017 – Gramsci e la Rivoluzione russa
12 dicembre 2017 Giuseppe Maddaluno
Tutti ormai sanno che nel novembre del 1917 (il 7 – 8 di quel mese) si concludeva con l’assalto al Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo il percorso che aveva condotto Lenin e la sua frazione bolscevica dei socialisti rivoluzionari russi ad assumere il potere in quella parte d’Europa. In molti hanno ricordato quelle vicende organizzando iniziative culturali. Il progetto di ANNIVERSARI 2017 ha trattato temi come quello della pedagogia donmilaniana nel cinquantenario dalla scomparsa del prete di San Donato a Calenzano e di Barbiana (intorno ad esso abbiamo incontrato sia Mario Lancisi per due volte, a Prato ed a Calenzano, sia Eraldo Affinati che Sandra Gesualdi). Abbiamo anche dedicato due incontri alla figura di Antonio Gramsci ad ottanta anni dalla sua morte invitando il professor Angelo d’Orsi, straordinario studioso e cultore della vita e dell’opera gramsciana, autore dell’ultima nuova biografia, edita da Feltrinelli. E sempre con il d’Orsi ci siamo incontrati a Montemurlo per parlare del 1917 e della Rivoluzione russa: lo abbiamo fatto a completamento di altre due iniziative sullo stesso argomento curate dal gruppo di Altroteatro di Firenze.

Gramsci una nuova biografia_

Antonio Gramsci seguiva con grande attenzione le vicende russe. A Torino, giovane studente universitario, aveva impegnato molto del suo tempo nella vita culturale e politica del Partito Socialista ed era diventato la punta di diamante della redazione de “Il Grido del popolo” e dell’ “Avanti!”. Su questi aveva pubblicato molti articoli che trattavano delle vicende russe.

100 anni fa il 1° dicembre del 1917 egli pubblicava su “Il Grido del Popolo” un articolo dal titolo “La Rivoluzione contro il Capitale” nel quale tra le altre cose diceva:

La rivoluzione dei bolscevichi si è definitivamente innestata nella rivoluzione generale del popolo russo. I massimalisti che erano stati fino a due mesi fa il fermento necessario perché gli avvenimenti non stagnassero, perché la corsa verso il futuro non si fermasse, dando luogo ad una forma definitiva di assestamento, … si sono impadroniti del potere, hanno stabilito la loro dittatura, e stanno elaborando le forme socialiste su cui la rivoluzione dovrà finalmente adagiarsi per continuare a svilupparsi armonicamente, senza troppi grandi urti, partendo dalle grandi conquiste già realizzate.

La rivoluzione dei bolscevichi è materiata di ideologie più che di fatti… Essa è la rivoluzione contro il Capitale di Carlo Marx. Il Capitale di Marx era, in Russia, il libro dei borghesi, più che dei proletari. Era la dimostrazione critica della fatale necessità che in Russia si formasse una borghesia, si iniziasse un’era capitalistica, si instaurasse una civiltà di tipo occidentale, prima che il proletariato potesse neppure pensare alla sua riscossa, alle sue rivendicazioni di classe, alla sua rivoluzione. I fatti hanno superato le ideologie. I fatti hanno fatto scoppiare gli schemi critici entro i quali la storia della Russia avrebbe dovuto svolgersi secondo i canoni del materialismo storico. I bolscevichi rinnegano Carlo Marx, affermano con la testimonianza dell’azione esplicata, delle conquiste realizzate, che i canoni del materialismo storico non sono così feroci come si potrebbe pensare e come si è pensato…

La predicazione socialista ha messo il popolo russo a contatto con le esperienze degli altri proletariati. La predicazione socialista fa vivere drammaticamente in un istante la storia del proletariato, le sue lotte contro il capitalismo, la lunga serie degli sforzi che deve fare per emanciparsi idealmente dai vincoli del servilismo che lo rendevano abietto, per diventare coscienza nuova, testimonio attuale di un mondo da venire. La predicazione socialista ha creato la volontà sociale del popolo russo. Perché dovrebbe egli aspettare che la storia dell’Inghilterra si rinnovi in Russia, che in Russia si formi una borghesia, che la lotta di classe sia suscitata, perché nasca la coscienza di classe e avvenga finalmente la catastrofe del mondo capitalistico? Il popolo russo è passato attraverso queste esperienze col pensiero, e sia pure col pensiero di una minoranza. Ha superato queste esperienze. Se ne serve per affermarsi ora, come si servirà delle esperienze capitalistice occidentali per mettersi in breve tempo all’altezza di produzione del mondo occidentale…

ANNIVERSARI 2017 continuerà nel corso di questo mese ad occuparsi di Gramsci, di Danilo Dolci e della Rivoluzione russa per poi inoltrarsi nel settantennale dalla entrata in vigore della Costituzione italiana (1° gennaio 1948).

Joshua Madalon

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“Cartoline da Chinatown” di Federica Zabini – una riflessione preambolo ad una recensione

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“Cartoline da Chinatown” di Federica Zabini – una riflessione preambolo ad una recensione

Mentre avviavo a scrivere una riflessione sul libro di Federica Zabini, “Cartoline da Chinatown” ho rincorso alcuni frammenti dei miei ricordi recenti. Su quel libro, piccolo ma denso di riferimenti letterari ed antropologici, scriverò nelle prossime ore.
Un ringraziamento alla scrittrice per avermi indotto ad operare una forma di epifania creativa ispirata dalle sue “tranches de vie” della comunità cinese del quartiere tra la strada ferrata, le inverse direttive viarie parallele, via Filzi e via Pistoiese, e San Paolo: quella zona, insomma, che Bernardo Secchi, l’urbanista scomparso nel settembre 2014 aveva identificato come Macrolotto Zero, assegnando a quella parte del territorio pratese, dove la “mixitè” assumeva una funzione essenziale per comprendere le caratteristiche di quelle strutture mescolate tra abitazioni civili e spazi di produzione tessile di base, l’origine – il punto zero – della sua storia artigianale ed industriale.

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Nella vita spesso capitano giornate intense, durante le quali non si compiccia nulla, ma si corre si corre si corre…all’impazzata. “Beato te, che sei in pensione! hai tutto il tempo per te. Ah, chissà quando mi capiterà di poterci andare!…” me lo sento dire un giorno sì ed uno anche…ad ore alterne. Eppure, da quel giorno in cui ho salutato i colleghi in una delle feste che poi ricorderò per la tristezza che ci prese tutti nei giorni successivi, non sono ancora riuscito a realizzare la maggior parte dei miei desideri. Qualcuno potrà anche sorridere per l’esempio che farò, ma avevo programmato di andare a trovare un mio carissimo amico che a Firenze si occupa di cinema e, va là, son quattro anni che lo faccio aspettare. O quanti chilometri sono? Dieci, poco più, visto che è al di là dell’Arno. Non che non sia riuscito a far nulla, ma è che me ne vengono tante di quelle idee interessanti da rincorrere e ci vado dietro. Ed è così infatti che, in una delle iniziative culturali degli ultimi anni, mi è accaduto che il coinvolgimento sia stato tale da indurmi ad occupare il mio tempo nella narrazione, utilizzando le “storie” che mi venivano raccontate dai partecipanti al progetto che in piena sintonia con l’ambiente pratese e del mondo tessile che lo contraddistingue si chiamava “Trame di quartiere”. Ecco, un ottimo impiego del tempo a misura di anziano: guardali bene i pensionati maschi del quartiere che, soprattutto se hanno nipoti già grandi e moglie e figli che non hanno bisogno di loro, nelle giornate buie dell’inverno si ritrovano nei circoli a mo di quel che facevano i villani della contrada Albergaccio nel 1513 laddove Niccolò Machiavelli si ingaglioffiva “con questi…. per tutto dí giuocando a cricca, a trich-trach, e poi dove nascono mille contese e infiniti dispetti di parole iniuriose; e il più delle volte si combatte un quattrino, e siamo sentiti non di manco gridare da San Casciano. Cosí, rinvolto in tra questi pidocchi, traggo el cervello di muffa, e sfogo questa malignità di questa mia sorta, sendo contento mi calpesti per questa via, per vedere se la se ne vergognassi.” (da la Lettera a Francesco Vettori 13 dicembre 1513).

E poi con l’arrivo dell’aria più mite si spostano lungo i viali e nei giardini a parlare dei problemi sportivi e di quelli politici, mostrando saggezze popolari ma anche una sicumera inattesa, una grande cocciutaggine nell’espressione dei loro gradimenti effimeri, altalenanti. Ed è stata una grande scuola di vita, basata sull’ascolto e sull’osservazione della prossemica espressa nella difesa delle proprie convinzioni. Comprendo bene sin dall’avvio di questa nota che potrà sembrare incredibile anche la mia ingenuità da settantenne conoscitore per mestiere della scrittura, ma nella vita non ci si stanca mai di conoscere e di sorprendersi perché, al contrario di quanto si possa credere e di quanto erroneamente – a mio parere – si esprime di solito, non c’è mai nulla che sia del tutto uguale a quel che abbiamo conosciuto, visto, letto, e le vite degli altri interconnesse tra loro non mancano mai di sorprenderci.

Joshua Madalon

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BUON COMPLEANNO, COSTITUZIONE! a passi lenti ma decisi/ 4

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BUON COMPLEANNO, COSTITUZIONE! a passi lenti ma decisi/ 4

Ed arriviamo così al 2 giugno del 1946.

Diciamo subito che i risultati del referendum del 2 giugno 1946 non furono così esaltanti per la Repubblica (a fare un calcolo ad occhio e croce la scelta referendaria dello scorso 4 dicembre è stata più netta a favore del NO allorquando 19.419.507 voti a fronte di 13.423.208 assegnarono la vittoria ai sostenitori del rigetto del quesito referendario). La scelta repubblicana fu approvata con poco più di 2 milioni di differenza da quella monarchica (12.718.641 votarono per la Repubblica, 10.718.502 per la Monarchia), mentre il 4 dicembre del 2016 la differenza ha toccato poco meno di 6.000.000 a favore del NO (19.419.507 contro 13.423.208).

L’Italia del 2 giugno risultò peraltro spaccata in due con un Nord quasi tutto schierato a favore della Repubblica con realtà come Cuneo e Brescia dove il risultato fu molto equilibrato ed altre realtà tradizionalmente resistenti al nazifascismo come Genova, Milano, Bologna, Parma e Trento (dove la scelta per la Repubblica fu dell’ 85%) chiaramente repubblicane. Al centro a sostegno della Repubblica si distinsero, superando il 70% dei consensi, le città toscane ed Ancona, mentre Roma pur percorsa da una grande partecipazione popolare a favore della Liberazione il risultato fu lievemente a vantaggio della Monarchia, così come avvenne in tutto il mezzogiorno, con valori altissimi come a Napoli dove si sfiorò l’80% del sostegno ai Savoia.

Contemporaneamente alla scelta istituzionale si svolsero le elezioni per l’Assemblea costituente: prevalse la Democrazia Cristiana con il 35,2%; le due forze di Sinistra – il PSIUP – Partito Socialista di Unità Proletarie ed il PCI – Partito Comunista Italiano – ottennero rispettivamente il 20,7% ed il 18,9% superando di fatto di 22 unità il numero di deputati ottenuto dalla DC (207 a fronte dei rispettivi 115 più 104). L’Unione Democratica Nazionale di ispirazione liberale ottenne il 6,8% con 41 rappresentanti, il Fronte dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini ebbe il 5,3% con 30 eletti, il Partito Repubblicano Italiano il 4,4% con 23 membri ed il Blocco Nazionale delle Libertà che si dissolse poi rapidamente tra Liberali, Monarchici e Qualunquisti prese il 2,8% con 16 deputati. Lo storico Partito d’Azione raccolse solo l’1,4% con 7 rappresentanti.

Proclamati i risultati il Consiglio dei Ministri l’11 giugno volle subito portare a compimento il
3° comma dell’art. 2 del Decreto Legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98: «Nella ipotesi prevista dal primo comma (cioè la vittoria della Repubblica, n.d.r.), dal giorno della proclamazione dei risultati del referendum e fino alla elezione del Capo provvisorio dello Stato, le relative funzioni saranno esercitate dal Presidente del Consiglio dei Ministri in carica nel giorno delle elezioni».

Per una forma di cortesia istituzionale il Consiglio dei Ministri affifdata la guida ad Alcide De Gasperi si affrettò a stilare un documento da sottoporre all’attenzione del re Umberto II:

«Preso atto della proclamazione dei risultati del referendum fatta dalla Corte di Cassazione, tenuto conto che questi risultati, per dichiarazione della stessa Corte di Cassazione, sono suscettibili di modificazione e di integrazione, nel supremo interesse della concordia degli italiani, si consente che, fino alla proclamazione dei risultati definitivi, il Presidente del Consiglio dei Ministri, on.le Alcide De Gasperi, eserciti i poteri del Capo dello Stato, di cui all’art. 2, DLL 16 marzo 1946, n. 98, secondo i principi dell’attuale ordinamento costituzionale”.

Joshua Madalon

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BUON COMPLEANNO, COSTITUZIONE! a passi lenti ma decisi/ 2

BUON COMPLEANNO, COSTITUZIONE! a passi lenti ma decisi/ 2

Dopo lo scioglimento della Camera dei fasci e delle corporazioni avvenuto con il decreto legislativo n.705 del 2 agosto 1943 con il quale, nel rispetto dello statuto albertino si andava a promettere una nuova elezione della Camera dei deputati, una volta finita la guerra, i progetti di coloro che avevano pensato di poter contare sempre su un ruolo centrale della monarchia, si avviarono al fallimento, grazie alla presenza ed all’attivismo dei Partiti antifascisti, quelli antichi come il Partito Socialista ed il Partito Comunista e quelli nati da poco come la Democrazia cristiana ed il Partito d’azione. Fu stretto un accordo (tregua istituzionale) tra questi e la monarchia in attesa che la guerra si concludesse e poi si decidessero le scelte da prendere. In quel periodo le funzioni di governo furono assegnate ad un Governo provvisorio formato dai partiti che facevano parte del Comitato di liberazione nazionale (Cln). Il re Umberto II subentrato a capo della monarchia sabauda dopo l’abdicazione di vittorio Emanuele III, che per quest’atto fu accusato di aver violato la tregua istituzionale trovò un accordo con il Cln e nel giugno del 1944 promulgò una prima Costituzione provvisoria che è espressa nel decreto-legge luogotenenziale n. 151 del 25 giugno. Nei sei articoli del decreto sono delineati la futura Assemblea Costituente, il giuramento dei membri del Governo e la facoltà del Governo di emanare “provvedimenti aventi forza di legge”.

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Ecco il documento:


Decreto-legge luogotenenziale
25 giugno 1944, n. 151
(In Gazz. Uff., Serie speciale 8 luglio 1944, n. 39). – Assemblea per la nuova costituzione dello Stato, giuramento dei membri del Governo e facoltà del Governo di emanare norme giuridiche.
In virtù della autorità a noi delegata;
Visto il R. decreto-legge 30 ottobre 1943, n. 2/B.
Visto l’art. 18 della legge 19 gennaio 1939, n. 129.
Ritenuta la necessità e l’urgenza per causa di guerra;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, Primo Ministro Segretario di Stato;
Abbiamo decretato e decretiamo :
Art. 1.
Dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano che a tal fine eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto, un’assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato.
I modi e le procedure saranno stabiliti con successivo provvedimento.
Art. 2.
È abrogata la disposizione concernente la elezione di una nuova Camera dei Deputati e la sua convocazione entro quattro mesi dalla cessazione dell’attuale stato di guerra, contenuta nel comma terzo dell’articolo unico del R. decreto-legge 12 agosto 1943, n. 705, con cui venne dichiarata chiusa la sessione parlamentare e sciolta la Camera dei fasci e delle corporazioni.
Art. 3.
I ministri e sottosegretari di Stato giurano sul loro onore di esercitare la loro funzione nell’interesse supremo della Nazione e di non compiere, fino alla convocazione dell’Assemblea Costituente, atti che comunque pregiudichino la soluzione della questione istituzionale.
Art. 4.
Finché non sará entrato in funzione il nuovo Parlamento, i provvedimenti aventi forza di legge sono deliberati dal Consiglio dei Ministri. Tali decreti legislativi preveduti nel comma precedente sono sanzionati e promulgati dal Luogotenente Generale del regno con la formula:
“Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta di…
Abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue…”
Art. 5.
Fino a quando resta in vigore la disposizione dell’art. 2, comma primo del R. decreto-legge 30 ottobre 1943, n. 2/B, i decreti relativi alle materie indicate nell’art I della legge 31 gennaio 1926, n. 100, sono emanati dal Luogotenente Generale del regno con la formul :
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Abbiamo decretato e decretiamo…
Art. 6.
Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella “Gazzetta Ufficiale ” del regno —serie speciale— e sarà presentato all’Assemblee Legislative per la conversione in legge.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, proponente, è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.

Nei prossimi giorni passo dopo passo attraverso altri documenti arriveremo alla stesura, alla primulgazione ed alla entrata in vigore della nostra Carta costituzionale.

Joshua Madalon

ANNIVERSARI 231 ANNI FA – 30 NOVEMBRE 1786

FESTA DELLA TOSCANA in ricordo di un evento del 30 novembre 1786 – 231 anni fa

231 anni fa il 30 novembre del 1786 il Granduca Pietro Leopoldo abolì la pena di morte nel Granducato di Toscana. Dal 2000 la Regione Toscana in questo giorno lo vuole ricordare assumendosi il compito di paladina della libertà e del rispetto dei diritti civili, opponendosi all’applicazione della pena capitale ancora vigente in alcuni paesi. Le Circoscrizioni di Prato in quella prima occasione assunsero un ruolo di primo piano organizzando riflessioni approfondite su quel tema attraverso momenti culturali quali il convegno che si svolse presso il centro per l’Arte contemporanea “Luigi Pecci”. Nel 2003 furono poi pubblicati gli atti con il titolo PACE E DIRITTI UMANI.
Qui di seguito riporto uno dei contributi “esterni” (l’autrice non era presente ma fu menzionata proprio in quanto un mese e mezzo prima aveva inviato una lettera a “Repubblica” nella quale discuteva del caso di Derek Rocco Barnabei, giustiziato dopo che sulla sua colpevolezza erano emersi seri dubbi), quello della Presidente del Parlamento Europeo, Nicole Fontaine, riportato nel libretto sopra menzionato.

Joshua Madalon

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Nicole Fontaine, Lettera aperta agli americani

Nella sua stragrande maggioranza, senza distinzioni di nazionalità o di sensibilità politica, il Parlamento europeo, che è la voce democratica di 370 milioni di europei che costituiscono attualmente l’Unione europea, non comprende il fatto che gli Stati Uniti siano oggi l’unico, tra le grandi democrazie del mondo, a non aver rinunciato a comminare e applicare la pena di morte.

Ogni volta che un’esecuzione capitale è programmata in uno degli Stati del vostro paese, l’emozione e la riprovazione che essa suscita assumono, ormai, una dimensione mondiale. Tutti gli interventi a favore della clemenza, fatti dalle più alte autorità religiose o politiche presso i governatori da cui dipende la decisione finale, ricevono soltanto un netto rifiuto.

Il caso di Derek Rocco Barnabei ha suscitato un’emozione particolarmente grande in Europa, sia perché, ancora una volta, sussistono dubbi sulla sua reale colpevolezza, sia perché, oltre alla sua nazionalità americana, egli è anche originario di uno Stato membro dell’Unione europea, l’Italia.

Le iniziative diplomatiche, che invano in tanti abbiamo intrapreso presso il governatore della Virginia su richiesta dei parenti del condannato e delle associazioni che sostengono la sua causa, non hanno avuto alcun seguito. Mi permetto, allora, di dirigervi questa lettera aperta, non nello spirito di dare delle lezioni, ma in quello del dialogo leale che si addice all’amicizia che unisce i nostri grandi insiemi continentali.
Da questa parte dell’Atlantico, si riconosce che il vostro grande paese simbolizza ampiamente, in tutto il mondo, la libertà e la democrazia. Nessuno ha dimenticato ciò che l’Europa gli deve per averla aiutata a ritrovare la libertà al prezzo del sangue dei suoi figli negli ultimi due conflitti mondiali.

Nessuno contesta che la pena di morte sia stata riconosciuta dalla Corte Suprema conforme alla Costituzione degli Stati Uniti. Nessuno contesta che, in seguito a una condanna capitale, lunghi anni di procedure offrono ai condannati la possibilità di una revisione del loro processo. Nessuno contesta il diritto di una società organizzata a difendersi dai criminali che minacciano la sicurezza delle persone e dei beni, né quello di punirli nella misura dei loro delitti.

L’Europa non dimentica che, fino a poco tempo fa, essa stessa ha usato la pena di morte, e spesso con crudeltà. Alcuni Stati l’avevano abolita da tempo, nel loro diritto penale e nella pratica, ma meno di vent’anni fa alcune grandi nazioni europee, profondamente legate ai diritti dell’uomo e ai valori universali, tra cui il mio paese, la Francia, non vi avevano ancora rinunciato e quando i loro parlamenti hanno affrontato la sua abolizione, i dibattiti politici sono stati veementi quanto lo sono oggi negli Stati Uniti. Oggi, ogni polemica è spenta.

Si è però sviluppata in tutta l’Europa una presa di coscienza collettiva che ha travolto le esitazioni ancora esistenti. Questa presa di coscienza, alla quale mi permetto oggi di invitare il popolo americano, è fondata sui seguenti elementi: nessuno studio obiettivo ha mai dimostrato che la pena di morte abbia un effetto dissuasivo sulla grande criminalità e in nessuno dei paesi europei che l’hanno recentemente abolita si è avuto un aumento della grande criminalità; le società contemporanee hanno dei mezzi sufficienti per difendersi da essa senza spezzare il sacro principio della vita umana; la punizione per mezzo della pena di morte non è che la sopravvivenza arcaica della vecchia legge del taglione: poiché hai ucciso, anche tu morirai; il macabro copione delle esecuzioni capitali ha ben poco di degno ed è piuttosto il rito sacrificale di un omicidio legale; quando una società di diritto perfettamente stabilizzata e che dispone di altri mezzi per difendersi ricorre alla pena di morte, essa indebolisce il carattere sacro di ogni vita umana e l’autorità morale che essa può avere per difenderla dovunque essa sia offesa nel mondo; infine, troppi condannati a cui si toglie la vita sono stati poi riconosciuti innocenti e in quel caso è la società, anche in nome del diritto che si è data, ad aver commesso un crimine irreparabile.

In tutta la storia della giustizia della nostra società moderna, un solo innocente da noi messo a morte per errore, una morte che non comporta alcuna necessità, sarebbe sufficiente per condannare radicalmente il principio stesso di questa pena capitale. Ora, sappiamo tutti che il caso è proprio questo, in particolare negli Stati Uniti.

So che la maggioranza della popolazione del vostro paese rimane favorevole al mantenimento della pena di morte e che, in democrazia, il popolo è sovrano, ma tutto ciò può bastare a chi ha la responsabilità di guidare il proprio paese in modo saggio o moderno? Quando il presidente Lincoln abolì la schiavitù, aveva forse il sostegno della maggioranza degli Stati del Sud? Quando il presidente Roosevelt impegnò gli Stati Uniti al fianco degli europei per ristabilire la pace e la libertà nel mondo devastato dal nazismo o dai suoi alleati, ebbe egli immediatamente il sostegno maggioritario degli americani? Quando il presidente Kennedy impose la fine della segregazione razziale che perdurava in alcuni Stati, egli ebbe il coraggio, senza dubbio a costo della sua stessa vita, di andare controcorrente rispetto ai tanti che intendevano mantenerla, anche con la violenza. E’ possibile che gli uomini politici di oggi, per opportunismo o per motivi elettorali, non siano che una pallida ombra di quei grandi visionari che hanno fatto l’unione e la grandezza della nazione americana?

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BUON COMPLEANNO, COSTITUZIONE! a passi lenti ma decisi

BUON COMPLEANNO, COSTITUZIONE! a passi lenti ma decisi

Caduta del Fascismo - 26 luglio 1943 - Prima pagina - La-Stampa
Caduta del Fascismo – 26 luglio 1943 – Prima pagina – La-Stampa

Ricorderete tutte/i questo proclama; non mi riferisco tanto a chi lo abbia potuto sentire “in diretta” ma a quanti lo hanno ascoltato dai documentari e dai film, come “Tutti a casa” di Luigi Comencini 1960. In questa fase di grande confusione ci fu il tentativo che aveva una sua logica conseguenziale di puntare sulla monarchia eliminando qualsiasi elemento riferibile al fascismo.
A tale scopo mirava il Regio Decereto Legislativo n.705 del 2 agosto 1943 che qui sotto viene riportato. Si andava allo scioglimento della Camera dei Fasci e delle Corporazioni ed all’annuncio di nuove elezioni – una volta conclusa la guerra – per la Camera dei Deputati.

Leggi preparatorie dell’Assemblea Costituente
R. D. L. 2 agosto 1943 n. 705
(In Gazz. Uff., 5 agosto, n. 180). – Scioglimento della Camera dei Fasci e delle corporazioni
Visto l’Art. 18 della legge 19 gennaio 1939, n. 129;
Ritenuto lo stato di necessità derivato da causa di guerra;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del capo del Governo Primo Ministro segretario di Stato; abbiamo decretato e decretiamo:
La XXX legislatura è chiusa.
La Camera dei Fasci e delle corporazioni è sciolta.
Sarà provveduto nel termine di quattro mesi dalla cessazione dell’attuale stato di guerra, alla elezione di una nuova Camera dei deputati e alla conseguente convocazione ed inizio della nuova legislatura.
Il presente decreto, che entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno, sarà presentato alle assemblee legislative per la conversione in legge. Il Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato, è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge.
R. D. L. 2 agosto 1943, n. 706
(In Gazz. Uff., 5 agosto, n. 180). – Soppressione del Gran Consiglio del Fascismo
Visto l’art 18 della legge 19 gennaio 1939, n. 129;
Ritenuto lo stato di necessità derivato da causa di guerra;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del capo del Governo Primo Ministro segretario di Stato;
Abbiamo decretato e decretiamo
Il Gran Consiglio del fascismo è soppresso.
Sono abrogati le leggi 9 dicembre 1928 n. 2693 e 14 dicembre 1929, n. 2099 il Reggio decreto legge 14 dicembre 1929, n. 2100, convertito nella legge 17 marzo 1930, n. 233; il regio-decreto legge 14 dicembre 1929, n. 2100, convertito nella legge 19 dicembre 1933, n. 2121; convertito nella legge 2 aprile 1936, n. 607 ed il regio-decreto legge 7 gennaio 1937, n. 5, convertito nella legge 5 aprile 1937, n. 592.
Il presente decreto, che entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno, sarà presentato alle assemblee legislative per la conversione in legge.
Il Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato, è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge.

Nei prossimi giorni pubblicherò altri documenti per augurare storicamente BUON COMPLEANNO (70 ma non li dimostra) alla nostra COSTITUZIONE!

Joshua Madalon

UN NUOVO SOGGETTO POLITICO DI SINISTRA – perché?

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UN NUOVO SOGGETTO POLITICO DI SINISTRA – perché?

Basterebbe consultare un qualsiasi trattato di “Psicologia” per comprendere le ragioni dell’avversione che una parte considerevole del mondo politico italiano di Sinistra prova per colui che, con un metodo “democratico” abbastanza curioso (non mi stanco mai di ricordare il “parterre” che ha contribuito alla sua ascesa), è diventato il Segretario del Partito Democratico.
Ancora ieri chiudendo la sua “Leopolda”, una convention che ha evidenziato ancora una volta i limiti del PD – condotta come è stata in assenza della minoranza (c’è ancora una “minoranza” che resiste) – Renzi ha agito come sa, porgendo la mano ed allo stesso tempo alzando la voce minacciosa e rancorosa ha detto: “Noi non abbiamo nemici, non viviamo di rancori, non viviamo di odio. Se vivi di rancore, non lo cambi il tuo Paese, se accetti la sfida sul terreno del fango non costruisci”.
In questo Paese se c’è qualcuno che, dopo aver stretto accordi con il Centrodestra (vedi “Patto del Nazareno”), sta facendo di tutto per consegnare il Paese nelle mani dei nostri avversari, di quelli che dovrebbero essere naturalmente anche i “suoi avversari”, questo è Renzi. Come si fa a sostenere la politica che il Partito Democratico ha condotto in questi anni? Quella Politica che ha prodotto nuove e più forti diseguaglianze, aprendo le porte alla precarietà, a lenimento della quale ha proposto – e continua a proporre – scelte pietistiche caritatevoli tipiche delle esperienze peggiori pportate avanti dalla aristocrazia e dalla borghesia cattolica di derivazione ottocentesca. In quest’ottica si leggono le promesse elettorali degli 80 euro allargate alle “famiglie con figli” (un occhiolino ai “Family Day”?).
E cosa dire del Job’s Act che ha garantito alle aziende ed all’imprenditoria famelica nuovi e più lauti guadagni a scapito dello sfruttamento ad libitum di giovani e meno giovani ormai disponibili per sfinimento ad accettare lavori con un reddito molto al di sotto del minimo garantito per una sopravvivenza individuale (se non avessero la “temporanea” copertura di nonni e genitori dovrebbero vivere sotto i ponti o nei ricoveri per “homeless”)?
Sfruttamento di giovani, che non erano certo rappresentati tra coloro che alla Leopolda osannavano Renzi (se non avessi ragione, si tratterebbe di un delirio masochistico!), costretti a subire umiliazioni che speravamo fossero state eliminate dalle battaglie che alcuni di noi, insieme a tante donne ed uomini della seconda parte del Novecento avevano condotto.
E cosa aggiungere della non resipiscenza del messaggio ricevuto lo scorso 4 dicembre dal popolo italiano? Quel tentativo era un attacco diretto alla Costituzione italiana: ne abbiamo la conferma per la modalità con la quale ancora ieri abbiamo assistito alla minaccia congiunta da parte sia di Renzi che di Berlusconi, a dimostrazione che, dietro le quinte fasulle di una contrapposizione recitata da “guitti”, ci si preparerebbe ad un contrattacco per sferrare un colpo mortale alla nostra forma costituzionale repubblicana e democratica.

Con tutto questo, ma non solo questo, come si fa a non sentire il bisogno di costituire un nuovo grande soggetto di SINISTRA in questo Paese? non abbiamo molto tempo davanti a noi. Questa potrebbe essere un’ultima occasione. Non dimentichiamo la nostra Storia.

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