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CINEMA – 1946 – parte 29

Sempre nel 1946 due di questi registi, Frank Capra e Howard Hawks, saranno gli autori di due capolavori di genere diverso tra loro, “La vita è meravigliosa” e “Il grande sonno”. Il primo fa parte di quella particolare predilezione del cinema americano dei buoni sentimenti che si innesta nella condizione umana in un ambiente piccolo borghese nel quale il protagonista agisce quale esemplare del self made man che, operando in contesti provinciali e dotato di un grandissimo senso etico nei confronti della famiglia e dei suoi compaesani, si ritrova in un momento di profonda crisi, fino a meditare di togliersi la vita. Il film fa percorrere la “storia” di George Bailey, interpretato da un grande James Stewart in piena ascesa, grazie ad un escamotage narrativo, attraverso il quale un angelo, inviato da Dio per sostenere moralmente il protagonista affinché rinunci al proposito di suicidarsi, viene informato da San Giuseppe su tutte le buone azioni di cui George si è distinto. Il film non ebbe un grande successo di critica nell’immediato ma ancora oggi è uno dei film più presenti nelle programmazioni festive dei nostri canali televisivi, pubblici e privati.

L’altro film si collega al genere del giallo poliziesco noir che tanto lustro renderà alla produzione statunitense. Basato su uno dei romanzi del prolifico Raymond Chandler con protagonista il detective Philip Marlowe, “Il grande sonno” è interpretato da una coppia di attori che sarà a lungo molto presente sulla ribalta cinematografica, Humphrey Bogart e Lauren Bacall, che si erano conosciuti da poco sul set di “Acque del Sud”, diretti dallo stesso Hawks. L’interpretazione del detective Marlowe da parte di Bogart sarà memorabile e segnerà per sempre nel ricordo dei cinefili e degli appassionati dei libri polizieschi (solo in Italia vi è la dizione “gialli” collegata al colore delle copertine della produzione mondadoriana.

Un altro film americano che segnerà il destino anche dell’inteprete è “Gilda” di Charles Vidor. Si tratta di un’altra grande diva, Rita Hayworth, che in questo film, sempre accreditabile al genere “noir”, fa coppia con un altro importante protagonista del Cinema quale è stato Glenn Ford. La grande attrice, reduce da una serie di riconoscimenti soprattutto da parte dell’esercito americano impegnato in Europa, incarna in “Gilda” una delle icone indelebili della produzione filmica, dando un’interpretazione superba aiutata non solo dalle forme sinuose ma dalla capacità di fare spettacolo grazie alle sue performance canore, quali “Put the Blame on Mame” e “Amado mio”, nelle quali mostra anche abilità straordinarie sia nelle danze che nella sua vocalità.

Nel prossimo blocco ci dedicheremo a trattare del cinema italiano che nel 1946 raggiunge le massime vette anche sul palcoscenico internazionale.

parte 7 – POESIA SOSTANTIVO FEMMINILE – parte 7 – 2022 – un recupero dei testi di presentazione, introduzioni e Saluti (e questa è “La presentazione” della X edizione, del 2010)

parte 7 – POESIA SOSTANTIVO FEMMINILE – parte 7 – 2022 – un recupero dei testi di presentazione, introduzioni e Saluti (e questa è “La presentazione” della X edizione, del 2010)

PRESENTAZIONE

8 MARZO. Questa data celebra la Festa della Donna: evoca mimose, fiori, baci di cioccolata, cena fuori con amiche. Una giornata dedicata alle donne di ogni età e condizione, di ogni paese. Una festa democratica, perché accomuna tutte le donne, senza distinzione.

Un giorno pensato per quella metà dell’umanità ritenuta da tanti più debole e da qualcuno la più significativa. Questa data festeggiata soltanto in una parte del mondo, mentre nell’altra se ne ignora l’esistenza e il significato: in alcune zone del nostro pianeta la sensibilità verso le “donne” non è sufficiente per tanta attenzione; in altre ancora oggi si propone di condividere questa festa, ma come diversivo, uno spostamento delle menti verso “l’altro sesso” per lo spazio di ventiquattro ore, per poi tornare alla considerazione secondaria e agli atteggiamenti di discriminazione.

Come nell’antica Atene, luogo di nascita della democrazia, il potere del popolo non dava poi a tutti la facoltà di partecipare alla cosa pubblica (le donne erano escluse, come gli stranieri e gli schiavi), così anche la Festa della Donna rimane talvolta un paravento, un momento che si celebra solo in alcune parti del mondo e che non riesce a rendere piena dignità alle donne. Le donne infatti si ritrovano a combattere ogni giorno, in qualsiasi paese del mondo, contro coloro che le vorrebbero sottomesse, dipendenti, ignoranti, ubbidienti, sfruttate, violentate, se non addirittura schiave o, in tante occasioni, vittime; dalla famiglia ai luoghi di lavoro, spesso il trattamento non cambia.

Tuttavia c’è chi ritiene importante continuare a proporre questa festa, a non dimenticarla, ma arricchirla ogni anno di contenuti nuovi. La condizione delle donne non si migliora sottraendo, semmai aggiungendo occasioni e opportunità di confronto, di sollecitazione delle coscienze, per arrivare un giorno a quella parità di diritti in ogni parte del mondo che sdarà il vero riconoscimento al ruolo delle donne nella società. Per questo noi Consiglieri dei Gruppi di Opposizione nel Consiglio della Circoscrizione Prato Est ringraziamo il Prof. Giuseppe Maddaluno per il suo impegno nell’avere, ancora una volta, riproposto l’iniziativa da lui promossa già da diversi anni, “POESIA SOSTANTIVO FEMMINILE”, e per averci voluto coinvolgerci nell’organizzazione. E ringraziamo le donne, che con le loro poesie hanno preso parte a questa proposta, e gli uomini che hanno scritto pensando a loro. La natura del centro sinistra da sempre esprime attenzione per le donne e per le loro aspettative di pari opportunità. Così anche i Consiglieri, che rappresentano nelle Istituzioni tali ideali e che da quest’anno si trovano all’opposizione nella Circoscrizione Est di Prato, ritengono importante sottolineare la festa dell’8 marzo attraverso una serata resa piacevole dai sentimenti e dall’arte della Poesia.

I membri dei gruppi consiliari di Opposizione presso la Circoscrizione Est di Prato – Marzo 2010

30 ottobre – PRATO IN COMUNE – prove di ripartenza

30 ottobre – PRATO IN COMUNE – prove di ripartenza

Chi ha potuto farlo, ha partecipato ad un primo incontro convocato attraverso mail per la sera del 27 ottobre. Avevamo molte cose da dirci e naturalmente non siamo riusciti a farlo del tutto. Provo a mettere in ordine alcuni degli aspetti che sono emersi. Se ne dimentico qualcuno, verrete in aiuto. A breve cercheremo di rivederci, forse il 18 novembre.

Siamo stati – chi più chi meno – condizionati dalla tragedia della pandemia in questi ultimi due anni (“poco più poco meno”, e quest’ultima condizione sta a noi ridurla o protrarla, al netto dell’andamento della pandemia, che tarda a lasciare il “campo”). Qualcuno tra noi (spero, oltre a chi scrive, molti altri) ha avvertito l’esigenza di ripartire. Spero non si voglia negare che, anche l’avventura di “Prato in Comune” è stata fortemente voluta, pervicacemente portata avanti, da un piccolo gruppo, di cui faccio parte; lo stesso in fin dei conti che “oggi” sta cercando di riprendere in mano i fili di una storia, che ha preso il via con l’obiettivo di unire quella parte della Sinistra che è oltre i confini del Partito Democratico. “Oltre i confini” ha un sottile significato nella sensazione di essere equiparati – all’interno di un giudizio in qualche modo discriminatorio – agli “stranieri”. Fa parte di questa “sensazione” quel comportamento denunciato da Mirco Rocchi da parte del primo cittadino “pro tempore” di questa città. Nondimeno va preso in considerazione in questa fase che ci si trovi di fronte ad un cambio di orizzonte politico dovuto alla prorompente pericolosa avanzata delle Destre nel Paese, richiamata da Paolo Balestri.

Per questo motivo principalmente abbiamo il dovere di rimettere in moto le nostre energie, cercando di farle crescere attraverso il più ampio confronto con le diverse realtà associative che condividono gli stessi nostri valori e che, separate le une dalle altre, non possono che contare sulle proprie identità, sulle individualità. Anche per noi di “Prato in Comune”, questo,  deve essere un obiettivo prioritario per superare la nostra orgogliosa solitudine. Ciò non può – e non deve – significare una convergenza strutturale verso la maggiore forza politica dalla quale pensiamo essere diversi, ma alla quale intendiamo porre fondamentali interrogativi intorno a tutta una serie di tematiche sulle quali marchiamo molto spesso distanze significative per noi, di Sinistra, incomprensibili: per citarne solo una parteil Lavoro, la Salute, l’Istruzione, le modalità di Partecipazione, gli interventi urbanistici, lo sviluppo del territorio, la Mobilità, i Diritti.

Abbiamo un’ottima piattaforma programmatica da cui riprendere a far Politica.                                                

Ripartiamo dunque da dove eravamo rimasti nel febbraio del 2020: la costituzione di un’Associazione politico culturale i cui aderenti si propongano di partecipare alla costruzione di un Progetto di città per i prossimi anni.

recupero di un post su due temi

PERCHE’ LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così appare) – parte 5

A voi che mi leggete (quei “pochi” che mi sopportano) sembra che quella “Carta” così tanto spesso richiamata come fondamentale sia rispettata? Oppure in modo ipocrita non ci si spinge a  farne quotidianamente “carta straccia”? Vi sembra che siano rispettati i suoi “precetti”?                                                    Ho la sensazione che si blateri essenzialmente – anche da parte di quella Sinistra “nuda e pura” – e ci si impegni  per soddisfare i propri convincimenti e ci si crogioli all’interno di gruppetti autoreferenziali, tronfi ed esclusivi. La Sinistra, anche per questo motivo, è composta in definitiva di varie infinitesime anime che si contrappongono tra di loro al solo obiettivo di “esistere”. Un leader recente è arrivato addirittura a profferire dure accuse (“mi vergogno”) anche all’interno del rassemblement più corposo, coacervo di anime diverse, alcune delle quali di “Sinistra” – ne sono sempre più convinto – solo per comodo e per interesse personale. Se non si corregge questo “difetto” la macchina non può funzionare ed è destinata alla rottamazione coatta.            Se si va al “dunque” si scoprono difetti davvero così evidenti che anche un dilettante con normali capacità intellettive le comprenderebbe: basterebbe osservare due degli episodi drammatici accaduti qui a Prato e di cui ho trattato; il primo in modo più diretto, mentre sul secondo ho soltanto avviato una riflessione cruda per rimarcare le distanze sempre più forti tra me e la sedicente Sinistra. “Sedicente” e dunque lontana dalla mia visione di Sinistra, per ora. Su questo secondo evento, la morte drammatica di una giovane operaia, in una fabbrica gestita da italiani (non da “cinesi” che assorbono da qualche tempo in qua tutti gli attacchi fondalmentalmente “razzistici” per tutto il caleidoscopio di ingiustizie e nefandezze sui luoghi di lavoro), che con nonchalance – per quanto se ne sappia – hanno commesso una serie di irregolarità. Nell’affrontare l’altro evento (l’affare Texprint)  ebbi a sottolineare che sarebbe stato necessario innanzitutto ascoltare le parti, porre sotto sorveglianza il rispetto delle regole (così come affermato più volte dalla parte imprenditoriale), ma promuovere un intervento politico generale per consentire a tutti, compreso i proprietari, il giusto guadagno. Mi ripeto per chiarezza: in un mercato drogato dalle irregolarità non è facile, per chi voglia intraprendere un’attività, agire nel rispetto delle regole. Ma la Sinistra non si muove in tale direzione; alza le barricate e i muri ma nulla fa per cambiare davvero le cose.

Il tempo che abbiamo vissuto in questo anno e mezzo, quello in cui ci siamo fermati, non ha creato i presupposti per rimettere in piedi l’economia sulla base di una giustizia sociale che prenda il via dai fondamentali della Costituzione. Lo stesso “mercato del lavoro” ha proseguito ad operare all’interno di un sistema che spingeva verso il “lavoro nero” parziale o totale; i “sostegni” insufficienti garantiti sollecitavano ad accettare lavori sottopagati e non era certo il “reddito di cittadinanza” a produrre tale “vulnus” legale. Su questo tema ci diffonderemo ulteriormente anche per segnalare le debolezze della Sinistra. Con un’incursione intorno al “mercato illegale” del lavoro che utilizza senza limiti la manodopera di persone straniere, che non sempre sono in regola dal punto di vista del permesso di soggiorno.

31 agosto – Afghanistan – La consapevolezza della (dura) realtà

Il tempo del Covid ci ha condizionato, più di quanto non avvenisse prima, a prendere in considerazione solo – o poco ma davvero poco più –  ciò che ci circondava. Siamo rimasti vittime di quella sindrome dell’ombelico che probabilmente era tipica dei nostri progenitori nella società pastorale e contadina preindustriale. Gli stessi notiziari dei mesi primaverili del 2020 e poi di seguito quelli autunnali ed i seguenti invernali del 2021 erano esclusivamente collegati alla trasmissione dei dati pandemici; i rotocalchi televisivi dibattevano dal mattino alla notte sempre le stesse argomentazioni. Non è stato molto diverso il periodo più recente con lo snocciolamento dei dati sulla vaccinazione e le diatribe tra favorevoli e contrari. Poche davvero le variazioni fuori dal tema: in primo luogo di certo i contrasti paradossali e schizofrenici della Politica nostrana; in secondo luogo le notizie sportive collegate all’abbuffata di eventi che ha visto concentrarsi nel 2021 anche parte di quanto avrebbe dovuto svolgersi nel 2020 (Europei di Calcio, Olimpiadi e Paralimpiadi) ed era stato rinviato a causa della pandemia.

Negli ultimi giorni – forse proprio a causa di questa reclusione forzata del corpo e della mente che fino a poco tempo fa ci ha esclusi dalla “realtà” – è scoppiata la questione afgana. Ed è apparsa subito la grande difficoltà a comprendere la portata degli eventi che costringono la comunità internazionale ad assumersi responsabilità che fino a poco tempo fa erano state colmate dagli Stati Uniti, che si erano assunto il ruolo di “poliziotti del mondo” con interventi armati camuffati da “esportazione di democrazia”. Per molto tempo ed in particolare allorquando è venuta meno la ragione ideologica dello scontro tra capitalismo e comunismo gli Stati Uniti hanno dirottato i loro interessi politici ed economici nell’area medio orientale, agendo indisturbati sotto lo scudo di una falsa interpretazione della Civiltà e della Democrazia, valori che sono stati utilizzati per accaparrarsi fette di mercato né più né meno rispetto a quanto facevano regimi autoritari antidemocratici. L’Afghanistan non è Kabul e Kabul è solo in parte minima la cartina di tornasole che vorrebbe dimostrare quanta Democrazia fosse stata conquistata in questi venti anni. L’Afghanistan è un territorio immenso la  maggior parte del quale è rimasta nelle condizioni in cui si trovava negli anni precedenti; forse ancor peggio di prima. Anche questo spiega le ragioni per cui l’esercito “non ufficiale” dei “talebani” (il cui termine è stato nel nostro Occidente sempre declinato in modo negativo) ha avuto una straordinaria facilità nel conquistare l’intero territorio fino a Kabul in pochissimi giorni, battendo senza colpo ferire (o con pochissime perdite da una parte e dall’altra)  l’esercito “ufficiale” finanziato dall’Occidente per difendere gli “straordinari” risultati conseguiti.

Questo non elimina la profonda amarezza per tanti di noi, democratici occidentali, che speravano in soluzioni meno traumatiche e maggiormente collegabili ad uno stile di vita più simile al nostro. Non è stato e non è così. Sentiamo dire da vari commentatori che abbiamo potuto apprezzare quanti e quali “straordinari” risultati dal punto di vista “civile” (nel senso “occidentale”) sarebbero stati raggiunti nel corso di questi anni; ma le vicende recenti (il travolgente successo dei “talebani” versus “società – da noi detta – civile”) smentiscono questa tesi, mettendo in evidenza che – forse – solo una minima parte della società afgana aveva acquisito costumi più o meno simili ai nostri, quali una tendenza alla parità di genere e a una alfabetizzazione di valore medio superiore ed universitario. Occorrerà prendere consapevolezza di questo insuccesso, spiegarne le ragioni e con pazienza ricercare le vie d’uscita verso un vero e proprio “progresso”. Ma sarà dura e difficile, anche per la responsabilità occidentale di accontentarsi solo delle apparenze senza andare alla sostanza delle cose.

8 marzo 2021 – un inatteso piacevole dono

8 marzo 2021 – un inatteso piacevole dono da Carla Malerba

Non capita così spesso, e quindi fa tanto, tanto più piacere ricevere, nell’approssimarsi di una giornata tradizionalmente dedicata alla figura femminile, un dono sotto la forma di versi. Di recente ho potuto recuperare il contatto con l’autrice, che avevo conosciuto nel corso di un mio impegno professionale in un Istituto scolastico superiore di Arezzo. Ricordavamo entrambi i nostri impegni e le nostre passioni, in parte comuni, come quella dei “percorsi poetici”; i miei più come operatore culturale, come produttore organizzatore di eventi culturali, quelli di Carla Malerba come autrice di versi e di racconti.

Mi ha fatto dono di un paio di raccolte, alle quali hanno partecipato altre poetesse come lei, oltre a qualche sparuta presenza maschile. E’ una forma che ben conosco, avendo prodotto 12 edizioni – dal 2001 al 2012 – di una raccolta di brani poetici di donne o ispirati a figure femminili, “Poesia Sostantivo Femminile”.

Come uomini (il termine ha una funzione responsabilizzante, perché “uomini” sono soltanto coloro i quali comprendono il valore della condivisione dei percorsi e del rispetto reciproco) dobbiamo accogliere i delicati poetici amorevoli consigli di Carla e farne tesoro, avvalercene in tutto il percorso della nostra “comune” esistenza.

POESIA A UN UOMO PER L’OTTO MARZO di Carla Malerba

A una donna

non dare

ciò che può essere banale,

a una donna

regala pensieri profondi

e fiori di carta.

E affidale il tuo cuore.

Sappi che l’avrai messo

in buone mani,

mani generose,

sappi che la tua donna

è ricca di opere e giorni,

è l’arca dove riponi

la tua fiducia, il tuo amore.

Carla Malerba

Carla Malerba, nata in Africa settentrionale, risiede in Italia dal 1970. Laureata in pedagogia con una tesi sulla poesia nell’infanzia, ha insegnato Lettere nelle Secondarie a indirizzo tecnico. Ha pubblicato la sua prima raccolta, Luci e ombre, nel 1999.
Successivamente pubblica Creatura d’acqua e di foglie (Calosci, Cortona, 2001), Di terre straniere e Vita di una donna (La Vita Felice, 2010 e 2015) e nel 2020 Poesie future edita da Punto a capo. Ha ricevuto riconoscimenti in concorsi nazionali per la poesia inedita.

La poesia qui sopra riportata è inserita in una piccola raccolta curata da Giuseppe Vetromile, poeta partenopeo, di cui ho sentito parlare nelle poche volte che mi è accaduto di andare giù a Napoli ma che non ho mai incontrato (forse ci siamo sfiorati nei paraggi organizzativi di alcune iniziative alle quali ho collaborato con Angela Schiavone). Il volumetto è “Mimose in versi. Voci di donne per le donne” Volume Speciale dell’Antologia Virtuale “Transiti Poetici” dedicata alla Festa della Donna ed è ordinabile su Amazon.

Ho ringraziato personalmente Carla, sorprendendola con una telefonata tecnologica in risposta ad un suo messaggio su Messenger ed abbiamo recuperato ricordi e amicizie comuni, collegate alle passioni letterarie che ci consentono di rifugiarci nelle nostre abitudini culturali, poetiche e letterarie, un po’ come il Machiavelli della “Lettera a Francesco Vettori”

“…Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro….”

Per ora ci fermiamo qui, ma il “viaggio”, quello comune dell’umanità fatta di donne ed uomini, è ancora molto lungo.

LE DONNE DI EVALUNA – (LE DONNE DELLA CATTEDRALE DI GISELLA MODICA)

di Giuseppe Maddaluno

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Il 1° giugno su questo Blog scrivevo un post il cui titolo era “Le nuove passeggiate (si fa per dire) nei Campi Flegrei”: http://www.politicsblog.it/?p=257 Nella parte conclusiva inserivo un “rinvio” ad un nuovo post: “Ed allora saluto Veronica, Emma ed Ylenia. Vado via ma la giornata “frenetica” non è mica finita!”. E sì, perché quella giornata mi avrebbe riservato nuove sorprese. Torno a casa solo per rinfrescarmi e riparto subito in Metropolitana fino Montesanto, da dove mi dirigo, attraverso la Pignasecca, verso Piazza Dante, Port’Alba e Piazza Bellini. La mia amica Angela Schiavone mi ha invitato mentre ero ancora a Prato ad un incontro presso la Libreria Evaluna, una libreria modernissima gestita da donne. La città è come sempre brulicante di vite, soprattutto di giovani. Port’Alba è piena di quei classici baracchini colmi di volumi di ogni tipo e dimensione fra i quali ci puoi trovare (ma devi saper cercare ed avere tempo e pazienza) anche delle vere e proprie “chicche” preziose. Piazza Bellini è piena di giovani seduti ai tavoli quasi a coprire la stessa strada ed intorno alle vestigi archeologiche della Neapolis greca. Non conosco Evaluna; sono un turista napoletano che manca da questa città regolarmente da più di quaranta anni (ho frequentato le prime classi del ginnasio al Vittorio Emanuele II che è appena più giù in via San Sebastiano) e faccio fatica ad intravedere alle spalle dei tavolini e dei gazebo dei localini l’insegna che contraddistingua quel che cerco. In effetti non c’è nulla che appaia come una “libreria”; chiedo e mi indicano un locale che è più che apparentemente un bar, un pub, un caffè. Vi entro e dopo aver attraversato un primo spazio mi dicono di scendere delle scale ma non vedo altro che tavolini, sedie e banchi di mescita ben attrezzati. Faccio fatica infatti a capire che attraversando una parte più stretta si arrivi poi ad uno spazio non ampio anche per la presenza di poltrone e sedie, oltre ad un tavolo non troppo grande dove si notano scaffali pieni di libri. C’è già qualche persona, soprattutto donne, ma non vedo ancora l’amica che mi ha invitato. La stanza è piccola e si sviluppa in lunghezza più che in larghezza ed il soffitto è basso. Anche per questo fa molto più caldo; qualcuno chiede di aprire una porta a vetri che affaccia su di un cortile interno dal quale capisco che si esce poi verso San Pietro a Majella. E’ un cortile pieno di gente e di attività: c’è addirittura una troupe che sta girando un qualcosa che non riesco a decifrare e che ha bisogno (lavorerà in registrazione audio “diretta”) di silenzio per cui ci chiede di richiudere la porta a vetri per farci arrostire ancora: anzi più che chiederlo uno di loro provvede autonomamente. Fra l’altro la stanza ormai si è quasi completamente saturata di gente (i maschi scarseggiano) ed io mi siedo su una poltrona rimanendo in camicia per lenire il caldo umido asfissiante. Angela non viene ancora ma è molto interessante l’argomento che quattro donne si apprestano a trattare; donne protagoniste le presentatrici critiche commentatrici così come le protagoniste stesse del libro “Le donne della cattedrale”. Si tratta di un gruppo di donne che “in vario modo” nel 2001 hanno partecipato all’occupazione della Cattedrale di Palermo; sono senzatetto che avevano occupato il giorno di San Valentino la sede del Municipio in Piazza Pretoria e da questo dopo 104 giorni erano state sloggiate “a colpi di idranti e manganellate sulle ginocchia”. L’autrice, Gisella Modica, presente all’evento ha operato con taglio antropologico sul corpo vivo delle protagoniste ascoltandole per anni e facendo emergere dai loro racconti tutta la drammaticità di una vita ai limiti dell’indigenza e della miseria ma ricca di profondi e concreti valori. Le donne vengono rappresentate in modo indiretto attraverso l’incontro con Mara una ragazza dei quartieri alti (via Liguria) di Palermo alla ricerca della sua identità attraverso episodi ed incontriche la segneranno irrimediabilmente nel corpo e nell’anima. Siamo nel 2001, nella seconda metà di luglio del 2001, e Mara decide con un colpo di testa (non ascolta la madre) di andare a Genova dove si svolge il G8. Ne tornerà traumatizzata irrimediabilmente dopo aver partecipato come vittima agli scontri che si verificarono. E a Palermo si getterà nella mischia degli impegni sociali, frequentando molte donne protagoniste nel centro sociale “Labzeta”, nei quartieri più difficili come la Kalsa. Incontrerà donne la cui Cultura è costruita essenzialmente nella “vita” e non c’è posto da protagonisti per gli uomini che vi fanno davvero una bruttissima figura di incapaci come accade per l’uomo di Debora (“E’ masculu chistu?”). Mara è alla ricerca del “senso” della sua vita ed anche per questo si rifà alla canzone di Vasco ma senza quell’attesa che il cantautore pur inserisce nei suoi versi. L’introduzione viene fatta da Serena Guarracino del centro Archivio delle Donne e del direttivo della Società Italiana delle Letterate. Oltre l’autrice, Gisella Modica, scrittrice e femminista palermitana, cui toccano le conclusioni, intervengono Floriana Coppola autrice di testi poetici e collage di poesia verbovisiva, e Nadia Nappo del Collettivo Adateoriafemminista rivista online e membro del movimento delle Donne in nero. Mentre ascolto arriva Angela insieme ad una sua giovane amica ed in coda al dibattito ci intratteniamo con l’autrice Gisella Modica che ci sigla con una dedica il suo libro. Negli ultimi anni mi appassiona sempre più il taglio antropologico dell’analisi della società e mi piace questa tecnica della narrazione attraverso la quale far emergere le dinamiche sociali anche le più aggrovigliate e controverse. Il libro di cui riporto la copertina è di scorrevole fattura ed è in grado di far emergere ulteriori curiosità nei confronti dell’autrice e del variegato mondo delle donne palermitane “in prima linea” che si sono incamminate e che non si sono mai fermate. La serata che si concluderà poi con il viaggio di ritorno con Angela (Schiavone) e Gabriella (Romano) che mi riaccompagnano a Pozzuoli, è ancora lunga: il traffico all’ora di quasicena è intenso e caotico nel centro storico e sulla Tangenziale. Si parla dell’iniziativa del giorno dopo da me descritta già in un altro post “Baia 10 maggio” http://www.politicsblog.it/?p=134 .

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