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COSA RESTERA’ DI QUESTI ANNI?

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Cosa resterà di questi anni?
Difficile saperlo; legittimo supporlo! Da qualche tempo, però, ho la sensazione che stiamo procedendo verso un vero e proprio “disastro”. Quelli che la pensano come me vengono etichettati come “gufi” e come “quelli che dicono sempre NO” ma intanto la “prova di forza” avviene su questioni che, sì, sono molto importanti ma che non attengono ai veri interessi del Paese. Sono “importanti” direi anche importantissime ma non producono effetti tangibili se non l’amor proprio di un gruppo di Potere che potrà dichiarare di avere piegato alle proprie scelte la “minoranza” di turno! E sono importanti, anzi tremendamente serie, le scelte che si vanno a compiere e che dovrebbero contare su una maggioranza molto ampia che vede convergere alle proposte del PD anche la Destra di Forza Italia che, nei dibattiti televisivi, attraverso suoi incontestati ed incontestabili leaders, appare molto più convinta di quanto lo siano gli stessi “Democratici”. Ciò che vedo io non è di certo quello che altri non vedono e c’è ben poco da interpretare se tu vedi a difesa delle scelte della Boschi e di Renzi in primo piano la Gelmini, la Ravetto e compagnia “bella”. E’ mai possibile che si sia smarrita la capacità analitica della realtà, obnubilati da un incantatore di serpenti emule di un venditore di tappeti? Sinceramente non mi piace per molti motivi il leader che si è appropriato grazie a voti di non iscritti del Partito Democratico a cui ancora tengo: 1) non siamo di certo ai suoi ordini ed il nostro cervello non è in vendita; 2) è un Presidente del Consiglio la cui provvisorietà è legata ad un’investitura “discutibile”; 3) la vittoria alle Europee (così come si è delineata) non lo autorizza a considerare modificato il peso del Partito Democratico a livello parlamentare.
Le modalità con cui si propone appartengono ad ambienti che non abbiamo mai amato e temiamo che di questi anni, dopo il “disastro” renziano ci rimarrà la sua irriverenza, la sua sfrontatezza, l’arroganza di un giovane che non possiede nessuna capacità di riconoscersi come fra i principali responsabili dell’attuale crisi, perché figlio di quella classe dirigente che solo a parole dice di voler superare ma della quale si è servito e si serve per mantenersi in sella.
Dico quello che penso e forse lo faccio anche per coloro che pensano e non dicono; ma, si sa, c’è chi la coerenza la esprime nei fatti e nelle parole e chi di tanto in tanto la utilizza per nascondersi.
G.M.

CARO MICHELE SERRA, LA TUA (FORSE) E’ UNA RESA, UN PATETICO TRAMONTO!

Patetico tramonto 2Patetico tramonto Tramonto sul mare

Immagine mia

Caro Michele Serra, la tua (forse) è una “resa”, un patetico tramonto! di J.M. Non è facile, di questi tempi, intrattenere una discussione su “ Le magnifiche sorti e progressive” della gente… in un tempo come quello che ci è toccato in sorte di vivere. C’è una profonda stanchezza di una parte della popolazione che non ha più speranze se non quel timido lumicino della veemenza di una “nuova” classe dirigente che sembra ottenere ampi consensi. Questi sono soltanto delle vere e proprie “cambiali in bianco” difficili da onorare. Sull’ultimo numero del “Venerdì” di “Repubblica” del 18 luglio nella rubrica “Per Posta” Michele Serra risponde ad una lettrice che espone le sue profonde perplessità sulle attività del Governo Renzi soprattutto in materia di “Riforme” affermando che, anche se per lui Renzi incarna, come Berlusconi, un sogno fatto di semplificazione e per questo ne condivide l’alto tasso di “rischio”, nondimeno lo ha votato. E lo ha fatto perché stanco politicamente di se stesso e della sua generazione. Michele Serra riconosce che Renzi è soprattutto “gigione”, possiede un ego sovrastimato e mostra eccessi di disinvoltura ma difende la sua scelta perché stanco del deja vu del deja entendu e gli si abbassano le palpebre. Ora, ecco quel che ci rivela Serra affermandolo solo in parte: stanco di se stesso e dei suoi non trova altra soluzione che affidarsi alla sicurezza delle parole di un demagogo, tale anche se appartiene ad una delle “correnti” che fondarono il PD. Non è diverso da altri, Michele Serra, e per la soddisfazione di chi amministra il Partito sono tanti come lui a sentirsi tranquilli, “sereni” come voleva lo stesso leader che si fosse. Sono tanti che non hanno più tanta voglia di discutere e si affidano con fiducia nelle mani di un leader e di pochi altri; sono tanti coloro che non chiedono altro che l’economia riprenda, a partire dai posti di lavoro ancor meglio se quelli riservati a se stesso o a propri congiunti ed amici, e si pone in attesa fiduciosa, infischiandosene di sapere se verranno rispettati davvero ( a chiacchiere se ne fa gran parlare) i termini di regolarità riferiti soprattutto al merito. Ora, a dire il vero, non c’è da meravigliarsi se tante di queste persone “disperate” (è uno stato molto diffuso, infatti, ed è pericoloso perché si abbina ad “ultima spiaggia”, il richiamo alla quale non mi convince tuttavia ad affidarmi ad un “bamboccio” dispettoso e rancoroso, oltre che profondamente irrispettoso nei confronti di chi non condivide il suo “pensiero”) vogliano affidarsi ad un predicatore capace di trascinare le masse. Lo è, a meno che non si debba pensare ad interessi personali, per uno come Michele Serra. E’ possibile – mi chiedo – che vi sia una “linea editoriale” collegata anche ai rapporti molto forti fra il “padrone” di “Repubblica” ed il Governo Renzi? Ed ancora, quali sono gli interessi che legano queste due entità? Devo pensare che lo stesso “affaire Barca” con quella telefonata misteriosa (c’è stata o non c’è stata?) fra lui e De Benedetti che lo contattava per proporgli un Ministero sia riferibile a qualcosa di molto ma molto misterioso; e la scomparsa, dalle principali colonne editoriali, di Fabrizio Barca, che pure sta portando avanti esperienze in molte parti d’Italia, ne potrebbe essere una riprova. Se la questione è di tipo “personale” credo che quella di Michele Serra sia una vera e propria resa, un patetico tramonto nel quale non intendo essere coinvolto. Per fortuna ci sono personaggi importanti come Gianfranco Pasquino che non si lasciano coinvolgere da questo appiattimento. Su un Blog che credo sia riconducibile a lui stesso il cui link è il seguente (http://www.gazebos.it/ElencoArticoli.aspx?autore=1209) Pasquino scrive un articolo dal titolo “La luna in cielo e la coscienza in Senato” nel quale analizza la situazione caotica che stiamo attraversando rilevandone la pericolosità e denuncia la pretesa di un Governo non eletto nell’ affrontare il nodo delle Riforme di non voler riconoscere la libertà di coscienza ai parlamentari dissenzienti. L’articolo si apre con un riferimento ad un episodio che coinvolse “cento parlamentari laburisti che una decina di anni fa scattarono in piedi uno ad uno a Westminster per negare il voto al loro popolarissimo giovane e veloce Mr Prime Minister che imponeva al Regno Unito di andare in guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein. No, quella guerra non era stata decisa in nessun Congresso di partito. Non era stata preannunciata in nessuna campagna elettorale. Non era neppure (sic) soltanto un problema di coscienza, che, secondo la vice-segretaria del PD non si può chiamare in causa quando si riforma quel piccolo particolare che si chiama Costituzione. I parlamentari laburisti che, senza ombra di dubbio, ne sanno più di Serracchiani, Guerini e Moretti, sostenevano la loro coscienza con la scienza: non c’erano prove convincenti dell’esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq. Sarebbero arrivate con gli americani di quel genio di Bush. Non siamo inglesi. Qualcuno, però, potrebbe, studiando, cercare di diventarlo.” Ho riportato la prima parte dell’articolo. Il resto lo potete trovare cliccando il link che vi ho allegato. Buona fortuna!

VOCI FUORI DAL CORO

Libertà e Giustizia

VOCI FUORI DAL CORO
Da qualche mese non riesco a condividere più la linea ufficiale del Partito Democratico, che ho contribuito “in primo (non primissimo, ma comunque primo) piano” a far nascere, concependone la necessità già molto prima che altri la prendessero in considerazione. Orgoglioso e presuntuoso, sì; sono tale e sfido coloro che ne avvertissero per strumentalità la necessità di muovere questi addebiti come accuse ed elementi negativi a farsi avanti. Nondimeno, pur non condividendo tale linea, non rinuncio ad una battaglia “legale”, ma senza impegnare terze persone, perché venga riconosciuto il diritto a coloro che “fecero il PD” di sostenere le loro posizioni liberamente senza rinunciare all’appartenenza. Avverto che ciò, anche se nell’indifferenza “offensiva” di ipocriti gruppi dirigenti, in una situazione che spinge la leadership a limitare la libertà di espressione di alcuni parlamentari (il caso Mineo è evidenza logica e razionale = se non fai quel che ti si chiede sei fuori), non è affatto facile; ma questo aspetto non mi spaventa. Piuttosto, soccorso dalla Storia, quella più e quella meno recente mi avvio a delle riflessioni che, come intravedo da alcune letture recenti, non sono vaghe peregrine e meramente personali. Abbiamo sentito il leader del PD tuonare contro i disfattisti e farsi forte di una volontà popolare che è trasversale ed a-politica semplicemente riferendosi senza menzionarli a sondaggi che tendono ad accontentare il popolo indistinto ed inferocito a causa dei demeriti di una classe politica non estranea né a Renzi né a tantissimi di quelli che si dichiarano suoi sostenitori. Quel popolo a cui si intende dare ascolto è lo stesso popolo che dovrebbe ribellarsi (in effetti lo farebbe pure se non avesse perduto la fiducia nell’essere ascoltato nelle richieste sacrosante di far ripartire l’economia e far riavviare il mercato del lavoro) ma non lo fa perché non sa più nemmeno organizzarsi e non riesce più – anche per un deficit di cultura – a rappresentare le sue istanze se non in maniera individuale come elemento di sondaggio. Questo sfilacciamento consente ad una classe di potere furba ed avida che si picca di rappresentare il “rinnovamento” nelle forme e nella sostanza (ma né quelle – homines novi e giovani vecchi nei metodi – né questa – la furia selvaggia in un accelerato iter di “riforme” che mortificano la nostra Storia repubblicana – affermano o preludono ad un cambiamento davvero rivoluzionario) di appropriarsi (o riappropriarsi) delle leve del comando senza averne il “merito” ma semplicemente con un’azione scorretta di pirateria politica (le Primarie dello scorso anno). E così, andando avanti, continuando ad umiliare l’intelligenza e la cultura si rende sempre meno importante la partecipazione dal basso e si “valorizzano” (!) i piani intermedi e quelli alti del Potere. A casa mia tutto questo – sia chiaro – ha ben poco a che vedere con la Democrazia.
Parlavo di “disfattismo” e sono andato a rileggere un intervento di Adriano Prosperi su “Repubblica” del 15 giugno 2009. Il prof. Prosperi parlava di Mussolini e Berlusconi ma le sue riflessioni appaiono quanto mai attuali. L’articolo ha per titolo “Il fantasma necessario del disfattismo” e vi si legge:
“Il filo dell’ attacco al disfattismo non si interruppe qui. Fu il leit motiv della propaganda del regime. Se rievochiamo queste vecchie cose non è per tornare sulla questione generale se quello che si presentò anni fa come il «nuovo che avanza» sia in realtà qualcosa di molto vecchio, se il berlusconismo sia classificabile come fascismo. Quello che si presenta è una nuova declinazione di qualcosa che appartiene alle viscere profonde della storia italiana, alle magagne della nostra società, alle questioni non risolte nel rapporto tra gli italiani e il passato del paese. E’ il linguaggio del leader a svelare che il regime che giorno dopo giorno avanza nel nostro paese tende a riproporre qualcosa che l’ Italia ha già conosciuto. Il disfattismo fu per il regime fascista un fantasma necessario, continuamente evocato, il responsabile a cui imputare le difficoltà e gli insuccessi.”

Anche Libertà e Giustizia nell’aprile scorso ha elaborato una riflessione cruda ma drammatica del “cul de sac” in cui si è andato ad infilare la Sinistra con la sua incapacità di esprimere una via d’uscita negli anni passati. Ci si è felicemente crogiolati nei solipsismi intellettuali senza comprendere che si attraversava un periodo di “guerra-nonguerra” nel quale bisognava fare fronte comune senza storcere la bocca ma anche senza doversi necessariamente turare il naso.

E Salvatore Settis sempre nell’aprile di quest’anno elabora una riflessione sui rischi che con il Governo Renzi ad essere “rottamata” sia la nostra “Democrazia”:

“… occorre fermare la «svolta autoritaria» del governo, perché il progetto di riforma costituzionale tanto voluto dal premier è «affrettato, disordinato e assolutamente eccessivo». Tanto per cominciare, «non si può accettare che a incidere così profondamente sulla Carta sia un Parlamento di nominati e non di eletti, con un presidente del Consiglio nominato e non eletto»….Il guaio è che il male viene da lontano: si tratta di «decisioni prese in stanze segrete», che «non ci sono mai state spiegate», perché sono i diktat del neoliberismo che vorrebbe sbaraccare lo Stato democratico, visto come ostacolo al grande business…”
Continua il prof. Settis: “ Solo che finché si adeguano Berlusconi e Monti mi stupisco ben poco. Ma che ceda il Pd, che dovrebbe rappresentare la sinistra italiana, è incredibile. E porterà a un’ulteriore degrado del partito, e dunque a una nuova emorragia di votanti».

Secondo Settis, «La sinistra sta proprio perdendo la sua anima: si sta consegnando a un neoliberismo sfrenato, presentato come se fosse l’unica teoria economica possibile, l’unica interpretazione possibile del mondo».
Renzi cavallo di Troia di questo neoliberismo che ha colonizzato la sinistra? «Certamente l’unico elemento chiaro del suo stile di governo è la fretta».Dice Settis. «Dovrebbe prima spiegarci qual è il suo traguardo e poi come vuole arrivarci. Non basta solo la parola “riforma”, che può contenere tutto. Anche abolire la democrazia sarebbe una riforma». “Quello che cerca Renzi” continua Settis, «è l’effetto annuncio, il titolone sui giornali: “Renzi rottama il Senato”. Lui punta a una democrazia spot, a una democrazia degli slogan. Se il premier sostiene che la Camera alta non è più elettiva, ma doppiamente nominata, allora significa che ha veramente perso il senso di che cosa voglia dire “democrazia”». Un nuovo Senato composto da sindaci e presidenti di Regione? «Mi pare una concessione volgare agli slogan leghisti secondo i quali il Senato dev’essere la Camera delle autonomie, cioè l’anticamera dei secessionismi. È inutile festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia se poi i nostri figli rischiano di non celebrare il 200esimo compleanno».

Ecco perché, sentendomi purtroppo in buona compagnia, c’è da preoccuparsi e non si può far finta di niente.

MCM20027

Settis Salvatore

LEGGERE E STUDIARE LA STORIA: I PROGRAMMI DELLA P2 – PIANO DI RINASCITA DEMOCRATICA

Unità p2

Repubblica p2

Non credo che si debba essere vicino ai “grillini doc” oppure a quei pochi che ancora si riconoscano in una delle gabbiette della “fu-Sinistra” per sottolineare come la fretta e la furia con cui si va spingendo l’attuale Parlamento ad approvare le “riforme costituzionali” e se ne annunciano nel contempo altre, sbandierando volontà popolari demagogiche e “populistiche” d’antan, vada celando obiettivi segreti nascosti ai più e non del tutto palesi ad altri che riflettono poco e sono colpiti da amnesie perigliose. Se amo il Partito Democratico così come intendevamo che dovesse essere non posso appassionarmi a questa condizione di subalternità soprattutto perché rilevo elementi inquietanti di “nascita di una (nuova e) diversa forma di dittatura”. Non immaginatevi le “scenette quasi comiche (anche se il Premier CrozzaBean ci prova) del “ventennio” sia quello del primo novecento che quello più recente; l’ho scritto già in altra occasione ed in altro Blog: la Storia non si ripete ma è in grado di fornire indicazioni precise, segnali utili ad evitare che essa negli aspetti negativi e mortificanti ed umilianti delle libertà possa ripetersi pur se in contesti e situazioni diverse. Ecco, non voglio proseguire nell’analisi ma, se dopo aver letto quali siano stati (ed evidentemente sono) i Programmi della Loggia massonica P2 – detta anche “Piano di rinascita democratica” – che è stata oggetto dell’attenzione non solo della Magistratura ma anche di tutto il Centrosinistra nei primi anni Ottanta, pensate che vi possa essere un briciolo di verità in questo allarmismo, allora diamoci da fare. Oppure, a dirla tutta, perché non rivalutare la figura di Licio Gelli come anticipatore della politica renziana?
 

 

 
Segue link
http://it.wikipedia.org/wiki/Piano_di_rinascita_democratica

HO FATTO UN SOGNO (in ricordo di Tina Santini)

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– in ricordo (il primo) di Tina Santini –

Era il 17/04/2008 ore 11:28 ed inviavo una mail alla mia carissima amica Tina Santini

da sei mesi esisteva il Partito Democratico nato sulla spinta di un necessario “rinnovamento” – Tina ed io avevamo dato vita al Comitato di Prato per il Partito Democratico aderendo ai Cittadini per l’Ulivo e sostenendo poi la candidatura di Rosy Bindi alla Segreteria del Partito nelle Primarie – a Prato un gruppo di giovani erano riusciti con abilità politiche a conquistare la prima Segreteria che avviò esclusivamente un percorso al suo interno per le Amministrative del 2009 – si voleva avere un solo unico Candidato per la carica di Sindaco nel mentre si costruivano “sondaggi” per screditare quello in carica, Marco Romagnoli; un gruppo di pochi “interni” al PD e molti “esterni” si oppose e venne costruita la candidatura Carlesi per le Primarie. Il candidato del Partito venne sconfitto e si innescarono delle dinamiche talmente perverse che portarono alla sconfitta del 2009, con la quale il Partito non ha mai voluto fare i conti. Era evidente che il “rinnovamento” non c’era mai stato, soprattutto quello dei “metodi”; così come è del tutto evidente che anche adesso non si può parlare di “rinnovamento” se si utilizzano spartizioni come ai bei tempi della DC e si accede ad incarichi munifici squisitamente per curare “interessi personali” di basso profilo.

Se quello che scrivevo nel 2008 non appare superato vorrà dire intanto che non ho ancora smarrito il senno e che abbiamo ancora bisogno di sognare tenendo saldamente i piedi per terra.

Ho fatto un sogno.
Ne voglio scrivere prima che mi paasi di mente, come sempre accade.
Ho visto un Palazzo molto lontano. Mi sono avvicinato. Fatiscente, cadente, con le mura scrostrate, le finestre e le porte sconnesse e divelte.
Davanti alla Porta principale due gendarmi vecchio stile impedivano l’ingresso a chicchessia; da dentro si avvertivano in modo indistinto voci alterate ed esagitate.
Intorno al Palazzo vi era un giardino; nel sogno il giardino mi è parso immenso e senza confini e steccati ma fondamentalmente trascurato mentre il Palazzo a tratti svaniva nei fumi delle dense nebbie…
Avvertivo un odore sgradevole di muffa ed il terreno era arido e grigio, gli alberi spogli.
In un angolo ho visto alcuni arnesi con i quali ho cominciato a lavorare e subito dopo mi è parso nel sogno che i grigi si trasformassero in colori più vivaci e che l’odore di muffa e di sporco sparisse lasciando pieno campo ai profumi.
Dal Palazzo che avvertivo sempre più assente indistinto nella sua lontananza venivano ancora urla, scambi di offese, sberci ed atteggiamenti minacciosi indistinti. Ma non ero nè angosciato nè preoccupato; avvertivo in un me che vedevo come in uno specchio una grande serenità. Avevo davanti un campo ampio, aperto, arioso nel quale avrei potuto invitare tutte le amiche e gli amici che avessi voluto.
Ho fatto un sogno e lo avverto come un vero e proprio invito a coltivare nuovi fiori, nuove pianticelle da far crescere, a seminare, a curare gli alberi più forti e sostenere quelli più deboli. Lo sento come una sollecitazione a trascurare il Palazzo e scegliere l’aria più libera.

g.m.

“DISSENSO” PER “AMORE”

prato     dalla terra di Prato

 

 

 

Quali sono i motivi per cui in tante occasioni nei “post” che confeziono mostro un’avversione nei confronti di quello che chiamano “rinnovamento” negli ambienti politici “democratici” ed in particolar modo in quelli che sostengono l’attuale leader – premier e segretario? Chiedo ai miei lettori che sono di certo meno di quelli di cui parlava Manzoni di avere pazienza per qualche tempo per poterne riparlare fra qualche mese, qualche anno per fare il “tagliando” al progetto. Non credo di avere torto ma sono certo che se pure non lo avessi non mi sarebbe riconosciuto dal “potere” politico che ha già in altre occasioni “sballato” e mai ha voluto riconoscere di averlo fatto. Parlo di tutta la vicenda vergognosa del “dimensionamento” che più di dieci anni orsono ha costretto uno dei più autorevoli ed importanti Istituti della nostra città, il “Dagomari”, ad essere spostato d’imperio dalla sua sede. In quell’occasione il Partito (DS in quel periodo) ebbe un atteggiamento “pilatesco” rinunciando ad assumere qualsiasi posizione e lo scontro “interno” fu durissimo. Lo racconterò con documenti molto precisi in una delle prossime occasioni. Non mi meraviglierebbe sentirmi rispondere che “ormai” sono passati tanti anni e non è più il momento di discuterne: il “momento”! già – quando sarà? E chi lo deciderà? Ma qualcuno sa come si fa la Storia? Anche se “piccola” come la nostra? Ma ritorniamo a tempi più recenti: la mia è una posizione di “sfiducia” nelle capacità di “rinnovamento” che questa classe dirigente che si è appropriata con modalità discutibili del “timone” del Partito afferma di volere realizzare. Molte delle “figure” che dovrebbero rappresentare questo “rinnovamento” benché giovani appartengono ad una vecchia scuola nella quale si utilizzavano metodi apparentemente democratici ma sostanzialmente di tipo stalinista; nel contempo l’innesto di una linea di derivazione “democratico-cristiana” ha comportato l’utilizzo di una metodologia di stampo doroteo. Ecco, nell’attuale Partito Democratico ancor più con l’era Renzi il “rinnovamento” (quello vero) ha dovuto, deve e dovrà fare i conti con queste due contrastanti realtà. Nel condurre l’analisi formulo una domanda: come si contempera la necessità da me condivisa di operare con il metodo del merito con alcune scelte “cencellesche” nella composizione dell’attuale Giunta Biffoni? Le difese d’ufficio sono imbarazzate ed imbarazzanti quando si accenna ad un’Assessore al Bilancio sostanzialmente incapace (possiede altre doti, e non ironizzo!) di occuparsi di quel settore strategico e centrale sul piano politico ed amministrativo. Altro argomento centralissimo è da collegare alle difficoltà che in questa fase di “decisionismo spinto” finirà per avere il Partito così come lo abbiamo voluto costruire e realizzare; soprattutto se si intenderà dare seguito alla posizione populistico-demagogica che bisogna parlare meno e decidere di più. In effetti tale postulato era già formalmente applicato ed era da me (ma non solo) criticato nei documenti ufficiali sia personali che collettivi. E quindi anche questo arretramento “democratico” non risulta essere affatto nuovo. Dunque, che dire? Abbiamo un obbligo civile che è quello di esprimere il dissenso per “amore”, anche quando l’innamorato cui ci rivolgiamo non ci riconosce come suo partner. g.m.prato

 

Vi aggiungo un link: a me va benissimo che a “criticare” i metodi di questa classe di potere vi sia una personalità del calibro di Eugenio Scalfari.

http://www.repubblica.it/politica/2014/07/06/news/rompere_il_cerchio_magico_per_salvare_il_governo-90822528/?ref=HREA-1

AFFIDABILE – una riflessione sul termine

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AFFIDABILE – una riflessione sul termine
di Giuseppe Maddaluno

Una persona, un’Associazione, un Gruppo che garantisca estrema correttezza e dedizione ad un’idea, ad un Progetto anche limitata nel tempo o per periodi medio-lunghi. Questa può essere una definizione di “Affidabile” anche se occorre precisare che l’affidabilità, a meno di volersi riferire ad un rapporto fideistico di sottomissione psicologica, è in relazione ad una reciprocità assoluta con tutti gli altri soggetti. Svolgo esempi semplicistici come quello di Caino ed Abele: entrambi – fratelli – avrebbero dovuto fidarsi l’uno dell’altro, ma poi sappiamo come è andata; oppure quello di Letta e Renzi, un caso più recente ma significativo ancor più dell’elaborazione che vado facendo sul termine “Affidabile”. Il termine in ogni caso viene utilizzato a sproposito per delineare il comportamento di persone che non garantiscono la “fede” in un Progetto che può essere anche “segreto” e legato ad un Gruppo che gestisce temporaneamente un Potere. Affidabile vede il suo contrario in Inaffidabile, che è dunque colui che non risponde ai requisiti minimi richiesti per appartenere ad un Gruppo, ad un’Associazione avendo troppo spesso idee che si distinguono da quelle “generali” tendenti all’ottenimento di particolari vantaggi ed al mantenimento di una linea. Negli ultimi casi, a prescindere dalle valutazioni che gli “esperti” vanno facendo sul limite del “non vincolo di mandato”, né Mauro né Mineo risultano affidabili per portare a compimento un Progetto come quello sulle riforme istituzionali che presentano, a parer mio (e non solo), molti elementi di discutibilità operativa e costituzionale. Già in precedenza su questo argomento ho espresso un parere (che indubbiamente vale poco) affermando che un intervento sul Senato andava fatto ma che il rischio di esagerare e poi di non trovare soluzioni efficaci è molto alto. Lucio D’Isanto in un intervento pubblicato stamattina spiega perché il Senato rappresenta un “doppio” istituzionale; ma la soluzione proposta rischia di costruire un Senato che non abbia alcun senso in assoluto, ancor più se non eletto. Quanto ai costi (che è poi principalmente e demagogicamente il motivo per cui questi interventi vengono proposti, per accontentare il “popolo” che “lo richiede a gran voce”) basterebbe, per un ben più alto “risparmio”, intervenire legislativamente su tutti i fronti amministrativi, abolendo tutti i “benefit” che fanno dei “parlamentari” nazionali e regionali dei “privilegiati”. Affermare questo da parte mia mi garantisce la “nomina” ad inaffidabile “ad honorem”. Ma se la patente di “affidabile” mi garantisce anche il mantenimento della coerenza ed il superamento di qualsiasi ipocrisia per l’ottenimento di vantaggi personali, ritengo di potermene vantare. A coloro che pensano di conoscermi (e forse non mi conoscono o sono “smemorati” come tanti altri nostri connazionali) vorrei sottolineare che avrei potuto non solo ambire ma ottenere dei vantaggi se avessi fatto a meno di “ragionare” liberamente ed essere perciò “inaffidabile” per il Potere. Ho fatto quello che la mia testa mi suggeriva e non ho quasi mai corrisposto ai “desideri” di chi anche provvisoriamente comandava: il mio “percorso” istituzionale è stato “non lineare” ma posso guardarmi allo specchio senza avere desideri autodistruttivi. Ad ogni modo soprattutto coloro che guardano alla realtà nella quale insieme ad altri agisco e dalla quale insieme ad altri parlo (sarà “bolso” il mio dire ma non è “biforcuto” ed interessato) farebbero meglio a conoscere la nostra “storia” prima di inoltrarsi in discussioni che si basino esclusivamente su quel che leggono “hic et nunc”. Dunque, chiarisco una volta per tutte (ma sono disponibile ad impartire “ripetizioni”) che la non affidabilità e la forza critica che utilizziamo non comprende la volontà di uscire dal PD ma di continuare ad essere caustici nei confronti di una classe dirigente che ha assunto senza ancora meritarselo il ruolo di “rinnovatrice”.

(g.m.)

NON SONO UNA PERSONA NORMALE

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“NON SONO UNA PERSONA “NORMALE”; suppongo, però, che nessuno fra quanti mi leggono possa dire di essere “normale” nè io ritengo di poterlo mettere in dubbio. Fin qui, mi pare, mi vado inoltrando in uno sterile “sofisma”. Ed io, dunque, nè per esaltare nè per offendere e tanto meno per mostrare e mantenere equilibrio posso dire di alcuno che sia persona “normale”. E non giurerei, ponendo la mano sul fuoco, possano essere considerate “normali” le macchine, gli automi, dotate ciascuna di esse di elementi unici anche quando sono prodotte in serie per motivi sia umani che meccanici. E la mia, come la vostra, unicità è legata in modo inscindibile alle innumerevoli uniche e varie esperienze vissute in modo diretto o indiretto.. il mondo in cui viviamo oggi è lontanissimo da quello in cui agivamo negli anni della nostra infanzia e della giovinezza; è abbastanza lontano anche da quello in cui eravamo trentenni o quarantenni, e cinquantenni: ora siamo nella fase del “sessantennio” verso la sua fine. Abbiamo più da ricordare che da sperare per noi; ma non ci fa difetto la progettualità perché, anche se non ci è stata data l’esperienza diretta della guerra e della desolazione ne abbiamo raccolto gli elementi ed i valori positivi e non li abbiamo mai dilapidati soffocandoli con una miscela di disvalori quando a tanti sembrava lontana la fase dell’impegno sociale e civile e venivamo intontiti attraverso i mass media con le città da bere e da vivere allegramente, con la creazione di illusioni per i poveri costretti a rifugiarsi sempre più davanti alla “scatola magica” delle televisioni commerciali. Ecco, se penso ad una normalizzazione penso all’inebetimento dei consumatori di programmi televisivi sempre più ammiccanti e di bassissimo livello culturale, quelli che appartengono con una formulazione molto cult chic alla produzione “nazional-popolare”.
Gli anni progressivi di una crisi incessante che ha seminato e prodotto miseria distribuendola in modo iniquo e quasi sempre con gli stessi recapiti: ai ricchi maggiori ricchezze, ai poveri maggiore miseria; quegli anni ci stanno addosso come una coperta di bollente pece che non vuole staccarsi.
Provate a leggere i settimanali “leggeri” fatti per menti semplici ed aspiranti voyeurs che abbiano bisogno di nutrirsi di storielline amene e piccanti che le consolino o le facciano gioire di rimando godendo semmai della felicità o delle tragiche vicende altrui, meglio se noti e ricchi. Provate a seguire qualcuno di quei programmi che si occupano delle feste e dei ritrovi “vip” o, semplicemente, se vi trovate a passare, ad affacciarvi alla porta di uno di questi locali ( come ho fatto io, tre anni orsono al Twiga Beach Club*, locale solo per gente facoltosa di Forte dei Marmi ) ed allora scoprireste che, lì, come hanno continuato a dirci per anni per umiliarci ulteriormente, la crisi non si è affacciata e che quei signori lì considerano noi “straccioni” degli “sfigati” e invitano i nostri figli, anche quelli ben diplomati e laureati, a lavorare per loro, garantendo munifiche mance. Altro che “brioches”. Anche questi “vip” non sono persone normali; il loro tempo ha ritmi diversi da quelli che, ad esempio, mi appartengono. Ed è anche nel “tempo” che ci si diversifica: il tempo dello studio, quello della socialità, quello ancora della “curiosità”. Esso si sviluppa nell’azione culturale ed in quella politica e spazia nella società. Questo è il mio tempo che fa di me una persona “unica”, “speciale” non “normale”. Così come uniche speciali e non normali sono tutte le altre persone ivi comprese le tante che in apparenza hanno poco da raccontare. Cercherò, da persona “non normale”, di raccontare le tante storie di donne ed uomini “non normali” in questo BLOG.
Joshua Madalon

* nel 2012 ero Presidente di Commissione Esami di Stato a Marina di Massa ed ospite pagante della Casa per Ferie La Versiliana a Fiumetto – avevo fra i candidati dei “fortunati” giovani che lavoravano nella struttura che era gestita da Briatore e quindi ero bene informato. Un “misero” docente, lieto ed orgoglioso di non essere una persona “normale”, non avrebbe mai potuto accostarsi al Twiga Beach Club.

POLITICA PASSIONE E PASSIONE POLITICA – UNA RISPOSTA (spero non l’ultima) di Lucio D’Isanto

RENZI BEAN   Caro Lucio forse non sono ancora riuscito a chiarire che nella mia concezione il Partito, quando si occupa di questioni politiche, locali, nazionali o internazionali, lo deve fare con la massima apertura; ed infatti al Circolo PD Sezione Nuova San Paolo chi voleva partecipare lo poteva fare a prescindere dalla sua adesione, discutendo se voleva, ascoltando se lo desiderava ed in ogni caso poteva esprimere in totale libertà il suo pensiero, avvertendo democratica accoglienza. Quel che non accetto è il fatto che chicchessia “una tantum” potesse partecipare a scegliere la leadership del Partito. Non condivido per niente che i militanti ed i partecipanti, iscritti o meno, alla vita di un Partito (che rispetti il dettato costituzionale – art.49) possano essere messi da parte da gruppi organizzati al di fuori di essi. Al mio Paese questo ha aspetti inquietanti. Non penso sia inutile questo dibattito per cui spero che vi siano altri contraddittori su questo ed altri temi. Un abbraccio, caro Lucio Caro Giosuè, onde por termine a questa infinita (ma, a mio parere, sempre fervida e stimolante) discussione, ti rispondo per l’ultima volta (limitatamente a questo circoscritto tema) prendendo atto che non siamo d’accordo e che nessuno dei due riuscirà a convincere l’altro (fermo restando che leggerò comunque con rispetto e attenzione la tua eventuale risposta). Non partecipare alla vita delle associazioni politiche non è ritrarsi – ovviamente a mio modesto parere – in una “turris eburnea” (l’avorio, oltre tutto, è stato, per motivi di scarsità ed ecologico-animalisti, sostituito da materiale sintetico di pari efficacia). Nella democrazia “tout court” (da me sintetizzata nella classica forma: “una testa-un voto”) la partecipazione alla vita di un partito non dà alcun titolo di preferenza al cittadino che partecipa alla vita dei circoli, delle sezioni, delle cellule etc. etc. rispetto a chi non vi partecipa attivamente. Ciò proprio perchè tutti i cittadini dovrebbero avere ugual peso nelle decisioni riguardanti la vita nazionale. Fuori di questa concezione – ovviamente, “penso” – non c’è democrazia. La partecipazione “organica” alla vita di uno stato “unicamente” attraverso queste organizzazioni è infatti stata teorizzata e applicata dai regimi non democratici. Essa era alla base dell’ideologia statolatrica pseudo Hegeliana dello stato fascista o di un partito unico le cui funzioni si fondevano con quelle dello stato (i partiti comunisti degli stati a “socialismo reale”, non per nulla il vero leader della nazione, in URSS, era il segretario del partito e non il primo ministro). In democrazia la partecipazione alla vita di un partito è solo uno dei tanti modi di partecipare alla vita della “Res publica” e chi partecipa in modi diversi non per questo si ritrae in una “turris eburnea”. Certo una democrazia del XXI secolo dovrebbe dare molto più spazio – per esempio – a forme partecipative quali i disegni di legge a iniziativa popolare (previsti anche dalla nostra costituzione ma svuotati nell’a! ttuazione pratica pur essendo il parlamento a doverli poi votare) o al referendum propositivo e a quello consultivo e – soprattutto – senza previsione di “quorum” (non previsto da quasi nessun’altra democrazia) perchè chi non si reca alle urne, se è perfettamente legittimato all’astensione, rinuncia però a dire la sua su un problema della “Res Publica”. Altra questione fondamentale è quella della libertà di informazione. Giustamente Hannah Arendt, critica verso la forma storica in cui si era realizzata la democrazia occidentale, diceva che in una vera democrazia deve essere fondamentale una “previa completa informazione”; nel nostro caso, oltre agli esempi precedenti da me fatti, te ne farò un altro: l’adesione alla Moneta Unica (leggasi anche Pensiero Unico) era o no una questione fondamentale per la nostra vita? Ed essa è stata discussa sui media circa tutte le conseguenze che avrebbe portato per la vita di tutti i giorni di tutti noi? Magari era una decisione necessaria e obbligata, ma sarebbe stato giusto illustrarla in tutti i suoi aspetti e dare un pò di voce a chi (e ne erano tanti) era contrario? Detto questo per me è volterrianamente fondamentale (secondo la lettura giusta del filosofo engagée data dallo Starobinski) che ognuno “curi il proprio orto”, cioè che dia il suo contributo, grande, piccolo o piccolissimo, come può, vuole o sa fare secondo le proprie possibilità. Io, nel mio piccolo, da funzionario pubblico ho sempre cercato di dare una interpretazione delle norme in senso non ottuso e il più possibile snellente, ho autenticato volontariamente e gratuitamente le firme necessarie per presentarsi alle competizioni elettorali a tutti i partiti, soprattutto a quelli meno forti e che ne avevano più bisogno ed anche se la loro ideologia era lontana dalla mia; poi, una volta in pensione, mi sono fatto promotore di alcune piccole battaglie mediatiche su due problemi che interessavano alcuni cittadini, in un caso ci sono riuscito e in un altro no. Queste cose non sono “turris eburnea” ma partecipazione democratica alla vita pubblica. Chi vi partecipa tramite la vita interna di una parte politica è anch’egli benemerito ma “come” e non “più” degli altri! Altrimenti non avremmo “una testa-un voto” ma qualcosa di profondamente dissimile dalla democrazia tout court! Con immutati affetto e stima, tuo Lucio!

POLITICA PASSIONE E PASSIONE POLITICA

 

 

 

Fattoria 3Lucio-DIsanto

 

 

Il 25 giugno scrivevo a Lucio in risposta ad una precedente riflessione nella quale denunciavo il “conformismo” forse “ideologicamente” interessato di una parte importante della società italiana (Politica, Cultura, Stampa, Mondo della Finanza) in questa fase della nostra Storia: avevo già in altre occasioni denunciato l’abbassamento del livello critico culturale del popolo italiano e la sua scarsa memoria non solo di eventi storici più o meno lontani ma anche di fatti abbastanza a noi vicini che forse ai più attenti ed acuti osservatori possono (potranno) essere interpretati anche come una vera e propria congiura contro coloro che hanno percorso nel solco della Sinistra molti dei loro anni. Personalmente nelle mie minime esperienze politiche amministrative moralmente posso dire di avere avuto ragione ma nei fatti sono stato sconfitto, anche se non mi sono mai piegato a sostenere scelte che non condividevo e che sono state portate avanti con la forza del decisionismo. Non è mica detto – e non è scritto da alcuna parte – che chi decide, potendo e sapendolo fare – sia nel giusto; non è mica detto che la Democrazia sia strumento adatto per tutti i tempi (intendo dire che con i “numeri” si può anche sbagliare; con la forza “democratica” si commettono spesso errori peraltro altrettanto “ideologici”.) (G.M.)

Scrivevo, dunque:
Caro Lucio, tutto quello che tu dici è “vero” e lo condivido; ma è parzialmente riferibile ad uno sguardo “esterno” che è poi lo sguardo populistico che va per la maggiore. Utilizzo il termine “populistico” in senso di concretezza non come elemento negativo in assoluto. E’ chiaro che dopo una discussione si debba decidere (a parte il fatto che tu richiami le “urgenze” di tipo economico che abbisognano di interventi rapidi; e quanti ne abbiamo subiti senza fiatare?); io pongo un “nuovo” (!) quesito relativo al superamento di qualsiasi discussione nei luoghi periferici, che sono poi il cuore pulsante di un Partito democratico di nome e di fatto. Di questo se ne può rendere conto chi quei “luoghi” li ha vissuti, costruendoli non chi ha osservato dall’esterno la vita politica dei Circoli. Eh già, anche questo! sai quanti Circoli del PD ci sono a Prato? sono 41. A Pozzuoli ce n’è uno. Ecco! (G.M.)

E Lucio mi ha risposto ieri sera, 27 giugno
Si, ma in quei 41 (n.d.r. si riferisce ai Circoli PD di Prato) si discuteva di cose marginali, i problemi veri, da me troppo puntigliosamente elencati (ma in maniera affatto esaustiva), non erano discussi (nè lo sono ora) nè nei circoli nè sui media ma venivano decisi sulla testa dei cittadini! La riforma costituzionale dell’art. 81 (pareggio di bilancio) votata in una notte da TUTTI i partiti che appoggiavano il gov. Monti è stata fatta in un battibaleno (mentre vedi quanto si suda per le altre riforme)! Dov’era l’allora segretario Bersani? Poi che vuoi, io sono un uomo all’antica e penso che la democrazia debba essere: “una testa – un voto” e che il voto di un cittadino non iscritto al partito e quindi “esterno” debba valere tanto quanto quello di un interno; lo Stato, la Res Publica è di tutti, non solo degli iscritti e partecipanti alle discussioni nei circoli. Concordo invece sul fatto negativo che Pozzuoli abbia un solo circolo. Ma qui, come ben sai, c’è stata la chiusura delle grandi fabbriche (cantiere, Olivetti, acciaierie di Bagnoli etc.) e successivamente una vera “rivoluzione antropologica”, come tu la chiameresti e, con lo sfascio dei vecchi partiti e delle vecchie strutture sociali, comandano ormai i ras locali; qui ce ne è ora uno solo e quindi un solo circolo, nessuna discussione, nessuna critica e. … “o te magne sta menestra o te vutte da fenestra”! (L. D’I.)

Vedi, caro Lucio, continui a parlare dalla tua “turris eburnea” di un cittadino informato e preparato ma che ignora la vita dei Circoli. Indubbiamente non tutti sono come il “mio” Circolo (dico “mio” perché – insieme ad altri amici e compagni – lo abbiamo voluto e lo abbiamo fatto crescere in autonomia “critica”) ed in alcuni l’attività è per lunga parte dell’anno più di “ricreazione” e molto poco di “culturale”. Ma questo non toglie che vi fervono le discussioni “politiche” tra una briscola ed uno scopone; e non vi è alcun dubbio che al momento delle scelte la partecipazione non viene meno. Quando ti riferisci ad  “una testa – un voto” parli di scelte politiche – dal locale al nazionale – o di scelte di leadership? I dibattiti sulle questioni programmatiche (il lavoro, l’ambiente, la Cultura, la Scuola, il Sociale, etc etc) noi li abbiamo sempre tenuti aperti alla partecipazione esterna (il Circolo informava delle riunioni iscritti e non iscritti che avevano espresso il desiderio di partecipare e chi interveniva contribuiva con le sue idee a decidere). Altra cosa è l’apertura indiscriminata e non regolata in modo chiaro e preciso alle Primarie per la leadership locale e nazionale: continuo ad essere fermamente contrario al fatto che un Partito costituzionalmente legittimato sia per quota parte “esterna” retto da chicchessia. E’ una visione della “Democrazia” ad uso di poteri forti che hanno condizionato questa fase e vogliono continuare a farlo.
L’uso dell’imperfetto riferito al Circolo è dovuto alla certezza che da qualche tempo ho riguardo al fatto che a Matteo Renzi (ma, ancor di più, ai suoi sostenitori) importi davvero poco dei Circoli del suo (!) Partito, soprattutto quelli dove ci sono dei rompiballe che vorrebbero discutere in modo aperto su tutti i temi e non farsi “imbonire” dai detentori del Potere. (G.M.)