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GLI INCENDI DEL TEMPO – Emilia Bersabea Cirillo a FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI

Gli incendi del tempo

 

Cirillo

 

E’ lo scorrere della vita, della vita e del tempo quello che si respira nei 7 racconti che Emilia Bersabea Cirillo ha voluto regalarci in “Gli incendi del tempo” edito nel 2013 da “et al.”, una casa editrice voluta da Sandro D’Alessandro, mancato purtroppo all’improvviso lo scorso 10 ottobre.
Fu proprio lui a scegliere il nome della casa editrice per rendere omaggio al lavoro collettivo che sottende alla produzione di un libro. La sua è una figura alla quale occorrerebbe rendere omaggio in una delle prossime occasioni pubbliche; anche per ricordare quanti piccoli oscuri ma importanti editori in occasioni come questa del Festival della Letteratura nei Campi Flegrei propongono lavori di altissimo livello, come quello su cui voglio parlare.

Il mondo che è rappresentato dalla Cirillo è di certo riferito ai versi introduttivi di Paul Celan dai quali, a delinearne la sintesi, è tratto il titolo del libro.
Sono racconti che parlano di amori resi eterni ma impossibili come quello di Adriana per Leo nel primo dei sette – per l’appunto “Gli incendi del tempo”. Ci sono fiamme accese che vanno tuttavia per inerzia spegnendosi come si va consumando l’esistenza della giovane ormai non più in grado di mostrare passioni verso colui che amava e che scelse strade diverse ed irrazionalmente tragiche negli anni Settanta, gli “anni di piombo”. Leo ritorna dopo vent’anni (siamo all’incirca alla fine degli anni Novanta) ma non è più la stessa cosa: la vita per Adriana continuerà nella sua ordinata monotonia. In altri racconti il tema è quello “comune” di emigrati ed immigrati con le loro storie diverse e simili nella condizione precaria che li costringe ad una vita difficile. “Diverse”, anche perché in “Capo lavoro” il protagonista Nicola (Sacco come il più famoso “anarchico” che, insieme a Bart Vanzetti, aveva subito una triste sorte da emigrato negli States) trova lavoro in Germania ma non desidera ritornare nella sua terra, Torre Annunziata, dove la malavita ha violentato la moglie. Ed uno dei temi che ricorre, anche nel racconto tragico ed onirico “Sogno di sabbia”, è la difficoltà di ambientarsi in terre diverse e lontane ed in ambienti faticosi ed ingrati fra persone umili ma anche fra gente arrogante ed insensibile. Non è diversa la condizione della protagonista in “Il violino di Sena”, storia di una bosniaca rifugiata in Italia, scelta da lei che è violinista ed il marito grafico – per la sua arte e la sua musica; ma nel racconto non esiste più la speranza di un mondo di pace e di solidarietà e si affacciano immagini di distruzione e di morte. Negli altri racconti troviamo i ricordi che ritornano a bussare alla nostra porta e ci offrono momenti di profonda nostalgia come accade a Mimma ne “Gli infiniti possibili”; oppure, come avviene in “Ocean” è la “bellezza” scoperta così per un caso fortuito a sconvolgere l’esistenza di Sabina. La presenza di immigrati, positiva per il servizio che rendono alle nostre famiglie, ritorna nell’ultimo epico e lirico racconto (“Tutto il suo”) di una “vita” colta nella parte terminale di essa, in assoluta serenità e compostezza: la musica diventa qui elemento centrale ma la sua presenza è diffusa anche in altri racconti già citati (“Il violino di Sena” e “Gli infiniti possibili”). Sono, dunque, episodi apparentemente separati nei quali è la vita che pulsa; è il tempo che scorre fino alla sua naturale conclusione. Anche la lettura è apparentemente facile (la prosa è lineare, scorrevole e ti prende per mano); ed è infatti la rilettura, che ho già spiegato come mio metodo di analisi in uno dei post precedenti, a consentirci una migliore comprensione. “Gli incendi del tempo” è un libro che avrei consigliato volentieri di leggere ai miei studenti, se non fossi in pensione.

FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI – annuncio di una prossima recensione

Festival Pozzuoli
Per confermare il mio modo di avvicinarmi alla lettura critica dei testi intendo far sapere che, dopo aver letto “Gli incendi del tempo” di E.B. Cirillo, ho avviato la lettura di “Posidonia” ,scritto da Elisabetta Montaldo che tratta della bellissima storia d’amore fra la sua nonna materna, grande attrice italiana, ed il capitano procidano Leonardo Pescarolo. Le atmosfere sono magiche e rimandano alle mie reminiscenze personali. Ne parlerò dopo la lettura e dopo aver avviato altre letture. Andiamo avanti.

LA POETICA DELLE INTERCAPEDINI – “E’ DI VETRO QUEST’ARIA” di Monica Pareschi

 

 

 

Pareschi
e' DI VETRO QUEST'ARIA
CAMPI FLEGREI

 

FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI
“E’ di vetro quest’aria” di Monica Pareschi – LA POETICA DELLE “INTERCAPEDINI”
Dopo aver letto un libro, per poterlo comprendere,entro i miei limiti, a pieno, ho la necessità di fermarmi e di riflettere. A volte come in questo periodo nel quale leggo tantissimo, dopo aver finito una lettura ne avvio subito un’altra. A qualcuno questo metodo non piace perché, dice, gli crea confusione. Io sono fatto così: voglio apprezzare la diversità fra uno stile e l’altro, fra un autore e l’altro, fra una storia e le altre, ed è così che mi aiuto in quest’impresa.
“E’ di vetro quest’aria” di Monica Pareschi – edizioni Italic Pequod 2014 appartiene a quei libri (agili nella forma tascabile e non corposi nella stesura di poco più di un centinaio di pagine suddivise in sette racconti brevi – solo uno dei quali – “Il Progetto” – è più esteso) che già prima di finirli vorresti riprendere a leggere.
Lo stile non è di quelli semplici e piani, il livello è colto ed alto e la “rilettura” ti aiuta ad entrare meglio in sintonia con l’autrice. La prosa si avvale di un’esperienza letteraria internazionale, acquisita nel tempo attraverso la traduzione di grandi classici contemporanei (Doris Lessing, Bernard Malamud, James Ballard); la narrazione si caratterizza forse anche per questi riferimenti autoriali per essere calata in luoghi “estranei” alla nostra Cultura, mai banali, mai volgari, di certo elitari e raffinati; le ambientazioni sono gelide, nordiche, anonime, spesso “scialbe ed incolori” come le albe del protagonista de “Il progetto”. La forza della prosa di questo libro risiede nell’incisività, nell’asciuttezza, nel realismo, in una certa magistrale crudezza, una forma di cinismo e di estraneità che spesso porta ad uno sguardo freddo ed esterno rispetto alle vicende narrate. Lo scorrere della vita si realizza nei diversi racconti ed in diversi modi attraverso momenti unici difficilmente comprensibili nell’immediato (ecco perché necessitano di una rilettura). I racconti appaiono come tessere spaiate di diversi puzzle che non riescono ( e se lo faranno, dureranno fatica) a comporsi; sono infatti “tranches de vie”, attimi e sequenze, osservate e seguite con la freddezza di chi si lascia coinvolgere con parsimonia; c’è una quotidianità portata all’eccesso ed esaltata con bravura a livelli letterari sublimi (solo per riferire degli esempi si legga la parte finale di “Corpo a corpo” pag. 34; oppure quella, anche questa conclusiva del già citato “Il progetto” e l’intero coinvolgente racconto “Come in autunno sul boulevard” con le sue atmosfere che non possono essere nascoste ad un cinefilo.
Non esistono, come i più attenderebbero, dei percorsi che si concludono. Gli eventi importanti sono “prima” forse “dopo”. E’ come se si privililegiassero gli “spazi vuoti”, cio che esiste “tra” non ciò che accade “in”. E’ la poetica delle ”intercapedini”.
Leggetelo e rileggetelo, vi farà bene!

GLI INCENDI DEL TEMPO di EMILIA BERSABEA CIRILLO anticipazione

 

Gli incendi del tempo

 

Al Festival della Letteratura nei Campi Flegrei incontreremo Emilia Bersabea Cirillo, di professione architetto ma squisita autrice di racconti. Sto per terminare la lettura del libro che presenterà fra Pozzuoli Bacoli e Monte di Procida (per l’appunto, i Campi Flegrei) tra il 26 ed il 27 settembre p.v.. Si tratta di “Gli incendi del tempo” e per ora mi affido ad una parte del commento sulla quarta di copertina ossia l’ultima pagina: “Sette racconti che parlano d’amore, dove l’esilio e la memoria, la musica e il sogno, la politica e la nostalgia si rincorrono senza tregua…” Mi manca di leggere gli ultimi due racconti e stasera di certo mi fermerò a riflettere. L’imbarazzo che ho è elemento positivo per l’autrice: ho difficoltà a trovare punti deboli nella narrazione che risulta scorrevole, rapida, fatta spesso di dialoghi che riescono a prendere il lettore coinvolgendolo emotivamente, un lettore come me che ritrova in quelle pagine sentimenti comuni per i comuni percorsi che abbiamo attraversato. Una delle risposte a questo imbarazzo è un elogio positivo per l’organizzatrice principale del Festival cui va il mio (ed il nostro) ringraziamento: Angela Schiavone, che ha saputo scegliere i partecipanti a questi incontri di fine settembre. A breve, dunque, stilerò un commento più ampio su questo libro.

Il video allegato in alto è una Sintesi di alcuni momenti della seconda Edizione del Premio Sovente collegato a Libri di mare libri di terra nell’ambito del Festival della Letteratura nei Campi Flegrei che si è svolto lo scorso anno.

NON E’ TEMPO DI NOSTALGIA – JOSEPH FARRELL INTERVISTA FRANCA RAME

 

Farrell e Rame

 

 

Joseph Farrell è uno studioso scozzese (là dove il prossimo 18 settembre si terrà una consultazione referendaria storica) Professo Emeritus di Italianistica, dal 2005 per meriti attinenti all’Italia è Cavaliere della Repubblica. Ha una passione particolare per la Storia della cultura siciliana e per il Teatro italiano, ragion per cui si è avvicinato a due protagonisti importanti del nostro Teatro, Dario Fo e Franca Rame, riconoscendo in loro uno dei pochi esempi moderni ma anche archetipici della costruzione e della pratica teatrale. La storia di Franca Rame (Dario Fo in questo volumetto è visto essenzialmente come il compagno che Franca ha voluto fosse al suo fianco) mantiene le sue forti radici nella Commedia dell’Arte. Franca già dai primi giorni di vita viene portata sul palcoscenico e quindi annusa gli odori e condivide le difficoltà di una vita necessariamente raminga per i paese della Bassa Val Padana. Burattinai e marionettisti, di fronte al mutamento della società coll’avvento della televisione, riconvertono le loro attività in un Teatro improvvisato che si basa sulle vicende reali dei luoghi e dei personaggi, che in questi luoghi agiscono, paese dopo paese con una tecnica, quella dell’ascolto, che era praticata dai teatranti del Seicento. La giovanissima Franca Rame acquisisce questa capacità sul campo, sulle tavole e nei luoghi pubblici frequentati dalle persone vere. Il libro, nel quale Joseph Farrell riporta un’intervista (l’ultima o forse una delle ultime) a Franca Rame, parte per l’appunto dall’esperienza che parte dal basso di un TeatroVita (sociale, civile, politica in senso altolato) che ha caratterizzato la forma mentis della grande attriceautrice scomparsa. Si tratta di “Non è tempo di nostalgia” edito nel 2013 da DELLAPORTA editori. Nella Storia di Franca si inserisce poi con modalità che lei stessa descrive rocambolesche la Vita ed il Genio di Dario Fo. Joseph Farrell ha scritto anche “Dario e Franca. La biografia della coppia Fo – Rame attraverso la storia italiana”. Il titolo è ovvio ma significativo, in quanto seguendo le vicende di questa coppia di artisti si viene a conoscenza di parte notevole della nostra Storia (dal Fascismo all’Antifascismo, dalla Liberazione agli anni del dopoguerra contrassegnati dalla supremazia della Democrazia Cristiana e caratterizzati da un perbenismo diffuso e da una censura pressante, dagli anni di piombo al sequestro Moro, dal femminismo al post-femminismo, dagli anni del Centrosinistra craxiano a quelli del berlusconismo inframmezzati da Mani pulite fino ai giorni nostri). Un libro di Storia, dunque, del Teatro ma anche della Società; della Società ma inevitabilmente del Teatro italiano. E’ piacevole leggere Farrell ed è un piacere ascoltare Franca Rame. Il libro, dopo una breve introduzione di Farrell, si suddivide in 6 parti (1. Figlia d’arte; 2. A nous deux, maintenant!” La prima compagnia Fo-Rame; 3. I giullari del proletariato; 4. Il monumento Dario Fo; 5. Scrittura a quattro mani; 6. Religione di una non credente).

Vorrei chiudere con la parte conclusiva dell’ Introduzione di Farrell che rende onore a Franca Rame per la sua sensibilità civile: “Franca Rame si impegnata, fuori dal teatro, con esseri umani a disagio in questo mondo – i detenuti e le loro famiglie, i disabili, i giovani con problemi di droga. Spesso ha sostenuto che fare l’attrice in fondo non le piace e che se fosse nata in una famiglia di idraulici, sarebbe diventata idraulica. Può darsi, ma quel che è più significativo è il fatto che grazie al lavoro fatto, è riuscita anche a portare avanti le altre cose in cui crede. E questo non è poco. Invece di cercare di moltiplicare varie Franca Rame forse possibili, è meglio celebrare quella che c’è, con le convinzioni e le esperienze esposte da Franca in questa intervista.” BUONA LETTURA

Franca Rame e Farrell

Incontreremo Joseph Farrell il 26 settembre al FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREIFestival Pozzuoli

 

E’ DI VETRO QUEST’ARIA – FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI 2628 SETTEMBRE

e' DI VETRO QUEST'ARIACAMPI FLEGREI
Ho letto il libro di Monica Pareschi, “E’ di vetro quest’aria”, edito da Italic Pequod 2014. Ho trovato la sua prosa incisiva, magistralmente realistica, cruda. Lo recensirò fra qualche ora; ho bisogno di rileggerne alcune pagine. Ho il fermo desiderio di incontrare l’autrice, una delle più importanti traduttrici italiane, al prossimo Festival della Letteratura nei Campi Flegrei che si svolgerà dal 26 al 28 settembre fra Pozzuoli, Bacoli e Monte di Procida.

Festival Pozzuoli

“TRA LE MACERIE” DI DAVIDE D’URSO – FESTIVAL DELLA LETTERATURA DEI CAMPI FLEGREI

Davide D'Urso 2Festival Pozzuoli

Ho finito da poche ore la lettura di “Tra le macerie” di Davide D’Urso, che incontreremo al Festival della letteratura nei Campi Flegrei – Libri di mare libri di terra a fine settembre. La narrazione scorre ed è piacevole anche se la trama è “inevitabilmente” conchiusa in poche parole. Inevitabilmente in quanto la storia che il nostro autore narra è collegata alle difficoltà enormi che le giovani generazioni incontrano per inserirsi nel mondo del lavoro. Che ai nostri giorni è andato sempre più parcellizzandosi venendo sempre più incontro agli interessi delle aziende e riducendo sempre più il potere contrattuale sia delle organizzazioni sindacali sia dei singoli. Ho utilizzato “inevitabilmente” anche per far comprendere a chi leggerà quelle pagine che si ritroverà di fronte ad un universo fatto di profonde incertezze e che l’autore non inventa (tranne che nel capitolo 29 che è a tutti gli effetti un’Appendice anche se non si tratta del capitolo conclusivo ma del penultimo) storie che non siano “purtroppo” verificabili soltanto a guardarsi intorno e non troppo lontano dal nostro raggio d’azione. In verità, il mondo del lavoro è cambiato notevolmente e continua a cambiare sempre più, peggiorando la qualità della nostra vita, rendendoci sempre più frustrati ed isterici anche quando l’attesa di una “sentenza” di licenziamento è solo potenziale e non reale. La tiritera del “posto fisso” che non c’è più ormai è quasi cosa vecchia, ci abbiamo fatto il callo; così come l’accusa verso i giovani di essere dei “bamboccioni”: e cosa potrebbero fare in queste condizioni le giovani generazioni se non appoggiarsi ai parenti pensionati, al nido paterno e materno? I sogni che si portano dietro dall’infanzia e dalle età successive finiscono vieppiù – quasi per tutti – per infrangersi e la disperazione pervade l’ esistenza delle giovani generazioni. E’ quello che accade a Marco, il protagonista del romanzo “Tra le macerie” scritto da Davide D’Urso; dopo la laurea tenta varie strade (il suo sogno sarebbe quello di diventare “saggista” e ci prova ma con le difficoltà che chi conosce le vicende editoriali non farà fatica a comprendere), qualche concorso, scrive recensioni per un giornale, lavora in una libreria nel periodo più intenso delle vendite di libri scolastici, si inserisce stabilmente (è un paradosso limitato al tempo del romanzo) in un call-center, dove riesce ad emergere con la sua cultura e costruisce delle solide amicizie. La vita privata di Marco è tranquilla e serena; ha una ragazza bella, elegante e comprensiva, figlia della borghesia ricca della città (siamo a Napoli, non l’ho ancora detto?); con Valeria vive in un quartierino in affitto sui Quartieri spagnoli. Ha pochissimi amici; come accade di norma, dopo i percorsi universitari ognuno ha cercato la sua strada ed a Marco che stenta ad imboccarne una dignitosa sembra che quella degli altri sia di gran lunga la migliore. Ma i tempi, quasi per tutti, sono cambiati. In effetti, sono peggiorati, perché già ai miei tempi (consentitemi questo personalismo!), e siamo negli anni Settanta del secolo scorso, la strada più rapida per inserirsi nel mondo del lavoro senza che si avessero canali speciali e privilegiati era quella del Nord. Ed infatti i vecchi “amici” si incontrano per una cena e scoprono di avere sempre meno cose in comune su cui confrontarsi (viene in mente anche all’autore il film di Scola “C’eravamo tanto amati”!): finisce quasi male. E no, finisce proprio male! Marco trascina la sua esistenza lenta, ormai disperando sul suo futuro di “scrittore”, nel call-center fin quasi alla fine del romanzo.
Non intendo svelarvi il finale che è nella maniera assoluta la parte più intrigante del libro che rende comprensibile ed affascinante la prima parte che, forse per mia personale difficoltà, ho trovato più lenta, un po’ ovvia. Ma il fatto è che una Storia di un giovane ai nostri giorni è fatta di stremanti attese, di disperazioni, di frustrazioni, di umiliazioni e, leggendo quelle pagine, ho avvertito la responsabilità di tutto questo. NOI sessantenni e via dicendo abbiamo davvero fatto così poco per i nostri figli ed i nostri nipoti; non dico singolarmente, ma “collettivamente”, politicamente e socialmente.
Per tutto questo e altro che sottolineerò quando ci vedremo a fine settembre nei Campi Flegrei invito a leggere il libro di Davide D’Urso “Tra le macerie”.  (J.M.)

Davide D'Urso

FESTIVAL DELLA LETTERATURA NEI CAMPI FLEGREI – LIBRI DI MARE LIBRI DI TERRA – 26-28 SETTEMBRE 2014

Davide D'UrsoDavide D'Urso 2

Vado concludendo la lettura del libro di Davide D’Urso – fra qualche ora lo recensirò – “Tra le macerie” racconta vicende fondamentalmente ahimè normali di un gruppo di giovani e di uno in particolare, Marco, in una Napoli contemporanea oppressa come gran parte del nostro paese da una profonda crisi lavorativa (nessuno si salva, anche i suoi amici, coetanei tutti trentenni, apparentemente fino a poco tempo prima più fortunati). Alcuni capitoli si inoltrano nell’universo dei call-center con le sue gerarchie e le sue atmosfere da GF orwelliano. Ma le passioni prevarranno? uno spiraglio sembra annunciarsi.  Il “domani è un altro giorno” della Rossella di Mitchell e Fleming verrà anche per Marco? Finisco la lettura e ve lo dico.

FESTIVAL DELLA LETTERATURA LIBRI DI MARE LIBRI DI TERRA – CAMPI FLEGREI (NA) 26-28 SETTEMBRE 2014

libro di antonella-cilento

 

cilento

 

Questa è solo un’anticipazione; ho finito ieri sera di leggere il libro di Antonella Cilento, “Lisario o il piacere infinito delle donne”. Non mi capita da molto tempo di sentire il desiderio di percorrere le pagine l’una dopo l’altra incuriosito dagli eventi narrati. Il libro è piacevole, avvincente, coinvolgente. E’ una grande gioia per me seguire le storie narrate e sarà un grande piacere poter conoscere l’autrice che dimostra una notevole maestria, portando a compimento le sue “lezioni” di scrittura creativa. Antonella Cilento sarà a Pozzuoli e nei Campi Flegrei (Baia, Bacoli, Fusaro) fra il 26 ed il 28 settembre ospite del Festival della Letteratura organizzato da “Il Diario del Viaggiatore” e da Angela Schiavone.

Nelle prossime ore scriverò una recensione più articolata sull’opera, che consiglio vivamente per la lettura.

reloaded “TERRE(E)MOTI DEL CUORE” – Il racconto del ricordo (sul bradisismo flegreo del 1970 e 1983)

Foto pozzuoli 4   Lux in fabula Rionew Terra Rione Terra 2   Ripubblico un mio articolo pubblicato il 9 giugno u.s. su politicsblog.it per una molteplicità di motivazioni; porre in evidenza alcuni aspetti “positivi” dopo averne elencati negli articoli degli ultimi giorni alcuni espressamente critici sulla realtà flegrea; accennare ad Oscar Poerio che riconobbe l’esigenza di confrontarsi con altre realtà non “viciniori” e venne a trovarmi a Prato; anticipare una mia riflessione “positiva” sull’Associazione “LUX in FABULA” con rilievi critici nei confronti di un’Amministrazione incapace di comprenderne il valore se non con quelle chiacchiere inutili e retoriche che servono solo a far “incavolare” ed amareggiano le persone per bene come Claudio Correale e tanti come lui che si impegnano instancabili (ma fino a quando sopporteranno queste umiliazioni?) a portare avanti progetti importantissimi per la Storia e la Cultura del nostro territorio. I legami con Pozzuoli sono stati, in questi ultimi quaranta anni, essenzialmente episodici. Fondamentalmente ho lavorato con intensità passionale, e ne porto addosso profonde ferite, sul territorio toscano dopo una parentesi veneta che pure ha dato i suoi frutti. Fra questi legami, al di là degli affetti familiari, pongo in posizione prevalente quello con Oscar Poerio che, negli anni Novanta, da Assessore alle politiche Sociali del Comune di Pozzuoli (credo rivestisse anche incarico di vice Sindaco) venne a “studiare” alcuni interventi dell’Amministrazione comunale pratese (allora era, a Prato, Assessore Alessandro Venturi) in materia di edilizia scolastica “primaria”. Oscar notò come da noi in Toscana le scuole fossero state pensate e costruite con delle grandi vetrate che lasciavano intravvedere dall’esterno le attività che si svolgevano all’interno di esse. Non è un caso, dunque, che con Oscar si sia poi mantenuto un rapporto positivo anche se non continuativo ed intenso, e non è un caso che, ritornando di recente più spesso in terra flegrea, è con lui, forse più di altri, che io abbia attivato un legame profondo dal punto di vista culturale. Oscar mi parla dell’Archivio Vescovile e di Città Meridiana; mi parla di un Festival delle Idee Politiche (FIP è l’acronimo identificativo) che, insieme ad alcune amiche ed amici, sta organizzando ed io, che di Pane e Politica oltre che di Cultura ho vissuto finora soprattutto idealmente, accendo su questi temi il mio interesse. Mi piace peraltro questo accostamento a prima vista quasi irriverente fra il sacro dell’ideologia (le Idee politiche) ed il profano del nazional-popolare (Festival). Ed il mio interesse ha radici profonde nell’elaborazione di un Progetto di Sinistra che, partendo dall’esistente, lo superi con una rigenerazione post ideologica che si basi sullo sperimentalismo democratico e sulla mobilitazione cognitiva di cui parla negli ultimi tempi Fabrizio Barca. In effetti mi interessa moltissimo ( I care ) l’idea ma, per una serie di concomitanze, non riuscirò a partecipare. Non rinuncio tuttavia a mandare, via posta elettronica, uno dei progetti su cui sto lavorando. Oscar mi parla anche di un’iniziativa svolta lo scorso anno da Città Meridiana. Conosce la mia passione per il Cinema e per la “documentazione antropologica” e mi accenna ad un filmato, “Sud come Nord” (1957) di Nelo Risi presentato sempre lo scorso anno dalla sua Associazione nel corso di una delle iniziative. Gli dico che non lo conosco, anche se poi, da frequentatore di youtube, ricordo di averlo visto nel mentre ricercavo filmati su Pozzuoli e sull’Olivetti. E poi fa riferimento ad una pubblicazione di cui, dice, mi farà dono. Si tratta di un “percorso nella memoria individuale e necessariamente collettiva riferito agli anni del “bradisismo” (il 1970 ed il 1983). Gli dico di avere già visto di recente alcuni video di “Lux in fabula”, un’associazione molto attiva nel recupero di riprese private e pubbliche audiovisive sul passato flegreo. Riparto per Prato sapendo di ritornare a breve. Ed è così che in questa fine di maggio, dopo l’esaltante vittoria del Centropd, ritornato a Pozzuoli, Oscar e Regina sua moglie, approfittando di una delle mie iniziative, sono venuti a trovarmi. E’ venuto lui; io non sono ancora riuscito ad andare da lui, in Archivio, come più volte ho promesso di fare. E mi ha portato il libro. Il titolo mi colpisce TERREEMOTI DEL CUORE Il racconto del ricordo. CINQUE PAROLE CHIAVE cinque tag fondanti. E dentro nella prima pagina di copertina anche una dedica “significante” che recupera alcuni lemmi e spinge me ad inoltrarmi fra le altre pagine. Ritrovare “fatti, persone e moti del cuore” perché risveglino in me “ricordi mai cancellati”: è questo l’auspicio di Oscar. Con affanno e voracità scorro rapidamente il libro con gli occhi e col cuore innanzitutto alla ricerca di nomi e volti noti collegati ad esperienze comuni, tutte amiche ed amici della “bella gioventù”. Il bradisismo, quello del 1970, sconvolse i nostri destini con una diaspora tentacolare: era, quello, un tempo difficilmente spiegabile a chi soprattutto è nato e vissuto dopo quegli anni. Come si fa a raccontare ai nostri giovani cybernauti e sacerdoti di Android che, per nessun motivo al mondo avremmo avuto modo allora di relazionarci costantemente – come riusciamo a fare adesso – con le amiche e gli amici con cui fin a qualche giorno od ora prima avevamo vissuto gomito a gomito. Anche le diverse lontananze incisero creando storie nuove, nuove amicizie, nuove solitidini e qualche volta nuovi amori. L’evento di bradisismo del 1983 mi ha visto già cittadino di altra Regione, dal 1975 ero andato via da Pozzuoli, dove nel 1972 avevamo festeggiato i 2500 anni dalla sua fondazione, e nel 1983 ho vissuto le “storie”, di cui ho letto nel libro, anche dai racconti dei “miei”, che erano ritornati a Mondragone ma non nella casa dove ero stato con loro nel 1970, quando avevamo abbandonato la nostra abitazione di via Girone soltanto per prudenza. Ma non voglio aggiungere un capitolo al libro che ho trovato estremamente vario e ricco e mi ha consentito davvero di ritrovare in un solo unico contesto quelle sensazioni comuni ma diverse che ciascuno dei protagonisti lì dentro presenti ha vissuto; di ritrovare nomi e volti a volte provvisoriamente dimenticati ma che – ora – vorresti incontrare nuovamente per intrecciare percorsi fertili comuni. Tanti nomi; non posso sceglierne solo alcuni; farei torti incomprensibili, ingenerosi ed ingiusti. Ho una matrice culturale di tipo “antropologico” che mi spinge ad indagare sulle “storie” umane e questa raccolta di “storie” mi ha coinvolto appassionatamente. Non amo da qualche tempo l’approccio meramente politico; lo trovo sempre più arido e colmo di ipocrisie. Ad ogni buon conto concluderei questo “racconto” sotto forma di “commento” (o commento sotto forma di racconto, fate voi!): nel 1972 pubblicai, a mie spese, un lungo racconto accanto ad uno breve, bellissimo ed intenso, del mio amico Raffaele Adinolfi. Era, quello mio, un racconto anomalo fatto di un pretesto di partenza (un breve viaggio a Ponza) ma con una lunghissima serie di rimandi “logici” (per me lo erano di certo, per gli altri ho qualche dubbio lo fossero). In una di queste pagine c’è la mia “memoria” di quel distacco del 1970. La prima parte del documentario sul 1970 a cura di “Lux in Fabula”, su youtube troverete anche le altre   Lux in fabula