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MEDIATECA DELLA MEMORIA – un’ iniziativa della Circoscrizione Est del Comune di Prato nel maggio 2001 (LA GIORNATA DELLA MEMORIA FU ISTITUITA NEL NOVEMBRE DEL 2005) la storia di E.T. Eugenio Tinti parte 3 (dopo il preambolo dello scorso 27 gennaio e la prima parte contrassegnata con il numero 2 del 3 febbraio u.s.)

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MEDIATECA DELLA MEMORIA – un’ iniziativa della Circoscrizione Est del Comune di Prato nel maggio 2001 (LA GIORNATA DELLA MEMORIA FU ISTITUITA NEL NOVEMBRE DEL 2005) la storia di E.T. Eugenio Tinti parte 3 (dopo il preambolo dello scorso 27 gennaio e la prima parte contrassegnata con il numero 2 del 3 febbraio u.s.)

Eugenio Tinti era (ed è, non ce ne è alcun dubbio ancora oggi) antifascista e comunista, e visse sulla propria pelle quotidianamente questa identità.
Ci parla infatti della grande difficoltà a trovare lavoro (“anche quando ne trovavo uno” dice “dopo qualche settimana, quando attraverso delazioni poco amichevoli scoprivano quale era la mia fede politica, mi licenziavano”), ci parla delle sue esperienze in Francia a Besançon per 2 anni e 6 mesi nei primissimi anni del Fascismo, ci parla poi del suo lavoro successivo alle acciaierie di Terni dove aveva dei parenti, ci parla del suo rifiuto assoluto di partecipare alle “adunate” di paese organizzate ogni sabato (“non avevo neanche mai voluto indossare la divisa di camicia nera e per questo ogni sabato dovevo scappare”), ci parla dei suoi amori e del suo amore per la donna che aveva poi sposato, Stella, anche quello elemento di contrasto politico ed ideologico: il padre, il futuro suocero (nonno Sestino, come lo chiama Marite, sempre presente ai nostri colloqui), non voleva che sua figlia si sposasse con lui, perché era già promessa ad un notabile del luogo di sicura fede fascista ed Eugenio era un antifascista, un comunista. Con Stella invece si sposerà nel 1926 e poi, dopo un primo periodo a Poppi, nel 1931 si sposterà a Firenze e dal 1940 lavorerà all’Istituto Chimico Farmaceutico.
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Quando, dopo qualche giorno, ritorniamo a trovarlo, Eugenio Tinti è nervoso, teso perché noi, per motivi di traffico e di parcheggio, siamo arrivati in leggero ritardo e lui, ci dirà la figlia Marite, è impaziente di poter poi uscire per la sua solita benefica passeggiata quotidiana. Ci risponde infatti direttamente al citofono e ci apre il portone: ma poi insieme alla figlia non lo riusciamo a trovare nei labirinti dell’appartamento: ella lo chiama e, nel cercarlo, lo trova tranquillo fuori al terrazzo interno fra le piante di limoni nei grandi vasi.
Gli chiediamo di poter fare qualche fotografia e, diversamente da tanti altre persone anziane, non si sottrae: poi accediamo insieme a lui ed a Marite nel salotto ( Eugenio Tinti fa il padrone di casa intimandoci in modo imperioso di sederci su una delle poltrone mentre lui continua a stare in piedi in modo impeccabile come il fusto di un cipresso alto e dritto) e guardiamo alcuni album fotografici che ci riportano di nuovo al suo passato.
Ci colpisce in modo particolare la foto che lo ritrae con la moglie sul ponte di Poppi, con lo sfondo del Castello dei conti Guidi che svetta sulla parte alta del paese; ci colpisce poi, e chiediamo di mettercela da parte, la foto nella quale è ritratto su una scogliera, ad Amalfi, seduto in bella ma naturale posa (vedi foto in evidenza e foto frontespizio del libretto); ci interessano poi alcune delle foto scattate a Merano, dove era stato trasferito negli ultimi anni della seconda guerra mondiale per lavorare nel settore farmaceutico (da Firenze dove lavorava proprio all’Istituto Farmaceutico di Castello fu “deportato”, anche per tenerlo lontano dai suoi “amici” di Firenze, in quel di Merano; era in qualche modo tutelato rispetto ai suoi compagni perché le sue abilità servivano alla causa nazifascista, nè più nè meno come era capitato ad altri “deportati” nei campi di lavoro nazisti, come ad esempio Primo Levi)………

Tinti a Poppi

…3…..

Parole

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Parole

“Collera” nell’uso in italiano la parola significa espressamente “rabbia”, quasi sempre violenta (“durante la manifestazione è scoppiata la collera dei giovani” oppure “in un impeto di collera ha aggredito…”). Nel dialetto napoletano invece il termine si ammorbidisce arrivando a significare “dispiacere” (‘A papà nun me fa piglià collera” dice il padre al bimbo che trasgredisce, oppure “M’’e fatto piglià collera” se il comportamento sgradito è avvenuto), ed è soprattutto un modo tenero di rapportarsi con l’interlocutore, sia esso un parente o un amico caro che ha commesso, o sta per commettere un atto che potrebbe dispiacere. Ben diverso è il senso di “raggia” (vera e propria traduzione in dialetto partenopeo dall’italiano “rabbia”): “Nun me fà arraggià” (Non farmi arrabbiare) espresso con severità e prossemica violenta, più o meno aggressiva, a seconda delle occasioni. Il termine, deriva da “rage” (francese) ed è stato evidentemente acquisito nel corso di tutte le dominazioni in larga parte del Meridione. Oltre che a Napoli

anche in Sicilia

sciopero e manifestazione

– il significato dei due termini non può essere confuse. Invece l’altro giorno, discutendo sulla “manifestazione” a sostegno degli operai della “Superlativa” di Prato e delle multe comminate ad alcuni di loro e a due studentesse fiorentine per aver partecipato ad uno sciopero il 16 ottobre scorso, una persona avveduta e riflessiva su Facebook ha confuso i due termini. La “manifestazione” di cui si parla è quella dello scorso 18 gennaio. Oltre ai danni subiti dagli operai e dalle due ragazze si protestava per richiedere il ritiro dei “decreti Sicurezza” del Governo gialloverde.

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Il commento, che però non ritrovo più, confondeva i termini: ai manifestanti il Sindaco di Prato lanciava accuse, rilevando che il corteo aveva interferito con lo “shopping” del fine settimana delle famiglie. Il post criticava i partecipanti adducendo che uno “sciopero” va fatto “contro” chi non ha rispettato le “regole del lavoro” (gli operai non vengono pagati da mesi) e non “contro” la gente comune che ha tutto il diritto di vivere in tranquillità la propria esistenza anche nel week end. In realtà non si trattava di uno “sciopero” ma di una “manifestazione” che sono due termini ben distinti. Nello “sciopero” ci si astiene per un periodo più o meno lungo dal lavoro e di solito si fanno i “picchetti” davanti alla sede della ditta; nella “manifestazione” invece ci si muove per un percorso prestabilito, anche cercando di avere consensi popolari, perché non anche da parte delle “famiglie”. A Prato il 18 gennaio è accaduto poi che la manifestazione si sia mossa deviando dal percorso, e questa è un’altra storia. Nei giorni precedenti il principale Sindacato confederale aveva criticato la manifestazione e lo stesso primo cittadino era aveva attaccato in modo abbastanza sopra le righe gli organizzatori. Appare curiosa la debolezza mostrata dalle forze dell’ordine nel consentire in “spazi davvero ristretti” – e quindi facilmente controllabili – il passaggio dei manifestanti verso la Piazza del Comune. Non dico altro, se non che condividere la posizione espressa da parte di alcune consigliere di maggioranza PD, a favore delle motivazioni degli operai e contro i “decreti Salvini”.

Joshua Madalon

….a seguire “Diseguaglianze”…….

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una documentazione su un Progetto complesso di Educazione degli Adulti realizzato a Prato negli anni Ottanta -parte 5 (vedi post del 12, 15 e 17 gennaio u.s)

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una documentazione su un Progetto complesso di Educazione degli Adulti realizzato a Prato negli anni Ottanta -parte 5 (vedi post del 12, 15 e 17 gennaio u.s)

5.
Detto ciò, sembra quasi che io voglia far cambiare il titolo di questo Seminario, trasformandolo in “Verso un 2000…diseducativo”: credo invece che é proprio il rischio di avviarsi seriamente, almeno per quel che concerne il nostro Paese, verso una situazione sempre più difficile, verso un mondo di analfabeti di ritorno, verso una realtà scolastica sempre più lontana da quella tecnologica, ancora troppo elitaria, a sollecitare nel Comune di Prato, nella CEE e nell’Università degli Studi di Firenze, la necessità di una verifica con questo dibattito, con questo Seminario.
Il tema principale su cui si discute è l’educazione degli adulti, ma mi sia permessa una riflessione che non deve essere considerata una digressione: la mia esperienza di educatore dei giovani nella scuola media superiore mi fa consapevole delle forti carenze esistenti nell’ordinamento scolastico – soprattutto nei “curricola” e nei “programmi” – che definirò “normale”; questa consapevolezza deve essere utilizzata per evitare nel limite delle umane possibilità gli stessi errori nell’elaborazione di progetti che riguardano l’educazione degli adulti, far riflettere ancora una volta di più sulla situazione generale della cultura e dell’apprendimento, porre a fuoco proprio le ambiguità, le contraddizioni, l’arretratezza del sistema educativo e far diventare quindi l’educazione degli adulti la palestra per il rinnovamento generale dello stesso (il sistema educativo).
In effetti oggi nella scuola “normale” avvertiamo sempre maggiore la difficoltà di costruire un mondo a misura dei nostri giovani; questi sono destinati inevitabilmente – in questo tipo di ordinamento – a confrontarsi con la realtà concreta soltanto quando sono fuori dalla scuola e spesso ne sono estromessi drammaticamente o vi si immettono con difficoltà enormi, superando gli ostacoli a proprie spese, materiali e morali.
Rinnovare la scuola risulta essere un paradosso politico irrisolto oramai da alcuni decenni: i ragazzi studiano su programmi suggeriti in epoche lontane che si spera superate e dimenticate. Rinnovare la scuola in generale, adeguarla alle nuove tecnologie, formare il personale significa dare il via ad investimenti che solo apparentemente sono improduttivi: il guaio è che in Italia non esiste una seria programmazione che leghi il settore dell’istruzione a tutti gli altri e che, ad un settore pubblico sempre più in disfacimento, dilaniato da questioni sociali ed economiche, si contrappone un settore privato che da solo, in autonomia, costruisce i propri quadri, li prepara, li stimola, li incentiva.
In questa realtà così deprimente l’educazione riservata agli adulti organizzata dagli Enti Locali, pur non essendo la panacea di tutti i mali sopra descritti, risulta essere una sana boccata d’ossigeno, anche se investe (andando molto al di là di esse) solo alcune discipline scolastiche curricolari, anche se è orientata ad una preparazione con obiettivi ridotti ma non per questo meno importanti ed interessanti.

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un documento di dieci anni fa su quel che divideva (e forse ancora divide) la sensibilità della Sinistra da quella della Destra

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un documento di dieci anni fa su quel che divideva (e forse ancora divide) la sensibilità della Sinistra da quella della Destra

UNA RISPOSTA INDIRETTA (in diretta) alle scempiaggini “odierne” di chi rappresenta in primo piano la Lega a Prato

Vi ripropongo una documentazione relativa ad un fatto che si verificò 10 anni fa nella città di Prato – Circoscrizione Est, una parte del territorio che dal punto di vista politico è stata sempre in bilico tra Sinistra e Destra – per un quindicennio la Sinistra, utilizzando alcuni escamotage, era riuscita a prevalere ma nel 2009 a vincere era stato il Centrodestra forte anche della conquista del Comune – in quell’occasione ad occuparsi di Cultura, dopo il decennio durante il quale ero stato Presidente della Commissione, c’era una giovane leghista, Patrizia Ovattoni.
Quella che segue in due parti è 1) l’invito a partecipare ad una Serata don Milani presso uno dei Circolo ARCI del territorio Est che si svolgeva il 15 gennaio del 2010; 2) un Comunicato stampa inviato dal Gruppo dei Consiglieri del Partito Democratico nel Consiglio Circoscrizionale Prato Est; 3) un Comunicato ANSA che riprende la notizia

Cosa era accaduto? Nella Circoscrizione agli inizi del 2002 era stato aperto uno spazio pubblico a disposizione di tutti con una biblioteca ed una sala per incontri utilizzata anche come Sala del Consiglio. Il territorio Est di Prato confina con quello di Calenzano, dove don Lorenzo aveva vissuto la sua prima esperienza nella parrocchia di San Donato, cui afferiscono le note del suo “Esperienze pastorali”, caposaldo del pensiero donmilaniano. Alcuni membri del Consiglio, in primo luogo il vicepresidente della Circoscrizione Luigi Palombo, fratello di don Ezio, che con don Milani aveva avuto anche un intenso rapporto epistolare, avevano sollecitato l’intestazione di quello spazio aperto al territorio al prete di Barbiana. La proposta era stata accolta con entusiasmo.

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In questo primo post troverete l’invito (la parte 1)

Care amiche e cari amici

Buon Natale e felice anno nuovo!

Vi informo che l’Associazione Dicearchia 2008 insieme al Gruppo PD alla Circoscrizione Est del Comune di Prato organizzerà per venerdì 15 gennaio 2010 ore 21.00 presso il Circolo “I Risorti” a La Querce via Firenze 323 una

SERATA DON MILANI

nella quale parleremo del Prevosto di S.Donato (Calenzano) e Priore di Barbiana dopo la decisione presa con l’approvazione di una Mozione dalla maggioranza di Centrodestra della Circoscrizione Est di annullare l’intitolazione della Sala polivalente (Sala consiliare ed attigue) dedicata dalla precedente Amministrazione di Centrosinistra a don Lorenzo Milani dedicandola a don Luigi Sturzo.

Utilizzando Facebook abbiamo aperto un Gruppo “DON LORENZO MILANI vs. DON LUIGI STURZO – CONTRAPPOSIZIONE RIDICOLA” – Chi possiede un account Facebook può aderire ed inserire propri commenti.
Allo stesso tempo potete aderire all’evento SERATA DON MILANI.

Chi è interessata\o può considerarsi automaticamente invitata\o.

Rinnovo i miei AUGURI e vi allego alcuni documenti (un Comunicato Stampa del Gruppo PD in Circ.ne Est ed un dispaccio ANSA) in relazione all’oggetto.
Aggiungo che abbiamo richiesto l’adesione dei Gruppi PD in Comune ed in Provincia e siamo in attesa di una risposta (il Presidente del Consiglio Provinciale Maroso ha già data la sua disponibilità annunciando a voce che c’è certamente l’adesione del Gruppo).

fine prima parte

Joshua Madalon

UN POST lungo per recuperare una documentazione su un Progetto complesso di Educazione degli Adulti realizzato a Prato negli anni Ottanta

UN POST lungo per recuperare una documentazione su un Progetto complesso di Educazione degli Adulti realizzato a Prato negli anni Ottanta

Nei prossimi giorni proseguirò con blocchi ridotti di circa 500 lettere a recuperare tutto il mio intervento il cui titolo era “Nuove tecnologie…verso il 2000”

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ALTRE STORIE

Su questo Blog in un mio post del 31 ottobre u.s. http://www.maddaluno.eu/?p=10467 proseguendo a parlare di alcune iniziative svolte a Feltre nel 1982 annunciavo come operatore del Circolo di Cultura Cinematografica “La Grande Bouffe”

“……..nostre iniziative future, ad esempio quella che interesserà particolarmente il mondo della scuola e l’uso corretto didattico dei mezzi audiovisivi, che in dettaglio presenteremo al Provveditore agli Studi di Belluno, all’ IRRSAE, al Consiglio Scolastico Distrettuale n.4, ai Direttori Didattici ed ai Presidi. La necessità di un approfondimento di studio su questi temi è tanta ed è comprovata da una parte dall’importanza che hanno assunto, e vanno assumendo sempre di più, i mezzi audiovisivi, dall’altra dall’imperizia della maggior parte degli operatori scolastici nell’essere in grado di adoperare correttamente tutta la più o meno complessa serie di attrezzature che, pur acquisite dai singoli Istituti, giacciono molto spesso inutilizzate negli sgabuzzini e nei sottoscala delle varie scuole.“
E poi con una nota a piè di pagina scrivevo

“nda: Nei mesi successivi mia moglie ebbe il trasferimento a Prato ed io la seguii con un’assegnazione provvisoria a Empoli. E tra Prato ed Empoli iniziarono altre storie.”

Ecco, dunque alcune delle altre storie.

A Prato nel 1988 seguendo quelli che erano i miei specifici intreressi, all’interno dei quali sviluppavo competenze, ho potuto portare il mio contributo ad un Seminario internazionale promosso dal Comune di Prato, dall’Università degli Studi di Firenze, dall’Istituto di Pedagogia con il patrocinio della Comunità Economica Europea, del Ministero della pubblica Istruzione, dalla Direzione generale degli scambi culturali, dall’Associazione Intercomunale Area Pratese. Il seminario si svolse dal 18 al 22 maggio.
Durante il periodo “feltrino” ero stato protagonista della “stagione” delle 150 ore e contemporaneamente avevo costruito progetti e iniziative culturali cinematografiche sempre tenendo presente la funzione didattica dei mezzi audiovisivi. A Prato avevo partecipato da protagonista alla fondazione del Terminale e proseguivo la mia attività nel mondo degli audiovisivi utilizzati come strumenti culturali. Prato, attraverso la grande attenzione civile e sociale, tesa al recupero delle conoscenze disperse in tempi nei quali il lavoro portava via dal mondo dell’istruzione molti giovani prima che avessero concluso il ciclo di studi, aveva avviato, già da alcuni anni, percorsi di rialfabetizzazione rivolti agli adulti, grazie alla sensibilità di una classe dirigente politica ed amministrativa di altissimo livello (Liliana Rossi, Anna Fondi, Ivana Marcocci, Eliana Monarca, Massimo Bellandi sono solo alcuni dei nomi di amministratori, quasi tutti da me incontrati in quegli anni). La collaborazione con l’Università, in particolar modo con Francesco Maria De Santis, Paolo Federighi e Paolo Orefice era stata preziosissima ed aveva prodotto grandi risultati ed aspettative.
Anche per fermare lo “stato delle cose” e stimolare il processo si svolse dunque il Seminario “Strategie per uno sviluppo generale dell’educazione degli adulti. Verso un 2000 educativo” al quale ebbi la fortuna e l’onore di partecipare con un mio specifico intervento dal titolo “Nuove tecnologie…verso il 2000” all’nterno della Sezione che si occupava di “Nuove tecnologie audiovisive e sviluppo dell’educazione degli adulti”.
Nel prossimo post riporterò alcune parti della Presentazione curata dal prof. Paolo Federighi e dell’Introduzione del prof. Filippo Maria De Santis.

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ALTRE STORIE 1

Come annunciavo nel post del 7 novembre nell’impostare un discorso intorno alla necessità di strutturare un nuovo Progetto di Educazione degli Adulti farò riferimento agli Atti del Seminario “Strategie per uno sviluppo generale dell’educazione degli adulti. Verso un 2000 educativo” svoltosi a Prato nel maggio del 1988. Pubblicherò poi il mio intervento e vi farò seguire un’idea sui bisogni consapevoli e/o inconsapevoli dei cittadini, sia quelli che da generazioni vivono questi territori sia quelli che invece vi sono da pochi anni, sia appartenenti alla nazionalità italiana sia a quelle non italiane, ma che comunque abbiano bisogno di approfondire la conoscenza della lingua e delle storie, offrendo innanzitutto in cambio le loro specifiche conoscenze mettendole insieme nello stesso comune crogiolo inter-multiculturale.

Dalla presentazione del prof. Federighi:

“…..A partire dal 1986, a Prato si è dato vita ad un controllato processo di costruzione di un sistema urbano di educazione degli adulti che, oggi, ha oramai superato il primo quinquennio di attuazioni. La ricerca, impostata da De Sanctis assieme ai suoi collaboratori ed a Massimo Bellandi e Doriano Cirri, prospetta obiettivi e tappe di attuazione che giungono fino all’anno 2000. Oggi, a sei anni dal suo inizio, dopo aver percorso le prime fasi del suo processo di attuazione alcune risposte alle principali questioni fondanti la ricerca sono state date.
Realizzando attività educative organizzate per oltre mille cittadini ogni anno – per la maggior parte nel campo dell’educazione formale – sono state messe a fuoco le ragioni che finora hanno impedito o non hanno lasciato emergere le aspirazioni dei cittadini verso uno sviluppo intellettuale generale.
A partire dal ruolo di programmazione e di diretto rapporto con i problemi della gente, di gestione di servizi comuni ai diversi agenti educativi locali, si è definito, sia sul piano teorico che pratico, il ruolo di un Comune rispetto alle aspirazioni educative dei propri abitanti. Si è precisato come sia possibile dare inizio ad un processo formativo nel campo dell’educazione degli adulti a partire dal Comune. Ciò sia nella prospettiva di una ripartizione di competenze con le amministrazioni pubbliche sovraordinate, che nella possibile loro latitanza. Nello stesso tempo, praticando il superamento della contrapposizione tra accentramento e decentramento, tendendo a far assumere a ciascuno le proprie competenze – dai consigli di circoscrizione agli organismi nazionali ed internazionali – si è riusciti a raggiungere obiettivi sociali più avanzati……Il seminario – progettato e organizzato con Filippo M. De Sanctis, Doriano Cirri e Manuela Borchi – fu dedicato, come ricorda De Sanctis nell’Introduzione qui pubblicata, a Nabila Breir, educatrice degli adulti, che con noi aveva cooperato per la creazione dell’Associazione Mediterranea di Educazione degli Adulti, uccisa a Beirut.”

In relazione a questa dedica riporto il paragrafo conclusivo dell’Introduzione del prof. De Sanctis qui sopra richiamata. Il suo titolo assume un profondo ed inequivocabile significato: non c’è Cultura senza la Pace. E la Pace ha inizio e completamento all’interno delle Conoscenze e delle Culture.

E’ il paragrafo cinque, quello conclusivo dal titolo “A dedication for peace“

In the name of the Mediterranean Adult Education Association, I wish to ask participants to dedicate this seminar to the name of Nabila Breir. Nabila was an Arabian colleague who on the 18th of December, 1986, in Beirut, on his way to work, was barbarously assassinated. I met Nabila in Paris during the last assembly of UNESCO. On that occasion he worked towards establishing on behalf of the Association relations between Arabs and Israelis. Together we thought that neither yesterday’s or today’s conflicts should prevent us from working towards peace for tomorrow. The International Council for Adult Education has created a prize dedicated to the memory pf Nabila Breir. We invite you to join us in this enterprise.

…ALTRE STORIE…… 1

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ALTRE STORIE 2 (un impegno per la PACE e per la Conoscenza contro la violenza e le guerre)

C’è un modo sublime, straordinario, di impegnarsi per costruire la Pace, e non è quella di andare armati in luoghi di “guerra” e di “violenza” anche se nominalmente a difesa di popoli oppressi, come tante volte hanno fatto tanti giovani, alcuni dei quali impropriamente sono stati descritti come “eroi” dopo aver perso la vita. Grande pena per parenti ed amici, ma non riesco a riconoscere come paladini della pace e delle libertà simili personaggi. Ben diversa è la scelta di quelle persone che hanno deciso di dedicare la loro vita, anche se in luoghi di guerra e di violenze, alle popolazioni che hanno bisogno di Tecnologie e di Culture per poter costruire il loro futuro.
Nabila Breir è stata una di queste.

Proseguo il trattamento del tema delle tecnologie a servizio dei progetti educativi, così come le interpretavo negli anni Ottanta a Prato. Questo fu il mio intervento svolto tra il 18 ed il 22 maggio 1988:

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NUOVE TECNOLOGIE…. VERSO IL 2000

Introduzione

La dizione “nuove tecnologie” è così ampiamente generica da richiedere in apertura una precisazione: il mio intervento è riferito alle nuove tecnologie elettroniche cineaudiovisuali nell’ambito della riproduzione e fruizione delle immagini in movimento e l’ambito di riferimento cui è diretto è quello dei progetti didattico-educativi, nel senso più ampio. Nel passaggio dagli Anni Settanta agli Anni Ottanta si è verificato un cambiamento di tendenza estremamente importante nella socieà italiana: si è cioè passati da una politica sociale e culturale rivolta all’esaltazione dell’ “effimero” ad un diverso tipo di intervento che puntasse maggiormente sull’impegno e sulla concretezza, contrapposto ad un’astrattezza e ad una passività (nell’ambito della fruizione) che avevano contraddistinto fortemente il precedente periodo. Il riflusso che è alla base di questo mutamento di direzione culturale fu innescato da circostanze non proprio felici fra le quali vanno annoverate la crisi economica, la crisi politica e sociale, il terrorismo, la liberalizzazione delle emittenze radiotelevisive. Infatti, soprattutto nelle grandi città è apparso sempre più difficile portare fuori la gente dalle loro abitazioni particoralmente di sera e la spesa culturale è andata sempre più ridimensionandosi: da qui è derivato che occorreva spendere meno ma spendere meglio, realizzando interventi che non fossero fini a se stessi. Parlare di nuove tecnologie in maniera generica finisce con il creare quasi sempre una grande confusione; gli stessi addetti ai lavori potenziali hanno difficoltà semplicemente a riferire di cosa si tratti e, quando pure una minoranza ne sappia fare l’elenco, è una successiva molta ridotta percentuale di essa a saper descrivere l’uso pratico e soprattutto didattico di questi strumenti. Eppure, all’interno dell’ordinamento scolastico italiano, non è previsto l’adeguamento ufficiale del personale, sia quello docente sia quello di supporto tecnico, e tale “aggiornamento” è riservato in modo esclusivo alle capacità individuali, alla buona volontà e particolare sensibilità, alla disponibilità di tempo e di denaro personale del docente: appare chiaro che nelle rivendicazioni categoriali questo aspetto (che non va certamente riferito in modo stretto all’ambito della nostra discussione) assume una forte rilevanza; il docente avverte la necessità, per mettersi in linea con i tempi, che gli venga riconosciuta in modo specifico una valenza educativa più complessa e più ampia, se non diversa tout court, che vada al di là del rapporto diretto con i suoi allievi, pur rimanendo questo compito altamente prioritario.

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Joshua Madalon

continuo a riprodurre alcuni documenti per la storia politica del territorio – Comitato Civico Permanente di Studio ed Elaborazione Progettuale di San Paolo PRATO – un’integrazione al documento del 18 gennaio 2014 PERCHE’ IL NOSTRO PROGETTO DI “LUOGHI IDEALI” NON FU REALIZZATO

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continuo a riprodurre alcuni documenti per la storia politica del territorio – Comitato Civico Permanente di Studio ed Elaborazione Progettuale di San Paolo PRATO – un’integrazione al documento del 18 gennaio 2014

L’integrazione di cui parlavo ieri riguarda la nostra adesione al Progetto “Luoghi ideali”. Noi ritenevamo che l’aggettivo si formasse partendo dalle Idee e su quelle avevamo lavorato intensamente. Proprio per presentare il nostro Progetto avevamo fissato un incontro con un giovane ricercatore in Scienza Politica, che faceva parte del gruppo ristretto che operava intorno a Fabrizio Barca e gli scrivemmo una mail annunciando luogo dell’incontro (l’Istituto di ricerca IRIS) e temi.

Gentilissimo Mattia Diletti
oltre a quanto già scritto ieri sera, il nostro Circolo si sta dotando di un “blog” di cui parleremo lunedì al quale va lavorando Stefano Gruni e Marco Cagna e sul quale sarà chiesta la più ampia collaborazione in particolare di alcuni giovani che si sono avvicinati a noi in modo eminentemente “culturale”. Il nostro Circolo ha fra le sue caratteristiche quella di non chiedere a chi partecipa l’adesione al PD fino a quando questa non viene espressamente decisa; in ogni caso chi viene ai nostri incontri, partecipa e contribuisce alle decisioni come se fosse iscritto: non ci interessano i record di iscritti, vorremmo i record di elettori.
Il nostro Circolo ha attivato su Facebook un account da poco più di sei mesi (avviato il 31 maggio 2013) dal titolo “Il Circolo dei Circoli” allo scopo di avviare una “rete” di contatti fra i tanti Circoli presenti su Facebook. Ad oggi le adesioni (poche sono quelle individuali) assommano ad 862.
Sappiamo di non essere “unici” ma intendiamo ad ogni modo contribuire alla costruzione di una Rete di “rapporti virtuosi” e non solo “virtuali”.
Ti aspettiamo. Quasi certamente saremo ospiti dell’IRIS http://www.irisricerche.it/ nella tarda mattinata.
Buon lavoro.
Giuseppe Maddaluno

L’incontro si svolse in maniera molto approssimativa e frettolosa. Noi presentammo il Progetto ed attendemmo le Note per poterlo meglio strutturare in un contesto complessivo che tenesse conto anche degli altri progetti. Nelle settimane successive ci sentimmo più volte con alcuni dei componenti del “gruppo di lavoro romano” e lavorammo ad una stesura che soddisfacesse a quelle condizioni. Attendemmo di poter essere inseriti nel novero dei progetti principali dei “Luoghi ideali” ma quando questi furono annunciati il nostro non c’era. Chiamai direttamente Fabrizio Barca per chiedere le motivazioni per l’esclusione e mi rassicurò che, pur non essendo tra i prescelti di prima fascia, il “nostro” avrebbe potuto essere realizzato di supporto ad altri “viciniori” (La Spezia). Ovviamente, era una “poco pia” menzogna, fatta a fin di bene, ma nascondeva l’imbarazzo di dover riconoscere che, per “eretici” come noi, non sarebbe stato possibile entrare in un contesto come quello senza il supporto del Partito. In realtà, si poteva essere “critici” ma fino ad un certo punto.

Joshua Madalon

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IN BREVE _ Dalle fake news alle trash e rabbish news –

IN BREVE _ Dalle fake news alle trash e rabbish news

A Prato si torna a fare i conti con la realtà dell’illegalità diffusa, ma la si attua a colpi di dichiarazioni che se non fossero legate a questioni serie sarebbero davvero esilaranti. Flaiano docet (la situazione…è grave ma non è seria).
Dopo la denuncia del presidente della Fondazione Caponnetto che paragona i nostri territori a quelli di Corleone, accostando la mafia storica a quella cinese, e l’eco che alle sue dichiarazioni verrebbero, a quanto riferisce Notizie di Prato, quotidiano on line, da settori della Procura di Prato e dal settore nazionale Antimafia ( http://www.notiziediprato.it/news/l-allarme-della-fondazione-caponnetto-il-triangolo-prato-firenze-osmannoro-e-la-corleone-della-mafia-cinese), c’è stato il contrappunto stizzito del Sindaco di Prato che non ha gradito che si parlasse di “mafia” e, senza negare la presenza diffusa di illegalità, ha sferrato un attacco alle critiche, etichettandole come “dichiarazioni semplicistiche” (http://www.notiziediprato.it/news/mafia-cinese-nicolosi-e-biffoni-nessuna-sottovalutazione-del-fenomeno).
Mancavano però le dichiarazioni dell’opposizione, ma non si sono fatte attendere molto. Sia il candidato Sindaco della Destra, Daniele Spada, sia la capogruppo in Consiglio comunale della Lega, Patrizia Ovattoni, si sono impegnati a sostenere la denuncia della Fondazione Caponnetto. Il primo, occorre dirlo, lo ha fatto in modo pacato; la seconda, come di consueto, in maniera sgangherata, lasciandosi andare, forse ad emulare maldestramente il suo leader nazionale, in affermazioni poco credibili perché impossibili da dimostrare in modo serio e scientifico. Ella fa una grande confusione tra il rispetto umano da riservare ad ogni creatura con la sottovalutazione dei fenomeni criminali: nessuno nella Sinistra, ancor più nella Sinistra estrema, ha mai mostrato di voler soggiacere alle illegalità ed alla criminalità, da qualsiasi parte essa provenga. Lo dimostra l’attenzione molto forte verso quei lavoratori che vengono sfruttati da nostri connazionali e da rappresentanti di altre nazionalità, emuli dei primi.
E’ proprio questo modo di confondere le acque ed annebbiare l’aria creando divisioni a consentire il permanere e lo sviluppo di attività illegali in città. Basterebbe farsi un giro per notare come si stiano diffondendo….basterebbe dare un’occhiata a certe pubblicità appiccicate dietro i parabrezza delle auto ed osservare quei disegni idilliaci che pubblicizzano attività che dovrebbero essere vietate, soprattutto in quanto fondate sullo sfruttamento.

Dopo il discorso di fine anno…..

Dopo il discorso di fine anno…… del nostro Presidente della Repubblica i commenti politici hanno messo in rilievo la profonda differenza di stile che caratterizza nel mondo politico le compagini partitiche più importanti. Salvini e la Lega non hanno perso l’occasione per mostrare lo scarso rispetto verso le istituzioni, in primo e unico luogo quella della Presidenza della Repubblica che costituzionalmente non è di parte. Mattarella ha espresso come non mai in tante altre occasioni con asciuttezza i temi prioritari ai quali il popolo italiano deve guardare nei prossimi mesi; ha richiamato alla fiducia partendo dalla fiducia, ha sottolineato i gravi rischi che sono collegati all’essere troppo autoreferenziali e poco propensi ad essere ispirati da una visione complessiva non solo europea ancorata in maniera stretta al proprio territorio. Indubbiamente ha utilizzato in modo pacato e discorsivo una sollecitazione ad andare oltre i nazionalismi e i sovranismi. Questo ha provocato la reazione di Salvini che, non avendo – come spesso gli accade – argomenti validi per controbattere le affermazioni del Capo dello Stato, si è “limitato” a giudicare il discorso riferendosi indirettamente a “discorsi melliflui, più incolori, più indolori e più insapori”. In modo indiretto, sì, ma chiaro soprattutto a chi è ormai avvezzo a sentire le sue esternazioni contornate da riferimenti impropri e sacrileghi a simboli religiosi e immagini sacre.
Il nostro Paese non merita di essere rappresentato da questo livello culturale ed è importante che se ne renda “davvero” conto quella parte sana del Paese (non importa neanche in quale collocazione partitica essa sia) che è chiamata ad operare “insieme” per portare l’Italia fuori dalle secche della crisi.
J.M.

La “lettera dal carcere” del 30 dicembre 1929

La “lettera dal carcere” del 30 dicembre 1929

30 dicembre 1929

Cara Giulia,
non mi sono ricordato di domandare a Tatiana con la quale ho avuto un colloquio qualche giorno fa, se ti aveva trasmesso le mie due ultime lettere a lei. Penso di sí, perché avevo domandato che lo facesse; perché volevo che tu fossi informata d’un mio stato d’animo, che si è attenuato, ma non è ancora completamente sparito, anche a costo di procurarti qualche dispiacere.
Ho letto con molto interesse la lettera in cui mi hai dato una impressione del grado di sviluppo di Delio.

Le osservazioni che farò devono essere naturalmente giudicate tenendo presente alcuni criteri limitativi: 1) che io ignoro quasi tutto dello sviluppo dei bambini proprio nel periodo in cui lo sviluppo offre il quadro piú caratteristico della loro formazione intellettuale e morale, dopo i due anni, quando si impadroniscono con una certa precisione del linguaggio, incominciano a formare nessi logici oltre che immagini e rappresentazioni; 2) che il giudizio migliore dell’indirizzo educativo dei bambini è e può essere solo di chi li conosce da vicino e può seguirli in tutto il processo di sviluppo, purché non si lasci acciecare dai sentimenti e non perda con ciò ogni criterio, abbandonandosi alla pura contemplazione estetica del bambino, che viene implicitamente degradato alla funzione di un’opera d’arte.
Dunque, tenendo conto di questi due criteri, che poi sono uno solo in due coordinate, mi pare che lo stato di sviluppo intellettuale di Delio, come risulta da ciò che mi scrivi, sia molto arretrato per la sua età, sia troppo infantile. Quando aveva due anni, a Roma, egli suonava il pianoforte, cioè aveva compreso la diversa gradazione locale delle tonalità sulla tastiera, dalla voce degli animali: il pulcino a destra, e l’orso a sinistra, con gli intermedi di svariati altri animali. Per l’età di due anni non ancora compiuti questo procedimento era compatibile e normale; ma a cinque anni e qualche mese, lo stesso procedimento applicato all’orientamento, sia pure di uno spazio enormemente maggiore (non quanto può sembrare, perché le quattro pareti della stanza limitano e concretano questo spazio), è molto arretrato e infantile.
Io ricordo con molta precisione che a meno di cinque anni, e senza essere mai uscito da un villaggio, cioè avendo delle estensioni un concetto molto ristretto, sapevo con la stecca trovare il paese dove abitavo, avevo l’impressione di cosa sia un’isola e trovavo le città principali d’Italia in una grande carta murale; cioè avevo un concetto della prospettiva, di uno spazio complesso e non solo di linee astratte di direzione, di un sistema di misure raccordate, e dell’orientamento secondo la posizione dei punti di questi raccordi, alto-basso, destra-sinistra, come valori spaziali assoluti, all’infuori della posizione eccezionale delle mie braccia. Non credo di essere stato eccezionalmente precoce, tutt’altro. In generale ho osservato come i «grandi» dimentichino facilmente le loro impressioni infantili, che a una certa età svaniscono in un complesso di sentimenti o di rimpianti o di comicità o altro di deformante. Cosí si dimentica che il bambino si sviluppa intellettualmente in modo molto rapido, assorbendo fin dai primi giorni della nascita una quantità straordinaria di immagini che sono ancora ricordate dopo i primi anni e che guidano il bambino in quel primo periodo di giudizi piú riflessivi, possibili dopo l’apprendimento del linguaggio. Naturalmente io non posso dare giudizi e impressioni generali, per l’assenza di dati specifici e numerosi; ignoro quasi tutto, per non dire tutto, perché le impressioni che mi hai comunicato non hanno nessun legame tra di loro, non mostrano uno sviluppo.
Ma dal complesso di questi dati ho avuto l’impressione che la concezione tua e di altri della tua famiglia sia troppo metafisica, cioè presupponga che nel bambino sia in potenza tutto l’uomo e che occorra aiutarlo a sviluppare ciò che già contiene di latente, senza coercizioni, lasciando fare alle forze spontanee della natura o che so io. Io invece penso che l’uomo è tutta una formazione storica, ottenuta con la coercizione (intesa non solo nel senso brutale e di violenza esterna) e solo questo penso: che altrimenti si cadrebbe in una forma di trascendenza o di immanenza. Ciò che si crede forza latente non è, per lo piú, che il complesso informe e indistinto delle immagini e delle sensazioni dei primi giorni, dei primi mesi, dei primi anni di vita, immagini e sensazioni che non sempre sono le migliori che si vuole immaginare. Questo modo di concepire l’educazione come sgomitolamento di un filo preesistente ha avuto la sua importanza quando si contrapponeva alla scuola gesuitica, cioè quando negava una filosofia ancora peggiore, ma oggi è altrettanto superato. Rinunziare a formare il bambino significa solo permettere che la sua personalità si sviluppi accogliendo caoticamente dall’ambiente generale tutti i motivi di vita. È strano ed interessante che la psico-analisi di Freud stia creando, specialmente in Germania (a quanto mi appare dalle riviste che leggo) tendenze simili a quelle esistenti in Francia nel Settecento; e vada formando un nuovo tipo di «buon selvaggio» corrotto dalla società, cioè dalla storia.
Ne nasce una nuova forma di disordine intellettuale molto interessante.
A tutte queste cose mi ha fatto pensare la tua lettera. Può darsi, anzi è molto probabile, che qualche mio apprezzamento sia esagerato e addirittura ingiusto. Ricostituire da un ossicino un megaterio o un mastodonte era proprio di Cuvier, ma può avvenire che con un pezzo di coda di topo si ricostruisca invece un serpente di mare.
Ti abbraccio affettuosamente.
Antonio

giornata di riposo (parziale) ripubblico nella sua interezza il RACCONTO D’AUTUNNO-INVERNO (con annunci di primavera) – BUON NATALE 2019

giornata di riposo (parziale) ripubblico nella sua interezza il RACCONTO D’AUTUNNO-INVERNO (con annunci di primavera) – BUON NATALE 2019

Giovedi 19 dicembre, è l’ultimo giorno dell’anno nel quale dialogo con gli stranieri per insegnare quel minimo di lingua italiana. C’è già da qualche giorno in città la nevrotica smania di consumo che caratterizza le feste. Il traffico è già intenso alle otto; c’è da andare al lavoro e c’è anche da accompagnare i bambini a scuola. Noi da qualche tempo non abbiamo questo impegno. Da San Paolo al centro occorre attraversare Chiesanuova. E càpita spesso di dover stare in fila dietro camion compattatori. E autisti che non conoscono le regole della precedenza e della segnalazione di cambio di direzione. Bisogna essere prudenti. Per tutto questo per rispettare la mia ansia di puntualità mi anticipo di una decina di minuti. Anche perchè per evitare un parcheggio a pagamento fermo la mia auto in una zona libera, più lontana del solito da Piazza Mercatale. Faccio a piedi lungo la ciclabile, da una parte il fiume che in questi giorni è gonfio di acqua, al di là di esso il borgo magnifico del Cantiere con il suo skyline basso popolare; e dall’altra parte la fabbrica Calamai esempio di archeologia industriale riconvertita in modo corretto.

Mi inoltro poi nel sottopasso della linea ferroviaria che congiunge Firenze a Pistoia e Viareggio e vado verso l’ingresso della Passerella che congiunge le due rive del Bisenzio. Non devo attraversarla ma solo costeggiarla. Alla fermata della Cap, le autolinee cittadine, c’è gente in attesa. Faccio uno slalom rapido ma “Maestro!” sento una voce roca che sembra rivolta a me. Mi giro e rivedo uno dei miei ex allievi, un nigeriano, che mi sorride e mi augura, condito da uno sguardo dolce e tranquillo, buone feste. Mi fermo, sono come sempre mi accade in anticipo, e lo abbraccio scambiando anche le mie “buone feste” e poi “ma anche voi festeggiate il Natale?”. Non mi risponde, lo sguardo diviene solo un po’ più serio e “Parto per il mio paese tra qualche giorno”, solo “un po’” più serio. “Allora, festeggerai con la tua famiglia?!”. “No, torno perché è morta mia madre!” Cerco di non far riconoscere il gelo che è dentro di me per essere stato così insistente e inopportuno. “Mi dispiace…ma hai problemi a tornare, poi?” “No, vengo” facendo il segno del volo “in aereo, non in barcone”. Lo abbraccio di nuovo con un sentimento diverso rispetto al primo e lo saluto, augurandomi abbia una buona fortuna. Ci vuole così poco per riconoscere che l’umanità ha colori diversi e tocca a noi distinguerli e farne una ricchezza da condividere. Proseguo verso la Piazza, attraverso via Sant’Antonio. Non c’è molto traffico. Uso il marciapiede anche se potrei agevolmente stare sulla strada che è a senso unico verso la mia direzione di marcia. Da lontano vedo arrivare uno dei giovani con il quale mi sono sempre confrontato sin da quando lui era un ragazzo di Liceo, lo stesso frequentato da mia figlia Lavinia. Negli ultimi tempi il nostro confronto si è diradato: abbiamo avuto delle divergenze, sempre però mantenute all’interno di un rapporto di rispetto.

2.
Proseguo su una linea diretta, di incontro. Due veicoli umani che viaggiano su posizioni opposte. Una forma di infantilismo che non mi abbandona. Sorrido ed il giovane sorride per quel che sa fare. Giovani significa anche saper distinguere le differenze e fidarsi delle persone libere; ma appare, sin dal sorriso appena accennato che dalla prossemica impertubata, incapace di volare, forse impaurito da prospettive incerte. “Come va?” generiche domande. “Sono sempre più convinto che il futuro senza un vero cambiamento non abbia sbocchi positivi. Se non si risponde in modo significativo alle domande della stragrande maggioranza della gente, che è sempre più bisognosa di riprendere fiducia, si offre spazio alle Destre, quelle peggiori.”
Mi risponde “Chi dice che noi non cambiamo e ci rinnoviamo; è il tuo punto di vista”. Capisco e pur isnistendo mi rendo sempre più conto della divergenza di vedute, con punti di vista sempre più distanti e gli ricordo “Hai detto da tempo che ormai non avevo più nulla da condividere con il tuo Partito, anche se è stato per tanto tempo il mio!”.
Ciascuno ha fretta di riprendere il cammino. “Auguri! Saluti alla famiglia!” e “Auguri! Saluti anche alla tua!”
Attraverso lo sboco di via Santa Margherita per entrare in Piazza Mercatale. E mi avvio verso San Bartolomeo, con il campanile che ricorda quello di Venezia; salgo la scalinata ed entro nell’atrio, imbocco la porticina che conduce al piccolo Chiostro. Salgo le scale interne. Non sono ancora le 9. Do una mano alla segretaria del corso per mettere in ordine i registri ed aprire tutte le imposte. Fa freddo dentro, più freddo che fuori: oggi non c’è il riscaldamento, la caldaia non funziona, e temo per la mia salute oltre che per quella degli allievi che ancora tardano a salire. I miei allievi ormai “storici” riferiti però a questi ultimi mesi (c’è un turn over incessante e frequente) arrivano puntuali. Noto che una di loro, una giovane signora marocchina, puntuale come gli altri non c’è e chiedo se fosse stata già assente lo scorso martedì, giorno in cui non ci sono io a condividere questa esperienza. “Ha l’influenza; anche i suoi due bambini” mi dice una delle tre giovani donne cinesi. Come sempre, colgo al volo il tema. E lo sviluppo. La prima delle due ore parte sempre da un argomento utile per la conoscenza della lingua di uso quotidiano. Il lessico farmaceutico, il riconoscere i primi sintomi e saperli esporre, le precauzioni da adottare: sono propedeutiche alla coniugazione ed alla declinazione dei termini, maschile e femminile, singolare e plurale. La seconda ora, poco prima o poco dopo, è riservata ad una serie di esercizi su comparativo e superlativo e sui verbi impersonali e riflessivi, sull’uso frequente di questi. C’è una grande partecipazione, soprattutto da parte delle ragazze cinesi che si divertono un mondo a ripetere le parole con la “erre”. “State davvero diventando brave, soprattutto con la doppia “erre” – dico loro. Si aiutano tra di loro ed aiutano anche il “grande uomo” del Pakistan, capelli e baffi nerissimi, che ha più difficoltà a seguire. E’ più lento, la sua scuola “coranica” gli ha insegnato a leggere ma non a scrivere e quindi impiega più tempo a copiare.
Al termine delle due ore, solitamente c’è fretta di andar via. Oggi sembra tutto meno frenetico.
3.
C’è aria di festa. Le tre ragazze cinesi si attardano, attendono che anche il “grande uomo” si congedi. Con aria di complicità inattesa mi porgono una borsina colorata “Questo è per lei!” mi dice la più vivace tra loro. Smetto di preparare il mio zaino e “Grazie! Cos’è?” “Un piccolo pensiero” fermandosi sulla “erre” come sempre (…rrro, rrro!). Lo prendo e guardo dentro: c’è una confezione trasparente ed infiocchettata di rosso. La sollevo e la osservo: è una bolla di vetro che contiene un piccolo grazioso presepe, simbolo della natività. Sorrido, non posso che ringraziare del dono speciale che mi hanno consegnato. Come segno di apprezzamento concreto sistemo il dono su un tavolino e scatto una foto con il mio smartphone, la invio subito a mia moglie con la sottolineatura dell’importanza del dono, segno del riconoscimento delle nostre tradizioni, che vanno al di là della specificità laica che mi contraddistingue.
D’altra parte anche io, laico ed ateo, non posso non dirmi “cristiano”, intimamente e costitutivamente, così come aveva scritto nel suo breve saggio del 1942 Benedetto Croce. Anche la mia presenza in un contesto cattolico e religioso, anche interreligioso, assume una significazione speciale.
Saluto e mentre le ragazze escono mi soffermo a registrare gli ultimi argomenti trattati. Un attimo e i nuovi allievi entrano; salutano con rispetto e deferenza, ma non sono i miei. Esco dopo un paio di minuti e mi soffermo a parlare con le altre colleghe. Nel pomeriggio ci sarà una festa, un classico rendez-vous a chiusura dell’anno solare. Ci sarà il Vescovo. Si riprenderà il 9 gennaio. Avverto che difficilmente potrò partecipare e annuncio che sarò via per tutta la metà del mese prossimo: vado a Napoli. C’è una notazione pregiudizievole da parte di una delle segretarie organizzative; con una smorfia che è tutto un programma e qualche battutina contornata da beffardo sorriso dileggia la città partenopea. Le faccio notare che la mia città natale è a pieno titolo una delle capitali della Cultura mondiale, forse non superiore a Firenze ma di certo non inferiore ad essa. Un luogo nel quale la passione e l’inventività non hanno paragoni e sono elementi sostanziali di creatività e genialità; l’arte e la Storia sono diffuse in ogni angolo, molto più di quanto avvenga in realtà baciate maggiormente dalla ricchezza materiale. Ad ogni modo raccolgo il sostegno delle mie colleghe, che dimostrano di conoscere bene la realtà di cui accenno in rapida necessaria sintesi.
Saluto. Devo andare in banca…devo pagare l’IMU sulle seconde case.
Non c’è una gran fila. E poi gli sportelli sono tutti aperti ed operativi. Mentre attendo do uno sguardo ad alcuni libri che sono a disposizione dei clienti dietro una minima offerta di un solo euro: c’è Telethon nei prossimi giorni. Due signore in attesa parlottano tra loro e non posso fare a meno di ascoltarle.
“Vuoi sapere” dice una signora sobriamente vestita sulla via dei sessanta all’altra molto più giovane, quarantenne molto più appariscente “vuoi sapere cosa ha combinato mio nipote?”
“Chi? Andrea? Quanti anni ha fatto?”
“Quattro. A settembre”
“Cosa avrebbe combinato?”
“Nulla di grave, ma è sorprendete ad ogni modo!” aggiunge la “nonna” compiaciuta visibilmente.
“E allora?”
“Ha chiamato il padre mentre era in ufficio e gli ha annunciato che aveva deciso di sposarsi….”
“Mah, guarda un po’ quel soldo di cacio!” commentò la più giovane. “E cosa gli ha risposto Vittorio?”
“Vittorio mi ha detto che era rimasto incuriosito, anche se lì per lì stava per chiedergli di ragionarne in un altro momento: in ufficio si lavora; ma invece gli ha chiesto subito con chi volesse sposarsi….”
“E con chi?…”
“Con me…” la nonna era, come si dice a Napoli, “priata” cioè “lusingata”.
“Con te?… e Vittorio?”
“Vittorio…eh Vittorio gli ha risposto che non poteva sposare la nonna perchè era sua madre”
“E Andrea?”
“Andrea…” la nonna era visibilmente commossa “il piccolino non si è perso d’animo e gli ha risposto”
Momento di attesa.
“Gli ha semplicemente detto: e perchè mai non posso sposare la tua mamma; tu, non hai sposato la “mia”?”
Indubbiamente nulla da obiettare!

Care amiche e cari amici, Buon Natale! State sereni, ma seriamente, non per metafora negativa come ormai è diventata consuetudine nell’agone politico.

Joshua Madalon