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11 agosto – LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014 – 5 (per la parte 4 vedi 26 luglio)

LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014 – 5 (per la parte 4 vedi 26 luglio)

Proseguo nella pubblicazione di una serie di documenti collegati al tempo dei primi passi del Partito Democratico, per poter consentire a chi ne vorrà fare uso di comprendere quali fossero le difficoltà per far nascere e crescere un Partito realmente innovativo, così come previsto dai fondatori ed esposto nei progetti preparatori.

5 luglio 2008

Gentilissime\i

vi assicuro (soprattutto assicuro *******) che stanotte ho dormito bene. Tuttavia credo di avere pensato a quel che ci siamo detto ieri sera. Intanto vi ringrazio per essere venuti e spero di potervi avere con me tante altre volte. L’amicizia è forse uno dei punti fermi fondamentali da cui poter ripartire; personalmente avverto la necessità di riflettere su questo argomento.

Ho recepito gli input su “razzismo” e “salario sociale”. Vorrei aggiungere a questi temi un altro che reputo “interno” e dirompente, cioà un’altra buona occasione per litigare “in silenzio” con le leadership del “sedicente” Partito Democratico di Prato.

Penso ad un dibattito su “Partito Democratico – come doveva essere\come è oggi” che raccolga parte rilevante di quei “Democratici” che non riescono a riconoscersi “del tutto o in parte” in questi pseudodirigenti a qualsiasi livello che ci ritroviamo.

Vi allego del materiale che trovo interessante inviatomi da ****** *****; mi sono chiesto e gli ho chiesto – per mail – chi siano i suoi interlocutori ai quali si rivolge alla fine del suo articolo. ***** è di certo un ragazzo in gamba; è uno dei pochi con il quale abbiamo avuto un rapporto chiaro – a volte anche un po’ conflittuale ma sempre limpido.

Leggete anche l’articolo su Lucca: se ciò che Fulvetti (!) dice corrisponde ad una vera azione di governo del PD la distanza con Prato è abissale.

Grazie. Ci sentiremo molto presto.

Giuseppe Maddaluno

Gentilissime\i

è da qualche tempo che non riesco ad incontrare persone che parlino dell’attuale PD riconoscendolo come quello che era nei nostri pensieri fino a pochissimi mesi fa. Non mancavano le preoccupazioni che ciò potesse accadere, ma tutti riponevamo grande fiducia nella capacità dei leader piccoli e grandi di comprendere che un rinnovamento complessivo della Politica andava costruito attraverso il superamento dei vecchi strumenti e l’approdo verso nuove modalità di accesso e di regolamentazione della vita partecipativa di tutti i cittadini.

Era evidente che questa scelta così coraggiosa avrebbe aggregato vecchi e nuovi “aderenti” sollecitati dalla possibilità di partecipare “davvero” alla costruzione di un Partito con l’abbattimento dei vecchi steccati ideologici e pragmatici.

OGGI chi può dire che questo è avvenuto? Solo degli stupidi interessati politicanti sia nuovi che vecchi (alla mente si affolla una congerie di volti) possono andarlo a dire.

Se è vero quello che ho detto all’inizio dunque per fortuna rifuggo dal frequentare simili individui e quando li incontro ne mantengo una rispettosa distanza: odio – sì, odio – ed è da tempo che lo vado dicendo – gli ipocriti; coloro che ritengono di essere più furbi sono gli elementi pericolosi che andrebbero allontanati, ma la loro fortuna è nell’omologazione verso il peggio, la capacità di dire niente di nuovo rimasticando elegantemente le affermazioni dei vari “capi”, ora in questo giovane PD anche dei “capicorrente”.

10 agosto I CONTI NON TORNA(VA)NO parte 26 (per la parte 25 vedi 9 luglio)

10 agosto I CONTI NON TORNA(VA)NO parte 26 (per la parte 25 vedi 9 luglio)

Avevo principiato a trattare l’argomento della inadeguatezza politica locale (il termine è vago ed è estensibile a tutto il territorio nazionale, tranne pochissime rare eccezioni) riservata ai temi della Istruzione soprattutto relativamente all’edilizia scolastica. Il primo post dal titolo “I CONTI NON TORNANO” è del 10 settembre 2016. Sono riportate storie di vita sotto forma metanarrativa e documenti vari che attestano questa incapacità che, verificata ulteriormente oggi in epoca pandemica – si spera “post”, comporta straordinari sacrifici e la richiesta di un grande sforzo coraggioso che eviti di dover essere costretti ancora ad utilizzare la Didattica a distanza, per assenza di spazi adeguati. Il 26 giugno del 2020 riprendevo a trattare l’argomento con un post dal titolo “Perché i conti non torna(va)no(sulla “SCUOLA” di ieri e quella di oggi)” Detto questo, procedo.


…prosegue la trascrizione della seduta delle Commissioni n.5 congiunte di Comune e Provincia del 18 dicembre 1998

prosegue l’intervento dell’Assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia di Prato

…Rileva che la differenza con la scuola dell’obbligo sta nella questione delle preiscrizioni poiché, per gli istituti superiori, oltre alle fasce d’età, occorre considerare anche il tasso di scolarità. Specifica, infatti, che nel fare le proposte si è considerato anche l’eventuale innalzamento dell’obbligo a 15 anni, aumentando di tre punti percentuali i valori del tasso di scolarità. Passa, quindi, ad illustrare dettagliatamente la situazione di ogni istituto superiore rilevando, alla fine dell’esposizione, che vi è analogia con la situazione nazionale per quanto riguarda i fenomeni di crescita o di calo dei vari istituti.

Ad una richiesta di fornire i dati relativi al Convitto Cicognini l’Assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia risponde

Fornisce i dati richiesti. Aggiunge che molta attenzione è stata posta nel considerare gli indici fissati dal Ministero; ciò al fine di evitare di compiere operazioni sbagliate. Naturalmente, prosegue, occorre considerare anche i contenuti didattici, l’offerta formativa e la conseguente autonomia. Ribadisce che è importante che ogni scuola compia le scelte sulla propria offerta formativa non da sola, ma rapportandosi al territorio, agli Enti Locali, alle imprese, ecc.

Una rappresentante del Consiglio Regionale “chiede chiarimenti circa i parametri di dimensionamento”.

L’Assessore alla P.I. della Provincia nel rispondere “Ricorda quali sono gli indici fissati (500/900 alunni come minimo e massimo) facendo presente che per le zone ad alta densità demografica e per gli istituti dotati di laboratori specialistici si possono derogare questi indici. Poi, aggiunge, c’è anche il buon senso a consigliare che non è né utile né intelligente smembrare una scuola.

L’Assessore alla P.I. del Comune “aggiunge che, comunque, gli indici sono più rigidi per la scuola dell’obbligo e più elastici per quella superiore”. “Chiede poi di spiegare meglio le ragioni che portano ad un aumento del Buzzi e ad una diminuzione del Gramsci. Chiede, inoltre, di sapere in base a quali criteri sono state costruite le proiezioni”.

L’Assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia “Spiega che la crescita del Buzzi è strettamente legata allo sviluppo dell’intera area, mentre per il Gramsci si può parlare di un processo che si colloca in un trend nazionale. Si dilunga, quindi ad illustrare i criteri adottati per effettuare le proiezioni statistiche”.

…26…

9 agosto – LE STORIE – altre (il Circolo San Paolo di via Cilea) 2009 seguenti – dopo una breve introduzione parte 2

Quello che segue è un documento datato marzo-aprile 2009 con il quale colui che, meritatamente, sarebbe divenuto coordinatore del Circolo, avanzava una “proposta” di intervento urbanistico riqualificativo del territorio sud-ovest di San Paolo. Il tema era stato sviscerato tra coloro che sarebbero poi stati “storici” sostenitori e protagonisti di tutte le attività politiche culturali che avrebbero avuto la capacità di coinvolgimento ampio di gran parte della città. A Prato – a San Paolo – vennero grandi personaggi a seguire il percorso avviato. Occorre chiedersi come mai tutto questo impegno sia stato poi vanificato.

PROPOSTA PER UN PROGETTO DI INTERVENTO URBANISTICO,  INFRASTUTTURALE E AMBIENTALE NELL’AREA INDUSTRIALE DEL BALDASSINI ZONA MACROLOTTO ZERO

La zona è situata tra via Galcianese e via San Paolo e tra Via Toscanini e via Donzelli.

Se può essere utile in questa area scorre la gora del pero da nord a sud.

L’area ha una vasta parte verde di cui una buona parte di proprietà del COMUNE un’altra parte della Curia il tutto adiacente al complesso industriale del Baldassini.

Io mi chiedevo, se questa area facente parte del macrolotto zero, dove da anni vengono fatti studi per trovare delle soluzioni per la sua riqualificazione, potesse essere utilizzata come punto di partenza e di rottura diciamo pure per dare un segnale  forte e forse anche ambizioso alla popolazione ed anche alle generazioni future.

Non penso ad un qualcosa che sia di interesse solo all’abitante della zona ma che possa essere utile a tutta la cittadinanza e non solo.

La mie proposte sono due.

La prima è composta di due parti:

La parte prima è quella di sfruttare gli ampi terreni adiacenti al complesso industriale del Baldassini per adibirlo a parco cittadino attrezzato con chiosco e servizi igienici con un laghetto (andando a vedere magari quello che c’è ad Agliana vicino alla cioccolateria Catinari), inserendoci magari anche un giardino botanico come attrazione collaterale.

Il laghetto potrebbe essere usato anche come riserva d’acqua da utilizzare in caso di emergenza incendi perché situato in posizione strategica tra il Monferrato ed il Montealbano e vicino ad i vari macrolotti.

La parte seconda è quella di sfruttare tutti quei metri cubi del complesso industriale del Baldassini per costruire un struttura di utilità pubblica ma soprattutto ambiziosa.

Deve essere un’opera che dal punto di vista architettonico utilizzi tutte le tecnologie più avanzate di bioedilizia produzione e risparmio energetico cioè un opera architettonica autosufficiente e dirompente dal punto di vista funzionale ed estetico.

Io pensavo  per questa opera pubblica, di farne “la cittadella della cultura e della musica” dove potremmo dare una casa unica ad esempio alle grandi scuole di musica che abbiamo a Prato dotandole un auditorium all’avanguardia sale d’incisione, aule di studio dei vari strumenti musicali ecc. Un centro studi  del vernacolo e della canzone popolare italiana.

Si potrebbe dare una casa all’arte cinematografica chiamando a collaborare tanti nostri artisti pratesi da Veronesi a Benigni da Panariello a Nuti e quanti altri, dotando così Prato di un actors studios.

La seconda proposta ha in sé la prima parte della mia prima proposta ma la seconda parte vorrei proporre riguardo all’area industriale del Baldassini un centro per l’innovazione tecnologica e per l’innovazione ambientale e dell’energia alternativa.

Praticamente impiantarci la nostra silycon valley o meglio il nostro silycon park visto il parco adiacente.

Comunque possa essere utilizzata quest’area, penso possa essere comunque una porta verso la Prato del futuro.

 Il punto d’inizio della soluzione delle problematiche del macrolotto zero un segnale forte ma soprattutto utile da dare a tutti i cittadini sia a quelli che ci vivono sia chi giornalmente ci passano e quindi ne condividono i disagi.

Più che un’idea per i primi cento giorni il mio contributo vuole essere, in un momento di crisi di frustrazioni e di pessimismo, un segnale forza di volontà di creare nuove opportunità e di ricercare altri ambiti di sviluppo economico che non siano solo il tessuto o altro.

Questa mia nota vuole essere un semplice stimolo di discussione premesso che la mia proposta non è supportata da alcuna conoscenza specifica del campo dell’urbanistica ma è soltanto un desiderio di un cittadino che vuole vivere la propria città.

In fede

Marzio Gruni

P.S.

Allego quattro contributi cartografici della zona.

7 agosto – PICCERE’ – un recupero con revisione – 5 (per la 4 vedi 11 luglio)

5

Piccerè era una ragazza timida ma era stata abituata dalla madre e dalle sorelle, che le avevano sempre dato il buon esempio, a svolgere le attività casalinghe – anche se in “campagna” queste erano caratterizzate in modo molto diverso e vario. Proprio per questo più che la pulizia degli interni (in Sicilia l’impiantito era privo di piastrelle e marmi) la sua abilità era nella cura delle piante (il terrazzo dell’ingegnere era ampio e pieno di vasi con ortensie e non mancavano due striminziti alberi di limone) e soprattutto nella cucina. La signora l’aveva accolta con un certo sussiego mascherato da un sorriso ipocrita che denotava il suo sentimento di superiorità; le aveva poi mostrato i “ferri del mestiere” e la livrea sotto forma di “spolverino da casalinga” che avrebbe dovuto indossare; aveva dato le prime indicazioni di lavoro sottolineando che quella mattina lei doveva uscire per recarsi alla Parrocchia dove l’attendevano le amiche per organizzare le loro attività. Piccerè avrebbe dovuto spolverare i mobili di alcune sale e  passare il cencio con un liquido lucidante sul parquet nel salotto. La giovane seguì con attenzione le istruzioni che terminarono con un “Non aprire a nessuno. Eugenio ha le chiavi ma non tornerà prima di me. Ci vediamo per ora di pranzo”. Piccerè avviò subito ad eseguire le indicazioni della “signora” e dopo poco più di un’ora aveva terminato il suo primo compito; si recò sul terrazzo e decise di ripulire le piante delle parti morte, di annaffiarle e poi spazzò via anche un po’ di foglie che erano cadute sull’impiantito. Ma non ci mise molto ed allora pensò che certamente i signori sarebbero stati contenti ed entrò in cucina e decise seguendo il suo istinto “contadino” di  preparare  un sugo particolarmente elaborato utilizzando tutto quello che aveva visto essere a disposizione. Usò dei pomodori maturi, immergendoli in acqua bollente e poi privandoli della buccia incisa con particolare cura e maestria; aveva trovato in uno dei frigoriferi – al suo paese nelle case dei contadini non era uso possederne – della carne macinata e l’aveva fatta soffriggere aggiungendovi una cipolla ed un gambo di sedano sminuzzati in modo sottile. Aveva poi passato i pomodori e dopo una decina di minuti li aveva aggiunti al soffritto, abbassando la fiamma al minimo necessario per mantenere il “bollo”. Intanto aveva anche trovato delle zucchine e due melanzane; le aveva tagliate con cura e aveva posto sotto sale le fette di melanzane per far loro perdere tutto l’amaro. Aveva poi cominciato a friggere in abbondante olio  le zucchine tagliate in verticale, facendo attenzione a che non cuocessero troppo; la stessa cura ebbe poi con le melanzane una volta che furono pronte dalla dessalazione. Non appena il sugo fu addensato Piccerè, che intanto aveva anche trovato due minuscole mozzarelle, ma erano utili all’idea che aveva, le sminuzzò in una terrina ed avviò a far bollire un pentolone pieno d’acqua. Aveva poi cercato la pasta più adatta tra quelle che la dispensa proponeva, scegliendo dei rigatoni.

…5….

31 luglio – Le bandiere parte 2

Le bandiere parte 2.

Siamo tutti responsabili perché avremmo dovuto fornire segnali più chiari alle leadership; parto da me, dunque, senza autoassolvermi. Ho scelto di star fuori, non riconoscendomi più nè in chi promuove scelte ultrariformistiche e allo scopo di conquistare posti di potere si accorda e compromette con quella parte di forze economiche disponibili ad ogni contratto, a prescindere dalle posizioni politiche; nè tanto più (o tanto meno, fate vobis) con quella parte di politicanti categorici, dogmatici, esclusivi assolutisti, che ignorano alcuna possibilità di confronto e per la quale qualsiasi “deroga” assume l’aspetto di “revisione” assegnando a questo termine solo il significato negativo. A volte, riflettendo, non si rendono conto che finiscono per assimilarsi proprio a coloro che dichiarano di aborrire. Gli estremismi finiscono per assomigliarsi. Ma il tema per cui sono qui a scrivere è ben altro: attiene ad una flebile, sottile “disperata” speranza. Da tempo ormai, abbandonata la tuta dell’educatore militante nelle aule scolastiche, seguo le peripezie delle varie generazioni più giovani, nel progressivo svolgersi degli anni, i primi dieci e poi quelli successivi del Terzo millennio fino a questo inizio del terzo decennio. Molti tra questi “giovani” hanno messo in gioco la loro freschezza solo allo scopo di alzare il prezzo per il loro impegno, dimostrando molta più astuzia rispetto a tanti altri veterani per esperienza e per età. Costoro sono ancor più responsabili per la condizione disperata nella quale tanti di quelli che avrebbero potuto rappresentare il vero rinnovamento si ritrovano a vivere questa fase calante della loro esistenza: penso a me ma anche a tante altre figure più giovani e fresche di quanto io sia. Qualche giorno fa una breve interlocuzione con  uno ( cui accenno nella chiusura del post del 27 luglio ) di questi “giovani” – contornato da altri occasionali compartecipanti al dibattito con commenti e semplici “like”-  si è svolta intorno alla funzione simbolica – e non solo –  delle “bandiere”. E mi è tornato in mente Pier Paolo Pasolini che ne “Le belle bandiere” scrive  «Non si lotta solo nelle piazze, nelle strade, nelle officine, o con i discorsi, con gli scritti, con i versi: la lotta più dura è quella che si svolge nell’intimo delle coscienze, nelle suture più delicate dei sentimenti.»   La discussione verteva per l’appunto sull’aver scoperto che, alla manifestazione a sostegno dei “licenziati” della GKN di Campi Bisenzio, mancavano le “bandiere” del PD. Ho ex abrupto “istintivamente” (ed in modo insolito) commentato che “avrebbe potuto portarne lui stesso”. Credo di aver offeso la sua sensibilità, di aver toccato qualche corda irritata, visto che sono anni che non mi degna di alcuna attenzione nè contrapposta nè favorevole (sono stato a volte al suo fianco “fisicamente” e avevo la sensazione che non avvertisse la mia presenza). Mi ha risposto stavolta con una certa supponenza superiore, rilevando che da sempre ha voluto essere rispettoso  ( anche se con amara ironia descrive il “rispetto” come “una brutta abitudine )  delle gerarchie “partitiche”. Ho glissato, scusandomi per l’intromissione ( “avrei potuto stare zitto”), confermando il mio giudizio non lusinghiero sul futuro di questa “new generation” che vuole fare la Rivoluzione (a suo modo, ovviamente) rispettando le “gerarchie”. Senza che appaia come un’offesa: “il loro obiettivo è quello di sostituire semplicemente una vecchia gerarchia con nuove gerarchie”.

30 luglio – un recupero strumentale – continua il post di ieri 29 luglio

C’è consapevolezza o un nuovo tatticismo deleterio?

L’Assemblea nazionale del Partito Democratico del 14 marzo 2021 ha espresso praticamente all’unanimità (860 favorevoli 2 contrari e 4 astenuti) l’assunzione alla carica di Segretario di quel Partito da parte di Enrico Letta, chiamato a gran voce a sostenere quel ruolo da più parti, dopo le irrevocabili scelte di Nicola Zingaretti. Non illuda l’unanimismo, se dietro di esso si nasconda l’urgenza di trovare una sorta di “re Travicello”, un semplice simulacro per tacitare gli animi veementi ed inclini all’indisciplina. Per quanto io sappia, Enrico Letta non sorreggerà tali inclinazioni. Pur tuttavia bisogna avviarsi a trovare una pur minima risposta a quella domanda che ho inserito nel sottotitolo.

Subito dopo il discorso “programmatico” del nuovo Segretario si è aperto il confronto intorno ai temi che egli ha proposto e che sono stati annunciati come un “vademecum” che da lì a poco avrebbe fatto pervenire ai Circoli. Il titolo è “CONSULTAZIONE” il sottotitolo “Progressisti nei contenuti, riformisti nei metodi, radicali nei comportamenti” e poi 21 punti estremamente sintetici su cui dibattere.

Uno dei rischi che si corre quando c’è un “nuovo” leader è che, intuito il cambiamento del “vento”, ci si lasci trasportare in quella direzione. E forti dubbi ci sono in tal senso ed in queste ore: il dibattito sta evidenziando una sfilza infinita di pentimenti. Sembrano, in tanti, forse troppi, riconoscere gli errori, la presunzione di autosufficienza, la sottovalutazione delle critiche “pragmatiche non ideologiche” e la scarsa capacità espressa nell’aprirsi alle contaminazioni.

La resipiscenza “a chiamata” indotta da eventi non governati non è un buon segno. Significa che non si è stati in grado di esprimere al tempo debito il proprio dissenso, moderato o radicale che fosse. Questo atteggiamento significa, per me, che sono un eretico, che si privilegiano le posizioni acquisite e si opzionano miglioramenti. Non è un buon segno quando ci si appresta a seguire una nuova scia, affermando di condividerla senza che sia stata precedentemente affermata in modo chiaro e deciso.

Questo è ovviamente uno degli elementi di riflessione su cui avviare la ricostruzione di “un partito più aperto, inclusivo e partecipato”, per far sì che vi siano più “volti” veri che “maschere”; che sia possibile andare alla formazione di un partito che come “modello democratico” sia “capace di sfruttare le grandi opportunità offerte dall’innovazione digitale”; che abbia come obiettivo primario “il rapporto con i territori” e possa essere identificabile come “partito della prossimità”; che proprio per questo sia in grado di attivare una “economia della condivisione” con “il rafforzamento dei corpi intermedi”; che sia in grado di produrre un moto virtuoso nella società rendendola sempre “più inclusiva”.

Tutto questo…e altro sarà possibile soprattutto se quella “resipiscenza” non sia in possesso di un valore occasionale e strumentale, come in quel mio sospetto. A tale proposito, aprirsi dovrà significare essere capaci di produrre attrazione, e per far questo bisognerà essere in grado di dover fare non solo come segno simbolico dei passi indietro per consentire a chi entra o rientra di poter avvertire sincero interesse, ma anche non limitarsi ad un semplice strumentale consenso paternalistico.

Breve promemoria per un confronto aperto inclusivo e partecipato

  • Ripresa di una progettazione di un “nuovo Decentramento” non solo ma anche “volontario”
  • Elaborazione di una “identità” periferica facendo riferimento a progetti avviati nel passato recente (vedi “La Palestra delle Idee” e “Trame di Quartiere”)
  • Utilizzo delle potenzialità individuali da inserire in una nuova visione collettiva
  • Revisione dei Piani strategici urbanistici alla luce degli eventi drammatici (pandèmici e non solo)
  • Accelerazione di un processo di pubblicizzazione dei presidi sanitari
  • Creazione di strutture culturali periferiche al passo dei tempi e non velleitarie ed improduttive, partendo da quelle eventualmente esistenti inutilizzate già da tempo

29 LUGLIO un recupero strumentale p.1

Nel corso del mese di marzo 2021 si è svolta una sorta di blackcomedy italiana – la denuncia di Zingaretti (il fratello dell’interprete del commissario Montalbano) riapriva i cuori alla speranza di un “rinnovamento” – A conti fatti, oggi, quella speranza è del tutto svanita – Il post che segue serva da promemoria

UNA DOMANDA DA PORSI (tra le tante, con urgenza) – prima parte – un preambolo  (nella seconda parte la domanda)

Agli inizi di questo mese, al termine di un percorso molto irto di ostacoli, il Segretario del Partito Democratico si è dimesso da quel ruolo. Lo ha fatto in modo inedito, inusuale nel mondo della Politica, lanciando un atto di accusa all’intero Partito. Ha detto: “Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni”.

Di fatto, che le cose nel Partito Democratico non funzionassero, più di qualcuno se ne era accorto. Anche Zingaretti; ed è chiaro che, quando sei in un meccanismo che stenta a procedere, inceppato da mille convenzioni e convenienze, hai milioni di difficoltà ad uscirne in modo elegante. Anche per questo motivo, non sarebbe stato comprensibile, ed accettabile, un passo indietro (sarebbe apparso come una resa per debolezza, e Zingaretti non può essere attaccato su quel versante): era necessario esprimersi con una formula di “attacco” agli stessi organigrammi e apparati da lui “virtualmente” coordinati, quelle “correnti” litigiose ed ipocrite, molto più avvezze a mantenere le loro posizioni in equilibrio.

Il Segretario con la sua scelta non aveva alcuna intenzione di farsi pregare per ritornare in quella posizione ed ha contribuito forse proprio per questo motivo ad indicare la via di uscita, che possiede in gran parte anche il senso della figura che è stata chiamata a subentrare. In realtà il Partito Democratico stava vivendo una contraddizione strutturale sin dalla sua costituzione. Va ricordato che nelle prime consultazioni “primarie”, quelle costituenti di domenica 14 dicembre 2007, tra i candidati c’era anche il “nuovo” Segretario, Enrico Letta. Le “speranze e le aspettative” per un “cambio di passo metodologico” con le quali tanti avevano accolto questo nuovo Partito furono presto deluse (su questo Blog ne ho trattato e continuo a farlo pubblicando testi “storici” dell’esperienza personale locale). Il clou di questa tendenza, che portava sempre più lontano il Partito dalle masse più deboli e da quella parte che ne avrebbe voluto privilegiare le ragioni, è stato l’ingresso veemente di Renzi e di coloro che, oltre Matteo Renzi, anche loro fondamentalmente estranei a quegli obiettivi, lontani anni luce da essi, oltre che da una consistente parte già “interna” ne sollecitavano l’avvento per costruirsi fortune poco più che personali. E’ nato così il “renzismo” che non ha nulla da spartire con le idee “democratiche” (non necessariamente rivoluzionarie) che erano alla base dei programmi preparatori del nuovo Partito. Ho scritto – e detto – in più occasioni che per riaprire nuovi “cantieri” non vi è il bisogno di inventare nuove formule progettuali: basterebbe andare a ripescare ciò che si “scriveva e diceva” nella fase costituente.

Nella seconda parte mi porrò la “domanda” che è indubbiamente molto – ma davvero molto – retorica e la cui risposta è proprio per questo motivo unica. Senza questa “unicità” non c’è futuro, non c’è via d’uscita da questo “cul de sac” o “tunnel buio” nel quale ci siamo inoltrati.

C’è consapevolezza o un nuovo tatticismo deleterio?

…1…..

28 luglio – Le bandiere parte 1

LE BANDIERE

In questi lunghi mesi abbiamo sofferto, soprattutto, la solitudine. Anche se l’abbiamo combattuta utilizzando i nuovi marchingegni tecnologici, quelli che i miei genitori e noi stessi per un lungo periodo non abbiamo conosciuto. Al tempo dei miei giovani anni, telefonavamo a parenti ed amici dalle cabine nei bar utilizzando gettoni. Noi invece abbiamo, interagendo sul web, abbattuto le barriere, riuscendo a consolarci attraverso azioni, a volte collettive, anche di tipo – suppergiù – artistico; abbiamo abbandonato forzosamente i luoghi della convivenza civile, contando passi e metri, senza mai allontanarci più di quanto non fosse consentito dalla nostra abituale dimora, mantenendo distanze oltre il necessario. Il mondo del lavoro ha subìto un duro colpo, segnatamente in quei settori voluttuari non essenziali e non utili direttamente alla sopravvivenza minima; e questo ci ha indotti anche ad una certa qual moderazione. Nel contempo hanno potuto usufruire di alcuni vantaggi in modo diversificato tutti i settori dell’alimentazione e della produzione sanitaria; oltre che, ovviamente, tutti i comparti del pubblico e dei servizi alla persona. In quel periodo – per consolare la nostra angoscia – auspicavamo che sarebbe sorto dalle ceneri del vecchio un nuovo mondo “migliore”. E sì! anche perché il vecchio mondo non è che ci piacesse del tutto.

Oggi ci stiamo risvegliando lentamente dal torpore; quasi tutta la produzione è in rapida progressiva ripresa (lo affermano in particolare sia il Governo che i Sindacati degli imprenditori dei settori produttivi). Questo è uno dei titoli ripreso insieme al suo “sommario” di riferimento   (Il Sole 24ore del 10 giugno u.s.): l’articolo è firmato da Filomena Greco

    Produzione industriale in crescita per il quinto mese consecutivo

“Continua la ripresa con l’indice di produzione che recupera e supera i livelli pre-covid di febbraio 2020. Bene meccanica, trasporti e tessile”

https://www.ilsole24ore.com/art/produzione-industriale-crescita-il-quinto-mese-consecutivo-AEqGfQP

Nonostante ciò alcune scelte affrettate in materia di regolamentazione del mercato del lavoro, abbinate ad uno scarso livello di forza contrattuale da parte della Sinistra, sia quella politica che quella sindacale, hanno aperto il varco ad una serie di sciagurati interventi padronali con una caterva di licenziamenti a carico di lavoratori che, ritenendo di far parte di aziende considerate da tutti ”produttive”, non sospettavano minimamente di poter correre tale rischio.

Intorno a questi temi ed ai balletti ipocriti ( o perlomeno, ad essere teneri, espressione della loro incapacità ) da parte delle forze politiche e sindacali ho già accennato su questo Blog. Anche le “bandiere” presenti nei cortei (quelle che ci sono e quelle che non ci sono) stanno lì a dimostrare l’inefficacia dell’azione comune e, dunque, la necessità – l’urgenza – di assumersi responsabilità al di là delle “dimostrazioni” per ora solo apparenti e praticamente improduttive. Finiscono per essere essenzialmente poco più che un “rito”, macabro allorché giocato intorno alle disgrazie dei “licenziati”. Riconosco perfettamente che anche le mie esternazioni servono molto a poco, ma sono esposte a fin di bene. A quel giovane che si adonta di essere critico verso il potere dei dirigenti del PD, pur essendo fortemente organico ad esso (visto che sta da molto tempo studiando per farne parte a pieno titolo), chiedo una maggiore umiltà, una vera apertura non un tatticismo di troppo breve durata.

…1…

26 luglio – LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014 – 4

26 luglio – LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014 – 4 (la parte 3 è pubblicata il 6 luglio u.s.)

In coda alla parte 3 avevo annunciato la pubblicazione di una mia mail datata

3 luglio 2008

Carissimo ******

ho ricevuto il tuo invito e, come ti ho già preannunciato, non potrò essere presente perchè ho già un impegno.

Come Associazione ho invitato i fondatori ad una riflessione sulle possibili prossime iniziative autunnali, a casa mia, venerdì sera.

Saluta gli amici da parte mia.

Ti allego il Documento che ho inviato – personalmente ma quale rappresentante primo dei bindiani qui a Prato – alla Coordinatrice. Ti sembra che i toni pacati da me utilizzati siano stati recepiti? Continuerò su questa linea, aggiungendo, forse con un certo sarcasmo, che il PD – quello reale – è fuori dagli organigramma. La Direzione è un vero e proprio “cimitero degli elefanti”; l’Esecutivo è fatto per gestire “brindisi, aperitivi e feste varie” ma la vera Politica la faranno fuori da quelle stanze (in altre stanze forse meno praticate da quanti dovrebbero “davvero” reggere le sorti del PD sempre più incerte). Vi assicuro che non sto qui a lamentarmi dell’assenza di un “bindiano” nell’Esecutivo: forse è addirittura un bene e di questo senza ironia non posso che ringraziare la Coordinatrice.

A settembre, forse, farò un appello a tutti quelli che ancora credono “davvero” nel PD, quel PD – ti ricordo – per il quale abbiamo lavorato come Cittadini per l’Ulivo. Un appello per un salto di orgoglio di fronte a gente che pensa di curare soltanto i loro piccoli lucrosi interessi e contribuisce sempre di più a portare la nostra Democrazia verso una deriva leaderistica, demagogica e populistica non diversa da quella del Centrodestra berlusconiano.

C’è una profonda continua sottovalutazione del grave pericolo che incombe sulla nostra Democrazia. C’è incapacità o lucido progetto? Mi fa paura l’una e l’altro.

A presto. Ti chiedo di esprimere agli altri amici queste mie riflessioni anche se tu non le condividessi a pieno.

Grazie.

Giuseppe Maddaluno

Ecco il “Documento” di cui si parla sopra

Gentilissime\i

è da qualche tempo che non riesco ad incontrare persone che parlino dell’attuale PD riconoscendolo come quello che era nei nostri pensieri fino a pochissimi mesi fa. Non mancavano le preoccupazioni che ciò potesse accadere, ma tutti riponevamo grande fiducia nella capacità dei leader piccoli e grandi di comprendere che un rinnovamento complessivo della Politica andava costruito attraverso il superamento dei vecchi strumenti e l’approdo verso nuove modalità di accesso e di regolamentazione della vita partecipativa di tutti i cittadini.

Era evidente che questa scelta così coraggiosa avrebbe aggregato vecchi e nuovi “aderenti” sollecitati dalla possibilità di partecipare “davvero” alla costruzione di un Partito con l’abbattimento dei vecchi steccati ideologici e pragmatici.

OGGI chi può dire che questo è avvenuto? Solo degli stupidi interessati politicanti sia nuovi che vecchi (alla mente si affolla una congerie di volti) possono andarlo a dire.

Se è vero quello che ho detto all’inizio dunque per fortuna rifuggo dal frequentare simili individui e quando li incontro ne mantengo una rispettosa distanza: odio – sì, odio – ed è da tempo che lo vado dicendo – gli ipocriti; coloro che ritengono di essere più furbi sono gli elementi pericolosi che andrebbero allontanati, ma la loro fortuna è nell’omologazione verso il peggio, la capacità di dire niente di nuovo rimasticando elegantemente le affermazioni dei vari “capi”, ora in questo giovane PD anche dei “capicorrente”.

25 luglio – reloaded da un post pubblicato lo scorso anno sia a luglio che a settembre ERA IL 25 LUGLIO, E NON SI DICA CHE NON AVEVAMO – DA TEMPO, DA MOLTO PIÙ TEMPO – SEGNALATO CHE L’EMERGENZA “SCUOLA” ERA “PRIMARIA” QUASI COME QUELLA DELLA SANITA’

ERA IL 25 LUGLIO, E NON SI DICA CHE NON AVEVAMO – DA TEMPO, DA MOLTO PIÙ TEMPO – SEGNALATO CHE L’EMERGENZA “SCUOLA” ERA “PRIMARIA” QUASI COME QUELLA DELLA SANITA’


Era il 25 luglio, e non si dica che non avevamo – da tempo, da molto più tempo – segnalato che l’emergenza “Scuola” era “primaria” quasi come quella della “Sanità”

E non si dica che lo avevamo fatto in modo strumentale, non “amichevole”.

Abbiamo amato la Scuola; abbiamo dedicato ad essa gran parte della nostra vita e ne conosciamo gli aspetti eternamente emergenziali. Potremmo essere tacciati di scarsa fiducia verso le nuove generazioni, cui appartiene la Ministra Azzolina; e vogliamo correre anche questo rischio. Pur tuttavia l’ansia tutta politica (con i suoi aspetti peggiori, deleteri, non costruttivi) di voler apparire “super” competenti ha giocato e continua a giocare brutti scherzi. Se si sarà in grado di trarre la giusta lezione da questa parte minima di “Storia” forse accenderemo un lumicino di speranza. Anche se siamo sempre meno ottimisti in quella direzione. Abbiamo segnalato che – anche dal punto di vista “politico” – sarebbe stato utile e giusto addossare gran parte delle responsabilità ai precedenti Governi di Centrodestra e Centrosinistra ma si è voluti apparire troppo “signori” in quella direzione. Non sarebbe bastato, ma avrebbe consentito anche di dare uno sguardo giustamente ed equilibratamente “critico” per portare a soluzione i problemi, lentamente ma con determinazione. La mancanza di spazi, la carenza strutturale e di arredi, la difficoltà di gestione del reclutamento, l’assenza di interventi economici a sostegno del personale scolastico si sta rivelando un’emergenza nell’emergenza, mettendo a rischio la fruizione di diritti fondamentali e ponendo in difficoltà lo stesso intero Governo.

E non si dica, per l’appunto che in tanti non si sia evidenziato questo pericolo in un periodo in cui chi si occupava di quel settore a livello governativo ed a livello politico ed amministrativo nelle sedi comunali e provinciali aveva davanti a sé mesi di tempo per programmare e portare a soluzione le tante urgenze, facendo tesoro dei problemi degli anni precedenti, quelli – per così dire – “normali”.

25 luglio
ancora sulle politiche scolastiche abborracciate

Avevo percepito tra alcuni docenti il gradimento nei confronti del Ministro della Pubblica Istruzione del Governo Giallo-Rosso, Azzolina. Mi sorprendeva questo endorsement soprattutto da parte di docenti notoriamente iper democratici, per capirci bene “assolutamente e risolutamente di Sinistra”. Lo trovavo strano anche perché quasi sempre la contrapposizione da parte di questi colleghi era apparsa tale a prescindere dalla collocazione partitica dei Ministri in carica. Indubbiamente mi sono sentito spesso in linea con alcune critiche verso Ministri come la Gelmini o la Moratti rappresentanti della Destra ma non mi erano affatto piaciute nè la Carrozza nè la Giannini rappresentanti del Centrosinistra. Non credo che sia stata l’appartenenza nè alla parte politica nè tantomeno al “genere” che mi hanno fatto apprezzare Ministri come Berlinguer, come De Mauro e, negli ultimi tempi, lo stesso Fioramonti.
Eccolo, il Fioramonti. Sarebbe utile che la signora Ministra Azzolina, verso cui la critica da me rivolta ha degli elementi ben fondati (esposti in un post molto recente) legati alla incapacità di sviluppare una “memoria storica” adeguata alla necessità di attribuire le giuste responsabilità del disastro epocale cui stanno spingendo il nostro mondo della scuola, spieghi a se stessa ed a tutti noi le ragioni dell’astio, del fastidio profondo che esprime ogni qualvolta sente il nome del suo predecessore, proprio quel Fioramonti verso il quale mi sono sopra espresso positivamente. Non lo capisco, anche perchè il Fioramonti aveva denunciato il degrado del settore, una situazione molto complessa che aveva bisogno di interventi massicci, speciali, ben prima dell’arrivo del Covid19 e dei problemi che con esso si sono acuiti ulteriormente.
La Azzolina sta dimostrando di essere molto più vicina a rappresentare quelle forme di autocelebrazione, a partire dalle pretese competenze, peraltro (non scherziamoci su troppo!) di una “dilettante alle prime armi”, di esperienza ben difficile da essere credibile, molto più assimilabile a quelle di Ministre come la Moratti o la Gelmini, assai lontane da quelle di Ministri come Berlinguer o Di Mauro. Insomma, dimostri l’umiltà “vera” reale, di essere in grado di affrontare le emergenze, riconoscendo i suoi limiti culturali, storici. Basterebbe intanto far riferimento alla forza politica cui appartiene, quel Movimento 5 Stelle che ha fondato la sua forza sulla critica non sempre puntuale ma in ogni caso in grado di coinvolgere le masse e che è cresciuta essenzialmente sulla critica all’establishment consolidato. Uno dei motivi principali della disaffezione progressiva dell’elettorato verso quel Movimento, evidenziata dai frequenti sondaggi, è proprio l’abbandono – altrettanto progressivo – della opposizione alla politica di mestiere che i suoi Ministri stanno praticando. In realtà, l’Azzolina sta ogni giorno di più mettendo in mostra una modalità molto vecchia – non di certo alternativa – di far Politica. Questa omologazione sta producendo disastri, facendo crescere il consenso a favore delle Destre, che in realtà senza troppa fatica acquistano forza, nel mentre si riducono proprio quelli del Movimento 5 Stelle.
Questa mia attenzione verso il Ministero della Pubblica Istruzione è legata essenzialmente al ruolo che assegno a quel dicastero, che si occupa di costruire il futuro, il nostro e soprattutto quello dei nostri figli e dei nostri nipoti. Ne parleremo? Sì, certo, ne riparleremo.

Joshua Madalon