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27 GIUGNO – IN RICORDO DEL “POETA” PIER PAOLO PASOLINI – parte 6 – atti di un Convegno del 2006 – (per la parte 5 vedi 28 maggio)

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Prosegue l’intervento dell’Assessore alla Cultura del Comune di Prato, prof. Andrea Mazzoni

Quindi però se è vero, come diceva Maddaluno, che non ci dobbiamo forse chiedere che cosa avrebbe detto Perché le situazioni veramente cambiano, credo che sia comunque importante e forse siamo qui in qualche modo anche per questo, chiedersi se le cose che ha detto Pasolini in quegli anni parlano ancora all’Italia di oggi. Questo credo che sia il nucleo importante poi di una riflessione su una vicenda intellettuale, culturale passata necessariamente, datata per tanti aspetti, ma che ha diciamo un tesoro, un lievito, un patrimonio di idee, anche di provocazioni che credo non abbiano assolutamente esaurito la loro spinta propulsiva anche qui per un usare un termine che in certo dibattito culturale di qualche anno fa ha avuto il suo peso. Ecco quindi la spinta propulsiva di questo intellettuale scomodo, di questo corsaro credo che non sia assolutamente venuta meno, in particolare per quel suo denunciare e andare alla ricerca delle responsabilità del degrado antropologico degli italiani, che poi questo insomma era il tema fondamentale della riflessione di Pasolini fin dalle sue origini, fin dalla sua nascita, fin dalle sue prime esperienze friulane. Io, fra l’altro, ho avuto la ventura di fare i miei primi due anni di insegnamento in Friuli e devo dire che questo tema del rapporto tra Pasolini giovane e quello che restava e che continuava a lievitare e maturare del suo insegnamento nei confronti dei

giovani, insomma ecco lì si respirava fortemente. Tra l’altro so che anche Sandro Bernardi ha avuto rapporti di collaborazione con Cinema Zero, mitico luogo diciamo sicuramente evocativo di spirito pasoliniano. Quindi anche lui capirà bene che cosa voglio dire con questo riferimento.

Quindi questo tema della responsabilità e del degrado antropologico degli italiani con una attenzione particolare a quella che poteva essere la speranza per il superamento di questo degrado. Oltre alla denuncia delle responsabilità anche l’indicazione di quelli che potevano essere e che credo possono essere ancora i terreni su cui superare questo limite. E quindi ovviamente in primo luogo il tema della responsabilità al contrario che c’è un problema della responsabilità e del degrado, ma c’è il problema che probabilmente questo degrado si supera attraverso l’acquisizione di un senso di responsabilità civica. E credo che questa sia una riflessione che nel sessantesimo della nostra Repubblica, tra l’altro, assume anche dei connotati sicuramente di maggiore attualità. E tra le risposte, tra le speranze che Pasolini individuava c’era sicuramente il mondo dei giovani, le potenzialità che sono insite nelle nuove generazioni.

Io mi sono segnato qui una frase di Pasolini, scritta in uno dei suoi dialoghi su Vie Nuove, poi apparsa nella raccolta di scritti “Le belle bandiere”. E’ una frase del 16 luglio 1960, pochi giorni dalla vicenda dell’insurrezione di Genova sotto il Governo Tambroni, il Congresso del Movimento Sociale Italiano, la generazione dei giovani con le magliette a strisce come vennero etichettati.

Pasolini scriveva in questo suo scritto su Vie Nuove: “non può esistere una crisi della gioventù, l’unica sua crisi è una crisi di crescenza”. E ci dava una indicazione precisa, esatta su chi ci può aiutare a far crescere un paese, su chi può dare risposte di responsabilizzazione, di assunzione di responsabilità nei confronti di una responsabilità pregressa che ha portato al degrado antropologico degli italiani.

25 giugno – PERCHE’ LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così appare) – parte 5

PERCHE’ LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così appare) – parte 5

A voi che mi leggete (quei “pochi” che mi sopportano) sembra che quella “Carta” così tanto spesso richiamata come fondamentale sia rispettata? Oppure in modo ipocrita non ci si spinge a  farne quotidianamente “carta straccia”? Vi sembra che siano rispettati i suoi “precetti”?                                                    Ho la sensazione che si blateri essenzialmente – anche da parte di quella Sinistra “nuda e pura” – e ci si impegni  per soddisfare i propri convincimenti e ci si crogioli all’interno di gruppetti autoreferenziali, tronfi ed esclusivi. La Sinistra, anche per questo motivo, è composta in definitiva di varie infinitesime anime che si contrappongono tra di loro al solo obiettivo di “esistere”. Un leader recente è arrivato addirittura a profferire dure accuse (“mi vergogno”) anche all’interno del rassemblement più corposo, coacervo di anime diverse, alcune delle quali di “Sinistra” – ne sono sempre più convinto – solo per comodo e per interesse personale. Se non si corregge questo “difetto” la macchina non può funzionare ed è destinata alla rottamazione coatta.            Se si va al “dunque” si scoprono difetti davvero così evidenti che anche un dilettante con normali capacità intellettive le comprenderebbe: basterebbe osservare due degli episodi drammatici accaduti qui a Prato e di cui ho trattato; il primo in modo più diretto, mentre sul secondo ho soltanto avviato una riflessione cruda per rimarcare le distanze sempre più forti tra me e la sedicente Sinistra. “Sedicente” e dunque lontana dalla mia visione di Sinistra, per ora. Su questo secondo evento, la morte drammatica di una giovane operaia, in una fabbrica gestita da italiani (non da “cinesi” che assorbono da qualche tempo in qua tutti gli attacchi fondalmentalmente “razzistici” per tutto il caleidoscopio di ingiustizie e nefandezze sui luoghi di lavoro), che con nonchalance – per quanto se ne sappia – hanno commesso una serie di irregolarità. Nell’affrontare l’altro evento (l’affare Texprint)  ebbi a sottolineare che sarebbe stato necessario innanzitutto ascoltare le parti, porre sotto sorveglianza il rispetto delle regole (così come affermato più volte dalla parte imprenditoriale), ma promuovere un intervento politico generale per consentire a tutti, compreso i proprietari, il giusto guadagno. Mi ripeto per chiarezza: in un mercato drogato dalle irregolarità non è facile, per chi voglia intraprendere un’attività, agire nel rispetto delle regole. Ma la Sinistra non si muove in tale direzione; alza le barricate e i muri ma nulla fa per cambiare davvero le cose.

Il tempo che abbiamo vissuto in questo anno e mezzo, quello in cui ci siamo fermati, non ha creato i presupposti per rimettere in piedi l’economia sulla base di una giustizia sociale che prenda il via dai fondamentali della Costituzione. Lo stesso “mercato del lavoro” ha proseguito ad operare all’interno di un sistema che spingeva verso il “lavoro nero” parziale o totale; i “sostegni” insufficienti garantiti sollecitavano ad accettare lavori sottopagati e non era certo il “reddito di cittadinanza” a produrre tale “vulnus” legale. Su questo tema ci diffonderemo ulteriormente anche per segnalare le debolezze della Sinistra. Con un’incursione intorno al “mercato illegale” del lavoro che utilizza senza limiti la manodopera di persone straniere, che non sempre sono in regola dal punto di vista del permesso di soggiorno.

24 giugno – LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014 – 2 (per la parte 1 vedi 5 giugno)

26 maggio 2008

IL   PARTITO   DEMOCRATICO   PROPRIO   COME   PARTITO   NUOVO   DEVE   SAPER ATTINGERE  LE SUE PRINCIPALI  RISORSE UMANE DIRETTAMENTE  DALLA GENTE COMUNE CHE SIA POSTA NELLE MIGLIORI CONDIZIONI POSSIBILI PER SCOPRIRE O RISCOPRIRE   LA   PASSIONE   CIVILE   DELL’IMPEGNO   DIRETTO   NELLA   POLITICA  A PARTIRE DALLE QUESTIONI MAGGIORMENTE COLLEGATE AL PROPRIO TERRITORIO

E’ in quest’ottica che da cittadino comune che ha aderito al PD mi autocandido a ricoprire la funzione di Coordinatore Circoscrizionale del PD qui all’Est del Comune di Prato. Ho diverse motivazioni che mi inducono a farlo: 1) da   circa   dieci   anni   sono   impegnato   come   membro   dell’Esecutivo   del   Consiglio Circoscrizionale e, pur abitando in un’altra parte di questa città, ho partecipato direttamente, da iscritto ad uno dei due Partiti fondatori del PD nella Sezione de La Pietà, alla vita politica:   vorrei   poter   mettere   a   disposizione   la   competenza   e   l’esperienza   acquisita, sottolineando inoltre la mia totale indisponibilità a continuare il mio impegno all’interno delle Istituzioni amministrative nella prossima legislatura;

2) sono stato dapprima, insieme alla Tina Santini, coordinatore del Comitato di Prato per il PD (Prato Democratica – CpU) e poi il Coordinatore della lista Bindi alle Primarie del 14 ottobre: sento di poter evidenziare la mia caratteristica di proto-fondatore del PD per il quale, tra innumerevoli incertezze e difficoltà, abbiamo lavorato finora;

3) l’esperienza culturale e formativa, quella personale accumulata in tanti settori della Cultura con compiti politici ed organizzativi, si è sempre orientata alla valorizzazione dei giovani, ai quali si deve soprattutto richiedere passione, entusiasmo e grande volontà di partecipazione:

il PD è l’occasione giusta per costruire un Partito nel quale gli ideali espressi in modo schietto ed aperto, ancorché critico e propositivo, non vengano soffocati da un pragmatismo razionale, sterile,  asfissiante e mortificante verso le migliori energie;

4) la certezza che questo impegno che chiedo mi venga affidato sarà estremamente duro e difficile   mi   spinge   a   considerarlo   una   vera   e   propria   sfida   da   vincere:   mi   riferisco particolarmente alla prossima tornata elettorale amministrativa locale che si svolgerà nella prossima primavera e che ci vede all’Est – per ora – in difficoltà;

5) ritengo   di   poter   aggiungere   alle   motivazioni   già   espresse   anche   la   forte   e   costante consapevolezza da me espressa che, senza un Decentramento concreto e reale nei settori più sensibili da parte dei cittadini (penso in particolare ai lavori pubblici), questa città (e questa parte ancor di più) non riuscirà a crescere: continuerò a battermi ed a chiedere a tutti voi di farlo insieme a me perché si dia maggior peso e forza al Decentramento – in controtendenza rispetto al trend negativo espresso in quest’ultima legislatura.

Aggiungo una serie di note da sviluppare

valorizzare la Cultura partendo dal contributo che possono offrire le risorse umane a costo zero

· costituire   un   gruppo   di   “saggi”   raschiando   il   territorio   (molto   utile   sarà   la collaborazione delle due ex Presidenti di Circoscrizione, di chi è stato impegnato nelle passate legislature nella Circoscrizione

· costituire una serie di Forum tematici (Scuola, Cultura, Lavoro, Sanità, Ambiente, Lavori Pubblici, Sicurezza) su quest’ultimo tema avrei da dire molto!

· Valorizzare   il   dialogo   ed   il   confronto   con   chi   esprime   idee   propositive   anche partendo da una forma critica

· Seguire con la massima attenzione quel che accade (aggiungerei quel che sta per accadere) sul territorio (prevenire se possibile i problemi)

· Creare un organismo dirigente composto dai coordinatori responsabili territoriali dei quattro Circoli PD e dai responsabili coordinatori dei vari Forum

· Sul Decentramento  vi sarà la vera “partita”  che potrà condurre al successo (se davvero potremo dimostrare che da parte del Comune verrà valorizzato il ruolo e la funzione delle Circoscrizioni avremo la carta vincente per presentarci in modo nuovo all’elettorato)

· Punto primo la Cultura, la Conoscenza ed il Sapere (negli ultimi anni ci siamo fatti irretire da mass media e forze di Centro Destra sulle questioni della “sicurezza” che nei   fatti   –   dati   alla   mano   di   Questura   e   Prefettura   –   sono   a   Prato   a   livelli estremamente bassi; non si deve per questo abbassare la guardia ma occorre anche agire   con   il   necessario   buonsenso,   senza   lasciarsi   prendere   da   atteggiamenti irrazionali); la Sicurezza è all’ultimo punto: il raggiungimento di tutti i precedenti obiettivi creano un clima di tranquillità basato soprattutto sulla conoscenza e sul rispetto delle principali regole della convivenza civile

· No all’ingessatura centralistica di tutte le potenzialità esprimibili a livello territoriale, sì all’autonomia decisionale ed organizzativa all’interno di precisi obiettivi comuni e pratiche condivise

· Ai   cittadini   bisogna   dedicare   tempo   per   l’ascolto   dei   loro   problemi   che   vanno affrontati e risolti con scelte abbastanza rapide laddove siano di interesse generale

· Il rinnovamento non si improvvisa; si costruisce, non si ottiene con gli slogans ancorché siano costruiti per allettare;  il rinnovamento dunque non può essere la base di partenza ma deve essere un obiettivo molto ravvicinato al quale si deve giungere progressivamente. I giovani che devono essere parte attiva di questo rinnovamento vanno   preparati   presupponendo   che   naturalmente   arriverà   il   loro   momento   di impegnarsi in modo più diretto: essi devono mantenere inalterato il loro bagaglio di passione ed entusiasmo utile a costruire quella Buona e sana Politica che tutti noi vogliamo in questo nostro Paese.

21 giugno – PERCHE’ LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così appare) – parte 4 (per la parte 3 vedi 27 maggio)

PERCHE’ LA DESTRA STA VINCENDO NEL PAESE (o perlomeno così appare) – parte 4 (per la parte 3 vedi 27 maggio)

In queste notti brevi e questi giorni lunghi ci ritroviamo, dopo un anno e mezzo di inusitate sofferenze, pur sopportate con altrettanta insospettata resilienza, ad avviare una rendicontazione (una “resa dei conti”) su tutto quanto, colpevolmente, la Sinistra (non quella vera che quando dice blu è “blu” e quando dice “giallo” è giallo, alla quale assegno altre responsabilità) non è stata in grado, sia per inettitutine sia per sospetti vari tornaconti, di rivedere, di rimettere in linea rispetto agli “errori” del passato la barra della “giustizia sociale”.

NOI da soli non lo possiamo fare, non è nelle nostre “possibilità”; possiamo tuttavia denunciare ancora una volta una sequenza di sottovalutazioni e di errori che hanno condotto ad una situazione di degrado morale insoffribile, lasciando che la “speranza” per un futuro migliore divenga sempre più patrimonio assoluto della Destra, sia quella liberale che quella reazionaria antidemocratica e retriva. Si può aggiungere che ciò sia solo “apparente” ma ancor più non si intaccherebbe – a tal punto – la percezione che la difesa degli interessi dei più deboli sia stata ceduta dalla Sinistra – quella sedicente tale – svenduta in modo indegno sull’altare della difesa dei “diritti” di tutti, compreso coloro che posseggono di più ed ambiscono di veder crescere sempre di più la loro ricchezza. Si fa un bel dire che il “diritto” di uno si ferma di fronte al “diritto” dell’altro, senza tener conto della differenza del “punto di partenza”. E non si tratterebbe di un punto di partenza qualsiasi ma quello sancito dall’Articolo 4 della Costituzione

“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”

rafforzato dall’Articolo 36 della stessa Carta costituzionale

“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”

In questi giorni ci è toccato ancora una volta assistere “inermi” ad una serie di eventi che hanno mortificato la nostra intelligenza e vanificato tutti i nostri impegni. Lo avevamo denunciato in più occasioni ma venivamo derisi e sbeffeggiati; in modo particolare questo è accaduto quando abbiamo richiamato l’importanza della memoria (se ne fa un gran bel parlare quando si tratta di eventi lontani, che vengono riportati a galla per una sana e robusta contrapposizione ideologica) e l’utile lezione della Storia.

Abbiamo bisogno di riprenderci la guida della nostra esistenza “contro” tutte le ingiustizie, sia quelle di “una” parte che quelle di un’altra “parte” e, per quel che ci riguarda, continueremo ad occuparcene.

…4…..

19 giugno – PICCERE’ – un recupero con revisione – 3 (per la parte 2 vedi 2 giugno)

3
Il viaggio fu lungo; i bambini erano davvero monelli e Adelaide dovette rimproverarli più e più volte. Era la prima volta ed erano tante le prime volte una dietro l’ altre per Picceré, che non solo non aveva mai visto il mare ma dovette anche imbarcarsi entrando nella pancia di un palazzo enorme tutto fatto di ferro che portava tante automobili dall’altra parte del mare verso quello che chiamavano “il continente” e poi una volta usciti fuori da quel buco l’auto continuò a percorrere strade piccole e grandi e lei guardava dal finestrino, e gli occhi saettavano su tutto e bevevano le novità che le andavano incontro. Si fermarono in un posto con aiuole verdi e fiorite verso il primo pomeriggio e Adelaide da un cesto che aveva nel portabagagli aveva tirato fuori una mezza forma di caciocavallo ed un mezzo prosciutto e con due pagnotte aveva cominciato, seduta in un angolo ed appoggiato il tutto su una ampia tovaglia, ad affettare formaggio, prosciutto e pane ed aveva distribuito la merenda al marito, alle “pesti” ed a Piccerè, che andava trasformando l’entusiasmo in tristezza. Poi ai ragazzi ed alla giovane aveva dato una bottiglia di acqua perché la bevessero a canna ed a Stefano – ed un po’ anche per sé – una fiaschetta di vino rubizzo delle loro fertili campagne siciliane. Arrivarono a Prato che era buio; i ragazzi si erano stancati di saltellare e provocarsi a vicenda e si erano addormentati. Piccerè saettava con gli occhi da ogni parte anche se non capiva quasi niente, tanti erano i paesaggi che scorrevano; e sul far della sera poi tutto era indistinto difficile e la ragazza era davvero confusa, ancora più triste: forse era il buio della notte che incombeva. Adelaide lo capì e quando si fermarono che erano sotto casa chiese al marito di provvedere lui ai ragazzi e a scaricare la macchina e presa sottobraccio la giovane la volle accompagnare amorevolmente in casa mostrandole la sua cameretta. Era troppo stanca e lasciatala lì a mettere a posto le sue poche cose ché dopo qualche minuto sarebbe poi salita a prenderla per una cena frettolosa giusto per non andare a dormire digiuni, Adelaide la ritrovò che già dormiva alla grande, le spense la luce, le rimboccò le lenzuola e le diede un bacio sulla fronte.

La città, quella mattina, si era risvegliata con i soliti rumori, soliti per chi la vive e vi si è abituato. Sotto la casa di Adelaide e ……. dove la sera prima era arrivata, Piccerè cominciò a sentire strani e prolungati progressivamente prolungati rumori che venivano da lontano, si avvicinavano si allontanavano ma poi riprendevano e poi si mescolavano ad altri che provenivano da altre direzioni; così almeno pareva a Piccerè, che non ne aveva mai sentiti di così fastidiosi fino a quel mattino. A casa sua era la natura a tenerle compagnia nei giorni di vento che scendeva forte dalle alture o proveniva dal mare lontano e squassava il fogliame degli alberi di gelso o le querce che circondavano il fosso che separava la proprietà della sua famiglia da quella di compare Sauro; erano i galli che già alle prime luci intonavano il loro rituale risveglio o le mucche che attendevano le cure giornaliere; erano le voci degli “uomini” che si occupavano di preparare le prime attività sorseggiando tazzoni di caffelatte mentre finivano di vestirsi; le donne, le sorelle più grandi, avevano il compito di preparare in silenzio una prima colazione veloce. A Piccerè non toccavano questi lavori mattutini ed ascoltava in silenzio poltrendo ancora una buona mezzora nelle lenzuola ruvide di tela grezza. A casa sua…fino alla mattina prima.

17 giugno – CANI GATTI E FIGLI – parte 6 (per la 5 vedi 10 maggio)

Tutti ci scoraggiavano, sottolineando che sarebbe stato molto difficile avere un trasferimento nelle zone dove “noi” volevamo andare (la Romagna o la Toscana). Era essenzialmente anche un attestato di “stima”. Il nostro impegno “giovane” pieno di entusiasmo ed iniziativa era apprezzato. Io mi occupavo di Politica, di Sindacato e di Cultura, soprattutto quella cinematografica per la quale avevo da molto tempo acquisito qualche esperienza. Mary insegnava in un Liceo Scientifico e tra le sue allieve c’era una ragazza che abitava a Porcen uno dei tanti paesini del territorio “feltrino” sulla strada che porta a Seren del Grappa e possedeva una piccola fattoria; si chiamava Silvia e poiché Mary le parlava della nostra gattina si candidò a prendersene cura nel periodo in cui saremmo stati via d’estate. A dire il vero non pensavamo, anche noi, di riuscire ad avere il trasferimento ed avevamo progettato oltre alle vacanze in famiglia una breve sortita in Sicilia anche per ritrovare alcune amiche che avevamo conosciuto nei primi anni di permanenza in Veneto e, poi, in agosto saremmo andati in Slovenia e Croazia.

Pensammo di lasciare la micetta a Silvia, con la possibilità di riprendercela a fine agosto. Ma, mentre eravamo a Taormina a Mary giunse un telegramma inatteso anche se sperato: aveva ottenuto il trasferimento a Prato. Dovemmo cambiare programma e rinunciare al viaggio nei Balcani, che avevamo minuziosamente preparato. Andammo a Prato (la storia è narrata in “Giuseppe e Maria” che potete trovare su questo Blog in 10 blocchi) e poi ritornammo a Feltre. Io peraltro non avevo ottenuto il trasferimento e quindi avrei dovuto rimanere perlomeno qualche settimana dall’inizio delle lezioni a Feltre (il Sindacato mi dava molte speranze in merito ad un accoglimento di una domanda di assegnazione provvisoria per avvicinamento al coniuge). Uno dei primi impegni fu riservato proprio alla visita alla fattoria di Silvia. Ricordo sempre con grande emozione quel che accadde: Eravamo appena scesi dall’auto e insieme a Mary ci stavamo avviando verso l’abitazione della famiglia della ragazza, quando vidi spuntare da un cespuglio una bestia che galoppava di gran carriera verso di noi. La riconobbi subito e lei fu rapida ad aggrapparsi in un abbraccio commovente al mio collo. Non ci aveva dimenticati. Silvia ci raccontò della bravura della nostra micia nel tenere lontani i topi e della simpatia che aveva da subito mostrato nel rapporto con gli umani e con altri animali come il cane pastore che era purtroppo abbastanza vecchio e malconcio e tendeva più a rimanere in casa al riparo. Sentimmo che c’era affetto da parte di Silvia e di tutta la sua famiglia verso la nostra gattina. Ci allontanammo con molta discrezione e di lei abbiamo seguito poi quella parte della vita che l’ha vista diventare madre più volte e sempre felice.

Fine

…a breve l’intero blocco…..

16 giugno – L’OCCHIO DELLO STRANIERO 3

L’OCCHIO DELLO STRANIERO 3

al minuto 30

Negli ultimi mesi qui a Prato, in questa “isola felice”,  si sono verificati degli eventi che hanno contribuito a mettere in evidenza alcuni aspetti del mondo del lavoro già ben noti all’opinione pubblica, sia quest’ultima fondata sulle maldicenze generiche che poggiata su dati di fatto.

Le “isole felici” vagheggiate da me nel precedente post possono esistere davvero ma non fanno rumore. Se un’azienda garantisce ai propri dipendenti, in tutte le fasi, un trattamento dignitoso o generoso, dove sarebbe la notizia da diffondere? Ed è per questi motivi che se un gruppo di operai di una fabbrica mette in piedi una serie di proteste, denunciando trattamenti indecorosi da parte degli imprenditori, l’attenzione dei “media” rincorre quelle notizie ed emerge l’idea, falsa o vera essa sia, di un intero Distretto “illegale”. Se quelle illegalità denunciate sono reali vanno verificate e sanzionate e compito di chi, pur a vari livelli, ha la responsabilità di un controllo sul territorio, sarebbe in primo luogo l’ascolto delle diverse parti e delle loro ragioni.  Su questo tema mi sono espresso già in altri post e penso sia importante ribadire che, quando c’è anche un solo elemento che viene posto sotto la lente del controllo, vada verificato l’intero settore, riunendo semmai le rappresentanze delle diverse categorie (Industria, Artigianato, Cooperative) per poter comprendere i meccanismi che spingono a volte (!), anche se fossero rare, ad andare oltre le regole.

Da “estraneo” mi sono soffermato però a notare che la difesa dello “status quo” considerato in modo secco perfettamente legale abbia anche per questi ultimi rilievi avuto aspetti davvero scomposti nella loro acriticità, apparendo “interessati” in modo davvero personale, sciovinistico e provinciale. Si sono sentiti colpiti nella loro “pratesità”! per questi  difensori a spada tratta ne va del proprio “onore”. Ecco perché, forse, uno sguardo “straniero” potrebbe avere un ruolo importante da giocare. Badate bene, non mi candido a nessun ruolo di primo piano; voglio solo ribadire che la verità non può essere “unica” ed è importante l’ascolto! E’ proprio su questo tema che vorrei soffermarmi: il Sindaco di Prato ha ribadito in più occasioni ed in modo energico, e sprezzante, che non intende ascoltare le ragioni di un gruppo di operai della Texprint, colpevoli – secondo lui – di essersi comportati in modo scorretto nel corso delle proteste. Vivaddio, se il Sindaco pensa di non confrontarsi con “quanti” si siano in diverse occasioni comportati in modo scorretto forse potrebbe rinchiudersi nelle sue “stanze” e rimanerci per il resto del suo incarico! E come si fa ad ergersi da giudice sulle azioni di gente disperata che lotta per la sopravvivenza? E se fosse basata su dati reali la loro protesta, in relazione a paghe orarie da fame ed orari di lavoro ben superiori a quelli considerati legali, perché non ascoltare le loro richieste?! E quante altre persone che “non si comportano in modo corretto” invece vengono ascoltate e…sostenute?!?

15 giugno – I CONTI NON TORNA(VA)NO parte 24 (per la 23 vedi 23 maggio)

I CONTI NON TORNA(VA)NO parte 24

     Proseguo con la pubblicazione di alcuni documenti relativi ai temi del “dimensionamento” degli Istituti scolastici superiori della città di Prato – in questo post c’è un Documento accluso ad un “Comunicato Stampa” inviato il 17 dicembre del 1998 quattro giorni prima della prevista seduta del Consiglio nella quale si sarebbe dovuto discutere su questo argomento              

Nell’andare ad un dimensionamento ottimale degli istituti scolastici della Provincia di Prato, per quel che riguarda le scuole medie superiori, occorreva risolvere prioritariamente il problema del Liceo “Copernico”, la cui attuale sede di Via Costantini costa alla Provincia per il suo canone di affitto un miliardo e duecento milioni l’anno.

E quel problema rimane comunque politicamente, finanziariamente ed umanamente al primo punto nell’ agenda di noi tutti.

Al Liceo “Copernico” è stata offerta la possibilità di trasferirsi in quel di Via Reggiana, occupando l’attuale sede dell’ITG “Gramsci” e la nuova struttura del Terzo Lotto.-

Il rifiuto da parte del “Copernico” di attuare tale ipotesi si basa su un duplice aspetto: innanzitutto si esprime un concetto aristocratico dell’istruzione secondo il quale i Licei dovrebbero essere nel Centro Storico e gli Istituti Tecnici in periferia, a costituire il cosiddetto “Polo Tecnico”; in secondo luogo la impossibilità di accettare la divisione in due sedi che distano meno di 300 metri l’una dall’altra.

A questo punto, si badi bene, e solo a questo punto, viene approntata una soluzione alternativa, che è poi più o meno l’attuale, che prevede lo spostamento dell’ITG “Gramsci” nel Terzo Lotto, dove a fronte di una necessità di 18 aule normali (per classi) e 15 speciali,  troverà 26 aule normali, 4 leggermente più piccole e 8 grandissimi spazi per Laboratori.       L’ITC “Dagomari” dovrebbe spostarsi da Viale Borgovalsugana 63 per collocarsi nei locali dell’ITG “Gramsci”, dove, a fronte di un bisogno di 35 aule normali (per classi) e di 25 aule Speciali (per Laboratori di vario tipo) si avrebbero a disposizione soltanto 31 aule normali e 15 aule speciali, ivi compresa la ristrutturazione delle attuali 4 aule disegno. Mancherebbero in ogni caso all’appello un’Aula Magna e lo spazio per la Biblioteca.  Si fa presente che, mentre il “Gramsci” ha avuto nell’ultimo anno 452 iscritti, il “Dagomari” ne ha avuti 887 (quasi il doppio): gli spazi vitali (uffici, aule docenti, magazzini) , devono essere pensati anche in quest’ottica.

 Risulta evidente che quella sede è inadeguata per ospitare l’ITC “Dagomari”.

Al posto dell’ITC “Dagomari” dovrebbe essere collocato il “Copernico”.

L’altra questione che si va evidenziando è l’accorpamento “Classico Cicognini – Magistrale Rodari”. La polemica garbata ma decisa del Preside Nannicini avrebbe bisogno di maggiore solidarietà: il rischio di perdere i suoi prestigiosi connotati sono molto forti per il Classico di Via Baldanzi.  Forse anche in quella direzione occorrerebbe maggiore coraggio e più forza nei confronti di chi attualmente dirige la sede di Piazza del Collegio, che si va caratterizzando per una certa insensibilità verso i problemi della città.

Comunicato stampa

Nella partita del dimensionamento, resa complessa da tutta una serie di problematiche chiare ed altre poco chiare assume grande rilevanza la struttura del Convitto “Cicognini” di Piazza del Collegio.  Alcuni problemi infatti potrebbero essere risolti se il Liceo Classico di Via Baldanzi fosse ospitato nella sede storicamente prestigiosa dalla quale peraltro proviene.

A parer mio questo dovrebbe risolvere la questione, più volte richiamata all’attenzione della città in questi ultimi giorni, del mantenimento dell’identità da parte del Liceo Classico, anche se avvenisse l’accorpamento amministrativo con il futuro Liceo Pedagogico (l’attuale “Rodari”).

Faccio un appello alla città, ai massimi dirigenti scolastici, alle forze politiche, ai parlamentari, ed in particolare a chi attualmente dirige il Convitto Nazionale “Cicognini” perché ascolti con attenzione i bisogni di questa città, chiamata a risolvere in pochi giorni, in pochi mesi, problemi che da anni erano urgenti e che ora sono divenuti urgentissimi.

E’  vero,  gli attuali amministratori e dirigenti non ne hanno colpa.

Grande tuttavia potrebbe essere la loro responsabilità, andando ad operare delle scelte che in questa situazione comporterebbero comunque da qui a qualche anno (già nella prossima legislatura) una nuova serie di problemi; problemi non tanto diversi da quelli che oggi rendono difficoltoso il cammino agli attuali amministratori e dirigenti, e danno alla città angustie e preoccupazioni.

Prato, 17\12\1998                                   Giuseppe Maddaluno

                                                        Consigliere Comunale Gruppo Dem. Sin.

14 giugno – L’OCCHIO DELLO STRANIERO – 2

L’OCCHIO DELLO STRANIERO – 2

Non che sia stato silente in questi mesi. Ho espresso il mio pensiero, forse “limitato” dalla difficoltà di un  riscontro, anche sapendo di essere “parte” di una “parte”. Anche in periodi “normali”  gestendo la mia anima “politica” ho dissentito da una certa forma di dogmatismo, secondo la quale il “rosso” è sempre e solo “rosso” (e deve essere “così…e così…e così” – ricordate “Filumena Marturano”?) e il “nero” è sempre e solo “nero”.

Ciononostante ho la presunzione, tipicamente dogmatica, di possedere una “parte”, almeno, di verità. Non quella assoluta ed indiscutibile, ma pur sempre “verità” (una “parte”, però!).  C’è stata nel periodo del blocco totale dovuto alla pandemìa una sorta di frenesia, una specie di reazione schizofrenica mai pericolosa, una messa in prova di una forma di resilienza che ci faceva sperare un “cambiamento”, necessariamente “in meglio”, si intende! Anche perché l’amnesia sui “tempi” appena precedenti a quelli che si vivevano non poteva ancora colpire la nostra memoria. E non erano stati giorni, settimane e mesi positivi per la nostra economia e conseguentemente per il mondo del lavoro. E quindi fondatamente si sperava che peggio di come era prima difficilmente poteva essere; “ne usciremo tutti migliori” si favoleggiava, e d’altra parte era comprensibile il desiderio di un corrispettivo consolatorio alle restrizioni.

Il “mondo” produttivo era semi paralizzato; chi possedeva un contratto di lavoro veniva aiutato dalle previdenze strutturali, ovviamente in base a quanto ufficialmente dichiarato. Non dico altro; tanto anche in questo caso tutti sanno che la mia è solo una visione di “parte”, di “parte” di una “parte” e quindi molto minoritaria. E continuando a vivere questa esperienza un po’ alla volta ne stiamo emergendo, ma – a me sembra – non vi è stato un cambiamento in positivo. Anzi! Pur tuttavia, voglio “sognare”!

Da osservatore libero e scevro da sovrastrutture mi sono permesso di argomentare intorno ai temi del lavoro in un’area come quella del Distretto pratese dove, come ben si sa, da sempre e dappertutto il rapporto tra committente e prestatore d’opera (padrone e operaio) è stato improntato su un piano di profonda ed immensa correttezza nel rispetto delle regole in tutto e per tutto. Qui l’operaio, anche quello apparentemente meno garantito(l’apprendista, quello in prova, quelli che svolgono le mansioni più umili, i dipendenti delle cooperative), è profondamente rispettato e dignitosamente remunerato. Laddove c’è un dubbio per una presunta possibile ingiustizia, tutti (al di là dei padroni, i Sindacati e gli Enti locali, in primo luogo i Sindaci, no?) si prodigano per ascoltare  e si impegnano a chiarire il tutto e a farsi in quattro per risolvere le problematiche. E già, anche perché le “macchine” sono state ferme per tanto tempo ed un po’ di ruggine anche loro l’hanno accumulata, e potrebbero non funzionare a dovere. Ma su tali questioni c’è chi ha specifiche funzioni, sorveglia con grande cura e sollecitudine su queste inefficienze e certamente non permetterà che un operaio possa correre il rischio di ferirsi o, peggio, perdere la vita.

Vi chiedo di non considerare la mia riflessione come ironia. Piuttosto è una indignazione ed un atto di accusa contro l’Ipocrisia al Potere (Imprenditoria, Sindacati, Potere locale).

13 giugno – L’OCCHIO DELLO STRANIERO – 1

L’occhio dello straniero – dopo una prima introduzione ecco la seconda

Da “straniero” lo sguardo è certamente reso più libero da quei condizionamenti cui invece chi è nato e vissuto in alcuni ambienti è sottoposto, molto spesso con naturalezza, inconsapevolmente. Amicizie, inimicizie, complicità, interrelazioni, compromessi, sopportazioni appartengono in modo più ampio a chi  ha deciso di non allontanarsi dal proprio ambiente ed ha voluto, e potuto, costruire la sua storia e quella del suo ambito familiare e di lavoro nei luoghi dove i nonni – e a volte altre generazioni – e i genitori hanno potuto e voluto trascorrere la loro vita, installare le proprie attività private. Quindi lo “straniero” si va ad inserire in una realtà consolidata, nella quale tutto scorre in modo naturale ma con una distinzione quasi sempre abbastanza evidente per chi dall’esterno ne osserva il corso, possedendo cultura e capacità interpretativa dei percorsi umani attraverso la conoscenza della Storia, della Letteratura e della Cultura.

Proprio perchè ciò che è stato permane ma la vita continua a fluire con quelle modalità acquisite e si va consolidando nella trasformazione impercettibile, allo “straniero” non è data altra possibilità che l’iniziale acquisizione dell’ hic et nunc, come un fotogramma o una serie di questi ma cristallizzati nell’immanenza provvisoria. Per la descrizione e l’elaborazione di tali scenari, lo straniero viene apprezzato per la sua capacità di saper cogliere alcuni aspetti che, all’interno di percorsi ormai abitudinari, gli “autoctoni” hanno troppe volte perso di vista. Ma assai spesso tali approfondimenti finiscono per far emergere aspetti, a volte lievi ed in apparenza insignificanti che si vorrebbero allontanare, esorcizzare, trascurare perchè tante volte fa male riconoscerli. E’ a questo punto che avviene una divaricazione tra ciò che fa piacere e ciò che dispiace e lo straniero finisce per essere apprezzato ma anche odiato: il primo sentimento è palese, il secondo rimane invece sotto traccia e provoca alla lunga veri e propri disastri. Qualcuno conferma e rafforza in modo sincero la stima riconoscente, qualche altro nasconde sin dai primi confronti un sentimento di odio, preferendo celare a se stesso una parte della verità che gli appartiene nel mentre apprezza con ipocrisia; qualche altro ma pochi con franchezza e disprezzo si allontanano.

Ebbene, è una parte della mia storia, questa dello “straniero”. Per un periodo sono stato meno “estraneo” ai percorsi di questa città, parlo di Prato; oggi, ma ormai da un po’ di anni, sono ritornato ad essere essenzialmente un apolide, uno “straniero” in Patria, perché “italiano” lo sono, ma….

Osservare dall’esterno ha certamente dei vantaggi ma si corre il rischio di essere portatore “inconsapevole” di quella forma di ipocrisia che si vorrebbe combattere. Ma la “funzionalità del pensiero libero” non può farsi limitare da sovrastrutture ideologiche o di appartenenza ed è per questo che avverto sempre più la lontananza da chi si dichiara di appartenere ad una “parte” del pensiero ideologico ma limita la sua libertà condizionandola a quegli schematismi. Ecco il motivo per cui su alcuni aspetti dissento dalle valutazioni generiche della Sinistra dogmatica. Nel prossimo post andrò dritto all’argomento, partendo da quel che si è verificato negli ultimi due mesi qui a Prato.