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10 aprile – “Più giovani più donne” quindici anni fa – e ora? – quinta parte

“Più giovani più donne” quindici anni fa – e ora? – quinta parte

prosegue il mio commento al tema “I giovani” del 2005 in un
testo di una mia mail di corollario a quella precedente, anche questa rivolta ai medesimi interlocutori…

Da educatore mi è sempre più difficile, anche se ci provo (altri educatori – a volte con l’alibi dell’estraneità – ormai non ci provano più), sollecitare attenzione verso la politica attiva, stimolare i nuovi cittadini alla conoscenza dei propri diritti – in primo luogo quello di pensare ed esprimere tale pensiero liberamente. Non è facile e non è politicamente corretto, ma bisogna dircelo e, per essere in tema, non mi attendo applausi dall’establishment politico. Cosa facciamo, allora? Ci sediamo ed aspettiamo? il proverbio maoista serve solo per la cultura cinese. A noi toccano compiti più attivi; cominciamo a proporre, sapendo che non sarà facile. Ed innanzitutto parliamo fra di noi, camminando simbolicamente per non stare fermi ad aspettare che tutto scorra, portato dalla piena travolgente di un fiume.

a queste mail rispose uno dei miei interlocutori “giovani”

“Caro Giuseppe scusa se non ti ho risposto subito ma sabato e domenica sono stat* impegnat* alla festa dell’unità in pizzeria dove ti devo dire ho trovato la presenza di tanti giovani come me… è stata una esperienza bellissima… faticosa ma divertente… ci sentivamo parte di un qualcosa… avevamo uno scopo comune (“fare le pizze e velocemente perché i clienti reclamavano”)… forse è proprio questo spirito che la gioventù di oggi ha perso… e credo ti riferissi a questo quando hai parlato di noi giovani. … e hai ragione, in parte… è vero i giovani assomigliano sempre più agli adulti…. quelli peggiori…. ma non è sempre così… sabato e domenica me ne sono res* conto… e condivido pienamente le tue riflessioni… si deve fare qualcosa… anche e soprattutto nel campo della cultura…. dobbiamo ritrovare quello spirito e quella voglia di combattere, soprattutto tra di noi che facciamo parte dello stesso schieramento politico… ma non è solo una battaglia politica quella che dovremmo intraprendere… è soprattutto una battaglia culturale, di mentalità… cominciare ad esempio a porci delle domande… perché i giovani sono così oggi? e cosa possiamo fare (nel nostro piccolo) per invertire questa tendenza sempre più dilagante verso il “menefreghismo”… il progetto su Pasolini ad esempio è un buon punto di partenza per dare avvio a queste riflessioni

Io e….. avevamo anche pensato di organizzare una Commissione Cultura congiunta tra le due nostre Circoscrizioni invitando i maggiori rappresentanti delle istituzioni sia politiche che culturali proprio per discutere del tema della Cultura a Prato… credo che potremmo estendere tale progetto anche alle altre Circoscrizioni trovando un luogo adatto che, come ipotesi, potrebbe essere il “Magnolfi”… dovremmo iniziare sin da ora a preparare questo incontro per poterlo mettere in calendario per settembre… fammi sapere cosa ne pensi… forse non servirà a niente…o forse può essere solo un piccolo ma significativo primo passo per avviare una riflessione seria e approfondita…. dobbiamo pure iniziare da qualche parte… Un saluto affettuoso… firmato….

…5….

“Passiamo alle conclusioni!” un po’ come dice Paolo Mieli in coda alle puntate di “Passato e presente”…..

9 aprile – “Più giovani più donne” quindici anni fa – e ora? – quarta parte

“Più giovani più donne” quindici anni fa – e ora? – quarta parte

…questo è il testo di una mia mail di corollario a quella precedente, anche questa rivolta ai medesimi interlocutori… Una volta i giovani avevano il coraggio o forse la sfrontatezza di guardare la realtà con occhi liberi e sgombri per lo più da sovrastrutture politiche e culturali; la contestazione dei padri era nell’ordine delle cose, o forse così appariva (era un tempo “nuovo” e diverso rispetto a quello vissuto dai nostri genitori, che, anche se avessero voluto, non hanno avuto molto tempo per contestare in un periodo di repressione e guerra).

Oggi dove sono quei giovani? La domanda è retorica se per essi vogliamo parlare di tutti noi, a partire da me e ……che giovani siamo stati ed abbiamo occupato il mondo con le nostre utopie negli anni Sessanta e nei Settanta; ma non lo è affatto se proviamo a guardarci intorno e nel buio cerchiamo con il nostro diogenico lanternino quei giovani che oggi dovrebbero contestarci proponendo qualcosa di diverso. No, sempre più i giovani di adesso finiscono in modo pedissequo per assomigliare a noi che abbiamo i capelli bianchi ed abbiamo abbandonato quasi del tutto i nostri sogni e le nostre utopie. E’ triste riconoscere che già più o meno da bambini ci si comporta con quella avvedutezza, con quella scaltrezza, con quella – diciamocelo – ipocrisia tipica del peggiore dei peggiori mondi politici. Pur non essendo più giovane non ho mai smesso di credere alla politica alta, fatta di confronti aperti, aspri ma franchi e sinceri e non credo alla politica dei compromessi ad ogni costo interpretata da quei bravi “yes man” di cui è pieno il nostro Paese. Eppure in definitiva sono questi quelli che riescono a fare carriera, non che mi importi più di tanto, ma non può essere questo il metodo “meritocratico” per accedere alla “Politica”, anche perché poi “tutti i nodi vengono alla fin fine al pettine” e son dolori per tutti. Questo meccanismo perverso è alla base della nostra realtà politico amministrativa; le difficoltà provengono dai percorsi tracciati nelle stanze ben chiuse delle segreterie politiche, che hanno portato tante volte a scelte discutibilissime, i cui effetti si intravedono adesso ma saranno tossiche se non si provvede al più presto a cambiare registro. Ho purtroppo la sensazione che sia già troppo tardi: gli errori politici si riconoscono quasi sempre di fronte ad una sonora sconfitta, che di certo nessuno di noi vorrebbe profetizzare anche se non ci è impedito di paventare. Gli errori politici di ieri e dell’altro ieri sarebbero poca cosa se oggi non si continuasse a preannunciarne molti altri nelle numerose azioni pratiche e teoriche dichiarazioni.

In pratica si è seminato male e ci si deve preparare ad un gramo raccolto. Non è facile e non è politicamente corretto dire che i “nuovi giovani” che si sono di recente affacciati alla Politica hanno avuto uno spazio soltanto se erano funzionali ad un dato e già ben tracciato percorso; sono stati osteggiati se tendevano ad affermare la loro identità, il loro pensiero. Se questo è un metodo normale della Politica di ogni luogo e di ogni tempo, non può essere però considerato dal punto di vista civico ed educativo il giusto percorso per poter davvero procedere verso un “cambiamento” da tanti, forse a chiacchiere, auspicato.

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7 aprile – “Più giovani più donne” quindici anni fa – e ora? – terza parte

“Più giovani più donne” quindici anni fa – e ora? – terza parte

Avvio questa terza parte con la ripubblicazione di una “tranche” di un post pubblicato lo scorso 14 marzo su questo Blog il cui titolo era

PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO – una serie di documenti del Comitato di Prato per il Partito Democratico parte 16.

da un documento del 2006

Più giovani più donne

Il ricambio generazionale ed il riequilibrio dei generi può essere utile a patto che non sia né affrettato né rispondente a criteri che non abbiano valutato il reale merito, le capacità, la preparazione. In questa doppia direzione va la proposta del Forum dei giovani che abbiamo proposto di svolgere a Prato nel corso dell’Assemblea di Montecatini: lo avevamo pensato su scala metropolitana o poco più (volevamo coinvolgere al massimo Lucca e Fiesole, oltre Pistoia e Firenze) ed è stato invece accolto come ipotesi nazionale da svolgersi quanto prima. Il Comitato ovviamente chiede la collaborazione delle forze politiche per la riuscita del Forum; tale collaborazione si può adeguatamente estrinsecare con la presenza di personalità politiche o del mondo della Cultura, che intervengano a trattare argomenti che interessano il mondo giovanile.
Allo stesso tempo il Comitato, organizzando direttamente o sollecitando indirettamente iniziative di carattere politico – culturale attraverso la presentazione di Forum settoriali, si segnala come Agenzia formativa di tipo politico sul territorio proprio per le giovani generazioni.

Riprendo a trattare il tema con il riportare alcune riflessioni con l’annunciato scambio di mail tra me ed alcuni “giovani” E’ il 3 luglio del 2005. E’ in corso la Festa de “l’Unità”. Tra i temi trattati c’è quello sul ruolo dei “giovani”. Sono in carica come Presidente della Commissione Cultura nella Circoscrizione Est. Come “veterano” (non più “giovane”) avverto la responsabilità di trattare l’argomento e così scrivo ad altri (tra i quali due ancora anagraficamente “giovani”):

….. ometterò i nomi delle persone …..

“Carissimi, continuo, in questo “deserto” del luglio ad inviarvi “riservate” per riflettere insieme su quello che accade, e perché accade. Una delle questioni che abbiamo da anni e che non riguarda certamente una sola forza politica della nostra maggioranza è quella dei giovani. Sto riflettendo, a dire il vero lo faccio da anni, ma – come dico – “arriva il momento in cui i nodi vengono al pettine ed allora son dolori!”. Vado riflettendo sui “nostri” giovani, così vecchi dentro, così scaltri, così pronti ad aggregarsi ai “provvisori” carri dei vincitori. Anche in questo senso sarà bene riprendere l’analisi di Pasolini, quando soprattutto parlava dell’imborghesimento progressivo della società: sono passati degli anni da quell’analisi e quei “nodi” così profeticamente annunciati stanno “venendo al pettine”.  Che facciamo? Intanto se possibile, diamine, discutiamo e poi operiamo: altrimenti sarà davvero ben più dura di quanto per ora si possa pensare. Il mondo non va in una progressione costante; a volte ci si blocca ed altre volte si può anche tornare indietro, e chi conosce la Storia dovrebbe ben sapere cosa significhi “tornare indietro”. Rileggiamo Pasolini.

Quando parlo di “giovani” so perfettamente che in mezzo a noi, penso a……, a …….., ve ne sono alcuni. Non vorrei creare equivoci, ……. e ………si guardino dentro, ed io non redo che assomiglino ai giovani di cui parlo, ma è allo stesso tempo molto importante che si autoanalizzino. Io per quanto mi possa riguardare lo faccio: d’altronde poichè continuo a dire che i giovani alla fin fine assomigliano sempre più a noi anziani, a me e a …… per esempio, vorrei anche io e, credo, ……., smarcarmi da questa identità e sentirmi – e sentirci – davvero un po’ come i giovani che eravamo, con una certa capacità di essere liberi, di avere ancora un po’ di quella “passione” che ci consentiva di osservare la realtà con uno sguardo critico ed allo stesso tempo pieno di progetti, quando avevamo i nostri venti, trenta anni. Aspetto riscontri.

…3… prosegue il post con un’altra mia mail

6 aprile – “Più giovani più donne” quindici anni fa – e ora? – seconda parte

6 aprile – “Più giovani più donne” quindici anni fa – e ora? – seconda parte

Proseguendo una mia sintetica analisi dei due temi (più giovani più donne) vorrei ricordare che, in occasione delle “prime” Primarie, quelle “costitutive” nazionali del Partito Democratico, sostenni la candidatura di Rosy Bindi ed all’interno di quella fui tra i più convinti sostenitori, a livello locale, di alcuni “giovani”, tra cui Massimiliano Tesi e Salvatore Bruno.    Riandando con la mente alla mia “storia” personale vorrei ricordare che a Prato nei primi anni di questo secondo millennio tre Circoscrizioni su cinque, in una delle quali – la Est – presiedevo la Commissione Cultura,  erano presiedute da donne e che nelle cinque Commissioni Cultura e Istruzione c’erano due “donne” su cinque, due donne “giovani”, che ancora oggi sono attive in Politica (una è stata Assessore al Bilancio, l’altra è nell’attuale Giunta Assessore alla Città curata.  Nel 2005, anno al quale mi riferisco nell’avviare queste riflessioni, c’erano ancora i Democratici di Sinistra (DS), e fu poi nel 2007 alle Primarie costitutive nazionali del Partito Democratico (PD) che sostenni l’onorevole Rosy Bindi; nel 2010 nelle Primarie del Partito Democratico di Prato ho poi sostenuto Ilaria Bugetti e successivamente ho sostenuto la stessa nella prima sua competizione Regionale. Ovviamente, non è stato sempre facile sostenere delle “donne” o dei “giovani” semplicemente per il loro particolare “genere” o “status” esistenziale. E nel corso della mia esperienza ho potuto verificare che non è auspicabile sic et simpliciter l’affidamento prioritario di spazi amministrativi sulla base dell’appartenenza di genere o di “status” esistenziale.  Nell’agone politico occorre esperienza, soprattutto per evitare principalmente due rischi “contrapposti” tra loro: 1) essere ostaggio di personaggi stabili, come vecchie volpi politiche ed amministrative; 2) lasciarsi prendere da una smania di potere aliena dall’esperienza pratica e meramente ideologica.                                                                                                                                                     Così come i “giovani” tout court anche le “donne” in generale non hanno esperienza politica basata esclusivamente sul “genere”. Indubbiamente dal punto di vista storico ed antropologico le donne subiscono il limite storico di non essere state prese in considerazione, e di questo i “maschi” portano la responsabilità;  ancora oggi è in ogni caso una percentuale molto bassa di donne rispetto a quella dei maschi ad essere realmente interessata a partecipare in modo diretto alla “pratica” politica ed amministrativa. Anche per questo motivo ho trovato fuori luogo l’insistenza al perseguimento “acritico” della “parità di genere” da un punto di vista legislativo. Pur tuttavia trovo che sia ottima l’idea espressa di mettere in piedi un procedimento virtuoso, che provi a risanare questi “gap”,  inserito nel Vademecum lettiano di cui ho trattato in coda alla prima parte di questo post (“E’ auspicabile un maggiore impegno ed una più forte partecipazione e presenza femminile nell’agone politico ed in tal senso andrebbe incentivata la ricerca di una modalità di accesso “paritario” che divenga propedeutica all’attività politica ed amministrativa, una sorta di “Università Democratica per formare la classe dirigente” (vedi punto 6 del recente Vademecum lettiano)”” e spero che in quella direzione si possa procedere. 

Come ben si comprende, sono ancora nel “preambolo” rispetto all’intento iniziale. Nel prossimo post riporterò il “Documento” formato da un dialogo per mail del luglio 2005 tra me e una rappresentante “donna” e “giovane” sul tema dei “giovani”. Concluderò con un esemplare riferimento ad un “giovane” (uomo) e ad una “giovane” (donna) perché sia più esplicito il mio ragionamento.

…2…

3 aprile – Una maxi quarantena per tutti coloro che sottovalutano i rischi attuali della pandemia

Una maxi quarantena per tutti coloro che sottovalutano i rischi attuali della pandemia

Sono stato da sempre perplesso intorno al comportamento politicamente irresponsabile di coloro i quali propendevano per “aperture” incondizionate ed il mio giudizio, se rileggete i miei post, non aveva connotazioni di tipo ideologico: ce ne era per tutti!  La Destra alzava polveroni senza alcuna regola, incurante degli inviti a riporre le armi temporaneamente (antropologicamente era comprensibile l’astio ed il livore da parte della Lega, sbeffeggiata da Conte & Co.; ricordate il tempo del “Papeete”!?); il Centrosinistra attraverso qualche Sindaco “ganzo” apriva gli spazi non appena l’aria malsana del contagio sembrava essersi attenuata; la Sinistra sberciava contro le limitazioni delle libertà.

E questa “solfa” di un “gioco delle parti” conduceva verso un massacro eugenetico, dove i più forti avevano la meglio sui più deboli.

Il “virus”, unico vincitore, se la rideva della dabbenaggine umana. E continua ancor oggi a farlo, nascondendosi dietro “maschere” con altre forme, altre “varianti”.

In questi giorni, con un Governo “nuovo” che non ha fatto altro che proseguire nell’azione del “vecchio” (chi dice il contrario mente quasi certamente sapendo di mentire; e lo fa solo per giustificare la propria scelta scellerata, visto che quella crisi ha fatto perdere circa un mese di operatività al Paese contro la pandemia) alcune angolature sono state smussate; ciò è la riprova che l’avversione verso il Governo precedente era molto personalmente diretta al suo Premier, Giuseppe Conte, avvocato e neofita nell’agone politico. Tanto è che uno dei suoi principali avversari tace, per lo più, soddisfatto. Un altro di tanto in tanto alza il ditino accusatore, ripetendo sempre lo stesso “mantra” a sostegno di quella parte di “popolo” che non vede l’ora di ritornare a fare confusione, quella parte che dimostra ogni giorno di più di essere incapace di comprendere che da ieri in avanti il mondo non sarà più lo stesso e, se non è “game over” poco ci manca. Non è un modo di dire: è la realtà intorno alla quale bisogna avviare una revisione profonda di comportamenti e stili di vita.

Sberciano ancora e minacciano; cercherei per tutti questi un “buen retiro” nel quale confinarli: uno spazio ampio per contenerli tutti, vicini vicini, a respirare la stessa aria, semmai con qualche virus birichino che si occupi di fare il buon lavoro. Si capisce: non una costrizione ma una scelta volontaria, visto che i “lockdown” da costoro sono considerati eccessivi e che, probabilmente, fino ad ora, non hanno sofferto mancanze personali, familiari e amicali. Una sorta di “maxi lazzaretto” come quello milanese di manzoniana memoria, una grande festa di “quarantena” in cui farsi finalmente passare la voglia di criticare in maniera irrazionale le scelte del Governo, condizionate dall’andamento della pandemia.

2 aprile – DUE POST di un anno fa – a futura memoria! La vita al tempo del Coronavirus (dall’ osservatorio di Prato)

2 marzo 2020 Sì, certamente! La vita al tempo del Coronavirus va un po’ cambiando. Non credo che avremo l’opportunità di abituarci a questa forma di socialità, anche se, con gli opportuni “tagliandi”, non sarebbe male che ciò si verificasse. Uno degli aspetti su cui punterei potrebbe essere quello dell’essenzialità. E soprattutto – mi sia consentito – modificherei l’uso strumentale di lunghi dibattiti e discussioni intorno a quel che vien detto “sesso degli angeli”. E’ stata, e purtroppo è, l’abitudine che ha contraddistinto molti tra noi – la critica è “autocritica” – appartenenti alla Sinistra.

Ovviamente, la mia è una semplice speranza e nell’auspicare tali cambiamenti mi affido al destino di un’epidemia che possa aiutarci a cambiare. Come dicevano gli avi “Non tutto il male viene per nuocere” ed anche questo Coronavirus potrebbe essere un elemento positivo che ci faccia ritrovare la giusta misura dell’esistenza, minimalistica al punto giusto, facendoci evitare gli sciovinismi ed i bizantinismi pelosi ai quali ci siamo abituati in tutti questi anni.
In questi ultimi giorni si esce meno di casa, ci si riappropria di spazi riflessivi, si dedica più tempo alla lettura. E’ pur vero che tutto questo posso farlo io che sono in pensione e che, tutto sommato, ho più tempo a disposizione. Ed è vero che per la stragrande maggioranza delle persone adulte in età da lavoro, sia esso autonomo o dipendente, la situazione sta provocando nell’immediato dei danni che comporteranno ulteriodi difficoltà, soprattutto economiche con tutto quello che ne consegue. Anche se, con gli opportuni accorgimenti, una parte del mondo del “lavoro” potrebbe strutturarsi in modo diverso ed innovativo, utilizzando le modernissime tecnologie informatiche: un primo immediato vantaggio consisterebbe nel minor utilizzo dei mezzi di trasporto e conseguenti risparmi energetici e minor impatto ecologico. Il lavoro sarebbe anche meno stressante e più sereno.

Intanto una lezione di civiltà formidabile ci è stata impartita da questa epidemia: siamo tutti uguali (ve la ricordate “ ‘A livella “ di Totò? ). Ed è così che ci si guarda – al di là delle appartenenze etniche e nazionali – condividendo preoccupazioni e sorridendo partecipi. Facendo la fila alle casse dei supermercati schizofrenici per l’alternanza di affollamenti e saccheggi contemperati da desertificazioni: e già…una volta fatto il pieno delle provviste vi si ritorna solo per l’essenziale di cui semmai si avverte la mancanza; sostando all’esterno dell’ufficio postale – tanto non piove – dopo aver preso il numeretto per l’operazione in scadenza; tenendosi a distanza di un metro come suggeriscono gli epidemiologi; e poi, la mascherina: cosa si fa con la mascherina?
Fino ad ieri non ci si chiedeva mica cosa facessero per la strada principale della Chinatown pratese tanti cinesi con la mascherina. Ora invece siamo là a chiedercelo: fanno un’operazione di puro marketing.
In realtà non sono infettati: a Prato non c’è nemmeno un caso sospetto, nè cinese nè di altra etnia nè tantomeno – come si dice – “nostrano”.
La mascherina, dicono gli esperti, serve a coloro che hanno contratto il virus e devono evitare di infettare le altre persone con cui entrano in contatto. Dunque è una forma di salvaguardia per tutti quelli che vengono incontrati casualmente per strada o che utilizzano dei servizi nei tanti negozi gestiti da personale cinese.
Anche questo comportamento sta contribuendo a far modificare la percezione reciproca in una città nella quale i rapporti tra la comunità autoctona e quella orientale non sono stati sempre facili.
Il caso di Prato potrebbe dunque avere anche su questi temi sociologici una particolare attenzione di studio.

3 marzo 2020

Mentre rileggo il mio post di ieri seguo uno dei programmi di informazione del canale La7, Tagadà, e sono preso da un desiderio di esprimere pubblicamente il mio profondo disgusto verso un giornalista, tale Francesco Borgonovo, che pretende anche di esprimere “La Verità” ( è questo il nome del giornale di cui è caporedattore ). Nazionalista e sovranista convinto, non perde occasione, anche in questi frangenti critici, di lanciare attacchi alla comunità cinese e a coloro che in occasioni diverse ne hanno sottolineato la civiltà. Più o meno, egli dice che come nel momento della crisi più acuta vissuta in Cina qualcuno ha solidarizzato con la comunità in Italia entrando nei locali gestiti da quella, ora quelle stesse persone dovrebbero riempire i locali dei nostri connazionali, che invece sono vuoti. Lo fa con acredine: d’altra parte è la sua prossemica naturale che esprime tale sentimento: a mio parere, dovrebbe avere una grande difficoltà a reggere il suo stesso sguardo allo specchio.
Ebbene, ritorno su temi già trattati: il nostro Paese non si risolleverà dalla crisi profonda già precedente a questa “tragica” situazione epidemica. Ho la sensazione che se non si ritroverà uno spirito unitario, umile e rispettoso della libertà di ciascuno, limitata solo dagli accenti violenti e minacciosi, nei quali la forma critica oppositiva non possiede elementi di razionalità e di opportunità (non “opportunismo” come purtroppo è solitamente appannaggio di personalità politiche alla ricerca di consensi).
Una delle formulazioni sciovinistiche nazionali recita che “di fronte alle difficoltà emerge il carattere degli italiani”. A volte quel che si intravede è la parte buona, la migliore; in altre occasioni, invece, è quella peggiore. Nel caso di personaggi come Salvini e Borgonovo, che – credo – sia un collega molto stretto del primo, quel che viene fuori è proprio il peggio. E, dunque, se ne ricava che siano proprio queste esternazioni a rivelarne la vera natura.
Allo stesso tempo, da un osservatorio molto particolare che è quello della città di Prato, zona piena Chinatown (via Filzi e via Pistoiese con annessi e connessi), emerge un atteggiamento di profondo rispetto verso la comunità cinese, in grado autonomamente di regolarsi, dimostrando profonda cura e osservanza per le regole restrittive che comunemente dobbiamo seguire.
Bisognerà pure studiare sociologicamente questo periodo, quando arriveremo in fondo; credo che solo a quel punto potremo confermare le nostre opinioni che in questo momento sono “libere” e comprovarle o metterle in discussione. Per ora, ho la sensazione che questa esperienza ci consentirà di avere una migliore interlocuzione tra le due comunità maggiori della città.

31 marzo 2021 – 1 aprile 2020 RIPRENDO A TRATTARE COME SARA’ IL MONDO DOPO QUESTA TEMPESTA – COME DOVREBBE ESSERE PER ESSERE MIGLIORE

Sembrava un “pesce d’aprile” – purtroppo era realtà!

…che la “memoria” sia con voi…

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RIPRENDO A TRATTARE COME SARA’ IL MONDO DOPO QUESTA TEMPESTA – COME DOVREBBE ESSERE PER ESSERE MIGLIORE

IMMAGINE1 APRILE 2020LASCIA UN COMMENTOMODIFICA

Coronavirus

riprendo a trattare COME SARA’ IL MONDO DOPO QUESTA TEMPESTA – come dovrebbe essere per essere migliore

Un mondo diverso, dicevamo, deve essere possibile. Ma perché si realizzi, bisogna essere in grado di analizzare le cause della diffusione massiccia del virus in aree altamente industrializzate come quelle della Lombardia e dell’Emilia Romagna. Occorre farlo in modo scientifico e senza avere soggezioni settoriali. Abbiamo detto “altamente industrializzate” e questo può essere un dato di partenza. Vorrei, però, davvero, non farmi condizionare da una posizione pregiudiziale di tipo para ideologico: vorrei accantonare la mia formazione anche se , lo so già, non potrò farne a meno. Ed allora bisogna che ci si misuri a livello democratico; bisogna agire nelle sfere politico-culturali senza temere lo scontro. Mi riferisco allo scontro delle idee, utilizzando le sinapsi aiutate dai dati scientifici e comprovati a disposizione: troppi “guru” a libro paga girano sui social e nei salotti televisivi difendendo soprattutto gli interessi macrofinanziari, fingendo di avere a cuore il bene comune. Ovviamente per aiutarci a procedere si deve – è inevitabile – partire dagli errori, soprattutto da quelli “madornali” riconoscibili a occhio nudo, cioè senza bisogno di alcune lenti. Come quello che si è diffuso nelle prime avvisaglie della bassa letalità del virus, paragonato a “la classica ricorrente influenza stagionale”, di cui si facevano portavoci luminari illustri come la dottoressa Gismondo, microbiologa dell’ospedale Sacco di Milano, alla quale faceva eco il Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana.

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https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/coronavirus-sacco-1.5042749

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https://ilmanifesto.it/fontana-pompiere-il-covid-19-e-poco-piu-di-uninfluenza/

E’ del tutto evidente che l’insistenza con cui ci si incaponiva a mantenere “aperta” la città di Milano mentre la tempesta già imperversava ben oltre “l’influenza stagionale” era molto collegata all’impianto economico industriale di quell’area. E non è un caso che tra coloro che erano stati reclusi tra le mura di Codogno alcuni proprietari di seconde case in Versilia – non di certo poveri operai – siano evasi (ed è solo uno degli esempi che la stampa ha riportato).

https://www.lanazione.it/massa-carrara/cronaca/coronavirus-marina-1.5052442

Come dire che “il virus si è mosso sulle gambe di persone che non avevano di certo bisogno della pura sussistenza” ed è arrivato sulle sponde tirreniche della Toscana. Avrebbero fatto meglio, quei signori, a rendersi conto molto prima, quando avevano scelto la loro seconda casa da quelle parti, ad emigrare allontanandosi dall’aria putrida venefica di quelle lande lombarde inquinate dai fumi incontrollati dell’industria. Quell’aria ha contribuito non poco alla sopravvivenza del virus e i dati oggi sono impietose attestazioni scientifiche del disastro ambientale fin troppo tollerato dallo Stato a difesa non dell’integrità dei lavoratori e dei cittadini ma della rendita finanziaria tout court.
La stessa insistenza, più volte vincente (le cui conseguenze epidemiologiche si sono vieppiù evidenziate), a “non chiudere” le attività e quella a voler riaprire senza garanzie per l’integrità fisica ed umana non solo delle maestranze ma dell’intera popolazione è un atto che potrebbe essere riconosciuto come criminale. Ci stiamo chiedendo in questi giorni quando ne verremo fuori, ma è più urgente sapere “come” ne usciremo. Il distanziamento potrà essere allentato, ma non del tutto annullato; ed alcune regole dovranno permanere a lungo, dovremo abituarci a queste modalità comportamentali tarando dunque il nostro stile di vita in tale direzione. Molto lavoro soprattutto quello amministrativo di segretariato può proseguire ad essere svolto da casa con periodici momenti assembleari online; nelle aziende artigiane o industriali si potrà anche riprendere a lavorare ai macchinari garantendo però la sicurezza (distanza, areazione, uso di protezioni) molto più di quanto non fosse prima. E via dicendo.

Joshua Madalon

30 marzo – OPERAZIONI VERITA’ – intero

22, 24, 26 febbraio

Un po’ di operazioni verità sarebbero opportune intorno alle “presunte” inadempienze del Governo Conte 2. Chi segue questo Blog – mi ripeto ancora una volta – ha potuto leggere tante righe dedicate ai limiti che il Governo Conte 2 ha evidenziato. Ma ha letto anche che ho sempre scritto che nessun altro sarebbe stato capace di far meglio in quelle particolari condizioni, nemmeno il Mago “(Man)draghi”, tantomeno un Salvini o una Meloni che alzavano di continuo il tiro contro il Governo, nel momento in cui avrebbero dovuto tendere la mano e impegnarsi in un comune afflato cooperativo. Se ciò non è stato possibile, lo si è dovuto essenzialmente perché una parte del mondo politico aveva prodotto una frattura insanabile (la Lega innanzitutto, messa in difficoltà nei suoi progetti proprio da Giuseppe Conte; ricorderete il discorso del 20 agosto 2019 al Senato, non diversamente drammatico rispetto a quelli recenti di Mattarella e Draghi)  di quelle che difficilmente si dimenticano e un’altra piccola parte che nutriva segreti progetti destrutturanti e ambizioni spropositate fino ad ora fallite.

Molto più seri e gravi sono stati gli errori collegati alla regionalizzazione della Sanità, che non sempre è stata all’altezza della situazione (spesso si è avvertito il bisogno di annullare i poteri regionali in tema di Sanità, per le ragioni emergenziali prioritarie rispetto a tutto il resto), ed alcune scelte o “non scelte” collegate a qualche Regione più “operosa”  hanno creato focolai pandemici che hanno prodotto numerose vittime. La verità andrà poi ricercata e le responsabilità accertate.

In questo “teatrino” della Politica molti interpreti hanno svolto ruoli mistificatori e si sono raccontate, ed in qualche modo si continua a farlo, numerose bugie. Ad esempio una delle accuse per il Governo Conte 2 è stata quella di non avere preparato un Piano Vaccinale nazionale: lo si è “gridato” da qualche mese, già da quando i vaccini non avevano nemmeno ottenuto la validazione da parte degli organismi come l’EMA. Lo si è continuato a gridare anche mentre, arrivate le prime dosi, queste venivano inoculate senza risparmiarne alcuna. Di certo sta avvenendo che le strutture sono pronte (e non è stato ManDraghi ad allestirle) ma i vaccini mancano e non certo per responsabilità del Governo italiano; e se qualcosa a livello di strutture non è pronto lo si deve in gran parte alla incapacità di molti Governi regionali.

Un’altra “boutade” intorno ai vaccini riguarda l’accusa di essere fanalini di coda tra le varie nazioni, non solo quelle europee. Va precisato che alcune di queste sono anche “produttrici” di vaccino, come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Russia, la Cina e quindi ne hanno potuto usufruire in modo diretto. L’esempio che viene portato insistentemente, per sottolineare da una parte la grande capacità e dall’altra l’inefficienza italiana,  è quello di Israele: ma non viene precisato che Israele ha poco più degli abitanti della sola Lombardia e che ha voluto utilizzare come vere e proprie “cavie” i suoi cittadini sottoscrivendo un accordo in tal senso con la Pfizer.

In Europa attualmente i vaccinati sono il 6,2 % in Spagna, il 5,6% in Germania e in Italia, il 5,3% in Francia. Il nostro Paese, dunque, non è affatto in ritardo per colpa del Governo Conte ma per una serie di concause comuni nei grandi Paesi europei.

Proseguendo sui vaccini e sul Piano Vaccinale quanto “strepito” da parte dei “soloni” di Destra e di neoDestra; ad ogni “stormir di DPCM” al tempo del Conte 2  si levavano urla di “attacco alla Democrazia” (questo termine è obsoleto nei cervelli degli “urlatori”), non appena si proponevano chiusure di territori o di bar, ristoranti e altro. Quelle scelte non sono mai state prese a cuor leggero e, ecco la Verità, attualmente con la variabile Draghi, nella Lombardia di Fontana e Salvini, di Moratti e Bertolaso, quella realtà “operosa” che per la sua qualità aveva subito i maggiori contraccolpi umani ed economici, si vanno chiudendo ermeticamente con il segno “ROSSO” tante zone, città, territori. Non urlano più! E non strepita la Ministra Azzolina, ex Ministra (ce ne faremo più ragioni!), e la sua corte di difensori ad oltranza della Didattica in presenza, ora che da più parti aumentano i contagi tra i ragazzi, anche quelli più piccoli, cui le “varianti” guardano con un certo appetito. Uno dei tanti “miracoli” di “Man”Draghi? Non credo, penso semplicemente che si sta svelando l’Ipocrisia che non consente di guardare e valutare la Realtà ogni volta che ce ne è bisogno. Ovvero, in modo particolare, quando è in gioco la vita fisica delle persone, e dovrebbero ricordare che ciascuno di noi può anche superare un tempo di povertà e di miseria, ma nessuno di quelli che non ce l’hanno fatta può ritornare in vita e non lo possono fare molti dei loro cari, amici e parenti.

E non urla più “Italia Viva” con i suoi “capricci” per il MES, che appariva essenziale per sostenere la vita di noi tutti.

Diceva il suo leader “La mancata attivazione del Mes sarà pagata dai dottori, dai ricercatori, dai malati e dalle loro famiglie. E da chi potrebbe beneficiare dei capitoli di spesa che l’attivazione del Mes permetterebbe di aumentare: infrastrutture, cultura, turismo”. Lo diceva, ma poi “Abbiamo sempre detto che non era per noi imprescindibile” ha dichiarato la Boschi che di Renzi è certamente uno dei “bracci armati” di primissimo piano.

In realtà il MES, l’ho scritto in altro post, era un semplice pretesto, un “capriccio”! Il M5S non lo vuole “e noi invece sì!” è stato di sicuro il ragionamento di Renzi. E se il M5S non lo voleva, ne aveva ben ragione, perchè con l’andazzo che si è protratto nel tempo e l’annuncio sottile (visto lo sgomitamento, non solo per sicurezza antiCovid) del prossimo arrivo di oltre 200  miliardi sulle nostre piazze, saremo sorvegliati speciali da parte dell’Europa, che non penso tollererà sprechi. Il nostro è un Paese che ha molti estimatori dal punto di vista artistico, culturale, turistico nella sua complessita. E’ una terra che ha prodotto più “geni” di quanto ne abbia fatto altro Paese nel Mondo. Ed esportiamo competenze tecniche scientifiche professionali di altissimo livello. Ma non siamo stimati dal punto di vista delle pratiche burocratiche per una Pubblica Amministrazione inadeguata a svolgere funzioni e ruoli propulsivi progettuali al passo dei tempi. Questa denuncia è stata prioritariamente appannaggio del Movimento 5 Stelle, che tuttavia non ha ottenuto il consenso per poter mettere in pratica la metafora della “scatoletta di tonno”.

Giorno dopo giorno, il grande “teatrino” della Politica va in scena. E, come spesso accade, poco cambia. E vengono a svelarsi i “trucchi” utilizzati semplicemente per avvantaggiarsi nell’accaparramento di potere. E’ la parte peggiore della Politica ed emerge ancora una volta dietro l’Ipocrisia del Bene Comune. C’è sempre meno spazio per la parte migliore del Paese, che tende ad appannarsi con grande giubilo della parte peggiore, una minoranza che tuttavia detiene grandi poteri, sempre più. La bonomia con la quale di fronte alla pandemìa si sentiva dire, anche da quella parte “peggiore”, che ne “saremmo usciti migliori”, era semplicemente una ulteriore finzione.

Tutta la vicenda intorno alla quale si è inscenata la “crisi” del Governo Conte 2 sembra aver avuto l’obiettivo di riportare al Potere i punti di riferimento più affidabili delle grandi forze – in parte “opache” – finanziarie mondiali. Nondimeno, dopo la sortita di Renzi che ha prodotto il “vulnus”, non era in alcun modo possibile lasciare che un Governo del Paese in questo tempo difficile per tanti di noi (se non “quasi tutti”) andasse  nelle mani della parte peggiore (altro che “Governo dei migliori”) e pericolosa per i destini della nostra Democrazia. Capisco le perplessità di quella parte che, a Sinistra, ha votato “no” al Governo, ma avverto in quella scelta l’incapacità di saper svolgere una riflessione realistica dei veri bisogni e di come affrontarli per risolverli.

Tra le varie bugie poste in campo per giustificare la “crisi” c’è stata quella relativa al “Recovery Plan”. Ovviamente, ai comuni cittadini non era possibile dare un giudizio su quanto veniva denunciato; si trattava di “bozze” redatte dalla Presidenza del Consiglio su cui avviare la discussione.  C’erano i “capitoli” di spesa, i titoli e poco più; ma in quel periodo non sarebbe stato possibile per un Paese, come il nostro, rappresentato nel G7 (il gruppo dei sette Paesi economicamente più avanzati del Pianeta), presentare un Piano nel dettaglio: mancava il regolamento che è stato approvato solo il 10 febbraio u.s. ed è operativo dal 18 febbraio, dopo la sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’UE.

D’altra parte è stato lo stesso neo Premier, Mario Draghi, a riconoscere perfettamente il buon impianto del Recovery Plan del precedente governo, anche se occorre migliorarlo, in modo particolare articolandolo sulle riforme necessarie che accompagnino la credibilità del nostro Paese. Draghi non ha potuto fare altro che riconoscere ulteriormente il buon lavoro del Conte 2, anche allorquando, presentandosi ai giornalisti subito dopo l’incontro con il Presidente Mattarella in cui aveva accettato l’incarico con la “tradizionale” riserva, parlò del necessario completamento della campagna vaccinale.

Nel corso di questi giorni, altrettanto concitati e drammatici, Draghi sta mostrando di saper mantenere la barra dritta senza lasciarsi influenzare dalle grida, istericamente espresse anche se a volte un po’ “sommesse” sotto tono e falsamente rispettose, di Salvini e compagnia bella, cui si accodano a difesa di interessi parziali alcuni Presidenti di Regione, in modalità “bipartisan” ma incapaci di operare una necessaria “moral suasion” verso alcune categorie di operatori commerciali, semmai accompagnata da una adeguata progettualità intesa al superamento “quanto prima” delle attuali precarie oggettive condizioni.

29 marzo – Non è il momento. Può darsi, e io sono perfettamente d’accordo. A patto che lo sia per tutti. Seconda parte

Non è il momento. Può darsi, e io sono perfettamente d’accordo. A patto che lo sia per tutti. Seconda parte.

Ovviamente c’è stato un ribollire di polemiche su tutta la galassia dei social, con attacchi virulenti sospinti ad accreditare la volontà di privilegiare le città della Costa, nel drenare il maggior flusso possibile di turismo a svantaggio di Firenze. Chi ha anche solo un po’ di sale in zucca e gli occhi per vedere, si è accorto in questi anni prima della pandemia di come il flusso verso Firenze fosse sempre stato intenso, facendo sì che la ricettività alberghiera e tutto l’indotto non riuscisse a garantire a tutte le richieste un’accoglienza.

Nel titolo che ho riproposto mi riferisco alla possibilità (è purtroppo una certezza)  che, in tutto questo periodo di stallo “democratico” (con l’assenza di un vero e proprio possibile confronto per la stragrande maggioranza dei cittadini, condizionati da lockdown più o meno stretti), i poteri forti economici e finanziari che regolano i grandi affari ed influenzano le scelte politiche sono stati molto attivi. Peraltro l’impegno più intenso che riusciva ad essere riconoscibile è stato collegato alla richiesta di interventi necessari a fronteggiare i problemi sanitari e quelli economici da parte delle tantissime categorie svantaggiate. Anche io ho trattato poche volte la questione, preso dall’evolversi degli eventi.

Anche per questo ripropongo parte di un post del 23 novembre 2018

23 novembre 2018 Sarebbe – a questo punto – opportuno dire che già troppi danni il “modernismo accattone e consumistico” ha fatto in questo territorio – sarebbe l’ora di dire “Basta!”. Tornare indietro anche molto più indietro “chiudendo” tutta la baracca sarebbe la cosa più utile per salvare la Natura e l’Ambiente.

Niente di nuovo sotto il sole della Toscana

Un Partito Democratico che non ha mai saputo trovare la propria essenza di Sinistra pur riformista e democratica appare sempre più confuso nell’oscillazione tra la resistenza di una leadership da sempre disponibile per la conservazione del Potere a costruire rapporti con i poteri forti e con le Destre semmai civiche ma non solo e le minoranze – che insieme non costruirebbero una maggioranza – che vanno alla ricerca di un collegamento con la vecchia e stanca base popolare ancor più indebolita dalle ricorrenti crisi economiche e sociali.

Una Destra divisa ancor più ben lontana dalle visioni culturali che negli anni avevano prodotto una certa qual egemonia che le aveva consentito di assumere posizioni di primo piano nella città di Prato, e piegata dalle ubbie e dai capricci della Lega che dietro i successi salviniani pregusta una nuova vittoria.

Un Movimento 5 Stelle inconsistente che non ha radici nella società e che vive per ora di una rendita che sembra sempre più vecchia pur non datata al di là di un quinquennio. Come scritto in un inciso parlo di Prato.
E mi riferisco in particolare alla vicenda aeroporto. Mi spiego meglio: da qualche anno si dibatte in modo anche isterico e rapsodico del possibile ampliamento dell’aeroporto di Firenze. Un intervento che prevede di costruire una nuova pista parallela al tratto conclusivo della Firenze Mare che consentirebbe a parere dei sostenitori un maggiore e più pesante afflusso di veicoli, rendendo quello scalo di livello internazionale, portando a Firenze ancor più turismo, oltre che incentivando ancor più il commercio. Una visione ultramoderna non c’è che dire! Ma non fa i conti con la realtà, limitandosi alla difesa di una visione catastrofica e distruttiva degli ambienti naturali. Non solo quelli del Parco naturale della Piana che finirebbe per essere inquinato oltre misura ma tutto il resto del territorio della stessa Città metropolitana che per consentire afflussi umani e commerciali sempre più massicci finirebbe per occupare cementificamente molti degli spazi. Ho la sensazione che vi sia una profonda ottusità, una unilateralità di visione da parte dei proprietari dei territori e delle grandi imprese commerciali e turistiche che non consente loro, dietro il baluginio della moneta, di osservare come la città capoluogo sia già troppo stretta nelle diverse e sempre più frequenti occasioni internazionali. Da parte della Politica, Partito Democratico e Destre unite, si dà forza a questa idea nella speranza di poter lucrare consensi plutocratici che permettano di disporre di sostegni sostanziali nelle sempre più costose macchine elettorali. La gran massa di popolo si lascia in parte convincere che potrà trarne benefici per sè ed i propri figli, e forse nipoti, vista anche la certezza che la realizzazione definitiva non sarebbe così vicina nel tempo. Ovviamente molti non riescono ad essere informati correttamente e pienamente, visto che la forza economica di chi si batte perché quest’opera non veda la luce è molto ridotta, per i motivi di cui accennavo prima. D’altra parte il mondo è sempre più piccolo nelle distanze e l’aeroporto di Pisa – che ha spazi naturalmente molto più ampi per crescere – assolverebbe senza produrre gli stessi catastrofici danni al ruolo di scalo internazionale.

28 marzo – Non è il momento. Può darsi, e io sono perfettamente d’accordo. A patto che lo sia per tutti. Prima parte

Non è il momento. Può darsi, e io sono perfettamente d’accordo. A patto che lo sia per tutti. Intanto, subito dopo il cambiamento al vertice del Partito Democratico, Enrico Letta ha lanciato la proposta di rivedere i piani per la nuova Pista dell’Aeroporto di Firenze e avviare una verifica sulla progettazione di una metropolitana leggera tra Pisa e Firenze. Questa è la sua dichiarazione su FirenzeToday.it del 22 marzo u.s.:

“Facciamo un esempio per la mia Toscana ma il principio vale per ogni altra parte del Paese. Penso di poter vedere un progetto già realizzato in molte altre parti del mondo: una metropolitana leggera che colleghi Pisa e Firenze in 25 minuti. Un’infrastruttura che rafforza la costa, toglie le auto anche un po’ di camion dalla strada, connette la dorsale costiera all’Alta Velocità. E chiude anche la disputa dei due aeroporti. Nel resto del mondo funziona così. Si atterra a Pisa e si va a Firenze in 25 minuti, e si possono usare i due scali in modo integrato. Si arriva a Pisa e si riparte da Firenze e viceversa”.

Potrebbe apparire un siluro lanciato al leader di Italia Viva, una risposta tardiva a quel “stai sereno” del febbraio di sette anni fa. Certo, tanta acqua è passata sotto i ponti e Renzi non è più nel Partito Democratico anche se una gran parte tra dirigenti, iscritti e supporter di quel Partito gli sono rimasti, in qualche modo, vicini (per non dire “fedeli”). In realtà il pensiero di Enrico Letta interpreta, con quella proposta, un sentimento popolare comune, accentuato ulteriormente dagli eventi drammatici che ci stanno coinvolgendo: il Progetto è una vera e propria sciagura per le sorti ecologiche (inquinamento, rumore, cementificazione selvaggia) della intera Piana tra Pistoia, Prato e Firenze. Porterà indubbiamente ricchezza, facendo affluire soprattutto nella città di Firenze torme di turisti, che avranno bisogno di allocarsi pur se temporaneamente in strutture alberghiere, ma non garantirà il rispetto di molte regole ecologiche che pur si vorrebbero attuare con gli altisonanti proclami politici ed elettoralistici, presenti anche nei Programmi dell’attuale Governo.

Dopo le dichiarazioni non si sono fatte attendere le polemiche, acide ed irridenti con punte involontarie di comicità come nelle dichiarazioni del Presidente della Regione su varie testate locali e nazionali: “Ho parlato direttamente con Letta, non ha detto questo; posso affermare che Enrico Letta, come toscano doc, crede che sia importantissimo costruire un treno che va da Firenze a Pisa velocemente; ma poi, andare in Europa e nel mondo con l’aereo è un altro discorso, si tratta di un altro mezzo. Per andare negli Stati Uniti, si passerà da Pisa, in tante città d’Europa si va da Firenze. Sono molto convinto che, grazie a Enrico Letta, avremo a Roma una voce molto più alta per supportare la complementarietà degli aeroporti di Firenze e di Pisa, ma, cosa nuova, avremo anche risorse per costruire una nuova ferrovia, sia questa un nuovo binario accanto a quella che c’è già, o una ferrovia che passa da tratti più veloci per unire le due città. Del resto, ben venga che un segretario intervenga sulla crescita complessiva della Regione”. Tuttavia Enrico Letta non ha detto affatto che si debba proseguire nella scelta sciagurata portata avanti molto convintamente in modo congiunto da una parte, chiaramente “renziana”, del Partito Democratico di Firenze e tutte le Destre, ma di lavorare ad un’integrazione tra gli attuali scali aeroportuali, incentivandoli ma senza stravolgere ecologicamente il territorio.

Poiché ne abbiamo già parlato nei tempi passati, ne riparleremo.                 L’affermazione iniziale è ovviamente in gran parte oscura ed è giusto chiarirla…..

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