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STATI GENERALI – una variazione di CTS Parte 2 (per la parte 1 vedi 21 agosto)

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STATI GENERALI – una variazione di CTS Parte 2

Già nel 2018 tra aprile e maggio ho pubblicato una serie di post proprio riferiti ad una di queste occasioni. Mi riferisco a quell’interessante Seminario che verso la fine del 2002 uno degli Assessori alla Cultura, catapultati per alcuni “giri di valzer”ad occuparsi della progettazione politco culturale dell’Amministrazione pratese, aveva organizzato al Centro per l’Arte Contemporanea “Luigi Pecci”. Ho detto “giri di valzer” ma non mi riferisco alle solite “manfrine” quando accenno ad Ambra Giorgi (l’Assessore di cui sopra), che ha dimostrato nel corso della sua attività politica una eccellente preparazione, soprattutto culturale, ed è stata a mia memoria tra i migliori Assessori alla Cultura che la città di Prato abbia avuto. Ma “giri di valzer” rende invece molto bene il rapido susseguirsi nel corso del secondo mandato di Fabrizio Mattei di titolari di quell’incarico, da Massimo Luconi a Giuseppe Vannucchi, a Ambra Giorgi ed a Paolo Abati.
Sarà stato per questo motivo che in quel periodo si sono andati susseguendo diverse occasioni di confronto con la società pratese, un po’ per tastare il polso un po’ anche per creare quella forma di “sfogatoio” necessario, allora come ora, a far sentire importanti gran parte dei diversi personaggi, non tutti poi meritevoli della stessa attenzione (in realtà il succo era: “ti ho fatto parlare, ti sei sfogato, adesso “a cuccia”!): fondamentalmente, allora come ora, ben poco di quel che si diceva veniva ascoltato attentamente: la stragrande maggioranza di quel che si diceva non avrebbe avuto la giusta valutazione; in fondo, razionalmente è così! Ed in realtà c’è da chiedersi per l’appunto perché mai continuino ad organizzare “stati generali”, se non con lo scopo di creare “illusioni”.
Accennavo a quella della fine del 2002 il cui titolo era “Tessere Cultura” ed il mio intervento è nel post http://www.maddaluno.eu/?p=7902 che lo riporta per intero; ma ce ne era stata un’altra proprio agli inizi del 2002. Si era nel pieno del secondo mandato di Fabrizio Mattei: assessore alla Cultura era Giuseppe Vannucchi che, proprio in quei giorni aveva rinunciato al mandato, in seguito ad una serie di incomprensioni.
Il giornalista Gianni Rossi attualmente Direttore di TV Prato in un suo articolo pubblicato su “Toscana Oggi” il 27 marzo del 2004 pone in evidenza uno dei punti in dissenso tra il Vannucchi ed il Mattei.
Chi volesse leggerlo tutto può farlo sul web: https://www.toscanaoggi.it/Edizioni-locali/Prato/INCHIESTA-Civico-il-museo-dimenticato
Secondo il giornalista prestato alla politica, i suoi spazi di autonomia si sono progressivamente ridotti. Una delle cause principali della clamorosa decisione deve essere stata proprio la poca chiarezza sulle sorti del Museo Civico.
A quegli Stati generali io partecipavo a pieno titolo, essendo Presidente della Commissione Cultura della Circoscrizione Est e coordinatore dei Presidenti delle Commissioni Cultura delle cinque Circoscrizioni di Prato. Con lo stesso incarico intervenni a fine 2002 nel Seminario “Tessere la Cultura”. Nel prossimo post pubblicherò la prima parte di quell’intervento che storicamente riporta proprio la notizia delle dimissioni di Giuseppe Vannucchi. Era il 13 febbraio del 2002.

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PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO a Prato – parte 7 (per la parte 6 vedi 20 agosto)

PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO a Prato – parte 7

Martedì 24 ottobre del 2006 si svolse dunque un incontro presso il Dopolavoro Ferroviario in Piazza della Stazione a Prato. Al dibattito parteciparono in tanti e molti erano i presenti. Importanti furono gli interventi di Tina Santini, Manlio Altimati, Fulvia Bendotti, Mario Bettocchi, Rocco Franco, Rodolfo Tognocchi, Lucio Lamanna, oltre a quello di altri, di cui ora ricordo solo il nome: Stefano, Paolo, Loriano. Quello che segue è un mio
Resoconto molto sintetico dell’incontro, inviato venerdì 27 ottobre 2006 con mail ore 09.32
Carissimi amici,
avendo preso l’impegno di sintetizzare l’andamento dell’incontro cui avete preso parte martedì scorso al Dopolavoro Ferroviario, ritengo di poter dire che tutti i presenti hanno condiviso l’esigenza da me espressa di sostanziare in modo nuovo e diverso il nostro impegno per la costruzione del nuovo Partito Democratico a Prato soprattutto in relazione alla presenza della cosiddetta “società civile”, intendendo con questo termine quei cittadini che, non riconoscendosi del tutto nelle attuali forze politiche del Centrosinistra, vorrebbero partecipare con forme e metodi rinnovati al dibattito politico.
Il Comitato per il Partito Democratico sorto a Prato per iniziativa dell’avvocato Alberto Rocca e con la collaborazione di alcuni di noi ha operato sul territorio pratese in questo ultimo anno come stimolo soprattutto verso i due maggiori Partiti del Centrosinistra, DS e Margherita, perché costituissero a Prato le basi per il futuro Partito Democratico. Alcune iniziative, in particolare quelle rivolte al mondo della scuola volute principalmente da Tina Santini e dal sottoscritto intendevano costituire le basi per una serie di Forum tematici che avrebbero dovuto creare i presupposti per un’azione comune di sostegno al fututo Governo dell’Unione.
Il Comitato così come è adesso è rimasto un luogo molto privato e le idee e i progetti che vi circolano sono rimaste patrimonio di pochi “volenterosi”. In città solo pochi di noi potrebbero oggi dire che c’è un Comitato: la maggior parte, anche fra gli addetti ai lavori, non ne conoscono l’esistenza o, perlomeno, non sanno che comunque a volte alcuni di noi si sentono per telefono e pronunciano parole che hanno a che fare con la costruzione del futuro Partito. Oggi il processo per la costruzione del Partito Democratico a Prato è nelle mani esclusive delle due maggiori forze politiche del Centrosinistra; ad esse, e solo ad esse, è per ora delegata la scelta di chi debba eventualmente rappresentare la “società civile”, quella terza parte che dovrebbe partecipare invece a pieno titolo alla costruzione del nuovo Partito. Penso invece e ne ho avuto conferma da voi che sia opportuno organizzarsi in una forma transitoria “a termine” con un Regolamento molto snello formato dunque da pochissimi articoli (3 o 4) dai quali si evinca con chiarezza l’obiettivo da raggiungere, il metodo da adottare e le modalità con cui ci si organizza. Questo organismo deve avere come punto di riferimento quella base di cittadine e cittadini che affollarono colmi di fiducia e di speranza i seggi delle Primarie. Fra le prime iniziative che dobbiamo prendere c’è quella di comunicare con tutti i mezzi a nostra disposizione ( radio, tv, quotidiani, volantini, circoli, associazioni, parrocchie, scuole, etc…) i nostri obiettivi alla collettività pratese. Il sito di cui si parla può essere una delle modalità utilizzate; non può, tuttavia, essere l’unica, in quanto non è in grado di raggiungere di per sè parti notevoli ed importanti sia numericamente che qualitativamente della gente. Abbiamo bisogno di un luogo fisico, dotato di mezzi di comunicazione essenziali, nel quale incontrarci ed io mi sto adoperando per trovarne uno che non abbia di per sè colorazioni politiche troppo evidenti a favore di una sola parte dei Partiti che si apprestano a formare il nuovo Partito. Il dibattito di martedì 24 ottobre è stato molto vivace e propositivo: ritengo di poter dire che ne ho tratto in modo sintetico le conclusioni. Vi ropongo di rivederci per costruire più numerosi insieme i primi passi del nuovo organismo ( sia la sua forma quella che meglio aggrada a tutti noi ) che si occuperà di organizzare sul territorio momenti di vera e propria politica sia per affrontare e discutere problematiche generali sia per dibatere argomenti di carattere settoriale (la Cultura, la Scuola, l’Ambiente, la Giustizia, la Sanità, il Laicismo, ecc…). Il prossimo incontro di carattere operativo sarà certamente fra il 6 e l’8 novembre: ciascuno di voi è findamentalmente libero di allargare l’invito a chi vuole. Propongo inoltre di preparare uno stampato che raccolga le adesioni di quanti intendono formalizzare la loro presenza all’interno del nuovo organismo. Chi ne ha voglia porti una proposta concreta direttamente al prossimo incontro o me ne mandi copia via mail. Sono convinto che ciascuno di voi abbia espresso molto più di quanto da me sintetizzato; avremo nuove occasioni per confrontarci anche su questo via mail ed in maniera diretta. Vi saluto. Giuseppe Maddaluno.

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Non ci sono difensori della Democrazia di serie A o di serie C (con un breve preambolo)

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Nelle ultime ore alcune persone, compagni di Sinistra, hanno pensato di poter assegnare “patenti” di autenticità democratica al sottoscritto. Rivendico la mia “libertà”: come sempre, ho svolto un ruolo di profonda autonomia. Devo aggiungere che non riconosco in alcuni di essi (quelli più radicali) il diritto di ergersi a giudici del “mio” pensiero. Ciò nonostante li rispetto per le loro libere scelte.

Giuseppe Maddaluno (Joshua Madalon)

Non ci sono difensori della Democrazia di serie A o di serie C

Sembra che le sorti della Democrazia siano collegate al numero dei rappresentanti nel Parlamento: perlomeno questo è quanto si va costantemente affermando tra i sostenitori del “NO” al quesito referendario al quale dovremo rispondere, come “cittadine e cittadini” di questo nostro Paese il 20 ed il 21 settembre p. v..
I sostenitori del “SI” dunque dovrebbero essere dei reazionari oligarchici o sprovveduti in balìa di un disegno oscuro.
Chi ha a cuore la Democrazia dovrebbe in primo luogo ragionare intorno alle insidie antidemocratiche e mettersi alla prova in modo diretto, a partire da una forma di autocritica che si incentri sul livello di Democrazia applicato ai propri “ristretti” ambiti e realtà sociali e politiche circostanti.
La realtà della nostra società non verrà modificata dalla vittoria del Si nè tantomeno la Democrazia, fosse essa in pericolo, potrebbe essere salvata dalla vittoria del NO. Sono molti – e ben – altri i motivi che fanno temere una deriva antidemocratica in Italia: tra questi c’è la netta prevalenza, rispetto alla Politica, il cui “Primato” traballa da tempo, degli interessi finanziari di grandi gruppi di potere che sono ormai i veri “regolatori” della vita sociale, culturale (sigh!), economica e…politica nel nostro Paese.
Non si può non rilevare che – in questa occasione (ancora una volta) – finiscano per emergere gli aspetti più deleteri delle costruzioni ideologiche veterocomuniste (non considero questa accezione negativa laddove chi se ne avvalga sappia declinare in chiave contemporanea i valori fondanti di quelle sacrosante impalcature). Si richiamano in vita in modo acritico ed astorico i vecchi fantasmi della P2, i cui progetti vengono utilizzati a scopo mistificatorio. Ho ripetuto in questi giorni, senza alcuna accentuazione, quali siano le “ragioni” per il “SI”, altrettanto convinto che non basterebbe una vittoria del “NO” per fermare un qualsiasi tentativo di attacco alla Democrazia.
Rilevo che alcune banalità, come quella del limitato “risparmio” derivante dalla riduzione del numero dei parlamentari, finiscono per essere ridicole. Si casca nella provocazione dei principali sostenitori del quesito, che hanno cavalcato populisticamente tale scelta. E così si risponde che il “risparmio” sarebbe irrisorio. Direi di più, se ci si ragiona: non ci sarebbe alcun risparmio. Ben presto le “caste” politiche troverebbero il modo per rimettere in gioco tali meccanismi e ciò che si guadagna con i “risparmi” finirebbe per essere dilapidato. Ovviamente, il giochino propagandistico degli oppositori (trovo altrettanto amena la contraddizione che emerge con un numero spropositato di oppositori che poco tempo prima erano anche tra i maggiori proponenti legislativi di tale “obbrobriosa” scelta) sarebbe quello di rilevare l’esiguità di tale risparmio. E’ un’altra forma di mistificazione non dissimile dalle numerose “fake-news” di cui si accusa l’Opposizione in lungo ed in largo.
Occorre dunque essere vigili, ma altrettanto fiduciosi nelle capacità istituzionali e popolari: bisogna aprirsi alle interlocuzioni non rinchiudersi inb ristretti ambiti, dei recinti ben delimitati dove sentire appagata la propria convinzione

A POZZUOLI metà anni Settanta del secolo scorso: COLLETTIVO TEATRALE ’75 “Ccà puntey ll’arbe!” “Per il decentramento culturale” – Presentazione

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A POZZUOLI metà anni Settanta del secolo scorso: COLLETTIVO TEATRALE ’75 “Ccà puntey ll’arbe!” “Per il decentramento culturale” – Presentazione

Negli anni Settanta ferveva l’attività culturale giovanile e sempre più la Cultura si avvicinava alla Politica militante. In quegli anni, prima che decidessi di cercare lavoro lontano (il mio primo incarico fu in un Istituto Tecnico Industriale di Bergamo con un “corso serale per operai”; il mio primo lungo incarico fu al confine con l’Austria, ad Auronzo di Cadore), avevo anche organizzato un riuscitissimo e frequentatissimo Cineforum nella Sala Parrocchiale di Arco Felice, la Parrocchia San Luca e Santi Eutichete ed Acuzio. Fu, questa, un’iniziativa di discrimine per la mia formazione. Il programma era di Sinistra, in quel tempo Sinistra vera, essendo collegati molti dei film ad autori che si riferivano direttamente al PCI. La mia fu una scelta “naturale” ed autonoma, non concordata con il Parroco, ch evidentemente aveva riposto in me la massima fiducia. Ed io, scegliendo quelle opere “militanti” tra cui un paio di documentari come “Napoli” di Wladimir Tchertkoff e “Il sasso in bocca” di Giuseppe Ferrara o film come “Seduto alla sua destra” di Valerio Zurlini sui movimenti per la liberazione ed indipendenza dei paesi africani, feci evidentemente una scelta non condivisa, tanto che, anche se fossi rimasto a Pozzuoli non avrei potuto ripeterla in quegli ambienti.
Per fortuna c’erano spazi, come il Centro Sociale Flegreo in Via Virgilio 8, disponibili ad ospitare eventi più o meno simili. Fu in questo luogo che ebbi modo di contribuire ad allestire un’operazione originale come la rielaborazione in dialetto puteolano di un classico popolare molto frequentato soprattutto (ma non solo) allora dalle compagnie teatrali amatoriali (“filodrammatiche”) del Sud, quella “Cantata dei pastori” che celebra in modo molto laico la nascita di Cristo, puntando l’attenzione allo scontro tra il Male ed il Bene ( i Diavoli e gli Angeli ) con personaggi appartenenti alla tradizione popolare, come Razzullo,uno scrivano, e Sarchiapone, un barbiere oltre al timido umile pastorello Benino, all’interno del viaggio di Giuseppe e Maria verso Betlemme.
Tra il 1974 ed il 1975 alcuni di noi, dotati di magnetofono portatile (io ne possedevo uno pesantissimo che mi trascinavo a tracolla), camminavamo tra i vicoli del porto di Pozzuoli alla ricerca di fonemi dialettali da utilizzare nella traduzione dall’italiano e dal napoletano. Tutto quel materiale fu poi ascoltato attentamente e si procedette al lavoro di adattamento, a partire da un titolo che aveva anche un intento beneagurale per le prospettive sociali culturali e politiche delle generazioni cui appartenevamo.

Nel prossimo post riporterò il testo di presentazione del nostro lavoro. In quell’impresa furono protagonisti gli artisti Giuseppe La Mura e Giancarlo Tegazzini, che avevano seguito lo stesso mio percorso creativo, di cui ho trattato di recente con i due post dedicati a “Il piccolo caffè”.

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PERCHE’ AL REFERENDUM sulla riduzione del numero dei parlamentari voterò SI – tre miei post del febbraio u.s.

PERCHE’ AL REFERENDUM sulla riduzione del numero dei parlamentari voterò SI – tre miei post del febbraio u.s.

POST del 16 febbraio 2020

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VERSO IL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI – 29 MARZO

Il 29 marzo andremo a votare per un referendum per confermare o rigettare il taglio dei parlamentari. Come tanti sono in grande imbarazzo: comunque vada, mi dico, continueranno a dettar legge i soliti apparati. Se viene fermato il taglio canteranno vittoria la gran massa dei politici di mestiere, soprattutto quelli che non hanno un loro passato professionale “normale” avendo vissuto solo di “politica”. Strano a dirsi ma accadrà la stessa cosa, se invece il “taglio” sarà confermato. Nei primi giorni di ottobre dello scorso anno (il 2019) una maggioranza ”bulgara” vicina al 100% ha approvato il taglio (vedi foto in evidenza). E’ molto strano, paradossale, davvero assurdo che, poi, molti di quelli che hanno votato per il taglio, oggi si impegnino a partecipare al referendum sostenendo proprio il contrario di quella scelta. Ma la Politica, conosciuta come Arte del possibile ( e, dico io, dell’impossibile ), è fatta così.

Mi sento – e lo sono – un comune cittadino informato e consapevole. Ed esprimo i miei dubbi.
La chiamano “Democrazia”, ma il “demos” è sostituito da una congerie di lobbies, veri e propri potentati economici o subeconomici che mirano a realizzare macrointeressi di classe concedendo benevolmente poco più che briciole al “popolo”, ovvero alla parte più debole di un Paese.

La rappresentanza indiretta stabilita dalla nostra forma di “repubblica parlamentare” non consente il pieno esercizio della “democrazia” da parte dei cittadini. Occorre dunque prevedere una regolamentazione che permetta una vera partecipazione popolare alle fasi di reclutamento e di accesso alle liste o perlomeno si abbia la possibilità di esprimere delle preferenze e semmai di poter utilizzare la forma del voto disgiunto. Invece sia nella scelta del personale politico rappresentativo sia in quelle di carattere politico ed economico generale pochi sono coloro che gestiscono il potere quasi sempre a proprio esclusivo vantaggio ed a danno dei molti.
Tra qualche settimana andiamo a votare per il referendum che tratta del “taglio del numero dei parlamentari italiani”.

Sottopongo al lettore una (la n.5 su 9 pubblicate su
http://www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it/2020/02/12/faq-sul-referendum-costituzionale-del-29-marzo-sul-taglio-dei-parlamentari/) delle FAQ preparate dal Comitato per il NO al taglio. Intendo rilevare che nella risposta, peraltro convincente se tutto quel che si scrive dipendesse da “altri” (un “nume” cattivo, un “despota” sanguinario), vi è la “soluzione”: chi viene eletto quasi sempre “non “ rappresenta i propri elettori nel senso vasto, ma quella piccola parte “di potere” che gli ha consentito di poter essere eletto. Ragion per cui anche se i parlamentari si riducessero, poco cambia per il “popolo” se non vengono realizzati dei correttivi metodologici utili alla costruzione di un vero e proprio rapporto con i territori.
Questa la domanda assertiva
A: La riduzione del numero dei parlamentari non incide sulla rappresentanza, anzi la rende più autorevole.
Questa è invece la risposta
B: Completamente falso. Se si riduce il rapporto fra cittadini e parlamentari si incide profondamente sulla rappresentanza politica, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo.Perché si realizzi una vera rappresentanza politica, bisogna che i singoli parlamentari abbiano una relazione reale e continua con i problemi del territorio in cui è avvenuta la loro elezione e dei cittadini che ci vivono, nonché un rapporto costante, non limitato al momento del voto, con i propri elettori. Meno sono gli eletti e più difficile è realizzare quel rapporto. Questo inevitabilmente nuoce all’azione dei parlamentari sul piano qualitativo perché riduce la possibilità di una conoscenza dei problemi concreti.Quindi la rappresentanza politica ne risulta peggiorata.

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Ne riparleremo

Joshua Madalon

26 febbraio
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I VASI COMUNICANTI, MACHIAVELLI E IL NUOVO PRINCIPE perchè NI o forse SI

Tra poco più di un mese si dovrebbe votare (Coronavirus permettendolo) per un referendum sul taglio dei parlamentari. Come ho già scritto, sono in forte imbarazzo: forse non partecipo al voto, forse mi astengo o…forse voto SI. La qual cosa mi porrebbe ancor più in disaccordo con il mio gruppo di riferimento attuale che è “Prato in Comune”. Eppure, non ho fatto nessuna mossa per far prevalere la mia posizione, lasciando che altri esprimessero la loro; ancor più, una volta espressa da maggioranza molto netta la scelta per il NO, ho comunicato personalmente al coordinatore pratese del Comitato per il NO l’adesione dell’Associazione.
Ho anche aggiunto che nessuno di coloro che ha optato in nuna rapida consultazione per il Ni o per il SI, avrebbe dovuto partecipare per rispetto della maggioranza ad una campagna favorevole al SI.
Non posso tuttavia esimermi dal rappresentare le motivazioni per cui in controtendenza rispetto a tanta parte della Sinistra sono più orientato a non seguire le indicazioni comuni.

Una visione elitaria
Ho parlato di paradossi e contraddizioni in un altro post dove in qualche modo sottolineavo l’incoerenza che emerge tra il voto dei primi giorni dell’ottobre scorso (circa cinque mesi fa) e la decisione di andare a referendum. Il primo paradosso è evidenziato dalla sottolineatura di una riduzione numerica della rappresentanza, come se quella attuale composizione di eletti non dovesse essere riconosciuta come “rappresentativa” mentre lo sarebbe la “futura” semmai numericamente (ma, dico io, non solo numericamente) omogenea. Credo che la “rappresentatività” è – sì certamente – limitata, ma non certo per il numero dei rappresentanti. Ben altri sono i problemi della nostra “Democrazia” e non sarebbero portati a soluzione nè con 945 (630 + 315) nè con 600 (400 + 200) parlamentari. D’altra parte i 945, se fossero riconosciuti come rappresentativi, dovrebbero avere il rispetto democratico dell’intera popolazione rappresentata e di conseguenza delle scelte portate a compimento così altamente “rappresentative” (il 97 circa di percentuale).
L’altro paradosso è dato dalla scelta di porre in evidenza il fatto che la riduzione avvantaggerebbe chi ha più mezzi e più risorse, i più ricchi e possidenti. Sono perfettamente d’accordo, ma mi impunto sui pilastri della mia polemica, che – lo ribadisco – è da Sinistra, senza “se” e senza “ma”. C’è qualcuno che vuole farci credere che sarebbe il numero (un compagno mi ha detto che lui sarebbe favorevole anche a raddoppiare, triplicare il numero dei parlamentari) a decretare l’applicazione democratica della Carta o la presa in carico degli interessi dei più deboli tra i rappresentati? a far sì che ad essere rappresentanti possano essere chiamati figli del popolo come volevano alcuni nostri “padri” storici e costituenti?
Ciò che è drammatico – a me pare – è che nessuno tra i sostenitori primari del mantenimento dell’attuale numero di parlamentari, nessuna forza politica, ivi compresa la Sinistra ed il Movimento 5 stelle, abbia una visione aperta e democratica pronta a rivedere i meccanismi primari nella scelta dei propri “rappresentanti”. Trovo sia elitaria dappertutto: come si scelgono i rappresentanti del popolo? Con quale legge elettorale? Vedo listini bloccati e candidature uniche nei quali e nelle quali gli aspiranti “eletti” sono inseriti dall’alto delle Segreterie con decisioni tutte all’interno di chiuse stanze su undicazioni degli apparati, quelli macro e quelli micro, quelli interni e quelli esterni, ma sempre “tali” sono.
D’altronde chi naviga, chi – come me – ha navigato nel mare della Politica sa perfettamente che non è consentito per limiti oggettivi la pratica della Politica amministrativa e parlamentare a chi non abbia risorse proprie o a suo sostegno, a meno che non si abbiano “padrini” illuminati alle spalle, che prima o poi, però, potrebbero passare all’incasso, per sè o per i suoi.

Il titolo “ I VASI COMUNICANTI, MACHIAVELLI E IL NUOVO PRINCIPE” può apparire fuorviante ma, leggendo il post n.2 forse riuscirò a spiegarlo.

Joshua Madalon

27 febbraio 2020

I VASI COMUNICANTI, MACHIAVELLI E IL NUOVO PRINCIPE perchè NI o forse SI parte 2

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Nel post di ieri non era chiaro il riferimento al titolo. Qui, dopo alcune righe di ulteriore commento alle ragioni del NO e quelle del NI o forse del SI, brevemente illustro il senso del titolo.

“o Franza o Spagna, purché se magna”

In linea di principio il ragionamento di chi propende per il NO non fa una grinza, tuttavia…..pecca di concretezza, disegnando un Paese assai lontano dalla realtà e ad esso rapportandosi nelle analisi e nelle prospettive. Costruito intorno ad un’ utopia ideologica. Purtroppo è uno dei difetti periodici della Sinistra, quello di assumere come propria la difesa di fortini dentro i quali si annidano poi molti dei suoi nemici, ipocriti e ciarlatani, ingannatori. E’ così che tanta gente per bene, convinta di partecipare ad una sacra crociata si trova ad essere fantoccio inconsapevole del Potere, quello senza distinzione di colore o casacca, che nel mentre si lancia contro il qualunquismo, se ne avvantaggia crogiolandosene al suo interno.
L’incauto ingenuo sostenitore di tali pseudo difensori della Democrazia e della Libertà utilizza, pensando a propri ideali vantaggi, una costante sopravvalutazione dell’elemento ideologico fondamentalmente acritico ed improduttivo a asvantaggio della concretezza. C’è chi è convinto di porre un argine alla Destra ma non si rende conto che va sostenendo forme ormai indistinte di governo.
Comunque vada i conti per chi conta andranno a gonfie vele. Ecco il riferimento ai vasi comunicanti. O si vota o non si vota i vuoti si riempiranno, gli spazi saranno coperti sempre dalle stesse persone, quelle che verranno scelte al di là di quanto uno, o più di uno, avrebbe desiderato.
Si fa un gran argomentare di rappresentanza ma nulla si dice e nulla si è fatto e si fa nel concreto per riformare la modalità di reclutamento e di inserimento nelle liste dei candidati. Gli esempi concreti non mancano: a Prato, città nella quale vivo e dalla quale scrivo, gli elettori del Centrosinistra, di quel PD rosa pallido, alle ultime elezioni politiche avevano l’unica possibilità di votare un candidato davvero spurio, lontano dal territorio e “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. E nel meccanismo elettivo regionale nella prossima occasione ci saranno ancora una volta listini bloccati.
Si parla molto per slogan e non si scende mai nel concreto. Al di là dei numeri dei parlamentari ci sarebbe davvero da riformare il meccanismo rappresentativo, rendendolo più legato ai territori ed in grado di corrispondere maggiormente ad una sua diretta rappresentanza.
Inoltre sarebbe opportuno avere rappresentanze più diffuse sui territori e meno nel Parlamento. Chi oggi si impegna a mantenere (o, come dice un compagno ad aumentare addirittura) il numero di “parlamentari”, dovrebbe nel contempo impegnarsi – MA NON A CHIACCHIERE – a realizzare un DECENTRAMENTO operoso più collegato ai territori periferici.

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Allorché richiamo la figura di Machiavelli mi ricollego essenzialmente al suo “pessimismo”, quello con il quale egli interpreta il conformismo degli intellettuali e l’”utilidiotismo” dei suoi contemporanei, nessuno escluso.
Certamente la figura “forte” che a volte si auspica da parte del “popolo” sarebbe una reale punizione della dabbenaggine comune e della incapacità a concretizzare un discorso più ampio e collettivo di tipo riformatore che parta davvero, però, dai bisogni dei tanti: se ne avvantaggerebbero “tutti”, non solo i più potenti, perché vivere in un mondo più felice rende tutti felici.
Uno dei rischi, forse il più duro per chi crede negli ideali, sarebbe la rivalutazione del “qualunquismo”, del disimpegno. Una Democrazia che tuttavia non vede la partecipazione dei cittadini (vedi Napoli e poi pensa anche al referendum nel quale il “quorum” non sarà significativo per il raggiungimento del risultato) andrebbe riformata. Ovviamente occorrono dei “correttivi” democratici rispettosi della ragione di una possibile maggioranza. Oggi tutto ciò non è possibile, ma un legislatore dovrebbe intervenire in merito, non fermarsi all’immanenza degli eventi.
Ecco alcune delle ragioni per cui mi sento molto lontano da coloro che, senza costruire progetti e prospettive ragionevoli, affermano che occorra votare contro il taglio dei parlamentari.

Joshua Madalon

LA SCUOLA AL TEMPO DI BERLUSCONI – PARTE 11 25 anni dopo ”Le colpe dei padri ricadranno sulle spalle dei figli” per la parte 10 vedi 16 agosto

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LA SCUOLA AL TEMPO DI BERLUSCONI – PARTE 11 25 anni dopo ”Le colpe dei padri ricadranno sulle spalle dei figli”

Chi ci ha governato – e chi ci governa – in questi anni non ha modificato in meglio ciò che pure molto spesso ha criticato. Dopo Berlusconi, la Moratti e la Gelmini sul comparto Scuola (e Università) si è prodotto un progressivo incessante intervento mortificatorio delle competenze e vessatorio nei confronti di coloro che nella Scuola (e nell’Università) operano o ne sono fruitori diretti ed indiretti.
Attualmente a causa delle difficoltà sopraggiunte con la crisi pandemica si procede a tentoni e il Governo Conte, che pur ha grandi meriti, mostrando una grande padronanza dei propri mezzi, che nasconde tuttavia una incapacità progettuale, che non produce effetti benefici nè a breve nè a medio termine, non è riuscito a rimettere in moto le energie positive che nella Scuola non sono mai mancate.
In questi post (“La scuola….” e “I conti non tornano”) ho riportato quel che avveniva non solo per demerito delle Destre ma anche per quelli della Sinistra intorno agli anni Novanta del secolo scorso e nell’approccio non ho notato differenze “ideologiche” ma un’opera costante di smantellamento della libertà di coscienza perpetrata a danno delle future generazioni. Non c’è stato mai una seria presa in considerazione delle urgenze denunciate (l’abbandono scolastico, la inadeguatezza delle strutture scolastiche, un reclutamento per meriti a partire dal giusto riconoscimento delle competenze acquisite in modo diretto da parte del precariato “anziano”, sempre più anziano ed una retribuzione dignitosa) ed oggi, il “futuro” di ieri, se ne pagano le conseguenze, sia per i “morsi” della pandemia sia per l’abbassamento del livello culturale generale prodotto in questi anni di abbandono ed incuria. E’, se vogliamo essere buoni e concedere ai “contemporanei” la buona fede, il classico “piangere sul latte versato” ma, a ben vedere, neanche i “nostri” di oggi sembrano essere in grado (o fingono di voler cambiare le “cose” ma non ne hanno nemmeno tanta voglia!) di procedere verso un cambiamento.
Ho scritto più volte sui temi della Scuola; a favore del Ministro posso dire che si sta trovando ad operare in un terreno molto difficoltoso, pieno zeppo di insidie: a suo sfavore – qui mi ripeto – sta il non aver compreso (almeno a me così sembra) che l’assunzione delle responsabilità pregresse non può essere addossata a questo Governo, poichè per la maggior parte non le appartengono. Di certo una parte di questo Esecutivo ha grosse colpe ma non sarà semplice fargliene riconoscere alcuna: le parole “pentimento” ed “autocritica” sono sconosciute nel ceto politico corrente. Mostrare una grande sicumèra come fa la Azzolina di fronte alla catastrofe, lasciando credere che “tutto andrà bene” (questo poteva servire come “placebo” durante il “lockdown” ma ora è il tempo delle scelte), e magicamente a settembre tutto funzionerà alla perfezione, è da “irresponsabili”. Occorre avere il coraggio di dire che la situazione è tragica a causa dell’incuria di decenni, della quale sono corresponsabili Governi di Centrodestra e di Centrosinistra. Il problema serio è che se non c’è “condivisione” nella compagine nel riconoscere tali trascuratezze ed inefficienze si rischia di rompere la maggioranza. Bene! Di fronte a tali possibili scenari preferirei la “chiarezza” e non la sopravvivenza in questa fetida palude dell’ignavia

Joshua Madalon

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STATI GENERALI – una variazione di CTS – un’introduzione

STATI GENERALI – una variazione di CTS – un’introduzione

Anche di recente chi governa e amministra ha avvertito il bisogno di ricorrere a dei sostegni, rappresentati come essenziali, urgenti, ma poi in definitiva umiliati e mortificati dall’azione concreta dei governanti. Sia i Comitati Tecnico Scientifici sia gli Stati Generali hanno subìto la medesima sorte, inevitabilmente. La ragione per cui quel che emerge dai consessi afferenti alla “società civile” viene acquisito ma poi non viene utilizzato è da assegnare al ruolo fondamentalmente diverso che la Politica accreditata dal consenso attraverso i meccanismi elettivi costituzionali deve assumere rispetto a ciò che emerge in gruppi di “saggi” nominati per discutere segnatamente al loro interno sulle possibili vie d’uscita di fronte ad un periodo di “crisi”. I consessi ancorchè rappresentativi ma chiaramente oligarchici non possono, proprio per questa loro forma elitaria, esprimere una volontà popolare, che invece risiede permanentemente nei Governi, democraticamente espressi da libere e più o meno partecipate tornate elettorali.
Tali consessi tuttavia servono a dare l’illusione di un impegno amministrativo in un momento di evidente difficoltà.
E’ accaduto che, mentre nel Mondo ed in Italia, tra le prime nazioni, scoppiava la pandemia, il Governo Conte ha deciso di affidare le scelte politico-sanitarie e di pubblica sicurezza ad un gruppo di esperti; oggi sappiamo più o meno che tra quel che emergeva nel Comitato Tecnico Scientifico ed il Governo vi erano profonde differenze. In realtà il Governo, formato in modo anomalo anche se legale dal punto di vista costituzionale, non se la sentiva del tutto di assumersi completamente la responsabilità delle scelte durissime che si apprestava a mettere in atto: e quindi aveva bisogno di far capire alla gente che non erano solo i Ministri ad agire ma c’era una larga parte di rappresentatività civile professionale agli alti livelli a sostenere tali obblighi.
Un po’ diversa rispetto alla prima è stata la seconda occasione che in questo stesso ristretto periodo temporaneo si è svolta. Mi riferisco agli Stati Generali dell’Economia che si sono svolti a Villa Pamphily a Roma tra il sabato 13 e la domenica 21 giugno. Una vera e propria “passerella” i cui protagonisti sono stati annunciati ma, non essendo prevista nè la presenza di giornalisti nè una diretta di tali eventi se ne è saputo molto poco ed è quasi certo che non sia servita ad alcunchè se non che a consentire al governo di farsi “pubblicità”, acquisendo dalla parte meno avveduta della popolazione un consenso derivato dalla “sensazione” che ci si volesse aprire a 360°, ben al di là tuttavia di quanto effettivamente sia utile e necessario fare.
Questa degli “Stati Generali” è il sintomo di una malattia genetica che viene da lontano, ormai. In pratica si vuole mostrare la disponibilità alla “partecipazione” più larga possibile ma poi la si mortifica. Ad ogni modo il popolo dirà – su specifico suggerimento dall’alto – che il Governo (o l’Amministrazione) ha mostrato una grande apertura e, dunque, merita di essere riconfermato. E lo ripeterà a pappardella. Tutto qui.
Le occasioni del 2020 mi hanno ricordato come nel passato in diversi luoghi, ed anche a Prato, si fossero svolte altre simili kermesse, dei veri e propri “sfogatoi” che non sono servite scientemente a un bel niente, tranne che a far credere che ci si impegnasse spasmodicamente a migliorare il nostro “piccolo provinciale mondo”.
Di questo parlerò in alcuni prossimi post

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La Democrazia e le Ideologie: parte 2 – Le ideologie si scontrano con le realtà (per la parte 1 vedi 25 agosto)

La Democrazia e le Ideologie: parte 2 – Le ideologie si scontrano con le realtà

Hanno costruito roccaforti dentro cui proteggere le loro libertà i sostenitori delle ideologie, arrivando a difendere visioni molto parziali come se fossero universali; e, ciò facendo, considerano del tutto errata la realtà esterna a quelle roccaforti. Costruirsi la propria visione della realtà – unica ed assoluta – spinge al solipsismo o poco più: si chiudono al confronto, quello serio e dialettico, non di certo quello che poche volte richiedono solo in modo strumentale, per scopi poco più che personali, anche se fossero idealmente ed eticamente condivisibili. L’utopia, quando è programmaticamente inseguita, porta in modo inevitabile a forme di nichilismo che incidono negativamente proprio a svantaggio del buon esito reale delle idee professate.
Molto spesso sento compagni della Sinistra, cui ritengo di aver dato un contributo in tutto il mio percorso civico e politico, rifiutarsi di affrontare alcuni dilemmi, come quelli che vado proponendo, in nome di una forma di coerenza che è – di norma – sempre obsoleta e bisognosa di restyling.
Se la Sinistra non riesce ad interrogarsi dialetticamente ed apertamente intorno a questi temi sarà inevitabile il suo tracollo e la riduzione ai minimi termini ancor più di quanto oggi già non sia.
Vedo purtroppo prevalere personaggi – anche se di valore – che si ostinano a declinare vecchie formule ed una divisione della società in “buoni” e “cattivi”, dove i primi sarebbero in modo esclusivo loro ed i secondi tutti gli altri. Ovviamente si parte da quelli che dissentono dall’interno, quelli che vanno proponendo semmai di ridiscutere le questioni fondamentali mantenendo inalterato il livello valoriale complessivo. Tale livello deve essere in ogni modo viatico concreto del buonsenso civile.

Scendendo ad elementi pratici chi opera “onestamente” (cioè senza fini occulti) per il bene delle persone bisognose non può essere ingiuriato, come è accaduto con i dirigenti di una cooperativa che hanno accolto – in una terra notoriamente di Sinistra (anche se caratterizzata negli ultimi tempi da tentennamenti verso la Destra) – il maggior leader della Destra per un intervento di carattere propagandistico elettorale.
Ho avvertito un astio irrazionale da parte di alcuni compagni, ai quali ho notificato all’interno di una chat la necessità di arrivare a delle riflessioni sul perché mai una cooperativa che agisce all’interno di scopi sociali non possa confrontarsi parimenti con chi – anche nei Programmi e nelle attività politiche – non manca di sostenere i bisogni delle parti più deboli del Paese. Si scoprirebbe per l’appunto che, pur avendo le forze politiche sia di Sinistra che di Destra (o Centro, fate vobis!) nei programmi espresse priorità in quella direzione, troppe volte sia la Sinistra che la Destra le abbiano sottovalutate. Ma, per me, sarebbe molto più logico affrontare la questione in modo positivo, chiedendosi come mai una Cooperativa sociale decida di ospitare Salvini in un periodo per l’appunto politicamente “caldo” e non abbaiare veementemente contro. Dopodichè spero sia ancora chiaro che la distanza del mio pensiero da quello della Destra sia siderale: solo che, partendo da alcune riflessioni personali, ritengo sia giunto il momento di avviare un vero rinnovamento della Sinistra; purtroppo “siamo alle porte coi sassi” ed il tempo sta scadendo. Avevo provato in un delirio di onnipotente solipsismo (anche io ci casco!) a chiedere che venissero rinviate le scadenze elettorali anche per una più forte e concreta verifica nella “Sinistra”, ma le cose sono andate come sapete. Anche se – leggendo quel che ho scritto sopra – non c’era una grande fiducia.

http://www.notiziediprato.it/news/minacce-a-stremao-per-la-visita-di-salvini-ci-ha-dato-i-soldi-come-hanno-fatto-quelli-di-sinistra-attacchi-vergognosi

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Estate 2020 – parte 1 La preparazione: un piccolo necessario vademecum per le vacanze

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Estate 2020 – parte 1 La preparazione: un piccolo necessario vademecum per le vacanze

“Forzata” ma produttiva e costruttiva: la sosta pandemica per una parte, forse minima, di noi è stata così. Ora, il caldo…e l’abitudine ci spingono a cambiare aria: si sceglie di non allontanarsi troppo ma allo stesso tempo di non andare troppo lontano. La vacanza estiva ci impegna. Non può essere casuale la scelta del luogo dove fermarsi. Abbiamo impegnato alcuni giorni facendoci aiutare dalla nostra capacità di spippolare sul web; abbiamo escluso alcuni luoghi dove ci eravamo già fermati in altre occasioni: negli anni Settanta in un campeggio tra Donoratico e La California, che ancora adesso è situato, anche se notevolmente ampliato e migliorato, subito dopo l’Oratorio San Guido, celebrato dal Carducci, all’incrocio del lungo viale alberato da 2400 cipressi; in altre occasioni eravamo stati sulla Riviera della Versilia da Livorno a Pisa, Marina di Tirrenia, a Viareggio, Camaiore, Pietrasanta e Massa fino a Pontremoli per i miei impegni professionali. Ci eravamo fermati un po’ di più nuovamente a Donoratico negli anni Novanta insieme ai piccoli; ma, lo si sa: quando i piccoli sono “piccoli” si vanno a cercare luoghi adatti per loro, come parchi gioco ed attività ludiche, e poi si sta sulla spiaggia a costruire castelli di sabbia e la sera si va a dormire aspettando che l’alba sia poi serena.
Per quest’anno pensavamo sin dall’inizio a luoghi tranquilli come Campiglia e Massa, entrambe “Marittime” ma, in contrasto con il nome, collinari ed abbastanza lontane dalla costa. E così con l’aiuto del web e di un tam tam amichevole ci siamo mossi. Il web ci suggeriva alcune proposte tra Venturina, Cafaggio, Castagneto Carducci, Suvereto e Massa Marittima con incursioni verso l’interno, fino a Sassetta: quest’ultima, scartata proprio per una collocazione ben distante dal mare, forse più adatta agli amanti della montagna e dei bagni termali, rimanevano per l’appunto Venturina, Campiglia e Massa che, pur essendo lontana, ci attirava dal punto di vista ambientale. Una nostra cara amica ci proponeva Campiglia e ci fornì un contatto telefonico.
Posti insieme le indicazioni telematiche e quelle “amicali” avviammo i contatti. Sul web funzionano i siti dedicati a “Case vacanze, affitti temporanei estivi e non”. La maggior parte di questi afferisce a dei motori di ricerca (trivago, housetrip, holidu, casavacanza e altro) che tuttavia non ti consentono in generale di renderti conto a pieno della validità – e veridicità – delle proposte ed inoltre non permettono ai proprietari di entrare in contatto con i clienti (a meno che il contratto non preveda un pagamento a monte per l’iscrizione e la pubblicazione). Proprio per evitare sorprese (le più varie: una truffa in piena regola; una collocazione inappropriata rispetto alla proposta, per esempio un luogo rumoroso per chi cerca tranquillitù e quiete; un ambiente inadeguato ai bisogni, come per esempio due camere da letto al posto delle tre pubblicizzate) e vista la distanza non siderale per noi che stiamo a Prato dopo aver visitato molti siti scegliamo alcune proposte e dopo aver lasciato i nostri recapiti di posta elettronica e telefonici poniamo quesiti sperando che i proprietari si facciano vivi.

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PACE E DIRITTI UMANI XXI 21 (per la parte 20 vedi il 6 agosto)

PACE E DIRITTI UMANI XXI 21

A metà settembre (ndt.: l’intervento è datato 30 novembre 2000; quindi ci si riferisce al settembre 2000) è stato giustiziato il più alto esponente politico mai condannato a morte dalla nascita della repubblica popolare. Ex Vice Presidente del comitato permanente dei congressi nazionali del popolo del Parlamento di Pechino, era stato condannato per appropriazione indebita di una somma equivalente a 10 miliardi di lire.
In Costa d’Avorio, il 23 luglio, con l’entrata in vigore della nuova costituzione, il paese africano ha abolito la pena di morte per tutti i reati; secondo l’articolo 2, infatti, sono proibite tutte le pene volte a privare un essere umano della propria vita.
In Giamaica il 13 settembre il consiglio privato dell’organismo giudiziario britannico che funge da Corte Suprema per numerosi stati e territori dei Caraibi, ha disposto la commutazione delle condanne a morte inflitte a 6 prigionieri. Il consiglio privato si è rifatto ad una sua precedente sentenza, secondo la quale trascorrere oltre 5 anni nel braccio della morte costituisce un trattamento crudele, inumano e degradante e pertanto la relativa condanna a morte deve essere commuata in ergastolo.
Nella stessa sentenza del consiglio privato si è eliminata una violazione del diritto, il fatto che la Giamaica limiti a 6 mesi di tempo il periodo a disposizione dei condannati a morte per fare appello alla Commissione interamericana dei diritti umani, ed ha anche stabilito che i condannati a morte che ricorrono allo stesso consiglio privato devono essere assistiti da un legale.
In Iran, in una recente dichiarazione, il portavoce del Ministero della Giustizia Ossein Sadechi ha affermato che alcune delle impiccagioni previste dalle loro leggi non sono necessarie da un punto di vista religioso, e il sistema può sostituirle con altre pene. Ha detto: “Dovremmo ricorrere alla pena di morte solo in casi veramente straordinari ed unici e non impiccare la gente per reati che non sono troppo gravi. La lapidazione può non servire l’interesse del nostro paese, il capo del potere giudiziario ritiene che dovremo evitare azioni che potrebbero costituire un insulto alla religione o danneggiare la nostra immagine”.
A Trinidad e Tobago il 18 agosto il procuratore generale di Trinidad e Tobago ha affermato che è chiaro che Amnesty International è impegnata in un’azione politica volta a destabilizzare i paesi Caribici, affrontando il tema della pena di morte come una questione dei diritti umani e forzandoli in questo modo ad abolirla. Questa accusa è stata pronunciata dopo che Amnesty International aveva denunciato che Rassel Sancarali, giustiziato nel ’99, era stato condannato a morte a termine di un processo iniquo. In Vaticano, rivolgendo un nuovo appello per la clemenza verso Derek Rocco Bernabei, Giovanni Paolo II ha per la prima volta espresso una condanna netta nei confronti della pena di morte. “Spero, in un senso più generale, che raggiungeremo un punto in cui si rinunci alla pena capitale dal momento che le nazioni hanno oggi a disposizione altri mezzi per reprimere efficacemente il crimine senza cancellare definitivamente la possibilità di redimersi”.

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