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1 settembre – Afghanistan – parte 2 La consapevolezza della (dura) realtà ed una serie di constatazioni anche valide per noi

Afghanistan – parte 2 – La consapevolezza della (dura) realtà ed una serie di constatazioni anche valide per noi

Sarebbe bastato un livello di attenzione un po’ più elevato per far condividere al mondo intero le problematiche più crude che hanno caratterizzato la vita del popolo afgano e farle comprendere. Invece è accaduto proprio che il “mondo” intero sia stato interessato per quasi due anni da un flagello, “inatteso” anche da parte di quelle popolazioni direttamente interessate, in senso attivo e passivo, dalla occupazione ventennale.

A tale proposito, e non per una banale digressione, sarebbe il tempo per avviare una seria e profonda riflessione su quel che ha significato, e va significando, la nostra “clausura”, più o meno forzata, per la pratica della Democrazia partecipativa nelle nostre lande, periferiche e non solo, ma soprattutto le prime. Mi è sorto spesso in questi mesi il dubbio  (ed è molto più di un “dubbio”) che le stesse manifestazioni violente, di tipo politico, verificatesi nel corso di questi mesi (agitazioni a favore della “Libertà” sia da parte di coloro che volevano tenere aperto tutto, sia poi da parte di coloro che si ribellano al condizionamento civico derivante dal Green Pass) siano manovre antilibertarie che hanno lo scopo di far diffondere il contagio e costringere, così, le popolazioni a rimanere più o meno ferme nel loro “guscio”, pronte semmai a venir fuori per un “voto utile” ma solo per quello. “A pensar male spesso si fa peccato ma quasi sempre ci si indovina” diceva il saggio.

E la digressione lascia aperti tutti i dubbi anche su quel che è avvenuto in Afghanistan, dove la “Democrazia” non ha mai trovato applicazione, visto il livello bassissimo di partecipazione alle competizioni elettorali, che è per noi occidentali la cartina di tornasole che a tutta evidenza non è stata presa in considerazione da molti diplomatici e politici di razza. D’altra parte la stessa poderosa avanzata dei “talebani” ha segnalato che una parte della società afgana, la maggioranza indubbiamente, non aveva alcuna intenzione di resistere: l’Esercito formato da rappresentanti del popolo ha scelto in massa di alzare le mani in modo arrendevole di fronte alla marcia vittoriosa e prorompente di quella parte minoritaria, che aveva assunto ruoli di contrapposizione violenta e terroristica anche negli anni passati, non del tutto diversamente dalla temuta ISIS.

Per portare degli esempi sono a ricordarvi che a fine settembre 2019 in èra pre Covid le elzioni presidenziali si sono svolte sotto la minaccia armata – non dell’ISIS – ma di quei “talebani” che oggi alternano aperture a chiusure in modo confuso, forse ad arte. Quelle minacce non hanno sortito una presa di posizione decisa da parte delle forze che sventolano le bandiere della Democrazia, tanto è che in quella occasione ci furono anche attentati – non da parte degli  jihadisti  dello Stato islamico ma dei “talebani”. La partecipazione fu ridottissima. Come riporta un articolo de “Il Sole 24ore” 28 settembre 2019 a firma di Roberto Bongiorni

https://www.ilsole24ore.com/art/presidenziali-afghanistan-sfida-all-astensione-e-talebani-ACcLidn

“Solo un terzo dei cittadini sono iscritti alle liste elettorali. Nessuna donna candidata, l’incognita jihadista” e in questo articolo egli scrive anche “I motivi per essere pessimisti sono numerosi. I precedenti, peraltro, non depongono certo a favore di chi spera di veder questa martoriata terra avviare un genuino processo di democratizzazione. Finora le elezioni presidenziali sono sempre state la cronaca di un insuccesso annunciato. Macchiate da frodi, brogli, colpi bassi tra i candidati.”

31 agosto – Afghanistan – La consapevolezza della (dura) realtà

Il tempo del Covid ci ha condizionato, più di quanto non avvenisse prima, a prendere in considerazione solo – o poco ma davvero poco più –  ciò che ci circondava. Siamo rimasti vittime di quella sindrome dell’ombelico che probabilmente era tipica dei nostri progenitori nella società pastorale e contadina preindustriale. Gli stessi notiziari dei mesi primaverili del 2020 e poi di seguito quelli autunnali ed i seguenti invernali del 2021 erano esclusivamente collegati alla trasmissione dei dati pandemici; i rotocalchi televisivi dibattevano dal mattino alla notte sempre le stesse argomentazioni. Non è stato molto diverso il periodo più recente con lo snocciolamento dei dati sulla vaccinazione e le diatribe tra favorevoli e contrari. Poche davvero le variazioni fuori dal tema: in primo luogo di certo i contrasti paradossali e schizofrenici della Politica nostrana; in secondo luogo le notizie sportive collegate all’abbuffata di eventi che ha visto concentrarsi nel 2021 anche parte di quanto avrebbe dovuto svolgersi nel 2020 (Europei di Calcio, Olimpiadi e Paralimpiadi) ed era stato rinviato a causa della pandemia.

Negli ultimi giorni – forse proprio a causa di questa reclusione forzata del corpo e della mente che fino a poco tempo fa ci ha esclusi dalla “realtà” – è scoppiata la questione afgana. Ed è apparsa subito la grande difficoltà a comprendere la portata degli eventi che costringono la comunità internazionale ad assumersi responsabilità che fino a poco tempo fa erano state colmate dagli Stati Uniti, che si erano assunto il ruolo di “poliziotti del mondo” con interventi armati camuffati da “esportazione di democrazia”. Per molto tempo ed in particolare allorquando è venuta meno la ragione ideologica dello scontro tra capitalismo e comunismo gli Stati Uniti hanno dirottato i loro interessi politici ed economici nell’area medio orientale, agendo indisturbati sotto lo scudo di una falsa interpretazione della Civiltà e della Democrazia, valori che sono stati utilizzati per accaparrarsi fette di mercato né più né meno rispetto a quanto facevano regimi autoritari antidemocratici. L’Afghanistan non è Kabul e Kabul è solo in parte minima la cartina di tornasole che vorrebbe dimostrare quanta Democrazia fosse stata conquistata in questi venti anni. L’Afghanistan è un territorio immenso la  maggior parte del quale è rimasta nelle condizioni in cui si trovava negli anni precedenti; forse ancor peggio di prima. Anche questo spiega le ragioni per cui l’esercito “non ufficiale” dei “talebani” (il cui termine è stato nel nostro Occidente sempre declinato in modo negativo) ha avuto una straordinaria facilità nel conquistare l’intero territorio fino a Kabul in pochissimi giorni, battendo senza colpo ferire (o con pochissime perdite da una parte e dall’altra)  l’esercito “ufficiale” finanziato dall’Occidente per difendere gli “straordinari” risultati conseguiti.

Questo non elimina la profonda amarezza per tanti di noi, democratici occidentali, che speravano in soluzioni meno traumatiche e maggiormente collegabili ad uno stile di vita più simile al nostro. Non è stato e non è così. Sentiamo dire da vari commentatori che abbiamo potuto apprezzare quanti e quali “straordinari” risultati dal punto di vista “civile” (nel senso “occidentale”) sarebbero stati raggiunti nel corso di questi anni; ma le vicende recenti (il travolgente successo dei “talebani” versus “società – da noi detta – civile”) smentiscono questa tesi, mettendo in evidenza che – forse – solo una minima parte della società afgana aveva acquisito costumi più o meno simili ai nostri, quali una tendenza alla parità di genere e a una alfabetizzazione di valore medio superiore ed universitario. Occorrerà prendere consapevolezza di questo insuccesso, spiegarne le ragioni e con pazienza ricercare le vie d’uscita verso un vero e proprio “progresso”. Ma sarà dura e difficile, anche per la responsabilità occidentale di accontentarsi solo delle apparenze senza andare alla sostanza delle cose.

30 agosto un post del 30 agosto 2017 – RICOMINCIA L’ANNO SCOLASTICO – ALCUNE PRECISAZIONI DOPO IL MIO POST DI IERI ( vedi 17 agosto per post precedente )

RICOMINCIA L’ANNO SCOLASTICO – ALCUNE PRECISAZIONI DOPO IL MIO POST DI IERI

IMMAGINE 30 AGOSTO 2017 LASCIA UN COMMENTO MODIFICA

RICOMINCIA L’ANNO SCOLASTICO – alcune precisazioni….

Dopo il mio post di ieri su come vorrei che fosse la Scuola in merito ai Programmi ed ai tempi di loro attuazione dovrei precisare alcuni aspetti: 1) la riduzione degli anni da cinque a quattro proposta dalla Ministra Fedeli dovrebbe essere funzionale ad equiparare i percorsi di studio complessivi adeguandoli agli standard europei: ciò dovrebbe avvenire per tutto il resto, però! e mi spiegherò meglio dopo; 2) la ristrutturazione di alcuni Programmi, in particolare quelli che si basano su una loro specifica temporalità cronologica (per comprenderci meglio: Italiano, Storia e Letterature straniere), dovrebbe essere funzionale a creare delle specializzazioni anticipate rispetto all’Università, creando con quest’ultima un raccordo preventivo; 3) la distinzione all’interno del quadro docente tra burocrati (utilizzo il termine come qualifica positiva) ed insegnanti dovrebbe portare ad una valorizzazione delle specificità acquisite creando figure intermedie tra la Dirigenza e la Docenza.

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Parto da quest’ultimo punto – il terzo – per meglio precisare il mio pensiero: con la nuova funzione “burocrate” si eliminerebbero le figure ambigue e spurie di docenti che, proseguendo a svolgere la loro attività, si occupino “anche” degli aspetti organizzativi, accedendo a compensi aggiuntivi molto spesso inadeguati. Allo stesso tempo si risolleverebbero da incombenze burocratiche la gran parte dei docenti “insegnanti”. (Badate bene, la mia non è un’accusa nei confronti di chicchessia: ho detto ieri che “invidio” alcune capacità “professionali” più propriamente organizzative sul piano delle “burocrazie” ma poiché queste ultime “esistono” ed “insistono” sulle attività pedagogiche generali appesantendole trovo importante un intervento specifico nella direzione da me proposta!).

Quanto al secondo punto mi spiego meglio: lo studio di autori lontani da noi come Dante, Petrarca e Boccaccio (sono i tre grandi del Trecento, ma spesso sono accompagnati da altre figure di quel periodo) è estremamente faticoso per una platea generica come quella di un primo anno della seconda fase di studio superiore (c’è chi ha uno specifico interesse e c’è chi ha invece una crisi di rigetto letale verso la Letteratura tout court!): quegli autori parlano di tempi lontani in una lingua che avrebbe bisogno di essere tradotta in linguaggio corrente per poter far apprezzare il “pensiero” espresso. La mia proposta sarebbe quella di parlare di Letteratura come costruzione del “vissuto” personale: una sorta di Laboratorio di scrittura attraverso la lettura del proprio presente, quello che volgarmente oggi sentiamo chiamare “storytelling”. A coloro che apprezzano invece uno studio “storico” della Letteratura offrirei moduli da affidare a personale competente dedicati a periodi e figure tra le più rilevanti a livello internazionale. Per quanto concerne la Storia proverei ad avanzare una proposta “rivoluzionaria”: perché non farla studiare “a ritroso”? Utilizzando le “conseguenze” per recuperare le “cause”?

Sul primo punto intendo rilevare che va benissimo adeguare il nostro “corso di studi superiore” a quelli europei ma senza combinare quel pasticcio che è la proposta Fedeli. Intanto cominciamo con il dire che la scuola in Europa è strutturata in orari scolastici prolungati ma onnicomprensivi dell’impegno dello studente (in parole povere, quando il ragazzo esce da scuola non ha compiti da svolgere a casa, né scritti né orali); inoltre è noto che gli stipendi dei docenti nel resto d’Europa sono molto più alti di quanto non lo siano in Italia.
Ovviamente quel che scrivo è contrassegnato da alcuni limiti: 1) sono (stato) un docente di Materie letterarie in una scuola superiore di secondo grado; 2) sono in pensione; 3) mi occupo di scrittura creativa; 4) odio la burocrazia.

Perdonatemi! ma allo stesso tempo ascoltate quanto dico: il disastro della nostra Scuola italiana lo pagheranno i nostri figli ed i nostri nipoti, ma già adesso i segnali sono molto chiari e rischiamo di avere al Potere una massa di ignoranti delle loro stesse radici, delle ragioni primarie della nostra Storia. Abbiamo il dovere di parlare, anche se questo offenderà qualcuno….


Joshua Madalon

29 agosto IN RICORDO DEL POETA PIER PAOLO PASOLINI – Atti di un Convegno del 2006 parte 8

Breve preambolo: quel che viene qui presentato (siamo alla parte 8) è la trascrizione di una registrazione – vi possono essere errori ed in ogni modo la punteggiatura è manchevole

8.

Parla il Professor Maddaluno – Presidente della Commissione Cultura della Circoscrizione Est:

<< Diciamo che siamo estremamente interessati da questo punto di vista che l’Assessore vada a difendere la sua parte di Bilancio in particolare e quindi lo perdoneremo volentieri da questo punto di vista, ma d’altronde ognuno fa il suo lavoro e l’Assessore è bene che sia presente in Comune. Io lo ringrazio per quello che ha detto. Vorrei sottolineare una frase che è presente sul sito pasolini.net su tutte le pagine corsare dedicate a Pier Paolo Pasolini che in qualche modo sintetizza anche la nostra volontà di continuare a parlare di Pasolini. C’è una frase: “la morte non è nel non poter comunicare, ma nel non poter più essere compresi”. Ecco quindi questo vale per Pasolini, vale per tanti però nel momento in cui noi parliamo dell’opera, dell’universalità dell’opera di Pier Paolo Pasolini Perché ha questa caratteristica l’opera di Pier Paolo Pasolini credo che supererà i tempi. Spero di poter essere, speriamo di poter essere profetici anche noi in questa direzione. In questo momento ne siamo certi, ne siamo sicuri.

Io passo la parola al Presidente del P.I.N., il Professor Maurizio Fioravanti. Grazie. >>

Parla il Professor Maurizio Fioravanti – Presidente del P.I.N.:

<< Dunque, anch’io rivolgo un ringraziamento al Professor Maddaluno che si è battuto a lungo per questa iniziativa. Io ricordo una riunione di un po’ di tempo fa in cui iniziammo insieme ad impostare una serie di manifestazioni. Io vorrei partire da questo. Ecco la giornata di oggi è un po’, credo di capire, l’evento culminante di un lavoro che è stato fatto precedentemente, che ha riguardato le scuole pratesi, le scuole medie e superiori pratesi e ha riguardato anche i nostri studenti del (parola non comprensibile – VOCE FUORI MICROFONO)…Progeas, Prosmart del nostro polo universitario. E quindi oggi non a caso sono presenti in aula sia studenti appunto delle superiori, sia studenti universitari iscritti al nostro polo universitario. Io sottolineo questo aspetto che può sembrare piccolo, banale, ma che mi sembra importante cioè che su un tema di questo genere si realizzino delle confluenze, la costruzione di un tavolo comune di studio. Io confesso non sono in grado di rendere il mio saluto così argomentato su Pasolini come hanno fatto i miei due predecessori. Io sono un modesto lettore di Pasolini, modesto però appassionato, che l’ha letto quando aveva vent’anni. Io sono venuto qui disarmato, non ho rivisto nulla e quindi porto solo il ricordo di un ventenne che leggeva allora Pasolini quando l’Italia era ancora diciamo una Italia innocente, che viveva il suo boom economico e non aveva ancora scoperto le implicazioni che quel boom in apparenza meraviglioso avrebbe prodotto dei costi. E Pasolini, come tutti gli uomini di un certo calibro intellettuale, vide in anticipo questi costi e incominciò a metterli in fila. E questa mi pare la cosa importante Perché ora ci siamo dentro fino al collo nel saldare questo conto del boom economico. Ci siamo dentro fino al collo e quindi da qui deriva la (parola non comprensibile – VOCE FUORI MICROFONO)…perchè c’è proprio un ciclo storico consumato dentro questa vicenda. Quindi c’è una attualità che è nelle cose e non è frutto di qualcuno che lo vuole…(parola non comprensibile – VOCE FUORI MICROFONO)…

27 agosto – LA SALUTE prima di tutto parte 7 – GREEN PASS – “…e finiamola con questi capricci infantili!”

27 agosto – GREEN PASS – “…e finiamola con questi capricci infantili!”

Green Pass. Faccio uno sforzo a parlare di un tema paradossale, soprattutto se posto al confronto con la tragedia immane che si sta consumando in Afghanistan e della quale siamo tutti responsabili. Ma avevo preso un impegno e, allora!   

“Rinfreschiamo la memoria” – Ciascuno di noi, quando circola, di norma porta con sé la “sua” carta di identità, sulla quale ci sono molte indicazioni: tra le quali luogo e data di nascita, residenza ed una foto che abbia delle specifiche caratteristiche. Ma non solo; l’attuale carta di identità è “elettronica” e contiene molti più dati che potrebbero essere considerati “sensibili”, tra cui il “genere” ed elementi biometrici primari (fotografia) e secondari (impronta digitale). Quando poi siamo alla guida di un mezzo abbiamo l’obbligo di portare con noi anche il documento che attesti la nostra abilitazione alla guida, dove semmai sono segnalate alcune caratteristiche particolari come l’obbligo di utilizzare lenti oppure le diverse sanzioni che attestano nostre infrazioni a volte anche gravi e che comportano la decurtazione di alcuni punti.

Il Green Pass si configura nè più nè meno come una nuova “carta” di riconoscimento, che attesti la possibilità di poter usufruire di alcuni servizi (la Scuola, i luoghi pubblici, gli ambienti di lavoro), dopo aver ricevuto a pieno la vaccinazione contro il Covid19 e sue varianti. Escluderei che si possa avere un Green Pass collegato in modo esclusivo ad un tampone anche se periodicamente frequente, a meno che non ci si trovi di fronte a persone che siano attestate come soggetti che non possano essere vaccinate per seri motivi sanitari. Solo ed esclusivamente in questo caso potrà essere utilizzato come valido ma temporaneo l’esito di un tampone.

La grande confusione nella quale ci ritroviamo è dovuta essenzialmente alla debolezza del Governo, sia quello precedente sia questo attuale. In un tempo di emergenze esiste la legge del rigore, che non può essere confusa – se non in modo strumentalmente bipartisan – con una forma di strisciante dittatura. Quel che è utile e necessario per riportare alla normalità una situazione tutt’altro che ordinaria va messa in atto. In tanti, chiaramente democratici, hanno invocato scelte coraggiose e decise nel corso della pandemia; ma si è voluto accontentare un po’ tutti (in verità, qualche settore – come quello artistico – ha davvero patito discriminazioni incomprensibili) commettendo una serie di errori grossolani che hanno prodotto gravi danni.

E, visto che si parla sempre troppo a vanvera della necessità di semplificazioni lo si prescriva con chiarezza: vaccino obbligatorio per tutti con le distinzioni sempre valide per chi non può per motivi sanitari. E obbligo di avere con sè inserito sulla Carta di identità elettronica il cosiddetto Green Pass. E per farla finita con i distinguo che alcuni pongono in relazione alla possibilità di infettarsi anche dopo il vaccino, diciamocela: ciò è possibile ancor più se circolano elementi umani che, pur non avendo alcuna contraindicazione terapeutica continuano a rifiutarsi di vaccinarsi. Si aggiunga che chi è vaccinato e non ha patologie gravi pregresse non dovrebbe avere bisogno di cure ospedaliere, soprattutto quelle connesse alle terapie intensive o sub intensive. E smettiamola con questi “capricci” infantili!

24 agosto – LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014 – 6 – vedi file PER BLOG 29 novembre 2008( su desktop “UNA STORIA” in 2021 17 maggio)

Nell’autunno del 2008 a Prato il Partito Democratico, dopo quel sondaggio così sfavorevole al Sindaco (ed al Presidente della Provincia, ma il problema non era lui!), si mosse con un certo stile baldanzoso per sostenere la candidatura di Paolo Abati. Lo fece utilizzando quelle forme centralistiche che non andavano mai al di là delle “chiuse stanze dell’apparato”, quello “ristretto” per capirci: gli altri, a partire dai corridoi, avrebbero dovuto “obbedir tacendo”. E fu fatto l’en plein all’interno dell’organismo direttivo, la Direzione e l’Assemblea, i cui membri per Statuto avevano il compito di sostenere la candidatura calata dall’alto. Con una serie di incontri i componenti furono, quasi tutti, convinti a sostenere la scelta della Segreteria. C’era tuttavia una possibilità di poter andare ad un’alternativa, solo con un voto di sostegno diverso, quello degli iscritti e dei “simpatizzanti” tra i cittadini, per poi partecipare alle conseguenti Primarie. Una parte del Partito Democratico tuttavia non aveva gradito questo metodo; erano in gran parte “minoranza” nel Partito, avevano sostenuto la Bindi nelle Primarie nazionali ed a livello locale avevano continuato a svolgere un ruolo critico pur rimanendo all’interno. Tra questi c’era anche Massimo Carlesi che, dopo molte esperienze amministrative, era stato promotore della lista che aveva sostenuto la “pasionaria” di Sinalunga pur senza proporre un suo specifico ruolo (nella “lista” il suo nome, così come il mio, era tra gli ultimi, quelli che non sarebbero stati eletti di sicuro). A lui pensarono di proporre in questa occasione una vera e propria “discesa in campo”.

Le mail che riporto qui sotto e poi nel prossimo post sono della fine del novembre 2008 (non riporterò i nomi delle persone, così come ho fatto in altre occasioni) – ogni testo viene preceduto da una data – non c’è ad ogni modo una cronologia precisa (infatti in un prossimo post troveremo una mail datata del 29 novembre 2008)

29 novembre 2008

Carissime\i

nelle ultime ore si va profilando una possibilità concreta di avere un “candidato” per le “vere” Primarie del PD (o di coalizione) diverso da quello segnalato dalle “stanze” segrete (questo aggettivo è spesso stato oggetto di contrasto ma mai smentito: fatto è che le decisioni “vere” (anche quelle che hanno caratterizzato il brutto “affaire” del sondaggio) vengono prese altrove e le Assemblee non decidono alcunchè.

Se la proposta “nuova” avrà un seguito si potranno riaprire i giochi “democratici” in questa città. Mi auguro che chi ha oggi in modo “assoluto” le leve del potere “Democratico” riesca a comprendere quel che davvero sia utile per questa città. In primo luogo, un confronto “vero”, “aperto”, disponibile a rimettersi in gioco, realmente e definitivamente “democratico”: fino ad ora non è stato così.

29 novembre 2008

Carissime

stamattina avete ricevuto una mail “scomposta” ed abborracciata, anche un po’ sibillina.

Massimo Carlesi mi ha chiamato ieri sera e mi ha annunciato la disponibilità a presentarsi come candidato alle Primarie per il Sindaco di Prato. Conosciamo le difficoltà insite anche nel Regolamento e negli aggiustamenti che ad esso “ad arte” possono essere fatti. Massimo ha ribadito che vuole correre tutti i rischi: è determinato. Occorre sostenerlo anche al di là della compagine “bindiana”. Ecco perchè vi sollecito ad adoperarvi affinchè molte adesioni dell’assemblea Provinciale confluiscano sul suo nome: nelle prossime ore avremo le schede per la raccolta delle firme di sostegno a Massimo Carlesi. Si ritorna a fare “democratico” questo Partito.

Ci sentiamo presto

Giuseppe Maddaluno



22 agosto – LA SALUTE PRIMA DI TUTTO – p.5 – quel che ci aspetta può essere peggio di quanto ci si immagini

LA SALUTE PRIMA DI TUTTO – p.5 – quel che ci aspetta può essere peggio di quanto ci si immagini

Sono a ripeterlo. Ce lo siamo detto in tantissime occasioni nei primi giorni, nelle prime settimane e per qualche mese: “da questa tragedia uscirà un’umanità migliore!”.  Poi, con il trascorrere degli eventi, la realtà con la quale ci troviamo a confrontarci più che quotidianamente (ogni minuto) comincia a rivelarci un quadro ben diverso.  Certamente non avevamo nascosto i rischi che si stavano correndo, nella solitudine dei nostri nuclei, difendendo le nostre garanzie acquisite, rifiutando di prendere in considerazione le debolezze dei tanti, anche se a parole la solidarietà appariva vincente, anche in prospettiva. Ma il gioco sporco delle partigianerie partitiche (anche quei minuscoli grumi particolaristici che si andavano formando all’interno delle grandi compagini) e la difesa di interessi che naturalmente finivano per essere contrapposti hanno condotto a contrasti che poco alla volta sono diventati insanabili. Sarà davvero difficile fare marcia indietro; e quando pure questo fosse possibile corriamo un altro grave rischio, che consiste nell’arrivare a considerare la nostra realtà 2019 primi giorni del 2020 una sorta di “età dell’oro”. L’avvento della pandemia ha cristallizzato quel tempo ponendo all’attenzione in modo particolare il tema della “libertà” di cui disponevamo: i ritmi della vita erano più o meno gli stessi da quando ciascuno di noi aveva cominciato a socializzare. Famiglia, scuola, luoghi i cui confini non conoscevano limiti. Quasi di punto in bianco abbiamo dovuto ridurre drasticamente il livello dei rapporti sociali esterni ai nostri ambiti ristretti; anche le famiglie “larghe” sono state condizionate ad una separazione costretta.

Eppure basterebbe andare a consultare la più semplice Rassegna stampa degli anni ante 2020 procedendo a gambero per scoprire che poco funzionava nel nostro mondo. Il mondo del lavoro aveva avuto bisogno di interventi che venivano considerati “rivoluzionari” – ma purtroppo non riuscivano ad essere risolutivi – come “il reddito di cittadinanza” (con il quale, ci può far sorridere, i leader del  Movimento 5 Stelle pensavano di avere sconfitto la povertà); allo stesso tempo piaghe come quelle del caporalato o del lavoro nero non riuscivano ad essere minimamente intaccate: anzi! E di rimbalzo era altissimo il livello di elusione ed evasione fiscale, segno indelebile dello stato comatoso in cui versava l’amministrazione dello Stato. Il mondo della Scuola viveva una cronica crisi di progettualità per il “Futuro”: grande confusione nei contenuti frutto di una seria impreparazione degli amministratori del settore, che versava in condizioni precarie da almeno un ventennio, vittima di una profonda incapacità gestionale di prospettiva. Da questa derivano anche le mancanze “croniche” di spazi adeguati all’interno di strutture obsolete ed inadatte a a garantire un adeguato sviluppo alle nuove generazioni. Il mondo della Politica, in modo particolare quello democratico e progressista, mostrava una profonda insensibilità ad aprirsi e a consentire una pratica coinvolgente e partecipativa nell’ascolto della parte più critica e propositiva, rimanendo fermo nella difesa dei propri interessi particolaristici. L’arrivo della pandemia ha chiuso in modo netto e deciso i sottili varchi residui. La Sanità pubblica, a partire da quella regionale e territoriale, cui ciascun cittadino si riferiva, mostrava forti limiti, generalmente addebitabili a quella gestione amministrativa e politica di cui scrivevo pocanzi.

21 agosto – STORYTELLING A SAN PAOLO

STORYTELLING A SAN PAOLO

Nel 2015 all’interno del Progetto “Trame di Quartiere” svolto nel Quartiere San Paolo e condotto da IRIS Toscana nell’ambito del PROGETTO PRATO della Regione Toscana alcuni di noi riuscirono a partecipare ad un Workshop di Storytelling condotto da un’esperta statunitense, Amy Irving e con l’ausilio di Massimo Bressan, Massimo Tofanelli e Sara Iacopini. In questo post una parte del procedimento lavorativo per il breve video prodotto.

PROGETTO
I bambini non attendevano altro; la neve era venuta giù molto densa e pesante di acqua e si era posata sui rami dei pini. Alle prime luci dell’alba il giardino sotto casa era tutto bianco ma a guardar meglio dall’alto della nostra casa i rami dei pini si erano piegati sotto il peso della neve.
Dopo una settimana arrivarono gli operai del Comune e senza preavviso tagliarono la gran parte dei pini ed anche due bellissime folte siepi di pitosforo; mia moglie se ne accorse soltanto al rientro dalla scuola e mi chiese di chiamare l’Assessore all’Ambiente del Comune per chiedere spiegazioni di questo modo barbarico di affrontare i problemi derivanti da una semplice anche se intensa nevicata. Ovviamente non vi era alcuna possibilità di tornare indietro; al danno della nevicata si era aggiunta la beffa della soluzione. Anche altri cittadini protestarono quando l’Assessore arrivò sul posto.
I giardini di via San Paolo accanto alla vecchia pieve erano frequentati soprattutto da persone che accompagnavano i loro cani a fare i loro bisogni; pochi i bambini che vi accedevano ma a noi sembravano ugualmente belli perché mantenevano l’ombra durante le giornate calde in Primavera ed in Estate ed alcuni anziani li frequentavano; in quel momento ci sembrò davvero di poter correre il rischio di doverne fare a meno. Ecco perché si protestava: non c’era molta fiducia nelle Istituzioni.
Forse la protesta fu tale da produrre una soluzione “positiva”: non immediatamente evidente, però!
Oggi i giardini sono ritornati ad essere frequentati come e più di prima. I vecchi alberi non ci sono più; ne sono rimasti solo due su sei, ma…
Traccia 2 – Un “piccolo gioiello nel cuore di San Paolo”
Mia moglie ed io abbiamo scelto di venire in San Paolo agli inizi degli anni Novanta perché l’appartamento in cui viviamo con i nostri due figli godeva di una vista panoramica eccezionale; di fronte c’è il Montalbano, Carmignano ed Artimino; a sinistra la vista si spinge fin verso il Duomo di Firenze; a destra la piana di Agliana e Pistoia; alle spalle i contrafforti della Calvana e poi Monteferrato e Montemurlo con la sua rocca. Non manca nemmeno la vista sul centro della città di Prato. E poi tutti i capannoni industriali, alcuni dismessi altri ancora funzionanti; e i grandi palazzoni costruiti senza troppe regole negli anni della crescita industriale ed economica che avevano visto affluire a Prato tanti immigrati prima interni poi stranieri. E poi…..
Sotto casa c’è un magnifico piccolo giardino.
Dall’alto lo osservo. E’ un luogo frequentato da diverse persone: bambini, signori e signore con i loro piccoli animali, anziani che nelle ore calde dei pomeriggi primaverili ed estivi si fermano a parlare delle loro vite e delle loro storie.
Non è stato sempre così: qualche anno fa non c’erano le siepi di rose selvatiche ed i bellissimi e rigogliosi glicini; di quel tempo sono rimasti in piedi solo tre altissimi pini, solo tre su otto.
In una notte di gennaio venne una grande nevicata; i rami dei pini si piegarono fino a toccare terra.
Il giorno dopo operai del Comune tagliarono alla base cinque pini.
La gente protestò anche perché temeva che fosse portato via quello spazio verde.
La protesta funzionò. Il giardino non solo fu salvato ma fu migliorato….
Il nostro giardino è davvero un piccolo gioiello comune.

Primo Storyboard
VIDEO
1) Una cartina topografica di San Paolo – a colori la più recente
2)Una mano indica un luogo – Zoom su di esso – I giardini accanto alla vecchia Pieve
3)Clip su giardino così come è ora
4)Nevicata – Video e foto
5)Il giardino tutto imbiancato (cercare foto adatte)
6)Operai al lavoro (cercare foto adatte)
7)Alberi tronchi (cercare foto adatte)
8)Proteste popolari (cercare foto adatte)
9) I giardini oggi (foto e clip)

SONORO (parlato)
1) San Paolo di Prato è un quartiere popolare caratterizzato da una forte immigrazione interna ed esterna

Traccia 2 – Un “piccolo gioiello nel cuore di San Paolo”
Mia moglie ed io, entrambi campani e flegrei, abbiamo scelto di venire ad abitare in San Paolo, quartiere popolare della città di Prato, agli inizi degli anni Novanta;
da casa nostra si gode di una vista panoramica eccezionale;
di fronte c’è il Montalbano, Carmignano ed Artimino;
a sinistra la vista si spinge fin verso il Duomo di Firenze;
a destra la piana di Agliana e Pistoia;
alle spalle i contrafforti della Calvana e poi Monteferrato e Montemurlo con la sua rocca.
Non manca nemmeno la vista sul centro della città di Prato.
E poi tutti i capannoni industriali, alcuni dismessi altri ancora funzionanti;
e i grandi palazzoni costruiti senza troppe regole negli anni della crescita industriale ed economica che avevano visto affluire a Prato tanti immigrati prima interni poi stranieri.
E poi…..
Sotto casa c’è un magnifico piccolo giardino.
Dall’alto lo osservo.
E’ un luogo frequentato da diverse persone:
bambini,
signori e signore con i loro piccoli animali,
anziani che nelle ore calde dei pomeriggi primaverili ed estivi si fermano a parlare delle loro vite e delle loro storie;
giovani che progettano i sogni del loro futuro, quello più vicino, quello più lontano.
Non è stato sempre così:
qualche anno fa non c’erano le siepi di rose selvatiche ed i bellissimi e rigogliosi glicini;
di quel tempo sono rimasti in piedi solo tre altissimi pini, solo tre su otto.

In una notte di gennaio venne una grande nevicata;
i rami dei pini si piegarono fino a toccare terra.
Pochi giorni dopo operai del Comune tagliarono alla base cinque pini.
La gente protestò anche perché temeva che fosse portato via quello spazio verde in una realtà povera di spazi verdi pubblici;
lo fece in modo civile ma fermo e deciso.
La protesta funzionò.
Il giardino non solo fu salvato ma fu migliorato….
Il nostro giardino è davvero un piccolo gioiello comune.

– Possibile variazione –
Sotto casa c’è un magnifico piccolo giardino.
Dall’alto lo osservo. E’ un luogo frequentato da diverse persone: bambini, signori e signore con i loro piccoli animali, anziani che nelle ore calde dei pomeriggi primaverili ed estivi si fermano a parlare delle loro vite e delle loro storie.
Non è stato sempre così: qualche anno fa non c’erano le siepi di rose selvatiche ed i bellissimi e rigogliosi glicini; di quel tempo sono rimasti in piedi solo tre altissimi pini, solo tre su otto. E non ci sono più le siepi di pitosforo.
Poi in una notte di gennaio venne una grande nevicata; i rami dei pini si piegarono fino a toccare terra.
Il giorno dopo operai del Comune tagliarono alla base cinque pini e le due siepi di pitosforo.
La gente protestò anche perché temeva che fosse portato via quello spazio verde.
La protesta funzionò. Il giardino non solo fu salvato ma fu migliorato….

20 agosto – LA SALUTE PRIMA DI TUTTO – parte 4 “exempla” e commento

4.

Riporto qui di seguito alcuni exempla delle due posizioni senza tuttavia indicare gli autori

Tra coloro che utilizzano forme “buoniste” nella convinzione di poter ottenere una conversione, mostrandosi consapevole delle ragioni che sottintendono alla scelta di “non vaccinarsi”

“Io eviterei di dire che da una parte ci sono i civili, e dall’altra ci sono i novax e i negazionisti, perché potrebbero esserci anche persone che, pur riconoscendo l’esistenza di un virus e il valore dei vaccini in generale, mantengono tuttavia una sorta di sospetto nei confronti di un vaccino per forza di cose poco sperimentato nei suoi effetti a lungo termine. Queste persone hanno ancora modo di mostrare e “agire” il proprio senso civico mantenendo le distanze, evitando la frequentazione di luoghi chiusi ed affollati, usando mascherina e lavamani…..”

In un altro post “buonista” si legge

“L’ironia del tipo “no Vax e pure no brain”, “hanno la terza media”, “analfabeti funzionali”, “e loro votano!!!”, non la tollero più. Qualcuno può avere altre idee e non essere imbecille. Magari ha bisogno di una informazione scientifica migliore, magari cambierà idea, magari ha motivazioni che non condivido ma non per questo sono letame….”

Dall’altra parte tuttavia non sono tanto “gentili”, così disponibili a comprendere le altrui “ragioni”. Uno dei post “assertivi” in modo assoluto non si perita di riconoscere l’intelligenza dei sostenitori del “vaccino”; la formula è “escludente”, potremmo dire sanitariamente e socialmente “talebana”:

“le cose, caro pecorame, stanno assolutamente così”

Il riferimento al “gregge” prosegue poi con un andamento financo “volgare”:

“Pur non essendo capace di esprimermi in pecorese vorrei fare riflettere le greggi su una cosa ( mi si dirà: “tempo perso”! Ehhh, ma il masochismo intellettuale mica si controlla facilmente.) Propugnate un vaccino sperimentale ,del quale non sapete una beata minchia, non sapete una miseria di quello che vi fate inoculare “per vostra scelta” firmando una liberatoria che solleva da ogni responsabilità multinazionali produttrici, stato, governo e medico in(o)culatore; addirittura vi vaccinate e pretendete che tutti lo facciano.”.

Cosa dire ai “primi”; con i “secondi” credo sia tempo perso e questo mio punto d’arrivo è certamente segno di una grave crisi.

Ai “primi” mi tocca esporre il convincimento che le “buone maniere” servano a poco: bisogna sottolineare che concedendo a coloro che non intendono vaccinarsi alcune attenuanti e riconoscendo la loro “libertà” nella scelta vengano a porsi dei limiti molto più gravosi a carico di chi ha invece scelto la vaccinazione anche allo scopo di un superamento dell’isolamento e per poter ritornare nella maggiore tranquillità possibile ad occuparsi di socialità, di cultura, di partecipazione. Poiché dubito fortemente che chi non sì vaccina per scelta abbia le dovute accortezze rinunciando ad una considerevole parte della sua presenza civica, non posso accordare loro la mia stima.

Passando brevemente – in questo post – al tema dell’obbligatorietà di vaccinazione per alcune categorie, a partire da quelle di ambito sanitario, mi permetto di dire che laddove essi continuino ad opporsi va preso in considerazione che abbiano sbagliato “mestiere”; per loro riserverei la possibilità alternativa immediata affinché vengano ricollocati sul “mercato del lavoro” per svolgere mansioni per loro adeguate, non inferiori né per status né per trattamento a quelle precedentemente svolte.

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19 agosto – …e vi regalo un “racconto” in bozza, collegato in modo diretto a TRAMEDIQUARTIERE

…e vi regalo un “racconto” in bozza, collegato in modo diretto a TRAMEDIQUARTIERE

STORYTELLING (digital) e METANARRAZIONE – proseguendo il lavoro in TRAMEDIQUARTIERE
Scrivevamo l’altro giorno: “Stamattina piove. Le prime gocce tamburellando sulle tettoie mi hanno svegliato: che ore sono? Dieci alle sette; tra qualche minuto anche il telefono sussulterà, vibrerà e poi suonerà. Decido di staccare la “sveglia”, non ne ho più bisogno e non voglio disturbare gli altri che continuano tranquillamente a dormire; mi alzo e vado in cucina a prepararmi il solito caffè. C’è meno luce del solito. Eppure siamo già al 15 di maggio. Con la tazzina di caffè fumante vado davanti all’ampia vetrage del salone attraverso la quale osservo la vasta pianura che va verso il mare, al di là delle colline pistoiesi che nascondono la piana di Montecatini e tutto il resto verso occidente. Le nuvole sono basse e continua a piovere. Ieri mattina a quest’ora la luce era così intensa e sono riuscito a fare una serie di buone riprese ed ottime foto.
Meno male, mi dico e continuo a dirlo mentre accedo al balcone esterno che guarda verso il Montalbano e si affaccia sul giardino e sulla vecchia Pieve. Sul balcone i fiori di cactus che ieri mattina erano aperti e turgidi si sono afflosciati, altri ne stanno nascendo e quando saranno pronti, come sempre faccio, li fotograferò. I colori della natura tendono in prevalenza al grigio, grigio-verdi, e la pioggia copre con il suo cadere a tratti i suoni ed i rumori della vita della gente che va a lavorare: è ancora presto per il “traffico” scolastico che tra poco si materializzerà. E continuo a pensare tra me e me: “Meno male che ieri mattina sono riuscito a fare le foto e le riprese di cui oggi avrò bisogno. Stamattina sarebbero state così cupe!”.
Da martedì insieme a pochi altri seguo un corso intensivo di soli quattro giorni: lavoriamo su “temi e storia” di questo territorio. Siamo a Prato. Quartiere San Paolo, periferia Ovest della città post-industriale. E’ piacevole ed interessante, forse anche utile. Siamo soltanto in sei suddivisi equamente quanto a genere ed età anagrafica. Il primo appuntamento è in una delle scuole della città appena alla periferia del nostro territorio. Mi sono presentato come uno scolaretto per l’appello del primo giorno. Molte le facce a me già note: in definitiva ad occuparci di Cultura ci si conosce. Sento subito che ci divertiremo, insieme. Handicap assoluto è la mia profonda impreparazione linguistica con l’inglese. La docente anche se in possesso di un curriculum internazionale di primissimo livello dal suo canto non capisce un’acca della nostra lingua: e questo mi consola ma non giustifica entrambi. C’è grande attenzione in tutti ma il più indisciplinato è colui che dovrebbe , per età soprattutto e per la professione che ha svolto, essere da esempio, cioè io. Mi distraggo, chiacchiero, insomma disturbo come un giovane allievo disabituato alla disciplina. L’americana mi guarda con severità e con quel solo sguardo impone il silenzio. Ciascuno viene chiamato poi a confessare in una sorta di autoanalisi, della quale non parlerò, le origini del proprio nome e della propria storia familiare. Io scherzo sul significato del mio cognome che richiama atmosfere donchisciottesche e sulle attività “carpentieristiche e marinare” di mio nonno paterno.