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18 agosto – LA SALUTE PRIMA DI TUTTO – parte 3 – Scienza e cinismo

Scienza e cinismo

Noto due atteggiamenti apparentemente contrastanti ma espressione di una identica superficialità, dovuta proprio per queste ragioni a due aspetti che in definitiva, pur apparendo diversi, non divergono:                                  

1) un’acrimonia rabbiosa che si cela a difesa di conoscenze molto lontane dalla scientificità: i sostenitori di questa prefigurano a torto che sia in atto ormai da tempo un’azione denigratoria verso scienziati, medici ed operatori che avrebbero ritrovato soluzioni al di fuori delle maggiori industrie farmaceutiche;

2) una forma di buonismo verso chi propugna la disobbedienza alle regole attivate dai Governi in questi ultimi tempi derivante probabilmente dal convincimento che con le maniere gentili sia possibile raggiungere risultati migliori.

I primi si ostinano a diffondere informazioni che sono poco più che “sciocchezze”; lo hanno fatto sin dal primo emergere della pandemia ed in un certo modo hanno visto man mano ridurre la loro forza, soprattutto a causa della “verità” scientifica che emergeva.

E, come spesso accade, di fronte alle cocenti sconfitte si diventa sempre più arroganti e, in qualche senso, anche cattivi.

I secondi, probabilmente anche perché appartengono alla maggioranza, scelgono di non infierire ma non aggiungono, con questo loro atteggiamento benevolo, nuovi tasselli alla diffusione della conoscenza. C’è in loro una forma di sopportazione che  sottovaluta la portata molto pericolosa di una informazione basata su delle vere e proprie falsità.

Ecco il motivo per cui considero le due posizioni egualmente sbagliate.

Da “uomo della strada” che non possiede conoscenze dirette sul piano dei rimedi farmaceutici e sanitari mi sono posto alcune domande, alle quali chiederei di dare risposte serie e circostanziate. Ho intitolato questo blocco “Scienza e cinismo” in quanto mi rendo perfettamente conto che per ragionare di questi temi – si sia o meno “del mestiere” – bisogna avvicinarsi ad essi con una forte dose di indifferenza, difficile da mantenere se sopraggiunge immanente la memoria di amici e parenti che o non ce l’hanno fatta o ne sono venuti fuori con difficoltà.

La prima delle domande sarebbe quella di avere i dati del numero dei morti per Covid prima che fosse stato approvato il vaccino e diffusa la campagna di vaccinazione. La seconda è riferita al numero dei morti per la stessa patologia dall’inizio del periodo in cui è andata in funzione la campagna vaccinale. La terza domanda prevede di conoscere quanti siano stati i morti a causa del vaccino. Quest’ultima richiede a me un grado più elevato del solito di “cinismo” perchè sono in condizione di rendermi conto che sto operando intorno a temi dolorosi  incommensurabili e me ne dolgo.  Ma scientificamente la conoscenza di questi dati assume grande rilevanza.

Le domande hanno una loro forma retorica, anche se mancano i dati e non possono essere da me riportati. Pur tuttavia non ho alcun problema a dire che il numero dei morti nel periodo della pandemia “senza vaccino” è stato stratosferico.  Il mio riferimento è comunque ai dati ISTAT.

https://www.istat.it/it/files/2020/05/Rapporto_Istat_ISS.pdf

Allo stesso tempo trovo fuorviante l’utilizzo, altrettanto intriso di cinismo, da parte dei Novax et similia, di un dato generico sul numero dei morti a causa del vaccino                           

https://24plus.ilsole24ore.com/art/decessi-il-vaccino-cosa-dicono-davvero-numeri-rapporti-aifa-AExFnnP

16 agosto – LA SALUTE PRIMA DI TUTTO – parte 2 – GREEN PASS istruzioni per l’uso parte 1

LA SALUTE PRIMA DI TUTTO – parte 2 – GREEN PASS istruzioni per l’uso – parte 1

Molte volte ci siamo ritrovati a riflettere su uno dei difetti più evidenti della “nostra” gente (forse non solo la “nostra”, ma in questa occasione un tantino di sovranazionalismo concediamocelo pure!): l’amnesia cronica, ancora più intensa per le questioni a noi più vicine. Clinicamente la chiamano “amnesia lacunare” distinta da quella “retrogada” che riguarda i tempi più remoti e lontani. Non mi addentrerò su questioni mediche che notoriamente non mi competono, ma su quelle di tipo sociologico “terraterra”, da dilettante insomma, più collegate al nostro tempo presente ed alla “politica” che non va molto più in là. Eppure, se si facesse un po’ di attenzione riandando a leggiucchiare le Rassegne stampa, gli archivi più recenti, le chat più frequenti,  qualche riscontro con parenti ed amici sul “vissuto” degli ultimi venti mesi, con una particolare concentrazione ed attenzione sui primi dello scorso anno, forse un po’ di memoria ritornerebbe, a patto di non essere affetti da qualche sindrome amnetica seria e grave.

Sarebbe il caso che ci si ricordasse dello sgomento di fronte a quelle file di “carri” funebri, gli spazi dedicati alle terapie intensive insufficienti, il timore di non poter accedere a cure fino ad allora garantite anche se non sempre corrispondenti alla reale urgenza, la preoccupazione verso il futuro pieno di incognite che ci coglieva del tutto impreparati ma pronti e disponibili nella ricerca di soluzioni le più utili ed adatte per consentire la “ripresa” pur se lenta ma progressiva verso quella che abbiamo da sempre chiamato “normalità”, che poi sarebbe quel che ancora non si è realizzata, una vita sociale normale, scuole aperte e operanti a pieno ritmo, ambienti di lavoro sicuri. Giro intorno a questo concetto di “normalità” perché sarebbe molto utile che ci si ricordasse che molte pseudo soluzioni furono avanzate da più parti, molte delle quali abbastanza assurde e scientificamente davvero “amene”, una sorta di gara per le castronerie, tra le quali l’utilizzo salvifico dell’Aspirina oppure Avigan o Favipiravir che avrebbe condotto i giapponesi ad abbattere definitivamente il Covid19. In alcune realtà periferiche arrivavano voci di speranza di cure salvifiche, come ad esempio a Pozzuoli

Era ovviamente un periodo difficile e ci si aggrappava a tutte le possibili soluzioni, anche le più balzane ed assurde (un sospiro di sollievo molto temporaneo ci fu donato da alcuni luminari, come la Capua, insigne cervello emigrato all’estero, che parlò del Covid19 vaticinando che si trattava di “poco più che un’influenza”. Nello stesso tempo molti di quelli che tra noi, anziani, avevano evitato di vaccinarsi contro l’influenza avevano deciso che occorresse coprirsi le spalle dall’incertezza. E allo stesso tempo si seguiva spasmodicamente l’evoluzione della ricerca scientifica che sembrava dovesse tardare a elaborare e testare un vaccino che fronteggiasse la pandemia.

Per qualcuno quella “speranza” oggi a tutta evidenza era un modo ipocrita di corrispondere al desiderio diffuso di soluzione. Hanno tirato fuori tutta una serie di amenità per screditare l’operatività della comunità scientifica. Quelle che seguono riportate in alcuni articoli (ne ho scelto uno, ma se ne ritrovano a iosa, forse nella stessa misura di quelli che ostacolano il raggiungimento di quello stato di normalità che sembravano agognare) rivelano l’inconguenza dell’opposizione a vaccinarsi da parte di NOVAX “integrali” e/o  “timorosi”.

https://www.salute.gov.it/portale/vaccinazioni/archivioFakeNewsVaccinazioni.jsp

….2…..

15 agosto – Un mio post del 31 agosto 2017

“OGGI IN SICILIA DOMANI NEL RESTO D’ITALIA” C’È CHI GRADISCE IL FLAUTO RENZIANO, QUANTI TOPI LO SEGUIRANNO?

“oggi in Sicilia domani nel resto d’Italia”

“oggi in Sicilia domani nel resto d’Italia”
C’è chi gradisce il flauto renziano, quanti topi lo seguiranno?

Cosa accade in Sicilia, nell’approssimarsi delle elezioni regionali? Sono in molti a dire che le varie formazioni politiche si stiano preparando per le Politiche prossime venture, allenandosi in Trinacria. In effetti, si litiga a Destra ed a Sinistra, all’interno di nuove forme-Partito che purtroppo ricordano le vecchie di quella che chiamammo Prima Repubblica e che speravamo aver sepolto definitivamente al termine del secolo scorso.
E su questo “deserto etico” della Politica d’antan sguazzano i ragazzotti incolti del Movimento pentastellato, pubblicizzandosi per la loro pretesa onestà che cela l’imperizia e la dabbenaggine che hanno da sempre fatto più male della grandine, perché per la loro ingenuità sono vittime degli eterni furbastri pescecani che circolano in acque torbide del sottobosco eterno, circuendoli e blandendoli, mettendosi al loro servizio prima, durante e dopo le diverse campagne elettorali per ricavarne il più possibile in appalti di governo e sottogoverno.

La mia personale preoccupazione è per la Sinistra: il PD è sempre più alla deriva e sta tentando in Sicilia di consolidare la sua “mission” segreta (sempre, però, meno segreta) di convergere verso il Centrodestra, aggregando voti di quella parte attraverso la figura di Alfano, con il quale intende confermare un’alleanza specifica “oggi in Sicilia domani nel resto d’Italia”, pensando di scompigliare le carte del Centrodestra berlusconiano-meloniano-salviniano ma nei fatti rendendo sempre più impensabile un accordo con quella parte della Sinistra interna ed esterna al PD che guarda a ricompattare una Sinistra che riesca a dare risposte non demagogiche non populiste non pietistiche a quanti sono rimasti indietro, sempre più indietro nella scala sociale.

E’ un vero e proprio suicidio neanche tanto assistito, ma programmato ad arte per poter screditare, davanti ad un sicuro insuccesso (il PD – la sua possibile coalizione – non è accreditato tra i probabili vincitori), le forze della Sinistra, rendendole responsabili della débacle. E’ assolutamente improbabile che la Sinistra possa allearsi con un Partito che privilegi accordi con forze chiaramente di Destra e dunque non può di certo il PD, che è potenzialmente la maggiore forza politica di quel Polo, chiedere assunzione di responsabilità a forze minoritarie chiaramente di Sinistra. Questo modo di agire è con tutta chiarezza un pretesto per buttare all’aria qualsiasi forma di coalizione che abbia quale punto di riferimento i valori fondamentali della Pace, del Progresso, della Solidarietà, dell’Eguaglianza, della Libertà, della Democrazia. Anche per questo viene diffusa ad arte la “fabula” del “non esiste più Destra o Sinistra”! E’ un modo come l’altro, anche questo, di screditare gli sforzi che donne ed uomini, giovani e maturi, portano avanti quotidianamente nelle nostre città, impegnandosi in Associazioni, Comitati, Gruppi vari in modo del tutto volontario, alzando bandiere che simboleggiano quei valori in cui fermamente credono.

Quel che accadrà in Sicilia darà certamente segnali a tutti noi. Lavoriamo per un’Unità delle Sinistre da presentare alle prossime elezioni, anche per consentire a coloro che ancora credono che il PD sia un Partito di Sinistra di ravvedersi e convergere per davvero sulla loro Sinistra. Non è possibile in assoluto barattare il proprio impegno per mescolarsi con chi non può oggi più avere la rappresentanza del mondo del Lavoro, della Cultura e della Cooperazione: non è affatto credibile chi propone la Politica dei due tempi “ci alleiamo e poi facciamo contare la nostra alleanza”.
Non funziona, soprattutto non con chi ritiene già in partenza di essere superiore e più furbo di altri.

E allora perché non provare da Sinistra la stessa strada? “oggi in Sicilia domani nel resto d’Italia”?

Joshua Madalon

14 agosto IN RICORDO DEL POETA PIER PAOLO PASOLINI – Atti di un Convegno del 2006 parte 7

IN RICORDO DEL POETA PIER PAOLO PASOLINI – parte 7

prosegue l’intervento dell’Assessore alla Cultura prof. Andrea Mazzoni

….Noi credo che dobbiamo continuare a lavorare su questo; lo dico a questo punto non più da Assessore alla Cultura, ma da Assessore alle Politiche Giovanili, perché noi sui giovani abbiamo un patrimonio enorme a disposizione, da valorizzare, dobbiamo saperci parlare, dobbiamo sapere incontrare i loro bisogni, ma anche i loro entusiasmi, le loro esigenze, il loro sapersi mettere più di quanto non si creda a disposizione degli altri: anche questo è sicuramente un tema pasoliniano “mettersi a disposizione degli altri”. Un tema di grande radicalità, di rovesciamento radicale. Maddaluno ad un certo punto del suo intervento faceva un parallelo in qualche modo, che il martirio in qualche misura di Pasolini è una visione cristologica, che poi fra l’altro si fa molto presente in tutta l’opera di Pasolini.

Ecco, io credo che ci fosse sicuramente molto Marx, ma anche molto Cristo quando Pasolini scriveva l’intervento che non ha mai potuto fare al Congresso del Partito Radicale a Firenze il 4 novembre del 1975, non l’ha mai potuto fare perché due giorni prima è stato ucciso. Ma quell’intervento, come sapete, fu pubblicato: era un intervento in cui lui continuava a dichiararsi elettore del PCI, a pochi mesi diciamo di distanza dalle elezioni del 15 giugno, che segnarono sicuramente un punto di svolta importante nel paese di quegli anni. E Pasolini in quello scritto diceva “che ci sono nella nostra società degli sfruttati e degli sfruttatori. Ebbene, tanto peggio per gli sfruttatori”. In quell’intervento credo che ci fosse un rovesciamento straordinario del quale noi dobbiamo continuare ad avere presente, come insegnamento, ed assumere come linea di indirizzo per le nostre azioni quotidiane, quelle piccole e quelle grandi, e penso che potremo presentarlo ai giovani come un elemento di riflessione costante, perché per l’appunto costante è l’insegnamento di Pasolini. C’è una attualità persistente nella sua lezione, nel suo messaggio e credo, per finire, che il titolo che si è voluto dare a questo appuntamento “Universalità dell’opera di Pier Paolo Pasolini” sia per l’appunto a significare non soltanto la complessità, l’articolazione della produzione pasoliniana, la poesia, il teatro, il cinema e tante altre cose, ma stia a significarci un intellettuale a tutto tondo, ed una persistente attualità di questo suo insegnamento.

Io vi ringrazio tutti di nuovo e credo che dovremo continuare a ragionare su questa universalità di Pier Paolo Pasolini non so in quale altro appuntamento, ma sicuramente troveremo modo di continuare in questa serie di iniziative. E grazie di nuovo a tutti quelli che hanno lavorato per questo convegno in particolare e per queste iniziative nel loro complesso. Grazie.

Parla il Professor Maddaluno – Presidente della Commissione Cultura della Circoscrizione Est:

Grazie all’Assessore Andrea Mazzoni, al collega. (il professor Mazzoni chiede di aggiungere un’ulteriore riflessione)

Parla il Professor Andrea Mazzoni – Assessore alla Cultura del Comune di Prato: Aggiungo soltanto una cosa: purtroppo è sempre sgradevole, ma fra pochi minuti bisognerà che vi lasci perché in contemporanea in Consiglio Comunale c’è il dibattito sul Bilancio e non vi devo dire quanto siano importanti in questi periodi le discussioni sul Bilancio in Consiglio.

…7….

11 agosto – LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014 – 5 (per la parte 4 vedi 26 luglio)

LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014 – 5 (per la parte 4 vedi 26 luglio)

Proseguo nella pubblicazione di una serie di documenti collegati al tempo dei primi passi del Partito Democratico, per poter consentire a chi ne vorrà fare uso di comprendere quali fossero le difficoltà per far nascere e crescere un Partito realmente innovativo, così come previsto dai fondatori ed esposto nei progetti preparatori.

5 luglio 2008

Gentilissime\i

vi assicuro (soprattutto assicuro *******) che stanotte ho dormito bene. Tuttavia credo di avere pensato a quel che ci siamo detto ieri sera. Intanto vi ringrazio per essere venuti e spero di potervi avere con me tante altre volte. L’amicizia è forse uno dei punti fermi fondamentali da cui poter ripartire; personalmente avverto la necessità di riflettere su questo argomento.

Ho recepito gli input su “razzismo” e “salario sociale”. Vorrei aggiungere a questi temi un altro che reputo “interno” e dirompente, cioà un’altra buona occasione per litigare “in silenzio” con le leadership del “sedicente” Partito Democratico di Prato.

Penso ad un dibattito su “Partito Democratico – come doveva essere\come è oggi” che raccolga parte rilevante di quei “Democratici” che non riescono a riconoscersi “del tutto o in parte” in questi pseudodirigenti a qualsiasi livello che ci ritroviamo.

Vi allego del materiale che trovo interessante inviatomi da ****** *****; mi sono chiesto e gli ho chiesto – per mail – chi siano i suoi interlocutori ai quali si rivolge alla fine del suo articolo. ***** è di certo un ragazzo in gamba; è uno dei pochi con il quale abbiamo avuto un rapporto chiaro – a volte anche un po’ conflittuale ma sempre limpido.

Leggete anche l’articolo su Lucca: se ciò che Fulvetti (!) dice corrisponde ad una vera azione di governo del PD la distanza con Prato è abissale.

Grazie. Ci sentiremo molto presto.

Giuseppe Maddaluno

Gentilissime\i

è da qualche tempo che non riesco ad incontrare persone che parlino dell’attuale PD riconoscendolo come quello che era nei nostri pensieri fino a pochissimi mesi fa. Non mancavano le preoccupazioni che ciò potesse accadere, ma tutti riponevamo grande fiducia nella capacità dei leader piccoli e grandi di comprendere che un rinnovamento complessivo della Politica andava costruito attraverso il superamento dei vecchi strumenti e l’approdo verso nuove modalità di accesso e di regolamentazione della vita partecipativa di tutti i cittadini.

Era evidente che questa scelta così coraggiosa avrebbe aggregato vecchi e nuovi “aderenti” sollecitati dalla possibilità di partecipare “davvero” alla costruzione di un Partito con l’abbattimento dei vecchi steccati ideologici e pragmatici.

OGGI chi può dire che questo è avvenuto? Solo degli stupidi interessati politicanti sia nuovi che vecchi (alla mente si affolla una congerie di volti) possono andarlo a dire.

Se è vero quello che ho detto all’inizio dunque per fortuna rifuggo dal frequentare simili individui e quando li incontro ne mantengo una rispettosa distanza: odio – sì, odio – ed è da tempo che lo vado dicendo – gli ipocriti; coloro che ritengono di essere più furbi sono gli elementi pericolosi che andrebbero allontanati, ma la loro fortuna è nell’omologazione verso il peggio, la capacità di dire niente di nuovo rimasticando elegantemente le affermazioni dei vari “capi”, ora in questo giovane PD anche dei “capicorrente”.

10 agosto I CONTI NON TORNA(VA)NO parte 26 (per la parte 25 vedi 9 luglio)

10 agosto I CONTI NON TORNA(VA)NO parte 26 (per la parte 25 vedi 9 luglio)

Avevo principiato a trattare l’argomento della inadeguatezza politica locale (il termine è vago ed è estensibile a tutto il territorio nazionale, tranne pochissime rare eccezioni) riservata ai temi della Istruzione soprattutto relativamente all’edilizia scolastica. Il primo post dal titolo “I CONTI NON TORNANO” è del 10 settembre 2016. Sono riportate storie di vita sotto forma metanarrativa e documenti vari che attestano questa incapacità che, verificata ulteriormente oggi in epoca pandemica – si spera “post”, comporta straordinari sacrifici e la richiesta di un grande sforzo coraggioso che eviti di dover essere costretti ancora ad utilizzare la Didattica a distanza, per assenza di spazi adeguati. Il 26 giugno del 2020 riprendevo a trattare l’argomento con un post dal titolo “Perché i conti non torna(va)no(sulla “SCUOLA” di ieri e quella di oggi)” Detto questo, procedo.


…prosegue la trascrizione della seduta delle Commissioni n.5 congiunte di Comune e Provincia del 18 dicembre 1998

prosegue l’intervento dell’Assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia di Prato

…Rileva che la differenza con la scuola dell’obbligo sta nella questione delle preiscrizioni poiché, per gli istituti superiori, oltre alle fasce d’età, occorre considerare anche il tasso di scolarità. Specifica, infatti, che nel fare le proposte si è considerato anche l’eventuale innalzamento dell’obbligo a 15 anni, aumentando di tre punti percentuali i valori del tasso di scolarità. Passa, quindi, ad illustrare dettagliatamente la situazione di ogni istituto superiore rilevando, alla fine dell’esposizione, che vi è analogia con la situazione nazionale per quanto riguarda i fenomeni di crescita o di calo dei vari istituti.

Ad una richiesta di fornire i dati relativi al Convitto Cicognini l’Assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia risponde

Fornisce i dati richiesti. Aggiunge che molta attenzione è stata posta nel considerare gli indici fissati dal Ministero; ciò al fine di evitare di compiere operazioni sbagliate. Naturalmente, prosegue, occorre considerare anche i contenuti didattici, l’offerta formativa e la conseguente autonomia. Ribadisce che è importante che ogni scuola compia le scelte sulla propria offerta formativa non da sola, ma rapportandosi al territorio, agli Enti Locali, alle imprese, ecc.

Una rappresentante del Consiglio Regionale “chiede chiarimenti circa i parametri di dimensionamento”.

L’Assessore alla P.I. della Provincia nel rispondere “Ricorda quali sono gli indici fissati (500/900 alunni come minimo e massimo) facendo presente che per le zone ad alta densità demografica e per gli istituti dotati di laboratori specialistici si possono derogare questi indici. Poi, aggiunge, c’è anche il buon senso a consigliare che non è né utile né intelligente smembrare una scuola.

L’Assessore alla P.I. del Comune “aggiunge che, comunque, gli indici sono più rigidi per la scuola dell’obbligo e più elastici per quella superiore”. “Chiede poi di spiegare meglio le ragioni che portano ad un aumento del Buzzi e ad una diminuzione del Gramsci. Chiede, inoltre, di sapere in base a quali criteri sono state costruite le proiezioni”.

L’Assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia “Spiega che la crescita del Buzzi è strettamente legata allo sviluppo dell’intera area, mentre per il Gramsci si può parlare di un processo che si colloca in un trend nazionale. Si dilunga, quindi ad illustrare i criteri adottati per effettuare le proiezioni statistiche”.

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9 agosto – LE STORIE – altre (il Circolo San Paolo di via Cilea) 2009 seguenti – dopo una breve introduzione parte 2

Quello che segue è un documento datato marzo-aprile 2009 con il quale colui che, meritatamente, sarebbe divenuto coordinatore del Circolo, avanzava una “proposta” di intervento urbanistico riqualificativo del territorio sud-ovest di San Paolo. Il tema era stato sviscerato tra coloro che sarebbero poi stati “storici” sostenitori e protagonisti di tutte le attività politiche culturali che avrebbero avuto la capacità di coinvolgimento ampio di gran parte della città. A Prato – a San Paolo – vennero grandi personaggi a seguire il percorso avviato. Occorre chiedersi come mai tutto questo impegno sia stato poi vanificato.

PROPOSTA PER UN PROGETTO DI INTERVENTO URBANISTICO,  INFRASTUTTURALE E AMBIENTALE NELL’AREA INDUSTRIALE DEL BALDASSINI ZONA MACROLOTTO ZERO

La zona è situata tra via Galcianese e via San Paolo e tra Via Toscanini e via Donzelli.

Se può essere utile in questa area scorre la gora del pero da nord a sud.

L’area ha una vasta parte verde di cui una buona parte di proprietà del COMUNE un’altra parte della Curia il tutto adiacente al complesso industriale del Baldassini.

Io mi chiedevo, se questa area facente parte del macrolotto zero, dove da anni vengono fatti studi per trovare delle soluzioni per la sua riqualificazione, potesse essere utilizzata come punto di partenza e di rottura diciamo pure per dare un segnale  forte e forse anche ambizioso alla popolazione ed anche alle generazioni future.

Non penso ad un qualcosa che sia di interesse solo all’abitante della zona ma che possa essere utile a tutta la cittadinanza e non solo.

La mie proposte sono due.

La prima è composta di due parti:

La parte prima è quella di sfruttare gli ampi terreni adiacenti al complesso industriale del Baldassini per adibirlo a parco cittadino attrezzato con chiosco e servizi igienici con un laghetto (andando a vedere magari quello che c’è ad Agliana vicino alla cioccolateria Catinari), inserendoci magari anche un giardino botanico come attrazione collaterale.

Il laghetto potrebbe essere usato anche come riserva d’acqua da utilizzare in caso di emergenza incendi perché situato in posizione strategica tra il Monferrato ed il Montealbano e vicino ad i vari macrolotti.

La parte seconda è quella di sfruttare tutti quei metri cubi del complesso industriale del Baldassini per costruire un struttura di utilità pubblica ma soprattutto ambiziosa.

Deve essere un’opera che dal punto di vista architettonico utilizzi tutte le tecnologie più avanzate di bioedilizia produzione e risparmio energetico cioè un opera architettonica autosufficiente e dirompente dal punto di vista funzionale ed estetico.

Io pensavo  per questa opera pubblica, di farne “la cittadella della cultura e della musica” dove potremmo dare una casa unica ad esempio alle grandi scuole di musica che abbiamo a Prato dotandole un auditorium all’avanguardia sale d’incisione, aule di studio dei vari strumenti musicali ecc. Un centro studi  del vernacolo e della canzone popolare italiana.

Si potrebbe dare una casa all’arte cinematografica chiamando a collaborare tanti nostri artisti pratesi da Veronesi a Benigni da Panariello a Nuti e quanti altri, dotando così Prato di un actors studios.

La seconda proposta ha in sé la prima parte della mia prima proposta ma la seconda parte vorrei proporre riguardo all’area industriale del Baldassini un centro per l’innovazione tecnologica e per l’innovazione ambientale e dell’energia alternativa.

Praticamente impiantarci la nostra silycon valley o meglio il nostro silycon park visto il parco adiacente.

Comunque possa essere utilizzata quest’area, penso possa essere comunque una porta verso la Prato del futuro.

 Il punto d’inizio della soluzione delle problematiche del macrolotto zero un segnale forte ma soprattutto utile da dare a tutti i cittadini sia a quelli che ci vivono sia chi giornalmente ci passano e quindi ne condividono i disagi.

Più che un’idea per i primi cento giorni il mio contributo vuole essere, in un momento di crisi di frustrazioni e di pessimismo, un segnale forza di volontà di creare nuove opportunità e di ricercare altri ambiti di sviluppo economico che non siano solo il tessuto o altro.

Questa mia nota vuole essere un semplice stimolo di discussione premesso che la mia proposta non è supportata da alcuna conoscenza specifica del campo dell’urbanistica ma è soltanto un desiderio di un cittadino che vuole vivere la propria città.

In fede

Marzio Gruni

P.S.

Allego quattro contributi cartografici della zona.

7 agosto – PICCERE’ – un recupero con revisione – 5 (per la 4 vedi 11 luglio)

5

Piccerè era una ragazza timida ma era stata abituata dalla madre e dalle sorelle, che le avevano sempre dato il buon esempio, a svolgere le attività casalinghe – anche se in “campagna” queste erano caratterizzate in modo molto diverso e vario. Proprio per questo più che la pulizia degli interni (in Sicilia l’impiantito era privo di piastrelle e marmi) la sua abilità era nella cura delle piante (il terrazzo dell’ingegnere era ampio e pieno di vasi con ortensie e non mancavano due striminziti alberi di limone) e soprattutto nella cucina. La signora l’aveva accolta con un certo sussiego mascherato da un sorriso ipocrita che denotava il suo sentimento di superiorità; le aveva poi mostrato i “ferri del mestiere” e la livrea sotto forma di “spolverino da casalinga” che avrebbe dovuto indossare; aveva dato le prime indicazioni di lavoro sottolineando che quella mattina lei doveva uscire per recarsi alla Parrocchia dove l’attendevano le amiche per organizzare le loro attività. Piccerè avrebbe dovuto spolverare i mobili di alcune sale e  passare il cencio con un liquido lucidante sul parquet nel salotto. La giovane seguì con attenzione le istruzioni che terminarono con un “Non aprire a nessuno. Eugenio ha le chiavi ma non tornerà prima di me. Ci vediamo per ora di pranzo”. Piccerè avviò subito ad eseguire le indicazioni della “signora” e dopo poco più di un’ora aveva terminato il suo primo compito; si recò sul terrazzo e decise di ripulire le piante delle parti morte, di annaffiarle e poi spazzò via anche un po’ di foglie che erano cadute sull’impiantito. Ma non ci mise molto ed allora pensò che certamente i signori sarebbero stati contenti ed entrò in cucina e decise seguendo il suo istinto “contadino” di  preparare  un sugo particolarmente elaborato utilizzando tutto quello che aveva visto essere a disposizione. Usò dei pomodori maturi, immergendoli in acqua bollente e poi privandoli della buccia incisa con particolare cura e maestria; aveva trovato in uno dei frigoriferi – al suo paese nelle case dei contadini non era uso possederne – della carne macinata e l’aveva fatta soffriggere aggiungendovi una cipolla ed un gambo di sedano sminuzzati in modo sottile. Aveva poi passato i pomodori e dopo una decina di minuti li aveva aggiunti al soffritto, abbassando la fiamma al minimo necessario per mantenere il “bollo”. Intanto aveva anche trovato delle zucchine e due melanzane; le aveva tagliate con cura e aveva posto sotto sale le fette di melanzane per far loro perdere tutto l’amaro. Aveva poi cominciato a friggere in abbondante olio  le zucchine tagliate in verticale, facendo attenzione a che non cuocessero troppo; la stessa cura ebbe poi con le melanzane una volta che furono pronte dalla dessalazione. Non appena il sugo fu addensato Piccerè, che intanto aveva anche trovato due minuscole mozzarelle, ma erano utili all’idea che aveva, le sminuzzò in una terrina ed avviò a far bollire un pentolone pieno d’acqua. Aveva poi cercato la pasta più adatta tra quelle che la dispensa proponeva, scegliendo dei rigatoni.

…5….

6 agosto – CINEMA – Storia minima – parte 22 – 1942

Il 1942 è un anno molto ricco di proposte. Continuando il nostro percorso d’oltreoceano, è giusto menzionare uno dei più grandi autori popolari colpevolmente ignorato dai miei “excursus” nella “Storia minima” del Cinema. La carriera di Ernst Lubitsch era iniziata negli anni Dieci del secolo in Germania prima come attore poi come autore. Ma il meglio di sè riuscì a darlo, a partire dal 1922, come regista, dopo essere approdato a Hollywood dove diresse le più importanti dive del tempo (e devo aggiungere “di tutti i tempi) come Nel 1922, su invito dell’attrice americana Mary Pickford, Marlene Dietrich, Greta Garbo, Carole Lombard e Miriam Hopkins. Il suo film più importante, tuttavia, vide la luce proprio nel 1942 ed è una satira molto pungente del regime hitleriano; si tratta di “Vogliamo vivere!” il cui titolo originale riecheggia il celebre incipit del monologo dell’”Amleto” (“To Be or Not to Be”)ed è relativo ad una sorta di “parola d’ordine” che serve per innescare un appuntamento segreto tra due “amanti”. E’ ad ogni modo un film divertente costruito sul classico tema degli “scambi”, dei “tranelli”, anche se non riesce ad eguagliare la qualità chapliniana espressa ne “Il Grande dittatore”.

Con il prossimo film ci sembrerà di ritornare in Europa, ma siamo sempre negli Stati Uniti. La seconda guerra mondiale ha fermato una gran parte della produzione europea ed alcuni autori francesi come Julien Duvivier e Renè Clair partono per Hollywood. Clair nel 1940 si imbarca letteralmente con l’intera famiglia in un viaggio avventuroso: partirà da Saint Tropez in auto alla fine di giugno e riuscirà ad ottenere il visto per gli States solo ad agosto. Il regista, che si era specializzato per la sua visione favolistica, immaginifica, misteriosa, nel 1942 girerà un nuovo capolavoro, “Ho sposato una strega” interpretato da alcuni mostri sacri, vere e proprie icòne del  Grande Cinema, come Veronica Lake, Fredric March e Susan Hayward. La vcenda narrata ha il suo avvio nel 1672 con la esecuzione di una donna ritenuta  strega e del suo padre stregone. In punto di morte i due lanciano una maledizione. Il resto ovviamente è giocato sulla nostra contemporaneità con una “reincarnazione” dei due giustiziati alla ricerca della vendetta verso un discendente del giudice che li aveva condannati. Di questo film nel 1980 fu realizzato in Italia un remake che tuttavia non può reggere il confronto con l’ “originale”.

E proprio tornando in Italia dobbiamo nella maniera più assoluta parlare di un grande regista, Alessandro Blasetti, per molti anni considerato solo per la sua collaborazione al potere del Ventennio, come protagonista del Cinema di propaganda fascista (“Sole” del 1929 e “Vecchia guardia” del 1932, insieme a “Aldebaran” del 1935 e “La corona di ferro” del 1941 sono i suoi film più importanti di quel periodo), Tuttavia, mentre ancora il regime è in piedi firma quello che è da considerare come l’anticipo del neorealismo. “Quattro passi tra le nuvole” si avvicina a temi popolari, abbandonando storie di eroismi e di eventi storici lontani da quella realtà e parla direttamente alle angustie ed alle difficoltà quotidiane della povera gente. Il film è interpretato da uno degli attori preferiti da Blasetti, Gino Cervi.

31 luglio – Le bandiere parte 2

Le bandiere parte 2.

Siamo tutti responsabili perché avremmo dovuto fornire segnali più chiari alle leadership; parto da me, dunque, senza autoassolvermi. Ho scelto di star fuori, non riconoscendomi più nè in chi promuove scelte ultrariformistiche e allo scopo di conquistare posti di potere si accorda e compromette con quella parte di forze economiche disponibili ad ogni contratto, a prescindere dalle posizioni politiche; nè tanto più (o tanto meno, fate vobis) con quella parte di politicanti categorici, dogmatici, esclusivi assolutisti, che ignorano alcuna possibilità di confronto e per la quale qualsiasi “deroga” assume l’aspetto di “revisione” assegnando a questo termine solo il significato negativo. A volte, riflettendo, non si rendono conto che finiscono per assimilarsi proprio a coloro che dichiarano di aborrire. Gli estremismi finiscono per assomigliarsi. Ma il tema per cui sono qui a scrivere è ben altro: attiene ad una flebile, sottile “disperata” speranza. Da tempo ormai, abbandonata la tuta dell’educatore militante nelle aule scolastiche, seguo le peripezie delle varie generazioni più giovani, nel progressivo svolgersi degli anni, i primi dieci e poi quelli successivi del Terzo millennio fino a questo inizio del terzo decennio. Molti tra questi “giovani” hanno messo in gioco la loro freschezza solo allo scopo di alzare il prezzo per il loro impegno, dimostrando molta più astuzia rispetto a tanti altri veterani per esperienza e per età. Costoro sono ancor più responsabili per la condizione disperata nella quale tanti di quelli che avrebbero potuto rappresentare il vero rinnovamento si ritrovano a vivere questa fase calante della loro esistenza: penso a me ma anche a tante altre figure più giovani e fresche di quanto io sia. Qualche giorno fa una breve interlocuzione con  uno ( cui accenno nella chiusura del post del 27 luglio ) di questi “giovani” – contornato da altri occasionali compartecipanti al dibattito con commenti e semplici “like”-  si è svolta intorno alla funzione simbolica – e non solo –  delle “bandiere”. E mi è tornato in mente Pier Paolo Pasolini che ne “Le belle bandiere” scrive  «Non si lotta solo nelle piazze, nelle strade, nelle officine, o con i discorsi, con gli scritti, con i versi: la lotta più dura è quella che si svolge nell’intimo delle coscienze, nelle suture più delicate dei sentimenti.»   La discussione verteva per l’appunto sull’aver scoperto che, alla manifestazione a sostegno dei “licenziati” della GKN di Campi Bisenzio, mancavano le “bandiere” del PD. Ho ex abrupto “istintivamente” (ed in modo insolito) commentato che “avrebbe potuto portarne lui stesso”. Credo di aver offeso la sua sensibilità, di aver toccato qualche corda irritata, visto che sono anni che non mi degna di alcuna attenzione nè contrapposta nè favorevole (sono stato a volte al suo fianco “fisicamente” e avevo la sensazione che non avvertisse la mia presenza). Mi ha risposto stavolta con una certa supponenza superiore, rilevando che da sempre ha voluto essere rispettoso  ( anche se con amara ironia descrive il “rispetto” come “una brutta abitudine )  delle gerarchie “partitiche”. Ho glissato, scusandomi per l’intromissione ( “avrei potuto stare zitto”), confermando il mio giudizio non lusinghiero sul futuro di questa “new generation” che vuole fare la Rivoluzione (a suo modo, ovviamente) rispettando le “gerarchie”. Senza che appaia come un’offesa: “il loro obiettivo è quello di sostituire semplicemente una vecchia gerarchia con nuove gerarchie”.