C’è consapevolezza o un nuovo tatticismo deleterio?
L’Assemblea nazionale del Partito Democratico del 14 marzo 2021 ha espresso praticamente all’unanimità (860 favorevoli 2 contrari e 4 astenuti) l’assunzione alla carica di Segretario di quel Partito da parte di Enrico Letta, chiamato a gran voce a sostenere quel ruolo da più parti, dopo le irrevocabili scelte di Nicola Zingaretti. Non illuda l’unanimismo, se dietro di esso si nasconda l’urgenza di trovare una sorta di “re Travicello”, un semplice simulacro per tacitare gli animi veementi ed inclini all’indisciplina. Per quanto io sappia, Enrico Letta non sorreggerà tali inclinazioni. Pur tuttavia bisogna avviarsi a trovare una pur minima risposta a quella domanda che ho inserito nel sottotitolo.
Subito dopo il discorso “programmatico” del nuovo Segretario si è aperto il confronto intorno ai temi che egli ha proposto e che sono stati annunciati come un “vademecum” che da lì a poco avrebbe fatto pervenire ai Circoli. Il titolo è “CONSULTAZIONE” il sottotitolo “Progressisti nei contenuti, riformisti nei metodi, radicali nei comportamenti” e poi 21 punti estremamente sintetici su cui dibattere.
Uno dei rischi che si corre quando c’è un “nuovo” leader è che, intuito il cambiamento del “vento”, ci si lasci trasportare in quella direzione. E forti dubbi ci sono in tal senso ed in queste ore: il dibattito sta evidenziando una sfilza infinita di pentimenti. Sembrano, in tanti, forse troppi, riconoscere gli errori, la presunzione di autosufficienza, la sottovalutazione delle critiche “pragmatiche non ideologiche” e la scarsa capacità espressa nell’aprirsi alle contaminazioni.
La resipiscenza “a chiamata” indotta da eventi non governati non è un buon segno. Significa che non si è stati in grado di esprimere al tempo debito il proprio dissenso, moderato o radicale che fosse. Questo atteggiamento significa, per me, che sono un eretico, che si privilegiano le posizioni acquisite e si opzionano miglioramenti. Non è un buon segno quando ci si appresta a seguire una nuova scia, affermando di condividerla senza che sia stata precedentemente affermata in modo chiaro e deciso.
Questo è ovviamente uno degli elementi di riflessione su cui avviare la ricostruzione di “un partito più aperto, inclusivo e partecipato”, per far sì che vi siano più “volti” veri che “maschere”; che sia possibile andare alla formazione di un partito che come “modello democratico” sia “capace di sfruttare le grandi opportunità offerte dall’innovazione digitale”; che abbia come obiettivo primario “il rapporto con i territori” e possa essere identificabile come “partito della prossimità”; che proprio per questo sia in grado di attivare una “economia della condivisione” con “il rafforzamento dei corpi intermedi”; che sia in grado di produrre un moto virtuoso nella società rendendola sempre “più inclusiva”.
Tutto questo…e altro sarà possibile soprattutto se quella “resipiscenza” non sia in possesso di un valore occasionale e strumentale, come in quel mio sospetto. A tale proposito, aprirsi dovrà significare essere capaci di produrre attrazione, e per far questo bisognerà essere in grado di dover fare non solo come segno simbolico dei passi indietro per consentire a chi entra o rientra di poter avvertire sincero interesse, ma anche non limitarsi ad un semplice strumentale consenso paternalistico.
Breve promemoria per un confronto aperto inclusivo e partecipato
Ripresa di una progettazione di un “nuovo Decentramento” non solo ma anche “volontario”
Elaborazione di una “identità” periferica facendo riferimento a progetti avviati nel passato recente (vedi “La Palestra delle Idee” e “Trame di Quartiere”)
Utilizzo delle potenzialità individuali da inserire in una nuova visione collettiva
Revisione dei Piani strategici urbanistici alla luce degli eventi drammatici (pandèmici e non solo)
Accelerazione di un processo di pubblicizzazione dei presidi sanitari
Creazione di strutture culturali periferiche al passo dei tempi e non velleitarie ed improduttive, partendo da quelle eventualmente esistenti inutilizzate già da tempo
Nel corso del mese di marzo 2021 si è svolta una sorta di blackcomedy italiana – la denuncia di Zingaretti (il fratello dell’interprete del commissario Montalbano) riapriva i cuori alla speranza di un “rinnovamento” – A conti fatti, oggi, quella speranza è del tutto svanita – Il post che segue serva da promemoria
UNA DOMANDA DA PORSI (tra le
tante, con urgenza) – prima parte –
un preambolo (nella seconda parte la domanda)
Agli inizi di questo mese,
al termine di un percorso molto irto di ostacoli, il Segretario del Partito
Democratico si è dimesso da quel ruolo. Lo ha fatto in modo inedito, inusuale
nel mondo della Politica, lanciando un atto di accusa all’intero Partito. Ha
detto: “Lo stillicidio non finisce. Mi
vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo
di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del
Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la
necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove
generazioni”.
Di fatto, che le cose nel Partito Democratico non funzionassero, più di qualcuno se ne era accorto. Anche Zingaretti; ed è chiaro che, quando sei in un meccanismo che stenta a procedere, inceppato da mille convenzioni e convenienze, hai milioni di difficoltà ad uscirne in modo elegante. Anche per questo motivo, non sarebbe stato comprensibile, ed accettabile, un passo indietro (sarebbe apparso come una resa per debolezza, e Zingaretti non può essere attaccato su quel versante): era necessario esprimersi con una formula di “attacco” agli stessi organigrammi e apparati da lui “virtualmente” coordinati, quelle “correnti” litigiose ed ipocrite, molto più avvezze a mantenere le loro posizioni in equilibrio.
Il
Segretario con la sua scelta non aveva alcuna intenzione di farsi pregare per
ritornare in quella posizione ed ha contribuito forse proprio per questo motivo
ad indicare la via di uscita, che possiede in gran parte anche il senso della
figura che è stata chiamata a subentrare. In realtà il Partito Democratico
stava vivendo una contraddizione strutturale sin dalla sua costituzione. Va ricordato
che nelle prime consultazioni “primarie”, quelle costituenti di domenica 14
dicembre 2007, tra i candidati c’era anche il “nuovo” Segretario, Enrico Letta.
Le “speranze e le aspettative” per un “cambio di passo metodologico” con le
quali tanti avevano accolto questo nuovo Partito furono presto deluse (su
questo Blog ne ho trattato e continuo a farlo pubblicando testi “storici”
dell’esperienza personale locale). Il clou di questa tendenza, che portava
sempre più lontano il Partito dalle masse più deboli e da quella parte che ne
avrebbe voluto privilegiare le ragioni, è stato l’ingresso veemente di Renzi e
di coloro che, oltre Matteo Renzi, anche loro fondamentalmente estranei a
quegli obiettivi, lontani anni luce da essi, oltre che da una consistente parte
già “interna” ne sollecitavano l’avvento per costruirsi fortune poco più che
personali. E’ nato così il “renzismo” che non ha nulla da spartire con le idee
“democratiche” (non necessariamente rivoluzionarie) che erano alla base dei
programmi preparatori del nuovo Partito. Ho scritto – e detto – in più
occasioni che per riaprire nuovi “cantieri” non vi è il bisogno di inventare
nuove formule progettuali: basterebbe andare a ripescare ciò che si “scriveva e
diceva” nella fase costituente.
Nella
seconda parte mi porrò la “domanda” che è indubbiamente molto – ma davvero
molto – retorica e la cui risposta è proprio per questo motivo unica. Senza
questa “unicità” non c’è futuro, non c’è via d’uscita da questo “cul de sac” o
“tunnel buio” nel quale ci siamo inoltrati.
C’è
consapevolezza o un nuovo tatticismo deleterio?
In questi lunghi mesi abbiamo sofferto, soprattutto, la solitudine. Anche se l’abbiamo combattuta utilizzando i nuovi marchingegni tecnologici, quelli che i miei genitori e noi stessi per un lungo periodo non abbiamo conosciuto. Al tempo dei miei giovani anni, telefonavamo a parenti ed amici dalle cabine nei bar utilizzando gettoni. Noi invece abbiamo, interagendo sul web, abbattuto le barriere, riuscendo a consolarci attraverso azioni, a volte collettive, anche di tipo – suppergiù – artistico; abbiamo abbandonato forzosamente i luoghi della convivenza civile, contando passi e metri, senza mai allontanarci più di quanto non fosse consentito dalla nostra abituale dimora, mantenendo distanze oltre il necessario. Il mondo del lavoro ha subìto un duro colpo, segnatamente in quei settori voluttuari non essenziali e non utili direttamente alla sopravvivenza minima; e questo ci ha indotti anche ad una certa qual moderazione. Nel contempo hanno potuto usufruire di alcuni vantaggi in modo diversificato tutti i settori dell’alimentazione e della produzione sanitaria; oltre che, ovviamente, tutti i comparti del pubblico e dei servizi alla persona. In quel periodo – per consolare la nostra angoscia – auspicavamo che sarebbe sorto dalle ceneri del vecchio un nuovo mondo “migliore”. E sì! anche perché il vecchio mondo non è che ci piacesse del tutto.
Oggi ci stiamo risvegliando lentamente dal torpore; quasi
tutta la produzione è in rapida progressiva ripresa (lo affermano in
particolare sia il Governo che i Sindacati degli imprenditori dei settori
produttivi). Questo è uno dei titoli ripreso insieme al suo “sommario” di
riferimento (Il Sole 24ore del 10
giugno u.s.): l’articolo è firmato da Filomena Greco
Produzione industriale in crescita per il quinto mese consecutivo
“Continua la ripresa con l’indice di produzione che recupera e supera i livelli pre-covid di febbraio 2020. Bene meccanica, trasporti e tessile”
Nonostante ciò alcune scelte affrettate in materia di regolamentazione del mercato del lavoro, abbinate ad uno scarso livello di forza contrattuale da parte della Sinistra, sia quella politica che quella sindacale, hanno aperto il varco ad una serie di sciagurati interventi padronali con una caterva di licenziamenti a carico di lavoratori che, ritenendo di far parte di aziende considerate da tutti ”produttive”, non sospettavano minimamente di poter correre tale rischio.
Intorno a questi temi ed ai balletti ipocriti ( o perlomeno, ad essere teneri, espressione della loro incapacità ) da parte delle forze politiche e sindacali ho già accennato su questo Blog. Anche le “bandiere” presenti nei cortei (quelle che ci sono e quelle che non ci sono) stanno lì a dimostrare l’inefficacia dell’azione comune e, dunque, la necessità – l’urgenza – di assumersi responsabilità al di là delle “dimostrazioni” per ora solo apparenti e praticamente improduttive. Finiscono per essere essenzialmente poco più che un “rito”, macabro allorché giocato intorno alle disgrazie dei “licenziati”. Riconosco perfettamente che anche le mie esternazioni servono molto a poco, ma sono esposte a fin di bene. A quel giovane che si adonta di essere critico verso il potere dei dirigenti del PD, pur essendo fortemente organico ad esso (visto che sta da molto tempo studiando per farne parte a pieno titolo), chiedo una maggiore umiltà, una vera apertura non un tatticismo di troppo breve durata.
26 luglio – LE STORIE 2008/2009 e 2013/2014 – 4 (la parte 3 è pubblicata il 6 luglio u.s.)
In coda alla parte 3 avevo annunciato la pubblicazione di una mia mail datata
3 luglio 2008
Carissimo ******
ho ricevuto il tuo invito e, come ti ho già preannunciato, non potrò essere
presente perchè ho già un impegno.
Come Associazione ho invitato i fondatori ad una riflessione sulle
possibili prossime iniziative autunnali, a casa mia, venerdì sera.
Saluta gli amici da parte mia.
Ti allego il Documento che ho inviato – personalmente ma quale rappresentante primo dei bindiani qui a Prato – alla Coordinatrice. Ti sembra che i toni pacati da me utilizzati siano stati recepiti? Continuerò su questa linea, aggiungendo, forse con un certo sarcasmo, che il PD – quello reale – è fuori dagli organigramma. La Direzione è un vero e proprio “cimitero degli elefanti”; l’Esecutivo è fatto per gestire “brindisi, aperitivi e feste varie” ma la vera Politica la faranno fuori da quelle stanze (in altre stanze forse meno praticate da quanti dovrebbero “davvero” reggere le sorti del PD sempre più incerte). Vi assicuro che non sto qui a lamentarmi dell’assenza di un “bindiano” nell’Esecutivo: forse è addirittura un bene e di questo senza ironia non posso che ringraziare la Coordinatrice.
A settembre, forse, farò un appello a tutti quelli che ancora credono
“davvero” nel PD, quel PD – ti ricordo – per il quale abbiamo
lavorato come Cittadini per l’Ulivo. Un appello per un salto di orgoglio di
fronte a gente che pensa di curare soltanto i loro piccoli lucrosi interessi e
contribuisce sempre di più a portare la nostra Democrazia verso una deriva
leaderistica, demagogica e populistica non diversa da quella del Centrodestra
berlusconiano.
C’è una profonda continua sottovalutazione del grave pericolo che incombe
sulla nostra Democrazia. C’è incapacità o lucido progetto? Mi fa paura l’una e
l’altro.
A presto. Ti chiedo di esprimere agli altri amici queste mie riflessioni
anche se tu non le condividessi a pieno.
Grazie.
Giuseppe Maddaluno
Ecco il “Documento”di cui si parla sopra
Gentilissime\i
è da qualche tempo che non riesco ad incontrare persone che parlino
dell’attuale PD riconoscendolo come quello che era nei nostri pensieri fino a
pochissimi mesi fa. Non mancavano le preoccupazioni che ciò potesse accadere,
ma tutti riponevamo grande fiducia nella capacità dei leader piccoli e grandi
di comprendere che un rinnovamento complessivo della Politica andava costruito
attraverso il superamento dei vecchi strumenti e l’approdo verso nuove modalità
di accesso e di regolamentazione della vita partecipativa di tutti i cittadini.
Era evidente che questa scelta così coraggiosa avrebbe aggregato vecchi e
nuovi “aderenti” sollecitati dalla possibilità di partecipare
“davvero” alla costruzione di un Partito con l’abbattimento dei
vecchi steccati ideologici e pragmatici.
OGGI chi può dire che questo è avvenuto? Solo degli stupidi interessati
politicanti sia nuovi che vecchi (alla mente si affolla una congerie di volti)
possono andarlo a dire.
Se è vero quello che ho detto all’inizio dunque per fortuna rifuggo dal
frequentare simili individui e quando li incontro ne mantengo una rispettosa
distanza: odio – sì, odio – ed è da tempo che lo vado dicendo – gli ipocriti;
coloro che ritengono di essere più furbi sono gli elementi pericolosi che
andrebbero allontanati, ma la loro fortuna è nell’omologazione verso il peggio,
la capacità di dire niente di nuovo rimasticando elegantemente le affermazioni
dei vari “capi”, ora in questo giovane PD anche dei
“capicorrente”.
ERA
IL 25 LUGLIO, E NON SI DICA CHE NON AVEVAMO – DA TEMPO, DA MOLTO PIÙ TEMPO –
SEGNALATO CHE L’EMERGENZA “SCUOLA” ERA “PRIMARIA” QUASI COME QUELLA DELLA
SANITA’
Era il 25 luglio, e non si dica che non avevamo – da tempo, da
molto più tempo – segnalato che l’emergenza “Scuola” era “primaria” quasi come
quella della “Sanità”
E non si dica che lo avevamo fatto in
modo strumentale, non “amichevole”.
Abbiamo amato la Scuola; abbiamo
dedicato ad essa gran parte della nostra vita e ne conosciamo gli aspetti
eternamente emergenziali. Potremmo essere tacciati di scarsa fiducia verso le
nuove generazioni, cui appartiene la Ministra Azzolina; e vogliamo correre
anche questo rischio. Pur tuttavia l’ansia tutta politica (con i suoi aspetti
peggiori, deleteri, non costruttivi) di voler apparire “super” competenti ha
giocato e continua a giocare brutti scherzi. Se si sarà in grado di trarre la giusta
lezione da questa parte minima di “Storia” forse accenderemo un lumicino di
speranza. Anche se siamo sempre meno ottimisti in quella direzione. Abbiamo
segnalato che – anche dal punto di vista “politico” – sarebbe stato utile e
giusto addossare gran parte delle responsabilità ai precedenti Governi di
Centrodestra e Centrosinistra ma si è voluti apparire troppo “signori” in
quella direzione. Non sarebbe bastato, ma avrebbe consentito anche di dare uno
sguardo giustamente ed equilibratamente “critico” per portare a soluzione i
problemi, lentamente ma con determinazione. La mancanza di spazi, la carenza
strutturale e di arredi, la difficoltà di gestione del reclutamento, l’assenza
di interventi economici a sostegno del personale scolastico si sta rivelando
un’emergenza nell’emergenza, mettendo a rischio la fruizione di diritti
fondamentali e ponendo in difficoltà lo stesso intero Governo.
E non si dica, per l’appunto che in
tanti non si sia evidenziato questo pericolo in un periodo in cui chi si
occupava di quel settore a livello governativo ed a livello politico ed
amministrativo nelle sedi comunali e provinciali aveva davanti a sé mesi di
tempo per programmare e portare a soluzione le tante urgenze, facendo tesoro
dei problemi degli anni precedenti, quelli – per così dire – “normali”.
25
luglio ancora sulle politiche scolastiche abborracciate
Avevo percepito tra alcuni docenti il
gradimento nei confronti del Ministro della Pubblica Istruzione del Governo
Giallo-Rosso, Azzolina. Mi sorprendeva questo endorsement soprattutto da parte
di docenti notoriamente iper democratici, per capirci bene “assolutamente e
risolutamente di Sinistra”. Lo trovavo strano anche perché quasi sempre la
contrapposizione da parte di questi colleghi era apparsa tale a prescindere
dalla collocazione partitica dei Ministri in carica. Indubbiamente mi sono
sentito spesso in linea con alcune critiche verso Ministri come la Gelmini o la
Moratti rappresentanti della Destra ma non mi erano affatto piaciute nè la
Carrozza nè la Giannini rappresentanti del Centrosinistra. Non credo che sia
stata l’appartenenza nè alla parte politica nè tantomeno al “genere” che mi
hanno fatto apprezzare Ministri come Berlinguer, come De Mauro e, negli ultimi
tempi, lo stesso Fioramonti.
Eccolo, il Fioramonti. Sarebbe utile che la signora Ministra Azzolina, verso
cui la critica da me rivolta ha degli elementi ben fondati (esposti in un post
molto recente) legati alla incapacità di sviluppare una “memoria storica”
adeguata alla necessità di attribuire le giuste responsabilità del disastro
epocale cui stanno spingendo il nostro mondo della scuola, spieghi a se stessa
ed a tutti noi le ragioni dell’astio, del fastidio profondo che esprime ogni
qualvolta sente il nome del suo predecessore, proprio quel Fioramonti verso il
quale mi sono sopra espresso positivamente. Non lo capisco, anche perchè il
Fioramonti aveva denunciato il degrado del settore, una situazione molto
complessa che aveva bisogno di interventi massicci, speciali, ben prima
dell’arrivo del Covid19 e dei problemi che con esso si sono acuiti
ulteriormente.
La Azzolina sta dimostrando di essere molto più vicina a rappresentare quelle
forme di autocelebrazione, a partire dalle pretese competenze, peraltro (non
scherziamoci su troppo!) di una “dilettante alle prime armi”, di esperienza ben
difficile da essere credibile, molto più assimilabile a quelle di Ministre come
la Moratti o la Gelmini, assai lontane da quelle di Ministri come Berlinguer o
Di Mauro. Insomma, dimostri l’umiltà “vera” reale, di essere in grado di
affrontare le emergenze, riconoscendo i suoi limiti culturali, storici.
Basterebbe intanto far riferimento alla forza politica cui appartiene, quel
Movimento 5 Stelle che ha fondato la sua forza sulla critica non sempre
puntuale ma in ogni caso in grado di coinvolgere le masse e che è cresciuta
essenzialmente sulla critica all’establishment consolidato. Uno dei motivi
principali della disaffezione progressiva dell’elettorato verso quel Movimento,
evidenziata dai frequenti sondaggi, è proprio l’abbandono – altrettanto
progressivo – della opposizione alla politica di mestiere che i suoi Ministri
stanno praticando. In realtà, l’Azzolina sta ogni giorno di più mettendo in
mostra una modalità molto vecchia – non di certo alternativa – di far Politica.
Questa omologazione sta producendo disastri, facendo crescere il consenso a
favore delle Destre, che in realtà senza troppa fatica acquistano forza, nel
mentre si riducono proprio quelli del Movimento 5 Stelle.
Questa mia attenzione verso il Ministero della Pubblica Istruzione è legata
essenzialmente al ruolo che assegno a quel dicastero, che si occupa di
costruire il futuro, il nostro e soprattutto quello dei nostri figli e dei
nostri nipoti. Ne parleremo? Sì, certo, ne riparleremo.
Estate
2020 – parte 1 La preparazione: un piccolo necessario vademecum per le vacanze
“Forzata” ma produttiva e costruttiva: la sosta pandemica per
una parte, forse minima, di noi è stata così. Ora, il caldo…e l’abitudine ci
spingono a cambiare aria: si sceglie di non allontanarsi troppo ma allo stesso
tempo di non andare troppo lontano. La vacanza estiva ci impegna. Non può
essere casuale la scelta del luogo dove fermarsi. Abbiamo impegnato alcuni
giorni facendoci aiutare dalla nostra capacità di spippolare sul web; abbiamo
escluso alcuni luoghi dove ci eravamo già fermati in altre occasioni: negli
anni Settanta in un campeggio tra Donoratico e La California, che ancora adesso
è situato, anche se notevolmente ampliato e migliorato, subito dopo l’Oratorio
San Guido, celebrato dal Carducci, all’incrocio del lungo viale alberato da
2400 cipressi; in altre occasioni eravamo stati sulla Riviera della Versilia da
Livorno a Pisa, Marina di Tirrenia, a Viareggio, Camaiore, Pietrasanta e Massa
fino a Pontremoli per i miei impegni professionali. Ci eravamo fermati un po’
di più nuovamente a Donoratico negli anni Novanta insieme ai piccoli; ma, lo si
sa: quando i piccoli sono “piccoli” si vanno a cercare luoghi adatti per loro,
come parchi gioco ed attività ludiche, e poi si sta sulla spiaggia a costruire
castelli di sabbia e la sera si va a dormire aspettando che l’alba sia poi
serena.
Per quest’anno pensavamo sin dall’inizio a luoghi tranquilli come Campiglia e
Massa, entrambe “Marittime” ma, in contrasto con il nome, collinari ed
abbastanza lontane dalla costa. E così con l’aiuto del web e di un tam tam
amichevole ci siamo mossi. Il web ci suggeriva alcune proposte tra Venturina,
Cafaggio, Castagneto Carducci, Suvereto e Massa Marittima con incursioni verso
l’interno, fino a Sassetta: quest’ultima, scartata proprio per una collocazione
ben distante dal mare, forse più adatta agli amanti della montagna e dei bagni
termali, rimanevano per l’appunto Venturina, Campiglia e Massa che, pur essendo
lontana, ci attirava dal punto di vista ambientale. Una nostra cara amica ci
proponeva Campiglia e ci fornì un contatto telefonico.
Posti insieme le indicazioni telematiche e quelle “amicali” avviammo i
contatti. Sul web funzionano i siti dedicati a “Case vacanze, affitti temporanei
estivi e non”. La maggior parte di questi afferisce a dei motori di ricerca
(trivago, housetrip, holidu, casavacanza e altro) che tuttavia non ti
consentono in generale di renderti conto a pieno della validità – e veridicità
– delle proposte ed inoltre non permettono ai proprietari di entrare in
contatto con i clienti (a meno che il contratto non preveda un pagamento a
monte per l’iscrizione e la pubblicazione). Proprio per evitare sorprese (le
più varie: una truffa in piena regola; una collocazione inappropriata rispetto
alla proposta, per esempio un luogo rumoroso per chi cerca tranquillitù e
quiete; un ambiente inadeguato ai bisogni, come per esempio due camere da letto
al posto delle tre pubblicizzate) e vista la distanza non siderale per noi che
stiamo a Prato dopo aver visitato molti siti scegliamo alcune proposte e dopo
aver lasciato i nostri recapiti di posta elettronica e telefonici poniamo
quesiti sperando che i proprietari si facciano vivi.
Estate
2020 parte 3. La partenza per la ricognizione
…e sì! A quarantotto ore da venerdì 5
giugno le previsioni meteorologiche ci dicono che il tempo non sarà dei
migliori. E’ la stessa signora Patrizia che ci consiglia di prorogare di un
giorno la nostra visita: peraltro lei non ci sarebbe, mentre invece sabato 6,
sì, è bel tempo e lei sarà a Campiglia. Per diversi buoni motivi, il primo dei
quali è che non pensiamo di trattenerci due giorni telefono alle due “signore”
con cui abbiamo interloquito, entrambe di Venturina e riesco, anche se con fatica
e con qualche lieve punta di sospetto da parte loro, a differire il nostro
sopralluogo.
Peraltro di sabato nostro figlio non sta quasi mai a casa: già il venerdì sera
è via e quindi di buon mattino ci avviamo prendendo la Firenze-Mare. Come di
consueto abbiamo preparato qualche panino e dell’acqua, che potrebbe esserci
utile (“potrebbe”, perché quasi sempre nell’ansia e nella furia di vedere il
mondo, con ciò che è nuovo e ciò che è cambiato, soprattutto i panini fanno
ritorno a casa e vengono consumati solo allora), una cartina stradale 1:500.000
e la classica Guida rossa del Touring Club Italiano della Regione Toscana.
Google Maps non ci è molto utile nella prima fase: la direzione la conosciamo
ed è quella verso Pisa Nord. Da lì poi si devia verso Livorno – Grosseto fino
al casello di Rosignano dopo il quale si procede dritti per l’Aurelia fino a
Venturina-Campiglia Marittima. L’impegno è quello di chiamare a telefono le due
signore per concordare l’appuntamento una mezzora prima. Il viaggio prosegue liscio
fino ad un chilometro dal casello: la fila è annunciata come lunga; non avevamo
fatto il conto sul fatto che di sabato benchè sia nei primi giorni del mese di
giugno qualcuno più che nei giorni lavorativi si sposti verso il mare, verso
l’imbarco per l’Elba (il porto più vicino e quindi più conveniente è quello di
Piombino non quello di Livorno). Poichè da sempre non utilizziamo nè tessere
come Viacard nè tantomeno carte di credito (ci limitiamo ad una debit card e
fatichiamo a ricordarci il pin) o Telepass dobbiamo fare la fila, che negli
ultimi tempi è ancora più lenta ad essere smaltita perché con il Covid19 hanno
ridotto al minimo – fino ad arrivare alla totale cancellazione – la presenza di
addetti alla rscossione del pedaggio. Pertanto non è infrequente trovarsi di
fronte a dei rallentamenti all’uscita per le varie difficoltà connesse al
pagamento del pedaggio (incomprensione dei messaggi, rifiuti tecnologici,
inconvenienti vari). E puntualmente qualcuno di questi problemi coinvolge uno o
più autoveicoli e ci si pianta lì per minuti e minuti, ingrossando le file.
Lasciamo la E80 e iniziamo l’A1, l’Aurelia, la nuova (la vecchia SP 39 scorre
più o meno sempre al fianco della nuova, incrociando però centri abitati a
volte anche affollati) che scorre dritta e ci porta velocemente verso Cecina,
La California, dopo cui incrociamo il tempietto di San Guido e il filare di
cipressi che porta a Bolgheri, Castagneto Carducci mare, Donoratico fino a San
Vincenzo all’annuncio della cui uscita abbiamo un attimo di sbandamento: c’è
scritto “Venturina”. Ci fermiamo e consultiamo per la prima volta la cartina e
comprendiamo che certamente uscendo si arriva a Venturina ma è solo la prossima
quella che arriva direttamente in città.
ESTATE
2020 – parte 4 – arrivo a Venturina (per la parte 3 vedi 13 settembre )
Prima di uscire, però, ci fermiamo ad un Autogrill per alcune
operazioni “fisiologiche” ma soprattutto per sentire le nostre interlocutrici
proprietarie di appartamenti. Avevamo già fissato per le 10.00 circa con una di
loro; l’altra ci aveva fatto comprendere che bastava avvertire perché si
rendesse disponibile. La terza persona l’avremmo vista nell’arco di tempo tra
la prima e la seconda. Decidemmo comunque di avvertire che eravamo a pochissimi
chilometri dall’uscita di Venturina, rassicurando che non ci sarebbero stati
nuovi impedimenti.
Venturina è un piccolo borgo disteso nella pianura da cui poi si
sale a Campiglia Marittima. E’ infatti, pur avendo la prevalenza numerica della
popolazione complessiva, solo una frazione di quella cittadina che è a 232
metri sul livello del mare. Venturina proprio perchè alle pendici del Comune
più importante si avvale di alcune fonti termali, due delle quali sono rinomate
non solo tra i territori della Maremma ma anche fuori da questi. Il complesso
più importante, che personalmente conosciamo da alcuni decenni, essendoci stati
con i figlioli ancora piccoli una ventina d’anni or sono, è il Calidario. Si
tratta di un complesso di vasche termali e di una serie di residence che si trovano
proprio alle pendici del territorio del centro storico di Campiglia,
prevalentemente medievale. Accanto a queste poco distanti ci sono le Terme di
Venturina, una struttura moderna con vasca enorme ed anche in questo caso con
la possibilità di trovare ospitalità nell’Hotel omonimo. Al di là della strada
principale, Via delle Terme, un tratto dell’Aurelia Nord, vi sono due laghetti
che possono, nelle ore più calde della giornata, ristorare il turista che non
voglia utilizzare le spiagge, che distano poco meno di un chilometro in linea
d’aria, di cui poi parleremo.
Venturina, lo impariamo subito in modo diretto, è così chiamata
perché vi battono i venti in modo anche intenso e piacevole durante l’estate,
smorzando così il senso d’afa. In modo indiretto ce lo confermano anche le
persone che incontriamo. Quando arriviamo è ancora fresco e ci lasciamo
accompagnare dal navigatore cellulare. Ci sono delle attività di trasformazione
alimentare, come la PETTI: ci passiamo accanto. E poi dopo aver superato la Caserma
dei Carabinieri, girando a destra lasciamo a sinistra il Corso principale del
paese. A trecento metri il congegno elettronico ci dice di girare a sinistra,
anche se i cartelli non indicano tale possibilità ma vediamo che altri prima di
noi vi accedono. A destra c’è la Conad ed un centro commerciale modernissimo ma
veniamo sospinti a girare a sinistra alla rotonda e procediamo diritto,
costeggiando il Parco della Fiera. Lungo tutto il percorso il muro perimetrale
del lungo Viale è adornato con una serie di ritratti che grandi artisti
contemporanei hanno dedicato a grandi donne della Storia.
….4…
ESTATE 2020 – parte 5.
Ci fermiamo per osservarle. C’è Alda Merini, Margherita Hack, Fernanda
Pivano, Frida Khalo, Malala, Maria Callas, Maria Montessori, Marie Curie,
Monica Vitti, Bebe Vio, Madre Teresa di Calcutta, Tina Anselmi, Nilde Iotti,
Samantha Cristoforetti, Mina, Rita Levi Montalcini, Rosa Ballistreri, Rosa
Luxemburg, Rosa Parks e tante altre: in tutto 54 ritratti, che mi fermo a
riprendere.
E’ una Mostra permanente realizzata nell’ambito della collaborazione tra il
Comune di Campiglia e l’Accademia di Belle Arti di Firenze con il titolo
“CampigliAccademia, giovani artisti e committenza pubblica”. Il titolo è
“Fiera!” e con esso si sottolinea la straordinarietà delle figure femminili di
cui l’umanità deve essere orgogliosa.
La Fiera è ancora chiusa, deserta: la pandemìa ha fermato tutte le
operazioni di conoscenze e di scambio intorno ai prodotti, locali e non
solo, di artigianato, industria, commercio e
agricoltura. L’ingresso principale è spalancato ed il piazzale è vuoto.
Subito dopo c’è la sede del Comune davanti alla quale fa bella mostra una
installazione complessa in bronzo che ricorda proprio il mondo del lavoro.
Abbiamo già un appuntamento fissato: il desiderio è di fermarsi per osservare
ma proseguiamo affidandoci alle mappe elettroniche, che in modo straordinario
stanno funzionando. Passiamo anche accanto alla deviazione per Campiglia, la
superiamo e superiamo anche quella per il Calidario. Imbocchiamo una stradina
collinare che ci conduce ad un fronte chiuso, oltre il quale ci sono uliveti.
La voce del dispositivo ci dice che “siamo arrivati a destinazione”. Ed in
realtà, usciti dall’auto, vediamo una giovane donna in un giardinetto che,
avendo intuito (come peraltro noi) il motivo del nostro arrivo (d’altra parte
in quella strada non c’è molto movimento umano), ci sorride e ci saluta, da noi
pienamente ricambiata. Un’appassionata di giardinaggio non può non palesarsi
che in tuta da lavoro e con un rastrello, con il quale sta raschiando il
terreno, un po’ disordinato, e capiremo subito il perché. E’ una villetta un
po’ trascurata, forse per qualche tempo (uno o due anni) abbandonata, composta
da un seminterrato, che non vedremo, perchè non disponibile per l’uso da noi
richiesto, da un piano rialzato che è suddiviso in due porzioni abitative ed un
primo piano. A noi interessa una delle porzioni del piano rialzato, quella che
contiene due camere da letto o comunque la possibilità di almeno quattro posti
letto. La padrona di casa è molto cortese e ci spiega perchè mai nella proposta
di affitto si parla di “Villetta con giardino “LE TARTARUGHE””, facendocene
incontrare alcune lungo il cammino che porta all’ingresso riservato
all’appartamento: sono lì tranquille a consumare foglie di insalata. Ci
accompagna precedendoci verso l’ingresso che è posto sul retro del fronte strada
dove c’è anche uno spazio semicoperto dove poter organizzare, all’occorrenza,
pranzi e cene, colazioni e merende con barbecue e forno. Il resede è dotato
anche di tavoli e sedie sotto un piccolo pergolato. All’appartamento si accede
attraverso pochi scalini. Dalla porta si accede subito allo spazio cucina,
collocato in un vano corridoio, piccolo sì ma adatto di certo ad una sosta
breve pur di un mese intero. Di sicuro, ben inserito per poter servire chi
volesse utilizzare gli spazi esterni per i momenti conviviali.
ESTATE 2020 – ancora a giro per Venturina – parte 6
Ci complimentiamo per lo spazio ed anche per la cura
per la Natura che si intravede anche nella presenza di nidi, probabilmente di
“merli”, nelle vicinanze degli arredi del giardino, che stanno a
dimostrare la loro tranquillità in un luogo – come detto prima – un po’ fuori
dai traffici urbani. Ad ogni modo, vogliamo vedere anche le altre proposte e
dunque “Le faremo sapere” salutando la giovane proprietaria che ci aveva
accompagnato nell’appartamento ben arredato e confortevole.
Prima di ripartire ci accertiamo che la proprietaria
dell’altro appartamento di Venturina sia già in loco.
Avuta la conferma, con l’indicazione del luogo da
raggiungere, impostiamo il dispositivo Google Maps e ripartiamo. La signora ci
rassicura che, non appena sarà in sede, ci invierà un messaggio su whatsapp.
In pratica facciamo una parte della strada che avevamo
percorso: incrocio del Calidario, sede periferica del Comune e Fiera. Infatti
parcheggiamo proprio nello spazio dove – ci dice la signora – si svolge ogni
venerdì il Mercato cittadino.
Siamo a due passi dal Corso centrale della cittadina,
via Indipendenza. Ed essendo arrivati con un certo anticipo rispetto a quanto
prefissato ci allunghiamo per un rapido sopralluogo. Molto rapido, anche perché
eravamo appena all’imbocco e c’è arrivato il messaggio.
L’appartamento è in una palazzina meno agreste
rispetto a quella che abbiamo visto prima. E’ al primo ed ultimo piano. Si
salgono una trentina di scalini dopo essersi inoltrati nella parte tergale dove
c’è un altro appartamento, più piccolo rispetto a quello che abbiamo opzionato,
al quale si accede per uno spazio giardino ampiamente usufruibile ma di
pertinenza escusiva di quel locale. La signora ci attende alla porta
superiore e ci accoglie con un sorriso prontamente coperto dalla mascherina.
Ormai siamo abituati a questo modo di sopravvivere: la chiamano “resilienza”.
Anche noi caliamo la “maschera” dopo aver risposto al saluto anche con un
gesto della mano. L’appartamento è stato a tutta evidenza rimesso a nuovo da
poco tempo e non è stato molto utilizzato. Dall’ingresso si procede in un ampio
vano corridoio plurifinestrato con doppi vetri e persiane nuove e moderne. Di
fronte alle finestre si aprono una cameretta che accede ad una parte
esterna ed un ampio bagno finestrato. In fondo poi si accede alla camera da
letto matrimoniale che affaccia anch’essa sul terrazzo. In fondo, seminascosto
da un drappo, un grande ripostiglio areato da un ampio finestrone.
Ritornando verso l’ingresso, e girando a destra (a
sinistra, entrando) si accede al salotto, molto spazioso e luminoso, dove ci
sono anche due divani-letto matrimoniali. Da questo attraverso una porta
finestra come quella della camera da letto grande si esce sul terrazzo, che è
spaziosissimo e utile per i momenti conviviali. La cucina è minimale: uno
spazio angusto che a tutta evidenza è destinata ad un uso limitato. C’è frigo,
cucina e forno; lavello e scolatoio con una piccola dispensa: quel che dovrebbe
bastare per una famiglia che preveda di utilizzare solo casualmente la cucina.
Non è la nostra famiglia, mi vien da pensare. Siamo abituati a trascorrere
parte importante della giornata “ai fornelli”. Esprimiamo questo nostro
personale rilievo. Ma, in generale, pur se diverso dall’altro, questo
appartamento ci sembra meglio adatto per poter ospitare amiche ed amici, oltre
i nostri figli.
ESTATE 2020 – dopo
Venturina su per Campiglia – parte 7 (per la parte 6….)
Ed è inoltre molto vicino a quello splendido carosello di
ritratti di “donne celebri”. Ed è vicino al Corso principale, via Indipendenza.
A pochi passi ci sono ben tre Supermercati; ma, salutando la gentile signora,
“Le faremo sapere”, diciamo anche a lei, come all’altra poco prima,
e “Ci attendono su a Campiglia Marittima verso le undici” guardando l’orologio
che ormai implacabilmente ci avvertiva di essere in, pur lieve, ritardo.
Per Campiglia la strada da imboccare è poco distante da lì.
Mentre saliamo su per i tornanti e la vista sulla pianura si allarga a
dismisura fino a spingersi oltre le rive del mare da una parte della lunga
spiaggia di Rimigliano con il promontorio di Baratti e Populonia, verso alcune
isole dell’Arcipelago, come Capraia e Gorgona ed in lontananza la parte estrema
settentrionale della Corsica est e dall’altra oltre Piombino. Intanto Mary
chiama la signora Patrizia, ma il cellulare non sembra funzionare. Mi viene in
mente di richiamare la nostra amica di Prato che ci aveva dato l’indicazione
per Campiglia; ci fermiamo in un varco su per i tonanti e mentre ammiriamo il
paesaggio la chiamo. Mi conferma che spesso mentre ci si muove per le stradine
del borgo alto non si agganciano le linee; mi dice che cercherà Patrizia perché
a volte è da un’amica. Dopo due minuti mi invia un messaggio su whatsapp:
“Giuseppe chiama Patrizia perché ti sta chiamando ma scatta subito la tua
segreteria telefonica….” e poi mi dà l’indirizzo ” è sotto casa in strada”.
Decidiamo di muoverci da dove siamo e di salire fino a su.
Arriviamo su e cerchiamo un parcheggio; nel mentre leggendo
delle indicazioni ricordo che a Campiglia c’è anche un Campeggio, che qualche
anno fa era gestito da una mia ex collega. Ma non c’è tempo per fermarci.
Troviamo un parcheggio libero sotto la Rocca subito dopo la Stazione dei
Carabinieri. Riprovo a chiamare Patrizia e questa volta sono più fortunato.
Scopro che nel paese non è sempre facile il collegamento dei servizi
telefonici, ma Patrizia finalmente è in linea e ci dà le indicazioni giuste per
raggiungerla.
C’è dal parcheggio una lunga ripida scalinata. Utilizziamo il
corrimano per aiutarci a percorrerla. Sulla sommità c’è una piazzetta sulla
quale si trova il Teatro dei Concordi. Da quella si accede nel cuore di
Campiglia attraversando una delle porte della Campiglia antica. E’ la via
Buozzi che sale lievemente verso la Piazza del Mercato che si trova in alto a
destra salendo: in una cornice teatrale rialzata e contornata da scalinate
fiorite c’è uno spazio utilizzato come esterno di un bar. Attraversando un
ultimo àndito ci ritroviamo nella piazza principale ricca di vitalità e di
luoghi adatti alla socialità, Piazza della Repubblica. E’ l’ora dell’aperitivo
prima del pranzo. Patrizia ci ha dato indicazioni e ci attende: non possiamo
fermarci. Ci inerpichiamo per un’erta: è una stradina lastricata con grandi
massi lisci che dovrebbero essere anche scivolosi nella stagione della pioggia
e della neve; infatti ci sono dei corrimano da un lato che aiutano a non
caracollare soprattutto in discesa. “Vedrete due cani sulla porta!” aveva detto
la signora Patrizia. E infatti di lì a poco al numero civico che ci aveva
indicato abbiamo intravisto le sagome dei due cani, che in modo corretto ci
hanno salutato con un timido abbaio di ordinanza.
ESTATE 2020 Parte 8 – Campiglia
Timidamente e condizionati dalla presenza canina, abbiamo
suonato alla porta e Patrizia dall’alto di una scala interna ci ha detto di
salire. Ci mostra l’appartamento e ci anticipa che ad ogni modo non intende
affittarlo: ci verrà lei: anche a causa della pandemìa, quest’anno,
diversamente dal solito, a luglio non andrà all’estero. Ci mostrerà poi un
altro appartamento di un suo amico. In realtà avevamo capito che per luglio
sarebbe stato disponibile e siamo in qualche modo delusi anche se non lo
lasciamo intravedere. Dal soggiorno si gode una straordinaria vista su tutta la
pianura. Ad ogni buon conto, anche se l’appartamento è di certo collocato in un
contesto davvero affascinante, guardandoci negli occhi, io e Mary, ci
comunichiamo un certo imbarazzo ed un segreto sospiro di sollievo. In realtà,
un po’ ci aveva spaventato l’idea di dover percorrere tutti i giorni quei
tornanti con l’auto e quelle stradine scoscese a piedi, semmai con bagagli e
varie borse delle spese alimentari che di solito sono abbondanti.
Patrizia ci mostra gli altri ambienti: l’appartamento è un
insieme di camere che si innestano su un corridoio formato da una doppia
scalinata interna: si tratta di un terratetto ed in qualche modo più che le
tipologie toscane a me ricorda ambienti mediterranei, come quelli della mia
isola, Procida. Sarà perché da lì lo sguardo si spinge verso il mare, lo stesso
nel quale ho navigato per tanti anni sin dalla prima infanzia, il Tirreno.
Lo dico alla padrona di casa e i miei occhi luccicano di
malinconia.
Patrizia, però, vorrebbe non deludere quelle che giustamente
considera le nostre aspettative: ci propone di visionare un altro appartamento
poco distante. Lasciamo i due cani a far da guardia alla casa: le porte sono
aperte proprio come nelle abitazioni isolane a mia memoria – anche se forse nel
tempo questa abitudine è andata a modificarsi. Ci spostiamo di un centinaio di
metri poco più in giù in una stradina parallela. L’abitazione è molto più
angusta e poco luminosa (non c’è lo stesso affascinante affaccio della casa di
Patrizia), anche se ben arredata con il segno della Cultura: ci sono tanti
libri. Apprezziamo proprio questa caratteristica, rivelando che tuttavia non
può essere per noi: a stento ci staremmo Mary ed io.
Patrizia comprende e decide di sentire una sua amica, che
possiede altro immobile. Nel mentre cerca di contattarla, usciamo per
recuperare i due amici custodi della casa. Insieme a loro ci spostiamo verso la
piazza e ritorniamo in Piazza del Mercato, dove ci lascia con i due cani, i cui
guinzagli vengono legati ad uno di quegli anelli che verosimilmente in un borgo
agreste come Campiglia servivano a legare le cavezze degli equini, e si
inoltra in un vicolo per poter contattare in modo diretto l’amica, che
non si riesce a rintracciare a telefono.
I due cani sono molto diversi tra loro e solo uno appare
innervosito dai vari passaggi di altri cani al guinzaglio dei loro padroni;
l’altro appare quasi infastidito da quell’atteggiamento.
ESTATE 2020 – parte 9 – Campiglia con
Carol e Cloe
Cloe e Carol, sono due femminucce. Cloe
è mediamente alta ed è un border collie molto tranquillo; Carol è invece una
bastardina simpaticissima ma nervosetta. Non appena passano altri cani ringhia
e abbaia. Cloe è del tutto disinteressata a questi riti. Una delle signore che
passeggia con un canino minuscolo anch’esso partecipe della cagnara se lo
prende in collo e si avvicina chiedendoci lumi sulle nostre provvisorie amiche.
Spieghiamo all’incirca che non sono nostre e poi in modo per noi
involontario intavoliamo un dialogo e veniamo con grande precisione di dettagli
a conoscenza della “vita” e degli “amori” della “signora” che poi, anche
probabilmente perchè era riuscita ad intuire che non ce ne importava proprio
nulla, va via poco prima che Patrizia facesse ritorno.
In realtà veniamo a sapere che l’amica
non possedeva ma gestiva un altro immobile, ma non aveva in quel momento le
chiavi. Esprimiamo in modo un tantino più chiaro quelle nostre perplessità non
tanto sugli immobili (quello di Patrizia ad esempio è stupendo) quanto sulla
impervietà del sito. Ma, lo confermiamo a Patrizia, il luogo è affascinante ed
accettiamo l’invito a visitarne altre parti. Raccontiamo a Patrizia
dell’incontro con la signora e le chiediamo perché mai Carol è sempre così
timorosa ed agitata. E Patrizia ci racconta la storia di quella cagnolina, di
come e quando l’ha adottata. Attraverso contatti sui social aveva saputo di
quella cagnetta ed era stato amore a prima vista. Era stata abbandonata sotto
un cavalcavia all’altezza di Giarre sulla strada che porta da Messina a
Catania. Aveva notato dal video che somigliava tantissimo alla sua Carol,
un’altra bastardina venuta meno qualche giorno prima per vecchiaia. Era stata
una sua compagna fedele e dolcissima e vedere una sua sosia le fece immaginare
che fosse un segno del destino con una sorta di metempsicosi animale. aveva
contattato subito il recapito del Centro di raccolta randagi di Giardini Naxos
ed aveva subito fissato un appuntamento. “Bella, questa storia!” “E’ per la
paura di poter essere nuovamente abbandonata, che ha questo modo falsamente
aggressivo. In realtà è buonissima, dolcissima” e Patrizia continua ad
accarezzarla con affetto.
Tutti insieme ci avviamo verso la Rocca; occorre ovviamente salire ma Patrizia
ci conduce per strade meno impervie, vicoli suggestivi. A metà strada in uno
dei vicoli un po’ più larghi ci attende uno strano incontro.
A metà percorso ed al centro della
stradina lentamente si muove verso di noi un gatto nero chiaramente minaccioso.
Viene in mente “una lonza leggera e presta molto” ma non siamo all’Inferno.
Cloe e Carol procedono con eccessiva prudenza, quasi fingendo di non vedere,
tenendosi a distanza dal soggetto che a tutta evidenza giudicano pericoloso. Il
gatto in posizione di attacco con la coda ritta non si sposta dal centro e
segue con gli occhi furenti il nostro passaggio. “Siamo salvi!” penso tra me e
me, superato il rischio, ma la bestia ci segue con gli occhi e con il passo
felpato. Svoltiamo per una nuova stradina che si inerpica verso la Rocca. Prima
di rigirare nuovamente per un altro tratto mi giro a controllare e noto uno
degli occhi del felino che si affaccia a verificare da parte sua se il pericolo
è scampato, se gli intrusi si sono allontanati. “Ciao ciao, simpatico
micione!”.
10.
La Rocca di Campiglia è una straordinaria imponente struttura
altomedievale dalla quale si domina l’intero territorio della provincia di
Livorno. Patrizia rimane giù con Carol e Cloe e noi saliamo su per le scale
metalliche per poter osservare il vasto panorama. Fa caldo ed è quasi l’ora del
pranzo; noi pensiamo di fare una rapida merenda, in qualche pizzeria. Invitiamo
anche Patrizia, che declina, aggiungendo che ha fatto colazione molto tardi e
che mangerà qualcosa di leggero intorno all’ora del tè. Scendiamo insieme verso
il parcheggio, percorrendo una strada che è contornata da ampie siepi di
lavanda fiorita che sprizza un intenso profumo. Ne strappiamo un rametto per
appropriarci di quella fragranza. Patrizia si ferma in un negozietto di generi
vari che sta per chiudere: non so di cosa abbia bisogno, ma ci saluta con la
promessa di un “Arrivederci!”. Ricambiamo anche con un sorriso verso le
due simpatiche cagnette.
Ritorniamo verso Venturina. Prima di salire su avevamo
adocchiato una pizzeria, mentre attendavamo l’arrivo della seconda proprietaria
ed eravamo lungo via Indipendenza. Ci fiondiamo là direttamente ed è proprio
per un pelo che la troviamo aperta. Prendiamo un paio di tranci e due birre e
non potendo trattenerci al tavolo ci muoviamo sempre con l’auto verso un Parco
vicino, intravisto su Google Maps. Ci sono anche dei tavoli per picnic e
accanto due laghetti. L’acqua è calda e proviene dalle zone termali, il
Calidario e l’Hotel delle Terme Caldana. Un posto meraviglioso pieno di
vegetazione tipica – soprattutto canneti e rovi – e con una fauna molto ricca,
non solo avicola ma anche ittica che si sviluppa lungo le canalizzazioni. Il
clima è ottimo e si sta davvero bene. Ma abbiamo l’intento di vedere altri
appartamenti. In realtà non siamo riusciti a contattare preventivamente altri
proprietari o, meglio, così come già esposto nella prima parte di questo blocco
dedicato all’Estate 2020 (quella del Coronavirus 19), ci abbiamo provato ma non
è stato facile, anche perché gli annunci si riferiscono a portali immobiliari
che non consentono un contatto diretto.
Decidiamo dunque di spostarci verso la costa, che non dista in
linea d’aria più di un paio di chilometri. Ci spostiamo a naso orientandoci in
modo un po’ artigianale e ci ritroviamo in mezzo ai campi senza più una
certezza. Riprendiamo lo strumento elettronico che ci dia una migliore resa e
così prendiamo una strada molto diritta che passa prima davanti agli
Stabilimenti di produzione Petti e poi da un lato e dall’altra grandi
appezzamenti di terra coltivati a pomodoro targato con lo stesso marchio.
Usciamo sulla strada provinciale principale della Principessa
(il riferimento è alla Principessa di Lucca e Piombino sorella di Napoleone,
Elisa Bonaparte Baciocchi). Collega San Vincenzo a Piombino. Giriamo prima a
sinistra e poi a destra per entrare nella località Baratti. In realtà non
abbiamo fissato alcun appuntamento né tanto meno avevamo adocchiato qualche
proposta. E, poi, a Baratti non vi sono molti insediamenti abitativi:
bisognerebbe salire su a Populonia, ma anche quel borgo è piccolissimo.
Percorriamo un quattrocento metri e giriamo a destra per andare verso la
spiaggia sulla costa che è straordinariamente incantevole, ancor più per noi,
gente di mare.
11.
Eravamo stati già un paio di altre volte a Baratti; in una di queste
avevamo anche partecipato ad una visita guidata agli insediamenti archeologici
etruschi, una classica necropoli (della civiltà etrusca poco più si conosce e
molti riferimenti di tipo sociale ci appaiono dalle urne e dagli arredi
funerari); in quell’occasione eravamo in campeggio tra Donoratico e Marina di
Bibbona e approfittammo di una serie di proposte riservate ai “turisti” per
conoscere meglio la zona: non eravamo ancora diventati “toscani” e la
ricognizione estiva serviva anche a cercare un nido più caldo e accogliente.
Avevamo in quel tempo per un po’ pensato di trasferirci a Volterra, dove
eravamo stati in un’altra escursione, tanto ci era piaciuta.
Non c’è tempo per ripetere quella visita nè di salire su verso Populonia
dove da qualche anno, dopo che ci si era stati solo per una visita lampo al
minuscolo borgo, ci sono stati dei ritrovamenti di epoca romana di notevole
interesse. “Ci ritorniamo più in qua” ci siamo detti, andando poi a piedi verso
la spiaggia attraverso la pineta. Ci colpisce un’indicazione di tipo turistico
che indica di proseguire sulla destra delle dune per un sentiero abbastanza
ampio. “Casa Saldarini” c’è scritto. Non se ne ha cognizione; in nessuna guida
viene riportata; ma la curiosità, anche se il tempo stringe, è molta e ci si
addentra. In fondo, dopo alcune casette tipicamente turistiche estive, c’è un
recinto un po’ più alto ed elegante. Ci avviciniamo e su una delle ante del
cancello di metallo c’è un’altra insegna: “Casa Dinosauro” c’è scritto.
Attraverso le inferriate del cancello si intravede una struttura a dir poco
originale. Ci sono anche dei manufatti abitativi a palafitte ed alcuni
spazi coperti da una sorta di manto preistorico con scarse aperture. Ad aver
tempo sarebbe bello visitarlo, ma rinunciamo attendendo altri giorni più lunghi
e liberi. E’ ad ogni buon conto una sorpresa e qualcosa che non si conosce.
Tornati sulla piazzetta di fronte al Golfo salutiamo il mare e riprendiamo la
navigazione via terra. Torniamo sulla strada principale, quella detta della
Principessa, andando verso sinistra (a destra si va verso Piombino, ma abbiamo
idea di ritornarci un altro giorno) percorrendo tutta la strada che attraversa
il Parco naturale costiero di Rimigliano ricchissimo di elementi sia faunistici
che floristici e che arriva nel cuore del centro di San Vincenzo. Abbiamo
escluso di cercare qui un appartamento; troppo affollato ed in questo tempo di
pandemìa non ci sembra del tutto adatto: detta così non è neanche vero,
perchè non ci è mai piaciuto stare nel carnaio.
Ed è così che alla prima rotonda che ci riporta verso l’Aurelia svicoliamo.
La nostra idea è andare all’interno: verso Castagneto Carducci. Un luogo,
anche questo, alto da cui dominare il paesaggio. C’eravamo stati in un paio di
altre occasioni, in una delle quali avevamo soggiornato con i figlioli ancora
molto piccoli a Marina in un appartamento circondato da alti pini e dalla
macchia mediterranea. Il mare non ci era molto piaciuto: troppo alto ed
insidioso. Ma di sera si giravano i borghi dove fervevano proposte culturali di
un livello più che dignitoso.
ESTATE 2020 – parte 12 Castagneto
Subito dopo aver lasciato San Vincenzo proseguiamo lungo l’Aurelia vecchia;
scarso è il traffico: per fortuna. E sì, perché dopo un paio di chilometri ci
si trova di fronte ad uno di quegli spettacoli della Natura inatteso. Una
famiglia di cinghiali, mamma babbo e sei piccolini transitano in fila indiana.
Li vediamo abbastanza in tempo, e quasi certamente anche grazie alla bassa
velocità “turistica” con cui ci si muove rallento inserendo il lampeggiante per
segnalare la forzata sosta ai veicoli che seguono. Sono rapidi anche se la
sfilata è davvero una bella sorpresa, che da sola varrebbe un viaggio.
Dopo altri pochi chilometri rientriamo verso la collina girando a destra
per la Strada detta dell’Accattapane che porta alle falde del colle sul quale
si trova Castagneto. Qui non abbiamo appuntamenti e si conta sulla possibilità
di trovare qualche agenzia immobiliare aperta. Ci inoltriamo sulla strada che
costeggia il fianco meridionale dell’antico borgo e poi, prima che si innesti
la strada Provinciale 329 Passo di Bocca di Valle che porta verso Sassetta
saliamo fino al limite alla ricerca di un parcheggio. Una impresa perché non si
trova un solo posto libero. Torniamo indietro dove avevamo intravisto un varco
e riusciamo a parcheggiare. Attraversiamo il Viale Giovanni Pascoli ed entriamo
nel cuore di Castagneto. Adocchiamo subito un’Agenzia, che tuttavia è chiusa ma
c’è una indicazione telefonica. C’è il nome di una donna. Provo a chiamare
senza fortuna. Lascio tuttavia un messaggio. Proseguiamo il nostro percorso
turistico fino al Palazzo Comunale dove si celebra il grande poeta che visse in
questi luoghi nella sua fanciullezza. Davanti ad esso c’è una terrazza da cui
si vede il Corso Vittorio Emanuele, che con la presenza di molti esercizi
commerciali appare essere la parte più viva del paese. Mentre vi ci affacciamo
squilla il telefono: è l’agente immobiliare che ha ascoltato il mio messaggio e
ci chiede cosa si stia cercando. Un appartamento per il mese di luglio per
quattro, cinque persone. Ci dice che, sì, ha qualcosa, non tanto, qualcosa che
è rimasto, dice lei. Ci chiede quando lo si voglia vedere e, scoperto che siamo
già sul posto, si scusa di non poter essere immediatamente da noi ma farà di
tutto per arrivare tra una ventina di minuti. Noi abbiamo da girare ancora per
un po’, le diciamo, e così fissiamo di vederci proprio lì dove siamo, che è un
posto ovviamente ben identificabile.
A quel punto pensiamo sia opportuno accelerare perlomeno una visita
panoramica e ci inerpichiamo per le stradine fino alla parte inferiore del
Castello.
L’agente immobiliare è stranamente, al di là degli standard consueti,
puntuale, tanto che mi chiama proprio mentre si stava pensando di tornar giù
verso il Palazzo Comunale. Mi dice di non affrettarci, tanto il locale che
vuole mostrarci è a due passi e tra l’altro non ha ritirato ancora le chiavi
per accedervi; lo farà velocemente, dice, tanto l’Agenzia, anche quella, è
proprio lì a due passi.
…12…
ESTATE 2020 – Castagneto e ritorno a Prato – parte 13 e ultima
ESTATE 2020 – Castagneto e ritorno a Prato – parte 13 e ultima
ESTATE 2020 – Castagneto e ritorno a Prato – parte 13 e ultima
Ritorniamo davanti alla sede del Comune, dove c’è anche il busto del grande poeta vate, Giosuè Carducci, cui è dedicata la località. C’è ancora un po’ di tempo per scattare qualche foto prima che arrivi a bordo di una classica Vespa 50 della Piaggio la signora con la quale abbiamo interloquito, responsabile dell’Agenzia immobiliare. Con piglio sicuro ci saluta ci dice che non aveva le chiavi in Agenzia ma che sa dove trovarle e subito dopo parte verso la meta (sembra avere molta più fretta di noi, che intanto ci siamo accorti che si va facendo tardi). Ci precede e prima di entrare in un negozio di orologiaio ci fa segno di attendere. Riemerge da questo immantinente con un mazzo di chiavi e si reca altrettanto rapida verso il portoncino adiacente. Dopo aver con sicurezza scelto tra le tante la giusta chiave lo apre. Siamo immediatamente colpiti da un tanfo di umidità. L’ambiente è trascurato, buio. Ma si tratta solo dell’ingresso. E’ a tutta evidenza disabitato da tempo, forse – ma non ne siamo certi – dall’estate scorsa (con il lockdown di sicuro non è stato possibile per tutti noi muoversi). L’appartamento che la signora ci vuole mostrare è al primo piano. Si sale su scale strette e buie. Quel che vediamo è un grande immobile con numerose stanze, che affacciano sia sul Corso principale sia dall’altro lato verso la vallata. La veduta è davvero incantevole, ma l’ambiente è polveroso, scostante per il disordine, la trascuratezza, poco incoraggiante anche per gli scarsi arredi. Più che un appartamento per vacanze, appare essere un immobile da ristrutturare e, soprattutto, rimettere. E’ financo troppo grande per le nostre pretese e sottolineiamo questo aspetto per non apparire ingiustamente scortesi verso la signora, che peraltro ci aveva anche preavvertito di non avere soluzioni adatte. Era l’unica rimasta a sua disposizione; a suo dire la domanda era stata molto superiore all’offerta: c’era un bisogno di evasione dalle angustie pandemiche ed una ricerca di ambienti più ampi e più sani, dato che il contagio in quelle zone non si era diffuso come era accaduto invece nei grandi centri della Toscana a Nord e ad Est.
Prima di salutarci ci fornisce però una ulteriore indicazione di un privato che “forse”, a suo parere, potrebbe avere una disponibilità.
Mentre ritorniamo all’auto che avevamo parcheggiato con difficoltà proviamo a chiamare, ultima chance, quel numero. Non risponde nessuno. Solo dopo qualche minuto, mentre siamo già in auto lungo una strada secondaria imboccata per errore che scende verso l’Aurelia, la persona ci richiama. Ci presentiamo, chiarendo di avere avuto il suo recapito dall’agente immobiliare e spieghiamo il motivo del nostro disturbo. Non ha più alcuna disponibilità; ci conferma anche lui che le richieste quest’anno sono state ben superiori a quelle dei precedenti. Salutiamo scusandoci per l’intromissione e ripartiamo. C’è davanti a noi uno splendido tramonto. Riprendiamo la nuova Aurelia per tornare a casa. Nelle prossime ore decideremo; quasi certamente sceglieremo una delle due proposte di Venturina. Campiglia, anche se non abbiamo potuto vedere l’appartamento che Patrizia ci voleva mostrare, è un po’ fuori mano. A Castagneto non c’era più nulla. Nelle altre località, Baratti e Populonia, non abbiamo nemmeno cercato. La giornata però è stata piena di sorprese e siamo certi che altre ci attenderanno a luglio.
Ritorniamo davanti alla sede del Comune, dove c’è anche il busto del grande poeta vate, Giosuè Carducci, cui è dedicata la località. C’è ancora un po’ di tempo per scattare qualche foto prima che arrivi a bordo di una classica Vespa 50 della Piaggio la signora con la quale abbiamo interloquito, responsabile dell’Agenzia immobiliare. Con piglio sicuro ci saluta ci dice che non aveva le chiavi in Agenzia ma che sa dove trovarle e subito dopo parte verso la meta (sembra avere molta più fretta di noi, che intanto ci siamo accorti che si va facendo tardi). Ci precede e prima di entrare in un negozio di orologiaio ci fa segno di attendere. Riemerge da questo immantinente con un mazzo di chiavi e si reca altrettanto rapida verso il portoncino adiacente. Dopo aver con sicurezza scelto tra le tante la giusta chiave lo apre. Siamo immediatamente colpiti da un tanfo di umidità. L’ambiente è trascurato, buio. Ma si tratta solo dell’ingresso. E’ a tutta evidenza disabitato da tempo, forse – ma non ne siamo certi – dall’estate scorsa (con il lockdown di sicuro non è stato possibile per tutti noi muoversi). L’appartamento che la signora ci vuole mostrare è al primo piano. Si sale su scale strette e buie. Quel che vediamo è un grande immobile con numerose stanze, che affacciano sia sul Corso principale sia dall’altro lato verso la vallata. La veduta è davvero incantevole, ma l’ambiente è polveroso, scostante per il disordine, la trascuratezza, poco incoraggiante anche per gli scarsi arredi. Più che un appartamento per vacanze, appare essere un immobile da ristrutturare e, soprattutto, rimettere. E’ financo troppo grande per le nostre pretese e sottolineiamo questo aspetto per non apparire ingiustamente scortesi verso la signora, che peraltro ci aveva anche preavvertito di non avere soluzioni adatte. Era l’unica rimasta a sua disposizione; a suo dire la domanda era stata molto superiore all’offerta: c’era un bisogno di evasione dalle angustie pandemiche ed una ricerca di ambienti più ampi e più sani, dato che il contagio in quelle zone non si era diffuso come era accaduto invece nei grandi centri della Toscana a Nord e ad Est.
Prima di salutarci ci fornisce però una ulteriore indicazione di un privato che “forse”, a suo parere, potrebbe avere una disponibilità.
Mentre ritorniamo all’auto che avevamo parcheggiato con difficoltà proviamo a chiamare, ultima chance, quel numero. Non risponde nessuno. Solo dopo qualche minuto, mentre siamo già in auto lungo una strada secondaria imboccata per errore che scende verso l’Aurelia, la persona ci richiama. Ci presentiamo, chiarendo di avere avuto il suo recapito dall’agente immobiliare e spieghiamo il motivo del nostro disturbo. Non ha più alcuna disponibilità; ci conferma anche lui che le richieste quest’anno sono state ben superiori a quelle dei precedenti. Salutiamo scusandoci per l’intromissione e ripartiamo. C’è davanti a noi uno splendido tramonto. Riprendiamo la nuova Aurelia per tornare a casa. Nelle prossime ore decideremo; quasi certamente sceglieremo una delle due proposte di Venturina. Campiglia, anche se non abbiamo potuto vedere l’appartamento che Patrizia ci voleva mostrare, è un po’ fuori mano. A Castagneto non c’era più nulla. Nelle altre località, Baratti e Populonia, non abbiamo nemmeno cercato. La giornata però è stata piena di sorprese e siamo certi che altre ci attenderanno a luglio.
ESTATE 2020 – puntata straordinaria (14)
Mentre pubblicavo queste riflessioni mi è capitato per ben due volte di ritornare in questo 2021 dopo la permanenza con l’intera famiglia nel mese di luglio del 2020 a Venturina.
Avevamo infatti poi scelto di soggiornare in quell’abitazione vicino alle strutture della Fiera. Inattiva per il lockdown e per le conseguenze successive ad esso, la Fiera mostrava con fierezza le sue “donne celebri” di cui ho parlato nel blocco 4 e 5 del 28 settembre e 10 ottobre u.s.
Della “casa” prescelta ho trattato il 31 ottobre u.s. Ci siamo stati bene ed abbiamo anche ospitato i nostri figli perlomeno per metà del tempo. In realtà era troppo grande per noi due, Mary ed io, ma l’abbiamo scelta anche perché ci faceva piacere condividerla con altri, amici e parenti. Nonostante il giudizio molto ma molto positivo (la consiglierei a chi fosse un po’ meno “zingaro” di noi) non ci ritorneremo, per il motivo unico che ho già in parte rivelato: siamo “esploratori” in modo quasi naturale e “primitivo”. Ci piace cambiare, sperimentare nuovi orizzonti, nuovi punti di vista, fino a quando ne avremo la possibilità. Già nel mese di luglio 2020 girando per le cittadine più vicine al mare (Venturina non dista molto da esso ed è luogo “centrale” per scegliersi poi la destinazione per una visita o per un tuffo) Mary ed io ci soffermavamo a scrutare le offerte sia di affitto che di vendita di qualche immobile; le nostre preferenze erano (e sono tuttora) orientate su piccoli quartierini anche per andarci nei mesi primaverili o autunnali tiepidi.
Il caso ha voluto che nostra figlia Lavinia abbia tentato, ai primi del mese di questo febbraio 2021, di prenotare la sua somministrazione di vaccino (ne aveva diritto pur essendo giovane perché temporaneamente in servizio come ricercatrice presso lo EUI di Fiesole) e nel momento in cui è entrata sul sito era disponibile il Centro vaccinale allocato presso i Padiglioni della SEFI proprio accanto alla Fiera di Venturina. Lavinia non guida pur avendo la patente e dunque il 14 di febbraio ho dovuto accompagnarla. Ci siamo muniti dell’autocertificazione (si era in zona arancione ed era interdetto lo spostamento fuori dai confini comunali: noi abitiamo a Prato e Venturina è in provincia di Livorno, nella parte più a sud di essa) e siamo partiti con qualche preoccupazione perché laddove ci avessero fermati avremmo dovuto comunque giustificare le ragioni ed il modo con cui si procedeva. Siamo stati però molto fortunati…e ligi al nostro compito. Dopo la somministrazione ci siamo semplicemente fermati a mangiare un panino che Mary aveva preparato e poi siamo ripartiti per tornare a casa.
Siamo poi tornati per il richiamo, ma stavolta è stato possibile anche andarci con Mary. E così qualche giorno fa il 9 maggio siamo ritornati a Venturina. Con alcune differenze: siamo in zona gialla, si può circolare senza doversi giustificare non solo fuori dal Comune ed in altra Provincia della stessa Regione e tra Regioni dello stesso livello di colore. Inoltre la sorpresa è stata non trovare molte delle effigi femminili lungo il perimetro esterno ai padiglioni di via della Fiera. Che fine hanno fatto? L’altra “sorpresa” è stata la possibilità di poter anticipare dalle 14 alle 12 l’inoculazione del vaccino e ciò ci ha consentito di fermarci a San Vincenzo per due passi sulla spiaggia, semivuota ma non troppo, e di pranzare al Ristorante “Lupo Càntero” seppure in un turno di primo pomeriggio ma non tardi, verso le 14. Vale la pena, il menù è straordinariamente ricco, esclusivamente di pesce; i gestori sono gentilissimi e la preparazione è accurata anche per il “senza glutine”. Non è fuori luogo aggiungere che si spende il giusto: e per tutti questi – e tanti altri – motivi, consiglio agli amici di farci una capatina, se vi trovate da quelle parti. Oppure, suvvia, andateci lo stesso!
21 luglio – reloaded di quattro anni fa (quando la nostra vita sembrava “normale”)
UN RACCONTO iniziato il 20 luglio e finito il 21 luglio 2017
E’ il 21 luglio, oggi. Ieri ho cominciato a scrivere un racconto-apologo sul concetto di “benessere” da qualche punto di vista diversificato.
Protagonisti due figure di mezza età che si incontrano casualmente alla cassa di un supermercato. Uno dei due è un signore, un lucano di Avigliano, che prima di congedarsi si palesa come tale dietro la richiesta di Joe; egli stesso, in precedenza, in avvio della conversazione inattesa, aveva scherzato con Joe sulle loro origini comuni, seguendo i fonemi espressi intorno ai pubblicizzati economici cerotti curativi a base di arnica. “Lei non è di certo alto-atesino” gli aveva detto e Joe gli aveva scherzosamente risposto che invece lo era, mentendo e sapendo di farlo, e aveva giocato su quella parola alludendo al fatto che un cerotto non sarebbe stato in grado di cedere “benessere” a chicchessia.
“Sono campano, ma ho vissuto per alcuni anni in Alto Veneto tra l’Alto Adige e il Friuli per cui un po’ mi sono formattato anche in quei luoghi” gli ha poi rivelato, prima di avviarsi verso l’uscita con il carico di frutta varia acquistata in barba alle indicazioni di Mary. Fuori aveva incrociato il cliente post-moderno, con il suo tappetino ricolmo di oggettini di dubbia utilità che tra un Buongiorno ed un Ciao rivela di non aver poi imparato tanto di più della lingua italiana e si è chiesto quale concezione loro, che arrivano nel nostro Paese lasciando miserie inenarrabili e inimmaginabili, abbiano del concetto di “benessere”.
Joe se lo è chiesto ma non lo ha palesato. Ma, dopo aver fatto dono di una delle buste di frutta a quel custode di turno, che non si aspettava altro che qualche spicciolo e mostra diverso interesse verso quel lascito, è ripiombato nei suoi pensieri, collocandoli nella contemporaneità del suo tempo.
“Certo, dice bene l’amico lucano: la Politica dovrebbe occuparsi del benessere dei deboli, degli ultimi, degli sfruttati, dei senza lavoro per affrontarli e portare i loro problemi – anche se lentamente – a soluzione. Non si chiede mica l’impossibile, mentre da un lato ti ingannano dicendo che sono impegnati in tale direzione e dall’altro ti ingannano ugualmente affermando la loro impotenza e semmai scaricando su altro e su altri la loro inettitudine”. “Appaiono tutti desiderosi di ottenere consenso, promettendo il loro impegno verso la riduzione delle differenze; ma poi ti accorgi che si corre dietro soprattutto ai desideri dei ricchi”. “La disoccupazione se non cresce è perchè una parte dei disoccupati sparisce non perché c’è più occupazione; in effetti diminuisce anche il numero dei ricchi! ma non c’è da esultare: è semplicemente perché anche tra loro c’è chi è maggiormente baciato dalla fortuna e diventa più ricco, allontanando da quel consesso prefino qualcuno che poco prima vi apparteneva. Insomma i ricchi diminuiscono e sono sempre più ricchi ed, evviva, i poveri aumentano e sono sempre più poveri. Sembra quasi un giochettino di fisica con i vasi comunicanti. Solo che qui si tratta di donne ed uomini e tanti minori. C’è ben poco da scherzare”. Joe è preso da questi pensieri ed avverte la sua profonda impotenza; attraversa la città e si dirige alla Mensa dei poveri. Ha sentito un appello nei giorni precedenti: in effetti non cercano cibo o derrate varie, hanno bisogno di braccia. Joe però vi entra non a mani del tutto vuote: porta con sè le buste della spesa. Chiede indicazioni al primo che incontra e, lasciandogli le buste, si mette a disposizione per il lavoro di cui hanno bisogno. Ha già avvertito Mary che non ha comprato nulla e che tornerà dopo pranzo.
Non si può avere “rispetto” verso coloro che si ostinano a non vaccinarsi e non mancano di fornire dimostrazioni di una “loro” presunta superiorità! Non si può avere rispetto verso chi non ha “rispetto” per quanti civilmente intendono contribuire a garantire un possibile superamento della “pandemìa”, per riprendere a vivere la nostra vita “comune”. Chi si ostina in tal senso non può continuare ad essere un mio amico.
Insieme a tanti altri milioni di italiani anche io ho seguito per intero il cammino “trionfale” della nostra Nazionale di calcio. Molti erano i presupposti favorevoli al conseguimento di un successo, non importa se primi ma secondi terzi o quarti sarebbe andata anche bene: la Nazionale veniva già da una sfilza positiva di vittorie (erano 30 fino all’ultima giocata nella fase a gironi con il Galles) e soprattutto di inviolabilità (1100 minuti interrotti dal discutibile rigore concesso al Belgio al 45’ del primo tempo nel quarto di finale). Le vittorie saranno poi 32 compresa quella nella finale. Insieme, come dicevo, ho seguito e festeggiato non in modo diverso dal solito, in famiglia. non è stato il Covid a relegarmi in un cantuccio ma l’abitudine inveterata di godermi nella tranquillità le imprese sportive. In questo tempo tuttavia non sono stato il solo a mostrare preoccupazione per le modalità con cui il “popolo” si è mosso a tarda notte, pur essendo le solite abitudinarie manifestazioni di piazza, con cortei di auto e motorette con sbandieramento di vessilli e urla di gioia, cori e quantaltro. Le solite manifestazioni, anche di più, ma in contesti molto diversi.
Diversi e potenzialmente pericolosi. E non erano mancati gli
avvertimenti da parte soprattutto dei medici e degli scienziati. Ma, con l’arrivo
della stagione calda, contando sulla complicità proprio del clima che
incoraggia il naturale distanziamento, si è avuto un rilassamento dell’attenzione
e la gioia collettiva è scoppiata con naturalezza. Le conseguenze di tutto
questo e di qualche altra deroga, incoraggiata peraltro da irresponsabili
recidivi come quella parte della Destra che lucra sulle affermazioni
pressapochistiche di Novax e compagnia
bella, non stanno ad attendere e a poco a poco si affacciano alla ribalta:
contagi in crescita ed una grande preoccupazione per l’autunno.
Si teme in modo particolare sugli effetti che potrebbe avere
la ripresa dell’anno scolastico con lezioni “in presenza”. L’utilizzo della
Didattica a Distanza ha portato a dei disastri: era inevitabile in assenza di
vaccino e lo è stato nella prima fase di vaccinazione di massa controllata. Anche
se la scelta di inserire il personale scolastico tra le prime categorie a poter
usufruire “liberamente” della somministrazione del vaccino è stata importante,
l’ adesione spontanea unita ad una serie
di errori di comunicazione e la ritrosia di una parte degli interessati ha
consentito di non portare a termine un utile programma di vaccinazione per l’intero
comparto dell’istruzione. In questi
giorni, infatti, si va discutendo dell’obbligatorietà ponendo quel settore
sullo stesso piano di quello sanitario. Rimane incertezza, per ora, sulla
vaccinazione per i minorenni, anche se qualche segnale è pervenuto dalle
strutture scineifiche che supportano l’azione del Governo. Leggete l’articolo
de “Il Sole 24 ore” del 25 maggio u.s. a firma di Nicola Barone
Sia come sia dovremo fare i conti con la refrattarietà di
una parte della società, abbinata ad una profonda ignoranza e/o scarsa
propensione al rispetto delle regole di convivenza civile mostrata e, come
detto in altre occasioni come questa, incoraggiata da una certa forma di
cialtroneria politica.
Ragionando su questi temi – semplicemente per una deviazione
dall’obiettivo principale che è “contingente” e collegato ad un problema
ricorrente in questi anni – la mancanza
di spazi per gli istituti scolastici – finisco per addentrarmi in un tema
“STORICO” fondamentale: come si ricostruiscono i fatti storici del passato! Correrò il rischio di essere frainteso. Lo avverto
come “necessario” perché non riesco a condividere la sicumera di una parte
considerevole della Sinistra, naturalmente caratterizzata (e qui aumento il “carico”
delle mie critiche) da profonde ipocrisie. Mi è chiaro, tuttavia, che esistano
persone di Sinistra che sappiano collegare le parole ai fatti, ma sono delle
eccezioni. E quel che scrivo e su cui da
tempo affondo le mie taglienti accuse è riferita ad una faccenda nella quale la
sedicente Sinistra post PCI è protagonista.
Le
mie riflessioni non vogliono essere delle “lezioni”. Ribadisco che l’occasione
è data da una serie di scelte politiche ed amministrative che ho considerato
sbagliate e sulle quali a tutt’oggi non si è mai ottenuto, da parte
dei responsabili di allora (la fine dello scorso secolo), alcuni dei quali
ancora, dopo più di venti anni, sulla
breccia, un riconoscimento dei loro errori; peraltro sia quelli che i loro
successori continuano a barcamenarsi, arrabattarsi in modo arrangiato anno dopo
anno, “scolastico”, fingendo di dover fronteggiare solo delle emergenze o,
peggio, ignorando ciò che non dovrebbero ignorare riguardo al recente passato.
E sì; perché si tratta della mancanza
cronica degli spazi scolastici, sulla quale sembra sempre che si sia all’anno
zero. Colpa della incapacità di troppi ad analizzare i “fatti” nella loro
complessità.
Anche in questi giorni, mentre si svolge il dramma dei “lavoratori” licenziati “in tronco” assistiamo alla passerella delle dichiarazioni. Ormai chi capita in questo tritacarne e ne è vittima ha ben poco da sperare: sembra che la classe politica perennemente assetata nel mantenere il suo Potere si accanisca sulle debolezze di una regolamentazione ingiusta nel mercato del lavoro, promettendo ciò che non è in grado di mantenere, pronta semmai a scaricare le colpe poi sugli “altri” (l’opposizione, la Confindustria, la globalizzazione sregolata, l’Europa e via dicendo), ma non sulla loro “capacità” di mirare solo al proprio immediato tornaconto elettorale.
Digressione per digressione, ritorno a quel tema appena
annunciato nel titolo: come si documentano i “fatti” storici! Nella seconda
parte degli anni Sessanta ci trovammo di fronte al caso “De Felice”. Le
reazioni al lavoro meticoloso di quello “storico” intorno alla genesi ed
all’avvento del Fascismo furono scomposte, venate da un ideologismo accecante e
le sue analisi furono attaccate in modo virulento come forme di revisionismo.
Continuo a parlare di questi temi nel prossimo post e poi
ancora negli altri.
Anche
la madre, una giovane ragazza probabilmente abituata ad un contatto non ostile,
è sorpresa. Chissà quali siano i suoi pensieri e quali quelli della bimba, si
chiede Gil. E’ solo un attimo: sempre sorridente, dopo l’abbraccio si sporge
verso la mamma e passa tra le sue braccia. Rivolge il sorriso a Gil dal comodo
nido conquistato. Chissà, pensa Gil, che non lo abbia fatto proprio per quel
transito furbesco. Ma è proprio bella e gli ricorda la sua bambina. A dire il
vero, a Gil ricorda in quello stesso momento un cagnolino che aveva incontrato,
condotto dal suo padrone al guinzaglio: non voleva camminare e continuava a
piccoli passi con lo sguardo innalzato supplichevole verso il ragazzo,
rifiutandosi di procedere. Lo disse a Mary, alla quale tornò in mente un altro
episodio con un cane di grossa taglia che praticamente si stendeva spiaccicato
in un corridoio di un discount. Sorrisero e proseguirono verso il supermercato.
La dolcezza degli esseri viventi ha espressioni che li rendono molto simili tra
loro. Anche lo sguardo truce di un uomo o quello sprezzante di una donna può
assomigliare al ringhio di un doberman.
Camminare a piedi permette di osservare il mondo gli oggetti i condomini;
meglio farlo lentamente senza avere la fretta. Mary e Gil passarono attraverso
i giardini di via dell’Alberaccio e si diressero verso quelli di via Vivaldi,
in fondo. Mary riferendosi agli stranieri che da alcuni anni hanno cominciato
ad abitare quei caseggiati si rammentò di una querelle nella quale due famiglie
di un contesto complesso di ben dodici condòmini avevano portato in tribunale
le altre dieci perché non avevano accettato che in due occasioni all’anno lo
spazio comune venisse dedicato ad incontri multiculturali coinvolgenti alcune
delle famiglie formate da persone di altre nazionalità. Per fortuna, dice Mary,
che hanno trovato un buon giudice, un giudice giusto che ha dato loro torto,
riconoscendo la funzione civile di un contesto condominiale.
Parlando parlando arrivano al supermercato. E’ uno di quelli frequentato quasi
esclusivamente da stranieri, in massima parte cinesi. La spesa è anche
l’occasione in uno spazio non tanto affollato di guardare le merci come si fa
al mercato generale. Non c’è molta scelta, ma ciascuno si ferma a particolari
banchi. Mary al pane, Gil alle verdure; Gil ai formaggi, Mary alle carni e via
via poi ci si guarda intorno e si va verso le casse. Accanto ad esse ci sono
prodotti vari, dai rasoi ai chicchi dolci, dalle ricariche telefoniche alle
batterie di diversa forma e potenza. C’è anche lì in fila una giovane mamma
cinese con una bimbina che frigna e allunga la mano verso una mini confezione
di cioccolatini. La madre la dissuade ma con dignità la bimba continua a
mugolare. C’è dietro Gil e Mary un signore di età avanzata che mostra visivamente
di non sopportare l’espressione della bambina e con voce alta avvia ad
affermare che non se ne può più di questa gente, che se ne andassero a casa
loro. Mary non può tacere e sottolinea come i bambini siano molto simili tra
loro qualsiasi sia la provenienza geografica delle loro famiglie. Si avvia una
controversia intorno alla educazione da impartire ai propri figli. I miei, dice
quel signore là, non hanno mai piagnucolato. E lo afferma con sguardo truce.
Saranno stati repressi e cresciuti nella rabbia e nel rancore, aggiunge Mary,
che si becca un “cattolica di merda” dall’aggressivo signore. Mary, che
peraltro “cattolica” non è, soggiunge “meglio cattolica che infelice come lei”.
Il commesso ha seguito ma, professionalmente, non interviene. La bimba ha
smesso di frignare, mentre gioca con i corti capelli della madre, ignara di
avere scatenato un empito cieco razzistico.
Gil e Mary pensano ai figli del signore, infelici e repressi. Saranno, ora,
grandi e da genitori forse saranno diversi, pensano. Lo si spera, ma forse,
quel signore là, non ha mai avuto figli; o perlomeno non ha mai avuto bambini
come tutti quelli che noi conosciamo. E si avviano verso casa.
Joshua
Madalon
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