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DENTRO IL LOCKDOWN tricolore –

Dentro il lockdown tricolore –

Ciascuno di noi, in questi tempi, ha molte diverse buone ragioni da rivendicare. L’emergenza ci va condizionando, va imponendo alla nostra vita di confrontarci con dei limiti oggettivi da non sottovalutare. Sarebbe stato tutto molto diverso se non fossimo stati tutti coinvolti nella pandemìa. Abbiamo dovuto rivedere molti dei nostri comportamenti “sociali”. Chi più chi meno ha ridotto la frequentazione esterna sia in pubblico che in privato; si va meno nei luoghi di consumo (bar, ristoranti, pub, centri commerciali) e ci si muove molto meno, non si viaggia, non si frequentano cinema, teatro e riunioni politiche.

Casa e lavoro, lavoro, casa e luoghi per l’acquisto di beni essenziali: queste sono le uniche attività che svolgiamo. E’ indubbio che per molti di coloro che, per ragioni connesse al tentativo che il Governo impone allo scopo di  frenare l’andamento progressivo verso l’alto della linea di contagi, pèrdono pur temporaneamente (ma a volte non è così) il lavoro, il cambiamento di vita deve fare i conti con la mancanza di un reddito sicuro.

Negli ultimi giorni, nelle ultime ore, direi anche in diretta, ora, il dibattito verte sulla colorazione che il Governo ha assegnato a ciascuna delle Regioni italiane. Giallo, arancione, rosso: sono gradazioni collegate ad un indice di contagio denominato Rt basato su 21 parametri tra i quali il numero dei casi sintomatici, i ricoveri, i casi nelle Rsa, la percentuale di tamponi positivi, il tempo medio tra sintomi e diagnosi, il numero di nuovi focolai, l’occupazione dei posti letto sulla base dell’effettiva disponibilità.

Sia come sia, la matematica pare che “non sia un’opinione” e l’unico modo per contestare i risultati è una valutazione di tipo “politico”. Pur tuttavia, continuerò ancora una volta a ribadire che in un tempo di crisi così acuta e “speciale” sulle cause della quale è molto complesso scaricare la responsabilità su una sola delle aprti politiche occorra far prevalere, pur utilizzando il meglio  della  pratica Politica, il senso di responsabilità. Bisogna considerare gli interventi restrittivi come antidoto prioritario succedaneo a quelli preventivi che non sono stati appplicati. Sia chiaro che allorquando non sono stati previsti, a festeggiare senza rispettare i limiti minimi consigliati erano tanti tra quelli che oggi alzano il dito accusatorio verso gli interventi governativi che potrebbero apparire ancora una volta “limitativi delle libertà” ma ad ogni buon conto assolutamente necessari per il futuro della “libertà”, prima di tutto, dalla pandemìa. Le Regioni che contestano i dati e la loro appllicabilità (in primo luogo la Lombardia e la Calabria) appaiono partecipanti ad un “gioco di ruolo” che difficilmente può essere comprensibile in un consesso civile complessivo e nazionale. Non vi sono dubbi alcuni sul livello di pericolosità che l’epidemia va mostrando in terra lombarda (i dati sono impietosi); allo stesso tempo la Calabria pur non essendo ancora pervenuta ai parametri “rossi” non possiede per una forma di arretratezza congenita particolarmente evidente nel settore “sanitario” le necessarie garanzie di poter fronteggiare in modo adeguato un picco di contagi.

D’altra parte, se nelle prossime settimane si assistesse ad un decremento dei valori, molte delle attività che oggi sono costrette a chiudere, potrebbero essere riaperte.

8 novembre – STATI GENERALI 6 – una variazione di CTS (per la parte 5 vedi 15 ottobre)

STATI GENERALI 6 – una variazione di CTS (per la parte 5 vedi 15 ottobre)

…prosegue qui il mio intervento datato 13 febbraio 2002… riportato dal 18 settembre parte 3….

Il lavoro che viene svolto nella scuola è sempre stato caratterizzato dalla “qualità” delle iniziative; non ha mai avuto l’aspetto degli interventi “a pioggia”, come qualcuno che poco conosce il vero lavoro delle Circoscrizioni si è permesso di dire recentemente; è sempre stato avviato un procedimento ricognitivo serio ed approfondito; ha sempre ottenuto il massimo consenso dopo una serie di incontri “partecipati” da parte sia dei dirigenti che degli operatori scolastici ed il coinvolgimento delle altre componenti essenziali che ruotano all’interno dell’universo scolastico; inoltre va sottolineato che si è sempre proceduto ad interventi che non hanno mai discriminato le scuole “private” viste come espressione di un servizio essenziale, importante per tutto il territorio.

I risultati sono sempre stati periodicamente controllati e sono a disposizione di chiunque volesse verificarli o utilizzarli come esempi da migliorare: di certo occorre che questo impegno, pur riconosciuto nel suo valore da parte dell’ Amministrazione andrebbe ben diversamente premiato, consolidato ed incentivato; occorrerebbe perlomeno un Coordinamento, ma occorrerebbe anche un coinvolgimento più stretto delle Circoscrizioni ( e questo è solo un esempio ), Circoscrizioni che operano costantemente a diretto contatto con tutte le Istituzioni scolastiche di goni ordine e grado, all’interno di quegli organismi provinciali che si occupano di “autonomia”, quali ad esempio sono i CIS.

Dicevo che si tratta solo di un esempio in quanto molto spesso è accaduto che le Circoscrizioni , quando a livello centrale si è progettato di costituire Coordinamenti su tematiche per le quali avrebbero competenze acquisite sul campo da mettere a disposizione, non siano state prese in considerazione (si tratta in pratica di uno “spreco” di risorse ed energie).

Guardate, questo è un momento particolare nel quale ciascuno di noi può dire ciò che in più occasioni a voce bassa ha sussurrato; ed è quindi anche una occasione per costruire un rapporto diverso fra l’Amministrazione Comunale e le Circoscrizioni.

In effetti non ce ne dovrebbe essere bisogno perché le Circoscrizioni sono parte integrante del Comune di Prato, non di certo elementi separati, ma purtroppo finora non sembra sia avvenuto questa amalgama. Devo dire anche che, a leggere il documento finale del Seminario che si svolse nel novembre del 1998, qui a Villa Fiorelli, e che è stato consegnato a tutti voi tra i Materiali da prendere in considerazione in questa serata, sono stati fatti davvero pochi passi in avanti e qualcuno, ad essere sinceri, anche indietro.

Guardate, potrei anche interrompere il mio intervento qui e comunque fare mio quel documento finale di quattro anni fa, potremmo tutti ancora oggi pensare di essere ritornati a quel tempo, potremmo tutti dire con forza e senza alcuna ombra di dubbio che lì dentro siano contenute già con la necessaria estrema chiarezza le linee fondamentali del percorso che nella Cultura (ma ci metto, come avete potuto già intuire, anche la Formazione, considerandola parte integrante della Cultura “tout court”) bisognerebbe mettere in funzione ed attuare.

….6….

7 Novembre – PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO A PRATO – una serie di documenti del Comitato di Prato per il Partito Democratico Parte 11 (per la parte 10 vedi 12 ottobre)

PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO A PRATO Parte 11

Già PUBBLICATO A FINE 2019 (13 – 22 DICEMBRE)

COMITATO DI PRATO PER IL PARTITO DEMOCRATICO DELL’ULIVO

Prato 12 dicembre 2006 – Dopolavoro Ferroviario
Incontro con i Partiti

Negli ultimi mesi si discute sempre più intensamente di questo nuovo soggetto politico che si chiama Partito Democratico.

Bisogna dire che non è sempre stato così, che vi sono stati periodi alterni durante i quali questo percorso veniva dato per interrotto più o meno in modo irrevocabile, si avanzavano dubbi irrisolvibili, si fermava il cammino, poi si riprendeva, poi ci si fermava nuovamente.

Tutto questo “balletto” di posizioni è stato interpretato dagli italiani come un rifiuto di gran parte degli uomini politici verso la formazione di un Partito che, prevedendo una destrutturazione, se pur accortamente e prudentemente guidata, degli organismi dirigenti delle attuali forze politiche, dovrà essere costruito su forme nuove, su regole nuove e puntare soprattutto su risorse umane in parte fresche raccolte fra quelle donne e quegli uomini che finora non hanno voluto o saputo appassionarsi alla Politica. Questo è accaduto anche a Prato ma poi ci ritorneremo su.

Il Partito Democratico di cui parliamo ha per ora un suo leader, e questo è chiaramente Romano Prodi. E nella nostra città l’attuale Presidente del Consiglio ha avuto estimatori già da prima che egli decidesse di impegnarsi in politica. E qui, a Prato, come in tante altre città, sono sorti i Comitati per Prodi, e successivamente un altro passaggio successivo con i Democratici per Prodi rispondendo ancora una volta a quella idealità profonda che ancora oggi ci ispira, dal momento che anche in questo nuovo progetto nel quale ci siamo lanciati vorremmo sottolineare la forte idealità ed un sano pragmatismo.

Nell’ultimo anno i passi incerti verso il futuro Partito Democratico hanno quasi vanificato quella forza prorompente espressa il 16 ottobre 2005 con le Primarie; al resto ha provveduto in modo negativo una legge elettorale oggettivamente pessima ed un avvio di legislatura caratterizzato da un assalto al potere fra poltrone di prima fila e comodi strapuntini di lusso. A tutto questo si aggiunga la difficoltosa capacità di comunicare gli intendimenti reali sottesi in una Finanziaria in perenne trasformazione che ha creato una grande confusione ed una perdita reale di credibilità fra gli elettori del Centrosinistra.

In questo ultimo periodo, proprio quando le difficoltà del Governo emergevano, è apparsa ancora più importante e non più rinviabile la costruzione del nuovo Partito Democratico: è necessario avviarsi verso una semplificazione del quadro politico, con aggregazioni su contenuti e idealità condivise anche se provenienti da radici culturali diverse; è ancora più necessario rinnovare la nostra democrazia con una iniezione di democraticità e trasparenza anche all’interno dei partiti per recuperare alla fiducia nell’azione politica il mondo giovanile che protesta sull’onda dell’antipolitica, del qualunquismo della non partecipazione (sono tutti uguali). Abbiamo oggi, di fronte, un grandissimo pericolo segnalato da Amato, quello di scivolare lentamente nel populismo, nello sfruttamento cinico di ogni protesta egoista e spesso non consapevole, non riflettuta, preda di aspettative che sembrano immediatamente non rispettate, il salario non è raddoppiato, i fondi per la scuola non sono quadruplicati, la precarietà sul lavoro non è stata annullata, non c’è ancora il matrimonio per i gay, si vuol distruggere la famiglia …. E così via in un crescendo di proteste su tutto e il contrario di tutto.

….fine parte 11….

6 novembre – DENTRO UN NUOVO LOCKDOWN – “desiderio di recuperare ed il timore di doversi nuovamente chiudere in piccolissimi nuclei con il nuovo lockdown sempre meno “gentile” che si annuncia”

Per alcuni mesi durante il periodo di lockdown non si sono potute svolgere le Assemblee di condominio. Gli amministratori non erano organizzati in merito; le riunioni si erano sempre tenute  in ambienti ristrettissimi, anche perchè di norma i partecipanti riuscivano a malapena a garantire con numerose deleghe il raggiungimento della necessaria maggioranza (501,00 millesimali). Qualche riunione si era svolta a inizio estate, quando sembrava che tutto andasse per il meglio. Poi nella seconda metà di ottobre, essendo importante perlomeno discutere oltre che i bilanci consuntivi e preventivi arretrati, la cui entità era stata predisposta e inviata “in attesa di tempi migliori”, la possibiità di accedere alle agevolazioni fiscali corpose previste dal Decreto legge 19 maggio 2020 n.34, convertito dalla Legge del 17 luglio dello stesso anno, n.77 negli articoli 119 e 121 e cioè quel che si chiama “SUPERBONUS 110%”.

Ogni Assemblea portava al primo punto all’Ordine del giorno quell’argomento. Tra le abitazioni dei miei due figli, quella mia e quella di proprietà di mia moglie ne ho dovute seguire ben quattro. In una sola settimana, quella scorsa, ben tre, collocate per fortuna in giorni diversi, anche se ad orari di inizio più o meno uguali tra le 17.30 e le 18.30.

La prima delle tre era in un Oratorio, la terza in un Albergo. Di quest’ultima parlo. Quasi in perfetto orario arrivo nella hall e chiedo alla receptionist dove sia la riunione assembleare. Mi indica la direzione e mi muovo: è l’Assemblea dell’appartamento di mia moglie affittato. L’assemblea è già in corso; saluto, dico il cognome di mia moglie e mi siedo a dovuta distanza. Tutti indossano la mascherina; anche l’amministratore, che ho intravisto in un paio di occasioni quando siamo passati a chiedere delucidazioni varie.  Non ho mai conosciuto i condòmini; non abbiamo mai abitato in quell’appartamento. La discussione è sul tema “principale” e fervono le diverse esposizioni in merito. Di solito le assemblee sono anche le occasioni per sciorinare le presunte esperienze: anche questa volta è così. Dopo un buon quarto d’ora avverto un senso di confusione: non è un attacco di Covid; semplicemente viene menzionata una strada che è collocata in una parte diversa della città rispetto al luogo in cui si trova la casa di proprietà di mia moglie. Alzo la mano e chiedo”Scusate, ma è l’assemblea del Condominio…..?!”.  Ero già perplesso da me, ma l’Amministratore mi conferma che “No, deve avere sbagliato!”. Obietto che ho un’indicazione specifica che menziona questo albergo; ma saluto ed esco. Alla receptionist, dove ritorno, chiedo lumi e mostrandole la convocazione ottengo un sorriso che parte dagli occhi e la rivelazione: “Guardi; si è sbagliato. In questa città ci sono due alberghi che riportano più o meno lo stesso nome. L’assemblea è in quell’altro!”. Me ne rendo conto, ringrazio e mi reco dove avrei dovuto già essere da una mezzora.

Ci arrivo e mi rendo conto di non aver perso molto. Sono ancora al primo punto: anche lì i temi sono gli stessi e il dibattito verte sulle diverse posizioni basate sulle personali competenze, ciascuna delle quali è la migliore.

In realtà c’è un grande bisogno di socializzare; c’è il desiderio di recuperare ed il timore di doversi nuovamente chiudere in piccolissimi nuclei con il nuovo lockdown sempre meno “gentile” che si annuncia.

5 novembre – DENTRO IL LOCKDOWN – la vita(quasi) normale

“Sono in casa in isolamento fiduciario”

Ci siamo accorti già da qualche ora che ne arrivava solo un filo. Uno sguardo all’autoclave su in soffitta ha confermato che non c’è più acqua.

Era accaduto lo stesso identico inconveniente circa due anni fa; ma era inizio estate e per qualche ora avevamo pensato che fosse un problema di approvvigionamento generale; poi avevamo invece scoperto che, tutto intorno, negli altri stabili della nostra strada l’acqua ce l’avevano. Avevamo protestato e Publiacqua dopo un lungo braccio di ferro aveva dovuto ammettere che era stata ridotta la portata senza alcun avviso.

Una ipotesi anche due anni fa era apparsa possibile, prima di avere il conforto della comunità del pianerottolo: ultimo piano di uno stabile antico appena fuori dal centro della città.

In questo caso una delle prime cose da fare è proprio sentire i vicini di pianerottolo. Laddove dicano che da loro tutto funziona bisognerà chiamare o l’idraulico o l’elettricista. La prima persona che sentiamo è l’avvocato: di solito di mattina presto esce e va in ufficio. Sono le 11. Lo chiamiamo al cellulare e…non risponde. Gli inviamo un messaggio su whatsapp ed è sollecito: si scusa, è impegnato ma ci fa sapere che la moglie è in casa, e questo ci conforta. In realtà si sentivano provenire dall’appartamento delle voci, indistinte. Ci avviciniamo all’uscio e la voce è più chiaramente percepibile: sembra che stia a fare lezione. Suoniamo. Non apre nessuno. La voce continua dando indicazioni – sembra – ad un gruppo di discenti. La signora è una professoressa di scuola media. Decidiamo di desistere: tanto si può attendere, non c’è fretta. Riproviamo dopo una mezzora: sentiamo distintamente che l’interlocuzione è alla fine o, perlomeno, ci sarà una pausa.

Spieghiamo il motivo della nostra insistenza, scusandocene “Stavo facendo una lezione online alla mia classe” Ci sentiamo ancora più colpevoli per aver disturbato, ma la signora “Sono in casa in isolamento fiduciario per accudire la nostra bambina, che è in attesa di fare il tampone, perchè nella sua classe c’è stato un caso di positività”.

Siamo costernati e “Sì, abbiamo anche noi percepito una debolezza nell’afflusso di acqua, ma per ora ce ne abbiamo ancora!” ci dice.

La salutiamo e, prima di rientrare, le chiediamo da quanti giorni è ad attendere il tampone. “Sono tre giorni”. In questo tempo di emergenze ci appare abbastanza meno significativo il nostro problema e più urgenti ci sembrano gli interventi sanitari preventivi.

Ora, che dire? Di casi come questi ve ne sono a  migliaia; chi amministra e governa si ferma ai maxisistemi miliardari e non si accorge della miriade di sofferenze con le quali con pazienza si sta barcamenando la gente, tutta la gente normale.

La Ministra Azzolina (ma anche l’intero Governo con chi la sostiene e chi la sopporta) queste cose non le conosce e, se le sa,  a tutta evidenza, finge di non vederle. In una condizione pandemica generalizzata i casi di lezioni a distanza generati “naturalmente” sono all’ordine del giorno in migliaia di luoghi. Le scuole non sono “sicure” perché, molte tra queste, non sono mai state per davvero a norma. Le “norme” sono state stiracchiate per venire incontro alla realtà. Basterebbe girare per davvero in modo anonimo come controllori per verificarlo. Ci vorrebbe o “L’uomo invisibile” oppure un Ministro come Bray (il riferimento è ad una vicenda che le persone avvedute potranno ricordare e che qui riporto). Accadde nel 2013. Leggi l’articolo del 1 Maggio su “Repubblica”.

https://napoli.repubblica.it/cronaca/2013/05/01/news/ministro_bray_va_a_pompei_in_treno_vesuviana_si_ferma_lui_chiede_un_passaggio-57849808/#:~:text=Visita%20privata%2C%20con%20una%20serie,agli%20scavi%20archeologici%20di%20Pompei.&text=Arriveremo%20a%20Pompei%20grazie%20a,quale%20si%20trovava%20il%20ministro.

4 novembre – IL MOTIVO DI MANUTENERE UN BLOG – il mio blog -parte 2 (per la parte 1 vedi 14 ottobre)

IL MOTIVO DI MANUTENERE UN BLOG – il mio blog – parte 2

Ho scritto più di 2000 post da quel 19 giugno 2014, molto spesso con cadenza quotidiana. Non l’ho fatto per vanagloria, nè con l’intento di diventare un vero “blogger” o, come troppo spesso leggo per quanto riguarda altri, “influencer”. Non ho mai cercato di trovare “sponsor pubblicitari” nè tantomeno ho comprato spazi sui “social”. L’ho fatto perchè ritengo che, pur se poco e non sempre “buono”, qualcosa ho fatto: non più di altri che semmai non hanno il coraggio di mostrarsi, la “faccia tosta” che sin da ragazzo ho avuto. Ricordo qui che ho tentato di svolgere molte attività “artistiche” compreso quella musicale, della quale però non posseggo la minima qualità. La “voce”, a detta di un “maestro di musica” della Scuola media era promettente, ma non l’ho curata, anche se poi quando si stava in compagnia cantavo e non proprio male. Mi sono accostato a gruppi musicali davvero “naif”, partecipando anche a “concerti happening” di poesia e musica folk, che in quegli anni Sessanta andavano di moda tra le giovani generazioni, ma senza grande successo. Un po’ di più ha funzionato la recitazione e la riscrittura e scrittura di testi.

In questo spazio (il Blog)  ovviamente parlo di tante cose; recupero ricordi, anche attraverso – laddove è possibile – documenti stampati o scritti a mano, relativi alla mia attività professionale, culturale, sindacale e politica amministrativa. Non ho mai smesso di occuparmi sin dagli Anni Sessanta della vita politica del nostro Paese, attraversando molte “stagioni” e vivendo molte esperienze. Non sono ancora stanco, anche se avverto il bisogno di mettere a punto quel che è accaduto in questi anni, di cui sento di essere in quota parte responsabile. Anche su questo si potrebbe pensare che io sia affetto da megalomania: “quota parte” limita questo tipo di sospetto. Intendo dire che alcune scelte “mie” hanno indubbiamente contato non solo per me ma anche per una serie di persone con cui abbiamo tutto sommato condiviso il cammino.

Su questi temi non sarebbe molto difficile per un curioso perditempo ritrovare il bandolo della matassa nei circa 2000 post; per l’appunto “un curioso perditempo” che volesse addentrarsi in questa selva di elucubrazioni molto personali su tutta una serie di argomenti di carattere politico e sociologico, finanche antropologico.

Uno spazio ho però voluto dedicare a alcune mie passioni, forse un po’ più vere sentite e serie delle altre: la scrittura, la lettura, l’elaborazione cinematografica, il teatro – un teatro militante però, legato molto spesso alla Politica ed agli eventi contemporanei.

Ho svolto compiti molto collegati alla metanarrazione, rielaborando ricordi diretti in forma letteraria. Ho accompagnato alcune letture con una stesura critica originale nel corso di iniziative culturali da me curate insieme ad altri partner appassionati di letteratura. Ho creato “format” a questo scopo, come “Il domino letterario” e “Anniversari” che hanno ottenuto fin quando sono stati in piedi un certo seguito.

La passione per il Cinema ha accompagnato la mia esistenza sin dalla più tenera età: ho visto tante opere, ho conosciuto tanti autori, ho realizzato un format nel corso degli anni Ottanta, “Film Video Makers toscani”, del quale sono molto fiero. Ho costituito alcune Associazioni, in primo luogo proprio quella, “Film Video Makers toscani”, e poi alla fine del primo decennio del nuovo secolo, “Dicearchia 2008”, che ricorda la mia terra di provenienza, alla quale ho dedicato molti spazi metanarrativi sia legati ai ricordi che ai viaggi di ritorno nei Campi Flegrei.

Questo, ad ogni modo, è il mio Blog dove continuo a praticare la mia testimonianza di cittadinanza attiva, aperta a 360 gradi.

3 novembre – Dentro un nuovo lockdown – parte 11

3 novembre

Mentre scrivo “tutto scorre”. Ma non si tratta di una fonte che gocciola, nè tantomeno di un ruscelletto, ma di rivoli indistinti e confusi. Ed insieme alle acque, un po’ limacciose, forse oltre alla nostra esistenza umana, se ne va via anche un Governo. Non me lo auguro, ma lo temo. Provo a ripeterlo: non c’è alternativa! I rapporti tra le forze politiche si sono inveleniti dopo i frequenti “colpi di testa” dell’attuale (speriamo per poco, prima viene allontanato e meglio è per tutti anche se questi non sono fatti che mi riguardano) leader della Lega.

All’inizio della pandemìa (altro doveroso “promemoria”) il leader dell’Opposizione lusitana ha mostrato un forte senso di responsabilità offrendo piena collaborazione al Governo. In Italia, forse anche per l’acredine accumulata in settimane e mesi di insuccessi, quasi tutti collegati alla incapacità politica di Salvini (ha perso dovunque abbia voluto metterci la faccia in prima persona: in Emila Romagna prima e poi in Toscana), si alza sempre e solo un “lamento” per una sorta di scarso ascolto ma non si perde mai un’occasione per criticare in maniera anche scomposta (l’ultimo episodio in tal senso è stato collegato alla strage di Nizza) i membri del Governo ed il Presidente del Consiglio.

E quando dico che non c’è alternativa è anche perché, nel caso ci dovesse essere, noi dovremmo davvero affidare le nostre sorti al Caso ed augurarci che il virus ci scansi e eviti ancor più di adesso i nostri amici e parenti. Oltre tutto sarebbe bene che coloro che si ostinano a contrastare questo Governo, pregustando un’alternativa di Destra, sappiano che, laddove questo loro desiderio si avverasse, delle due l’una: o dovranno fare uno slalom possente per non contaminarsi oppure prepararsi ad un regime di lockdown molto più rigido, ben più rigoroso di quello che oggi a tanti così già appare.

Vedo un Premier stanco. Molto probabilmente è sull’orlo di una crisi di nervi. Anche se confido sul ruolo salvifico del Presidente della Repubblica, che, ad ogni piè sospinto, lancia un invito sempre più accorato all’unità. Siamo anche nelle sue mani.

C’è una grande confusione sia nel Governo che nell’Opposizione; a dire il vero si vanno impegnando sempre più a confermare che non si distingue più una parte dall’altra. Probabilmente anche quel che scrivo sopra sta a confermare che questa forma indistinta sia una necessità “provvisoria”.

Ora attendo di sapere cosa si decida (sono le 16.30 del 2 novembre 2020) e poi saprò commentare. Per ora quel che si dice, anche nelle alte sfere, è ben poco, confuso, disarticolato, assolutamente insufficiente.

2 NOVEMBRE – DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – nona parte – per intero

DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – ottava parte 1 (per la settima – 18 vedi 10 aprile 2020)

Questo è lo shortlink per riprendere il cammino su uno dei temi che ho trattato relativamente a quel che ho vissuto negli ultimi tempi in cui stabilmente sono stato nella mia terra natìa: “Pozzuoli nei Campi Flegrei”
DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE http://www.maddaluno.eu/?p=11530
E’ datato 10 aprile 2020

Il titolo è
DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – SETTIMA PARTE – 18 e ultima della parte settima – una necessaria precisazione

In linea di massima sono alcuni appunti su come nacque l’idea di scrivere un testo per il secondo ciclo delle scuole elementari e per le classi della scuola media inferiore della città di Pozzuoli.
Ho trascritto tutto il testo del librettino in vari post. Di certo le informazioni che in esso ho dispensato risultano in alcune parti essere datate: si trattava in qualche modo di abbinare ad esse delle indicazioni civiche per le nuove generazioni ed infatti il riferimento del titolo della serie di “post” è “illuminante” allorquando si fa riferimento alla “sensibilità ambientalista, storica e culturale”.

Tra le attività che, da organizzatore (in cooperazione con Raffaele e Renato), svolsi in quella straordinaria occasione dei “2500 anni dalla fondazione di Dicearchia”, ci fu il Concerto della “Nuova Compagnia di Canto Popolare” che era stata fondata all’inizio della seconda parte del decennio precedente (1966) dai musicisti napoletani Eugenio Bennato, Carlo D’Angiò, Roberto De Simone e Giovanni Mauriello ai quali si unirono Peppe Barra, Patrizia Schettino, Patrizio Trampetti, Fausta Vetere e Nunzio Areni.
Prendemmo contatto con l’impresario, che in quel periodo iniziale era Giulio Baffi, uno dei personaggi del mondo dello spettacolo, come studioso del teatro, non solo popolare, ma soprattutto quello di ricerca e di studio che era (ed è) una delle caratteristiche fondamentali dell’esperienza della NCCP, particolarmente in quel periodo in cui facevano riferimento in modo diretto al grande “maestro” Roberto De Simone.
In pochissimi giorni avevamo già concordato gli aspetti amministrativi e per la fase logistica organizzativa, essendo stato previsto l’utilizzo di uno spazio della Diocesi, la Cittadella Apostolica che si trova accanto all’Accademia Aeronautica, fissammo un appuntamento con alcuni membri della Compagnia alla Stazione della Metropolitana.
Arrivarono Eugenio Bennato, Giovanni Mauriello e Patrizio Trampetti; e, con loro, il geniale fratello maggiore di Eugenio, Edoardo, che si estranea e non partecipa alle discussioni, confermando la sua indole ribelle. Andammo poi tutti insieme a fare un sopralluogo tecnico acustico nel Teatro della Cittadella.
Molti tra noi già conoscevano ed apprezzavano la Nuova Compagnia di Canto Popolare che avevamo seguito sin dalle loro prime prove. Io stesso avevo in qualche occasione avviato un percorso teatrale etnomusicale insieme a Salvatore Di Fraia, Raffaele Caso e Enzo Aulitto senza ottenere tuttavia alcun incoraggiamento per i risultati – per me – davvero deludenti (non ho mai avuto una preparazione musicale); e non ho insistito, assistendo volentieri però al successo dei miei compagni di avventura di quel tempo che ancora oggi riescono ad esprimere un buon livello nelle loro performance.

Nel prossimo post riporterò un Comunicato Stampa da me redatto per l’occasione del Concerto di cui parlo, che si tenne il 22 ottobre del 1972

“Meravigliosi!”, “Stupendi!”, “Sono bravissimi!”, e la Nuova Compagnia di Canto Popolare non aveva che da pco iniziato il suo Recital alla Cittadella Apostolica offerto dal Comitato delle Celebrazioni in occasione del XXV Centenario della fondazione di Pozzuoli ad un folto gruppo di autorità e di cittadini.

La breve presentazione fatta dall’eclettico prof. Adinolfi aveva in precedenza predisposto il pubblico al tipo di s pettacolo cui avrebbe di lì a poco assistito

Fra le altre cose veniva riportata alla luce parte della nostra storia cittadina con tre canti di tradizione puteolana, recitati in maniera pregevole dallo stesso prof. Adinolfi.

Allo spettacolo era intervenuto un pubblico di eccezione, quale mai era stato visto, un pubblico preparato ed attento he, man mano, divenuto entusiasta fino a confondersi con il gruppo dei cantanti in un collettivo che raramente si raggiunge, ha espresso la sua opinione con applausi prolungati e ripetute richieste di “bis”.

Terminata la breve parentesi di presentazione, il gruppo della Nuova Compagnia Popolare si accostava, passando attraverso un corridoio laterale alla sala, verso la pedana palcoscenico e nei loro caratteristici abiti d’epoca si presentavano con un inchino, mentre il maestro Roberto De Simone, che dà luce e stile al gruppo con la sua perizia di ricercatore etnofonico e la sua bravura di Direttore, indicava la finalità della loro arte, tesa alla riscoperta dei valori che ci vengono offerti dalla tradizione popolare attraverso i canti della gente del nostro Sud.

Quello che più ci aveva sorpresi era la loro semplicità, che avevamo potuto riconoscere nei primi incontri con questi ragazzi, e provammo un’intensa commozione nel dover ammettere che essi, proprio per quella virtù, meritavano ancor più il nostro plauso, allorché cominciarono a presentarci il loro valido, interessante repertorio.

“Madonna de la Grazia”, il primo brano di derivazione procidana, ancora in voga in quell’isola, vide il pubblico attento all’ascolto, mentre tutto il gruppo si presentava con le sue possibilità canore.

Poi, pian piano, si arrivò, tra un entusiasmo e un altro, a quel canto che gli organizzatori dello spettacolo attendevano, quel “Cicerenella”, che la Compagnia presenta nei suoi spettacoli, utilizzando il nostro dialetto in maniera del tutto perfetto, tanto da ingannare spesso i presenti, che si chiedono se questo o quell’altro dei membri o tutto il gruppo non sia di origine puteolana.

Fausta Vetere, unica donna della “Compagnia” non ha niente, tuttavia, da invidiare nei confronti dei suoi amici per bravura musicale e canora e si fece applaudire nelle sue interpretazioni di “Nun me chiammate cchiù Donna Sabella” e nel “Ritornello delle lavandaie del Vomero”, nonché nel ruolo di solista e in quei pregevoli arpeggi che si sono rivelati la delizia degli esperti.

Bravo Patrizio Trampetti, la cui voce nell’interpretazione de “La morte de mariteto” e di “Vurria addeventare”, canto di cocente delusione, è stata in definitiva tra le più interessanti.

Un plauso davvero speciale per Eugenio Bennato, bravissimo “Pulcinella” nella “Zeza”, sorprendete artista strumentale, elemento sommamente indispensabile in un complesso di quella levatura.

Non va dimenticato Giovanni Mauriello, con la sua voce particolarmente affascinante, perché ai più anziani ricorda un po’ le canzoni di qualche anno fa, così come ha dimostrato in “Lacreme ‘e cundannate”, che ripropone, in tono certamente più vicino alla storia, il caso di Sacco e Vanzetti.

Di Peppino Barra non riesco a dire in breve, tanto le sue qualità di cantante e di attore hanno sorpreso il pubblico presente che lo ha ripetutamente richiesto dopo la sua esibizione nel “Ballo di Sfessania”

Nunzio Areni non canta, o almeno, se lo fa, si limita ad un sottofondo velato, ma col suo flauto è inimitabile e la sua fortuna, anche come solista, è sicura se continuerà di questo passo.

Un “Bravi!” dunque che va all’intera Compagnia ed un ringraziamento che è diretto al Comitato che ha permesso che un simile spettacolo potesse essere presentato al pubblico puteolano, che ha mostrato di voler, in seguito, avere altre occasioni di riascoltare questo gruppo, semmai con l’introduzione nel suo repertorio di altri canti di tradizione popolare puteolana.

Tra gli intervenuti, oltre al Sindaco, prof. Angelo Nino Gentile, Presidente del Comitato per i festeggiamenti, erano presenti il senatore Dott. Salvatore Sica, l’ Onorevole Antonio Palumbo, Assessore Regionale, il professor Armando Traetta De Bury e consorte, Monsignor don Ignazio Imbò, Monsignore Cascella, il professor Gennaro Saverio Gentile, il professor Sirago ed altri.

Pozzuoli 22 ottobre 1972

30 ottobre – DENTRO UN NUOVO LOCKDOWN – parte 10 – “Avremmo…”

DENTRO UN NUOVO LOCKDOWN – 10

Probabilmente, certamente mi ripeterò; forse smentirò anche qualcosa che ho detto: le mie non sono assolute certezze; spesso il mio argomentare mi spinge a riflessioni. La situazione si va aggravando: ciascuno di noi si era augurato che saremmo ritornati ad una vita pressoché “normale”. Invece non è affatto così!

Avremmo voluto riprendere a dibattere le nostre visioni politiche; avremmo voluto rimettere in piedi alcuni percorsi interrotti; avremmo voluto ritornare con serenità nei cinema, a teatro, nelle piazze, nei circoli culturali e politici a mettere in pratica le nostre passioni, avremmo avuto un gran piacere nel rifrequentare bar e pizzerie, ristoranti pub e discoteche; avremmo volentieri ripreso a viaggiare, visitando città, musei, sagre; avremmo davvero seguito con grande attenzione la riapertura delle scuole nello scorrere di una vita “normale”; avremmo ripreso ad organizzare incontri conviviali con persone nostre amiche.

Avremmo voluto essere tutti “migliori” come avevamo auspicato in un impeto di ottimismo nel corso della prima fase pandemica, che “allora” ci appariva già tremendamente seria.

Avremmo…ma la realtà con la quale dobbiamo minuto per minuto confrontarci ci spinge a prenderci la responsabilità di mostrare gli aspetti più crudi e proporre le soluzioni più urgenti, quelle più adatte, quelle più convenienti…sul serio.

C’è una parte del Paese che avverte il peso gravoso che queste scelte che il Governo sta prendendo a nome della nazione intera comporteranno sul loro livello di vita: dobbiamo, nel rispetto delle urgenze di coloro che si ribellano – non quelle che lo fanno in modo violento, andando oltre alla protesta, salvaguardare la maggioranza e lavorare affinché sia più rapido il ritorno ad una normalità da tutti auspicata.

Questo non sarà possibile senza la compartecipazione di tutti i cittadini ed il senso di responsabilità della Politica, tutta, sia maggioranza che opposizione.

Ritorno a trattare la questione della Scuola, seguendo per l’appunto le ultime notizie: il governatore della Puglia ha chiuso tutte le scuole; la Ministra Azzolina prosegue imperterrita nell’affermare, sorretta in questo da una parte dell’opinione pubblica, che la Scuola deve rimanere aperta.

Bene! Riaprire – o non chiudere – le scuole sarebbe anche, come dico sopra, davvero molto importante; ma occorre in primo luogo sottolineare che si è perso molto tempo a rincorrere i “banchi” – e poco altro – e non ci si è impegnati per davvero a rimodulare efficacemente gli orari dei trasporti con quelli di ingresso e di uscita; non si è prodotto un intervento pubblico propedeutico nazionale per la Didattica a Distanza, probabilmente perché – oltre a non augurarselo stupidamente – non si era in grado di sopperire,  come Ministero della Pubblica Istruzione, tecnologicamente ad una ricaduta autunnale nella pandemia. Ad ogni modo la Ministra sta mostrando i suoi limiti, che non possono essere più sopportati. Le sue esternazioni sono perniciose: la scuola è un luogo – lo riconosce anche lei – di socialità; e proprio in tal senso è certamente molto più pericoloso di discoteche, bar, pizzerie e luoghi della movida. In essa il virus  scorazza impunemente in forma asintomatica pericolosissima, in grado di diffondere il contagio soprattutto nelle famiglie e nei soggetti più anziani e deboli. Lei si fa forte a volte di pareri scientifici che apparirebbero favorevoli al mantenimento dell’insegnamento in presenza. Altri pareri sono discordanti e denunciano più o meno quel che dico sopra. In un momento di grande difficoltà, sarebbe cosa buona e giusta ascoltare i pareri che consentano il miglior risultato possibile per il superamento della crisi. Non ci si perda in polemiche sterili, improduttive e pericolose: alla fin fine se le voci di tregende fossero false ma si riuscisse a venir fuori dall’impasse in uno o due mesi, niente di male. Sarebbe molto peggio il contrario.

29 ottobre – PACE E DIRITTI UMANI …XXVI….(per la parte 25 vedi 9 ottobre)

PACE E DIRITTI UMANI …XXVI….
Prosegue l’intervento del professor Attilio Maltinti, Vice Presidente del Centro per l’Arte contemporanea “Luigi Pecci”:
Ci sono però comportamenti sociali. Il linciaggio che gruppi di cittadini hanno tentato di operare in più occasioni da noi negli utlimi tempi è un segnale. Cosa ci vuol dire? Vuol dire che la gente, quindi, comincia a pensare che è giusto che ci sia la pena di morte, e se non c’è la legge che la stabilisce, è giusto allora farcela con le proprie mani la pena di morte? Queste cose non sono chiacchiere, sono fatti, sono comportamenti ed ai comportamenti seguono pensieri, ragionamenti, stati d’animo, e così via. Qundi parlando con studenti più o meno della vostra età io sento a volte rispondere:
“Sì, noi le rispondiamo di sì, cioè che siamo contro la pena di morte, perché si pensa che lei sia da quella parte lì; pensiamo che lei in qualche modo ci abbia in simpatia se noi lo diciamo, certo, la pena di morte va abolita; però le possiamo dire la verità?” quale verità? Se esiste una verità su questo punto, è che molti di noi pensano che la pena di morte vada reintrodotta, vada assolutamente contemplata dalla legge”.
Domando loro: “Ma sono atteggiamenti emotivi i vostri o sono atteggiamenti razionali?”, e loro rispondono “Lo pensiamo veramente”.
Allora anche se questa posizione fosse minoritaria rispetto ad un gruppo classe, rimarrebbe estremamente importante e significativa. Ora non è detto che questo atteggiamento sia rappresentativo di tutti gli studenti italiani di oggi, poniamo che sia solamente caratteristico di un piccolo gruppo; ma il fatto esiste, esiste cioè che la gente, adulta o giovane che sia, comincia di nuovo a pensare che forse, forse la pena di morte bisognerebbe ci fosse, perché i delitti contro i bambini vanno puntiti con la pena di morte, perché e atrocità che vengono commesse non devono avere pietà, e così via. E’ chiaro che io invece penso che la pena di morte assolutamente è un qualcosa che va abolita, e lo penso razionalmente come cittadino, come genitore, come insegnante, come uomo di questo globo e così via; e sono convinto che questa posizione non è una posizione intellettualmente astratta, si basa su una scelta di valori, si basa su una convinzione profonda di atteggiamenti e comportamenti sociali che io condivido. Per cui, ecco, la domanda che facevo dianzi la ripropongo ancora “ma c’è qualcosa che secondo voi impedisce l’abolizione definitiva della pena di morte laddove esiste?” e “Che cos’è allora che impedisce secondo voi questa abolizione, è la paura che i comportamenti delittuosi aumentino?” e ancora “Oppure pensate che l’uomo come essere umano sia comunque sempre destinato a commettere atti tali per cui se non si fa la pena di morte se non c’è la pena di morte questi atti non cesseranno e comunque, è una legalità la pena di morte?”, ecco mi interesserebbe conoscere il vostro pensiero a questo riguardo, perché credo che dalla discussione che potrebbe nascere si imparerebbe utti qualcosa di più. Probabilmente anche il film ci può aiutare in questo, e siccome io ce le ho delle risposte da darmi o da darci, però non le voglio dire qui, semmai solo se c’è tempo dopo il film. Grazie.

…fine parte XXVI……