continuiamo a parlar di Politica – LA SINISTRA FACCIA LA SINISTRA

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LA SINISTRA FACCIA LA SINISTRA

Che lo si faccia o meno, il Governo tra Lega e M5S, davvero poco cambia. O meglio, quel che è cambiato lo era già prima. Prima ancora che si andasse alle urne il 4 marzo. Tutto il resto, compreso il dotto dibattito avviato nella Sinistra, in una parte consistente di essa, ma soprattutto quella ancora legata alle ideologie, è “fuffa, pura autentica fuffa”.
Fa parte dell’amnesia organica, cronica malattia, del popolo italiano, aver dimenticato molto in fretta da dove provengano i mali che hanno aggredito, e vinto, la Sinistra. Si spera non per sempre ma per ora è così! e lo era da tempo ed ha messo in crisi sia la Sinistra cosidetta “radicale” – molto chic ed autoreferenziale anche nelle sue posizioni popolari – sia in quella “riformista” che ha abbracciato il Credo borghese e capitalistico, cercando a sua discolpa parziale giustificazioni inimmaginabili in un contesto razionale. Da una parte c’erano gli epigoni del comunismo che si crogiolavano nelle loro ragioni testimoniali e dall’altra c’era il “sogno” di poter scalare il mondo della Finanza (ricordate “Allora abbiamo anche noi una banca!” di quel bischerone del Fassino!) alla faccia della gente che poi ha subito umiliazioni infinite senza mai avere soddisfazione nel contrasto di “classe”.
Ma già prima di Fassino c’era stato Veltroni che dopo Fassino, con la nascita del PD, era ritornato ai vertici del nuovo Partito, quello Democratico. E già in quegli anni molti di noi viaggiavano nei ranghi dell’opposizione ad una linea di deriva che si era ben connotata, perlomeno a noi che eravamo ancora “giovani”, come ai limiti estremi del riformismo molto più orientata verso il Centro con lo scopo maggioritario di accaparrarsi parti dell’elettorato moderato, anche se considerato illuminato e progressista.
Che quella che si imboccava fosse una strada che dal Centro poi avrebbe portato verso Destra, svuotando di forza e contenuti i luoghi del confronto democratico, lo avevamo detto e ribadito più volte e lo avevano fatto allo stesso tempo compagne e compagni in tante altre parti d’Italia. “E’ cambiato il mondo, non ve ne siete accorti!” dicevano i sostenitori della stella renziana, umiliando e sbeffeggiando l’impegno di tante persone. Dietro questo nuovo “mantra” sguazzavano nell’acqua già putrida quella parte di “politica” che era stata sconfitta dal confronto democratico nelle città e riprendeva vigore approfittando dell’aiuto forse insperato fino ad allora di parti assolutamente estranee, esterne, con posizioni ambigue, lontanissime dal pensiero democratico.
Siamo stati profeti di questo degrado, che non smette di procedere verso un baratro infinito. Non lo abbiamo fatto per ottenere un posizionamento a noi favorevole. Forse “altri”, certamente “altri”, hanno perseguito obiettivi personali; e non ce ne vogliano, non facciano mostra di offendersi in modo ipocrita. Ricoprono, alcuni di loro, posti vantaggiosi; ma è anche colpa loro se “oggi” in alcune città, come quella di Prato, si paventa obiettivamente l’avanzata delle Destre in modo assai diverso da quella del 2009.
Noi umilmente vogliamo riprendere il cammino, ma “A Sinistra”, fuori dal PD, che ancora oggi attraverso la sua “Amministrazione” propone regolamenti che hanno chiaramente un impianto repressivo tipico della peggiore Destra.

Joshua Madalon

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PASSEGGIATE FLEGREE 2018 e dintorni – parte 5

PASSEGGIATE FLEGREE 2018 e dintorni – parte 5

E’ sorprendente aver vissuto per circa cinque lustri nell’area partenopea, esservi nato e poi scoprire che a proteggere la città c’è una pletora infinita di santi. Mi verrebbe da ripetere che “non c’è più religione”, cioè che non servono tanti santi a far vincere lo scudetto al Napoli, visto che Torino, patria della Juventus tanto titolata, di protettori ne ha solo uno, anche se è molto forte San Giovanni Battista; ma San Gennaro non bastava e non bastava la Madonna Assunta! No, ce ne volevano altri cinquanta; ma tutti iniseme neanche riescono a far uscire dalle crisi, troppo frequenti da non essere nemmeno riconoscibili, che colpiscono questa città. E così, quella mattina, insieme a Marietta e a Lavinia siamo partiti con la Metropolitana verso Piazza Cavour.
Come sempre, anche in quel caso, la mia mania per la puntualità mi ha spinto ad anticipare la partenza. “Mania” sì, ma con l’esperienza dei ritardi frequenti e delle difficoltà del traffico, ci portano ad arrivare con largo anticipo. Niente di male, però. Il tempo è bello, il clima è caldo e la pasticceria che ci ospita ci invita a consumare pasticcini freschi, sfogliatelle ricce e frolle a volontà e caffè nero bollente.
La pasticceria fu scelta a ragion veduta per la offerta di prodotti freschi gluten free, anche se – meno male che c’era un po’ di tempo – dovemmo attendere qualche decina di minuti – era davvero un po’ presto e di Domenica anche a Napoli, forse più che altrove, si sonnecchia più a lungo.
Alla Porta San Gennaro c’era l’appuntamento con l’Associazione “Insolitaguida”. La fila per l’iscrizione era già lunga e c’erano due banchini per effettuarla. D’altronde noi avevamo già prenotato e si trattava semplicemente di definirne il pagamento e sapere come si sarebbe evoluta la visita al quartiere Sanità, che si trova proprio di fronte alla Porta. “Maddaluno” diedi il mio nome alla signora che scorrendo l’elenco spuntò con un segno il mio nome: “Siete in tre: sono 21 euro”. In cambio mi diede tre adesivi con la “I” da apporre sulla giacca, e tre bigliettini “Gradite tre caffè? Questi sono per voi” indicando l’ingresso di un barrettino lì accanto. Li intascai e rimasero lì: dopo i circa tre caffè presi a casa e i due del bar pasticceria di poco prima, non potevamo esagerare!
La visita ebbe inizio con l’aggregazione di un paio di “portoghesi” che avevano fatto il doppio gioco: ma lasciamo stare, tutto il mondo è paese e se non erano portoghesi quelli là però non erano neanche napoletani! E tutti i Santi che la guida (una signora di circa quaranta anni, che tuttavia senza sfigurare ne dimostrava qualcuno di più) ci snocciolò non servirono a lanciare strali contro gli imbroglioni. San Tommaso d’Aquino, Sant’Andrea Avellino, Santa Patrizia Vergine, San Francesco di Paola, San Domenico Guzman e via dicendo altri quarantacinque nomi alcuni molto noti altri un po’ meno famosi si accodarono al punto che mi chiesi quando i napoletani trovassero il tempo per festeggiarli, supponendo che la classica indolenza “attiva”, un classico “ossimoro”, li porti a festeggiare ben 52 giorni all’anno il proprio Santo patrono.

Joshua Madalon

….fine parte 5….continua….

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IERI e oggi – parte prima – IERI

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IERI e oggi – parte prima
IERI
I ragazzi del Collegio avevano segnalato già più volte il cattivo funzionamento del riscaldamento – uno degli operai addetto al mestiere del “tuttofare” diceva che era per colpa della caldaia che “ha più anni di me che sono quasi alla pensione”. il clima in quella zona predolomitica da ottobre a maggio era di quelli orrendi da sopportare. In più occasioni, a loro volta, gli istitutori, cui in primo luogo i ragazzi si erano riferiti (la “gerarchia” doveva in assoluto essere rispettata) con la loro riconosciuta “cortesia” avevano alzato le spalle per evidenziare anche ai meno accorti il livello di cura che avrebbero riservato ai rilievi dei giovani. Le stanze riservate agli istitutori non erano così alte ed ampie con grandi finestroni come quelle, le camerate, dove in comune gli studenti sostavano durante le fredde notti autunnali ed invernali – con frequenti sforamenti dentro la primavera.
“Bisogna essere forti e temprati, un po’ di freddo vi sarà utile anche per forgiare i vostri caratteri” fu la risposta ufficiale che il Direttore del Collegio formulò, quando uno degli studenti riuscì a colloquiare con lui, approfittando della presenza della madre che era arrivata dalle montagne circostanti a portargli un cambio di biancheria e dei biscotti che aveva amorevolmente preparato.
Il Direttore era un frate domenicano di origini altoatesine che aveva fatto carriera nella Curia, noto e apprezzato nel suo ambiente per la rigidità e l’intransigenza tipicamente teutonica verso tutti coloro che considerava inferiori, in particolare chi metteva in evidenza qualsiasi possibile debolezza. Lui, però, meglio ancora rispetto agli istitutori, se ne stava al caldo, nella sua comoda ed ampia dependance con riscaldamento autonomo ed indipendente e un caminetto sempre attivo cui provvedeva un solerte accudiente. “Bisogna avere pazienza” disse anche il Segretario particolare del Vescovo al quale si erano rivolti gli studenti “esterni” – i semiconvittori – solidali con i loro amici collegiali “e affidarsi nelle mani della Santa Provvidenza”.
E fu così che per la prima volta nella storia di quel Collegio poco prima di Natale gli studenti si ammutinarono e, approfittando di una manifestazione studentesca già indetta su una piattaforma nazionale, subito dopo la consueta colazione collettiva nella sala Mensa, invece di dirigersi verso le aule di studio, superarono il portone di ingresso e scesero in piazza insieme alle altre scuole, chiedendo rispetto. Eravamo nel 1977; così andava il mondo, anche in quelle terre.
Ma perché mai sto parlando di questo?
Quell’energia è andata perduta. Oggi sembra improponibile soltanto immaginarla. E storie come queste sono state raccontate nella letteratura, nel cinema, nel teatro.

….continua….

Joshua Madalon

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L’ERBA DEL VICINO (giardino) E’ SEMPRE PIU’ VERDE (alta)!

L’ERBA DEL VICINO (giardino) E’ SEMPRE PIU’ VERDE (alta)!

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Tra i tanti problemi evidenziati dalla gente in questi ultimi giorni a Prato c’è – a carico sempre dell’ALIA spa – quello dell’erba (non dell’acqua , come a Venezia) alta.
Ieri ho accennato alla questione rifiuti solidi urbani e loro raccolta portaaporta. Devo aggiungere a quella riflessione opportunamente riferita anche alla questione del taglio dell’erba che gli operatori addetti alla raccolta dei rifuti ed al taglio dell’erba appartengono a cooperative che in modo diretto – o indiretto, con subappalti – hanno vinto gare condotte con la modalità del “massimo ribasso”.
A questi addetti viene corrisposto un compenso orario lesivo della loro dignità, rappresentativo delle “tendenze” cui ci ha abituato il complesso del “Job’s Act” tanto decantato dal Governo Renzi ed ulteriormente difeso dal PD.
E’ insopportabile ulteriormente l’atteggiamento dell’Amministrazione comunale che, facendo approvare il Bilancio, si è vantata di aver ridotto i costi di trasferimento all’ALIA, lasciando tuttavia invariata la spesa a carico dei cittadini contribuenti.

Joshua Madalon

COSI’ VA IL MONDO….C’E’ UNA GRAN CONFUSIONE…

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COSI’ VA IL MONDO….C’E’ UNA GRAN CONFUSIONE…

“Non ci capisco più niente!….”
E’ lunedì 7 maggio 2018. Marietta ascolta i commenti dei giornalisti intorno alle vicende politiche ed alle traversie del nostro Paese senza prospettive….
Giosuè assente, come è d’abitudine, in silenzio. E’ preoccupato così come lo sono in tanti.
“…stamattina al mercato non riuscivo a ritrovare più i banchi degli ambulanti dove di solito mi fermo…è da alcune settimane che c’è una gran confusione…..” riprende Marietta correndo dietro i suoi pensieri….

Joshua Madalon

COSI’ VA IL MONDO….C’E’ UNA GRAN CONFUSIONE…al mercato

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LA CURA DELL’AMBIENTE ED I COMPITI DI CHI AMMINISTRA

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LA CURA DELL’AMBIENTE ED I COMPITI DI CHI AMMINISTRA

Nei giorni scorsi, ma potremmo dire “nei mesi scorsi” anche con alcuni miei interventi su questo Blog, grande attenzione è stata riservata dall’opinione pubblica a Prato – attraverso i mezzi di informazione e segnatamente – di recente – a causa di un “inatteso” disservizio informativo (il differimento a data successiva – ci si riferisce al 1° Maggio – della raccolta porta a porta del materiale plastico ), si è levata la protesta dei cittadini verso il servizio offerto da ALIA spa relativamente alla raccolta “portaaporta”.
Ho potuto verificare in diretta, avendo residenza in questo Comune, che la scelta del portaaporta è stata condotta con eccessiva faciloneria dai vertici di ASMIU (poi divenuta ALIA) che hanno sottovalutato il problema soprattutto dal punto di vista didattico e regolamentare. Peraltro in modo isterico da parte dell’Amministrazione si è risposto alla difficoltà evidenziata dai territori dove è più intensa la presenza della comunità cinese, quella regolare e quella irregolare difficilmente valutabile numericamente. D’altronde non tanto meglio è andata la gestione dei rifiuti in aree dove la maggioranza dei residenti è autoctona. E non è solo riferibile ai casi più recenti come quello su menzionato del 1° Maggio.
Sin dai primi giorni della raccolta nella zona San Paolo abbiamo potuto rilevare – e denunciare ovviamente in senso e modo civile – molte inadempienze, a partire dallo scarso rispetto di quanto espresso a chiare lettere nell’esauriente (con indicazioni anche tradotte in cinese ed arabo) e ricco – di immagini e colori opuscoletto – distribuito ai cittadini. In esso si legge “Esporre sacchi e contenitori fronte strada dalle 21.00 del giorno precedente ed entro le 5.00 del giorno di raccolta”. Per ogni tipo di materiale c’è – in quell’opuscolo – un dettagliato elenco. Nel corso delle prime giornate si è potuto rilevare come in qualche caso venisse apposto un avviso in relazione ad alcuni errori di conferimento. Ad una verifica diretta ci veniva detto che dopo i primi avvisi sarebbero state comminate delle sanzioni. Gli errori sono continuati impunemente e di sanzioni non se ne è vista alcuna!
Proseguendo nella disamina delle problematiche si è potuto verificare che molti cittadini – la maggioranza – hanno utilizzato i contenitori a proprio piacimento, depositando i materiali ogni qualvolta lo ritenessero utile. Anche i condomìni più “virtuosi” hanno cominciato ad avere aspetti di piccole discariche. E questo è avvenuto con l’assenso dei responsabili di ALIA locali che, risponendo a richieste di precisazione in merito alla correttezza del conferimento “quando si vuole”, affermarono che ciascuno poteva deciderlo da sè.
Indubbiamente, tale ragionamento risulta essere diseducativo e l’Amministrazione da cui “indirettamente” dipende la cura ed il decoro dell’ambiente urbano rinuncia a svolgere a tutta evidenza il suo compito. Che – chiariamolo – non può consistere esclusivamente nella repressione, “ultima ratio”; ma deve avere aspetti educativi che possano però corrispondere ad un razionale intervento a sostegno dei contribuenti virtuosi ed operosi.
Negli ultimi giorni vediamo crescere il disordine nella città, ma non ci si può fermare soltanto a ciò che vediamo: dobbiamo sforzarci di andare “oltre”. Quel “disordine” rappresenta la nostra realtà; è il frutto del nostro disimpegno civile, che parte dalla cialtroneria dei dirigenti e degli amministratori e coinvolge la parte più debole della popolazione.

Joshua Madalon

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PASSEGGIATE FLEGREE 2018 – parte 4

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PASSEGGIATE FLEGREE 2018 – parte 4

Mentre si chiacchierava piacevolmente, arrivarono altre persone incuriosite dal fatto che non si poteva andare oltre, essendo zona militare limitata da un alto cancello l’accesso al “faro”. Mi tornò in mente l’opening di “Citizen Kane”, opera prima ed assoluto immenso capolavoro di Orson Welles.

NO TRESPASSING – Vietato entrare.

Indicai loro, però, una via per godere dell’immenso panorama nascosto da quella posizione angusta: da un terrapieno sul lato est ci sono delle scalette che aprono ad un sentiero agevole se percorso nella mattinata ancora fresca di notturna rugiada. Noi ne avevamo escluso di poterlo percorrere visto l’ora tarda tendente al picco di sole sulle nostre teste, ma ciononostante lo consigliavo in particolare a coloro che non sarebbero potuti tornare a piacimento essendo turisti provenienti da terre lontane. Quel sentiero conduce sul picco del capo Miseno dal quale si gode la vista dell’intera area flegrea.

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Sorvolai sul senso dell’altro cartello, che di certo sottolineava una delle abitudini purtroppo connaturate all’ignoranza ed alla maleducazione di una parte, ne basta purtroppo una “minima”, della popolazione. “DIVIETO DI DISCARICA” si legge. A tutta evidenza segnala questo comportamento abietto che porta a considerare il territorio, nella sua totalità, con uno scarso rispetto.

Siamo nel 2018, ma anche nel 1971 a mia memoria scrivevo alcune note in un libercolo del quale ho annunciato la riproposizione in un altro blocco di post.

Ritornammo poi dall’altra parte del tunnel accompagnando i nostri amici occasionali e li salutammo con cordialità, augurando loro “buona fortuna”. Avevamo fretta di tornare a casa, perché nel pomeriggio inoltrato sarebbe arrivata nostra figlia Lavinia, segno del nostro affetto per i miti, da Roma.
“Venite a prendermi alla stazione di Pozzuoli! C’è stato appena adesso uno scippo sul treno: hanno portato via un cellulare ad una ragazza!”
Un ottimo sistema di salutare gli “ospiti” di questa terra e non penso proprio che sia stata felice, quella ragazza, a vivere l’esperienza dello scippo come quei turisti del film “Ammore e malavita” a Scampia.

La telefonata rivelava una preoccupazione del “benvenuta in questa terra desolata” che non ammetteva dubbi: dovevamo andare insieme, Marietta ed io, e non io da solo come pensavamo ad attenderla direttamente al binario.
Uno scippo in tutta regola: strappato dalle mani di una giovane ragazza che, a Piazza Garibaldi, era appena salita e sostava sul vano di ingresso della vettura, smanettando sul suo dispositivo. Rapido il giovane a sfilarlo di mano e saltare giù dal treno proprio nell’attimo in cui le porte si chiudevano.
Rinfrancata dalla nostra presenza e dalla confortevolezza del ritorno in famiglia nel rivedere luoghi ed oggetti della propria infanzia, Lavinia si rasserenò, aiutata anche dall’incontro con la zia Teresa, vulcanica ed esplosiva espressione umana della terra flegrea.
Il giorno dopo ci attendeva una escursione programmata al Quartiere Sanità, luogo ingiustamente famoso per scontri tra bande opposte di malviventi autoctoni in conflitto per la leadership territoriale, ma estremamente ricco di storia. Avevamo prenotato on line con un gruppo, “Insolita Guida”, già prima di partire. Io, la Sanità, l’avevo visitata in “solitaria” poco meno di un anno prima, e ne ero rimasto incantato.

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Joshua Madalon

…fine parte 4….continua….

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Tessere Cultura 6 dicembre 2002 – come eravamo –
prima parte

In quel periodo curavo un lavoro di équipe all’interno del territorio pratese – Questo documento è pubblicato in un libro che raccoglie tutti gli interventi, gli Atti di quel Convegno. E’ soprattutto un testo molto importante per comprendere le “difficoltà del Decentramento” che poi è stato smantellato (in un intervento successivo al mio il prof. Giampiero Nigro mi onora di una menzione (“Ho sentito dire da Maddaluno cose molto intelligenti, ma ho letto nelle sue riflessioni un problema di rapporti istituzionali più che di politiche culturali.”). Il prof. Nigro aveva ben compreso quali fossero gli elementi della contesa; ed infatti con il 2014 il Decentramento a Prato ha smesso di esistere con grande sospiro di sollievo da parte dell’Amministrazione.

Data la lunghezza ve lo propongo in tre parti:

Sono il Presidente della Commissione Cultura della Circoscrizione Est e coordino i Presidenti delle Commissioni Cultura di tutte le altre Circoscrizioni; queste due cose sono due purissimi “accidenti” solo contingenti, cioè di passaggio. Non così è il mio ruolo di insegnante.
Quando, insieme ai miei studenti, rifletto sulla contemporaneità, di tanto in tanto parlo loro del ruolo della letteratura “profetica” e rammento, ad esempio, “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury. La nostra società contemporanea non è di certo ancora quella di quel libro né quella del tanto altrettanto profetico “1984” di George Orwell.
Ma il ruolo della letteratura “profetica” è quello di indicare la “non strada” da percorrere, è quella di dare luce agli obbrobri possibili futuri, dove sarebbe l’incultura o la “NON CULTURA” a farla da padrone.
Molti sono stati i segnali già pervenuti. Si guardi, per esempio, all’abbassamento qualitativo dello spettacolo televisivo, non solo quello della tv pubblica di cui tanto si chiacchiera negli ultimi tempi, ma quello complessivo della tv. Prima gli spettatori sono stati assuefatti un poco alla volta con spettacoli dignitosi ma poi questi ultimi sono diventati progressivamente sempre più imbecilli e gli spettatori “assuefatti” sono stati man mano incapsulati, un po’ come quell’altro capolavoro della cinematografia simbolico-fantascientifica, “La cosa dall’altro mondo”. Ora, questo che stiamo vivendo appare sempre più un momento di presa di coscienza, in cui per fortuna tanti spettatori sono sempre meno attratti dal consueto mezzo televisivo.
E’ inutile dire che, appartenendo alla generazione della radio e della prima fase televisiva sono stato un tantino più protetto,, lo sono ancora di più perché con quello che ho da fare ho davvero poco tempo per stare davanti alla tv.
E questo è dunque anche il momento di riappropriarsi dei vecchi mezzi di comunicazione, più riservati, meno invasivi: la radio, il giornale, il libro, gli spettacoli dal vivo, le conferenze, la formazione diretta. E così si allontana il pericolo di un “Fahrenheit 451”. E allora?

…fine prima parte…continua…

In quel periodo curavo un lavoro di équipe all’interno del territorio pratese – Questo documento è pubblicato in un libro che raccoglie tutti gli interventi, gli Atti di quel Convegno. E’ soprattutto un testo molto importante per comprendere le “difficoltà del Decentramento” che poi è stato smantellato (in un intervento successivo al mio il prof. Giampiero Nigro mi onora di una menzione “Ho sentito dire da Maddaluno cose molto intelligenti, ma ho letto nelle sue riflessioni un problema di rapporti istituzionali più che di politiche culturali.”). Il prof. Nigro aveva ben compreso quali fossero gli elementi della contesa; ed infatti con il 2014 il Decentramento a Prato ha smesso di esistere con grande sospiro di sollievo da parte dell’Amministrazione.

– seconda parte –

Devo dire che questa premessa ci consente di collegarci all’intervento fatto dall’Assessore Giorgi, che non ho ascoltato ma che ho letto con molta attenzione, in una direzione tutta particolare: è possibile, oggi, per dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini, ricercare obiettivi e percorsi comuni o dobbiamo, ciascuno nel suo territorio, intervenire in maniera separata, per salvaguardare eventualmente ciascuno la nostra identità e la nostra personale visibilità?
Io penso che, se noi agiamo, pur in maniera diversa ed articolata, ma con obiettivi comuni con un Progetto generale comune, questo potrà essere nel nostro piccolo cosmo, un elemento di forte positività.
Infatti se si pensa davvero, ma proprio davvero (il dubbio a volte è forte) che cooperando tutti, come peraltro in alcune occasioni ci è riuscito di fare, si riesca dunque a fare meglio e di più con costi anche inferiori (che di questi tempi è davvero importante), non dobbiamo avere paura di ricevere critiche e di suscitare polemiche. Sfido chiunque infatti a porre sui piatti di una bilancia da una parte le polemiche e dall’altra i risultati e tutti si accorgerebbero che i risultati ottenuti, pur fra le tante difficoltà, sono più consistenti e pesanti delle critiche e delle polemiche. D’altra parte voglio aggiungere che temere le critiche e le polemiche (anche per me lo dico nei confronti di chi me le rivolge) mi sembra davvero ben poca cosa in un mondo, quello nostro, questo nostro, che ci permette poi comunque di lavorare, di ottenere risultati positivi, di avere le soddisfazioni di costruire tanti piccoli progetti utili.
Nelle realtà periferiche che noi rappresentiamo si costruiscono, spesso con le nostre mani e la nostra intelligenza, progetti culturali validi per tutte le fasce d’età; sono progetti utili perché producono, perché creano nuove occasioni, fermenti nuovi, idee nuove, che per qualcuno possono anche sembrare “vecchie” ma che sono nuove per chi ne usufruisce.
Gli esempi possono essere tanti, ma io ne farò uno solo. Ed è quello legato al progetto di Educazione degli Adulti, “Gestire il cambiamento” che ha coinvolto, grazie alle Circoscrizioni, tante diverse realtà grandi e piccole della nostra rete culturale.
Quel Progetto, inoltre, almeno per la mia esperienza, sta creando nuovi percorsi, nuove domande e saranno perciò costruite nuove occasioni per i cittadini del mio territorio.
Dopo di che voglio dire che parlare di “mio territorio” è completamente fuori luogo perché le iniziative che noi facciamo sono aperte a tutti i cittadini.
E’ utile progettare? Serve? Può sembrare di no (perché ci vuole un’idea e ci vuole del tempo). Può sembrare di sì.
Comunque se vi è un Progetto, questo, se funzionasse male, potrebbe essere modificato. Viceversa sarebbe tutto più difficile. Certo, anche la verifica risulta difficile perché i veri risultati, positivi o negativi, si coglierebbero solo dopo qualche tempo. E mi viene così da ricordare che solo da poco stiamo lentamente superando quel periodo di crisi innescato dal “riflusso” (ve lo ricordate?) degli anni Settanta. Andate a riguardarvi tutti i dati: dopo l’impegno il disimpegno la casa la famiglia la televisione il gatto le pantofole, dopo il pubblico il privato e poi uno dopo l’altro calci nel sedere e pugni sui denti e non è finita ancora ma da poco come è bello manifestare eravamo in tanti quanta gente che bella gioventù.

– fine seconda parte….continua –

In quel periodo curavo un lavoro di équipe all’interno del territorio pratese – Questo documento è pubblicato in un libro che raccoglie tutti gli interventi, gli Atti di quel Convegno. E’ soprattutto un testo molto importante per comprendere le “difficoltà del Decentramento” che poi è stato smantellato (in un intervento successivo al mio il prof. Giampiero Nigro mi onora di una menzione “Ho sentito dire da Maddaluno cose molto intelligenti, ma ho letto nelle sue riflessioni un problema di rapporti istituzionali più che di politiche culturali.”). Il prof. Nigro aveva ben compreso quali fossero gli elementi della contesa; ed infatti con il 2014 il Decentramento a Prato ha smesso di esistere con grande sospiro di sollievo da parte dell’Amministrazione.

– terza ed ultima parte –

Abbiamo davanti a noi “tempi lunghi” ma dobbiamo avere occhi e cervelli per guardarli; non si può governare l’emergenza e il contingente: dobbiamo perciò progettare, essere in grado di farlo per bene sapendo dove si va, come si va e con chi si va.
Ho letto con attenzione l’intervento introduttivo dell’Assessore e lo condivido così totalmente che mi vergogno di aver preparato come Coordinatore un intervento, che non posso rinnegare nella sostanza ma che è di livello molto più basso dello standard normale di questo Convegno. Esso, vi prego, non deve essere letto soltanto come “polemica” (peraltro, anche se fosse – lo dicevo prima – sarebbe giusto considerare quel documento come “propositivo”). Sfido chiunque, sotto questo aspetto, a voler strumentalmente rilevare che ci sia acrimonia o astio nei confronti di chicchessia: c’è in quelle pagine molta preoccupazione verso il futuro, non solo quello nazionale, ma soprattutto quello locale, quello per il quale noi siamo qui. Quello che lì si chiede alla fin fine è di lavorare insieme di più e meglio: lo potremmo fare dividendoci sulle polemiche? No che non lo potremmo fare: sfasceremmo tutto. Ma c’è di più: nel complesso delle cose, aborro soprattutto, non la polemica costruttiva, ma l’indifferenza, la scarsa chiarezza, i tatticismi, il dire e il non dire, la scarsa fiducia, ed il procrastinare. In poche parole, aborro questo modo di fare politica, che va molto di moda. Odio quelli che professano che i tempi devono maturarsi e quelli che si schierano per convenienza.
Per fortuna che c’è l’intelligenza e la Cultura, e di questo davvero ringrazio l’Assessore. Le cose che Ambra ha detto sono tutte estremamente importanti ed interessanti. Lo è anche il titolo del Convegno che richiama in modo intenso da una parte la caratteristica peculiare di Prato dall’altra quello che è il nostro obiettivo. Obiettivo, peraltro, cui noi quotidianamente miriamo e per il quale già scontiamo positivi risultati.
L’Associazionismo, ad esempio, ha un ottimo rapporto con le Circoscrizioni, così come lo hanno gruppi di artisti, anche singoli; così come le Circoscrizioni hanno attivato da qualche anno rapporti con le grandi Istituzioni Culturali della città, costruendo una rete che ha fornito la possibilità di costruire bei progetti, fra i quali ricordavo quello dell’EDA.
Fra i tanti punti toccati dall’Assessore, per il tempo ristretto che ho a disposizione ne vorrei sottolineare molto brevemente due:
1) il tema della sicurezza (o dell’insicurezza);
2) il tema dell’utilità dell’inutile.
Quanto al primo ritengo che sia doveroso da parte degli Amministratori saper rispondere a chi avverte oggi maggiore insicurezza con progetti complessivi. Vorrei ricordare a tale proposito che, nella campagna elettorale relativa a questa legislatura nella mia Circoscrizione la forza politica alla quale aderivo presentò un Programma da me suggerito che ribaltava completamente l’ordine delle priorità: al posto della sicurezza inserii la Cultura come elemento strategico per contrastare il senso di insicurezza, in quel periodo artatamente e strumentalmente ancora più diffuso.
Sull’utilità dell’inutile la riflessione è di certo più ambigua e difficile. Sarebbe sbagliato un approccio che tenda a distinguere i due binomi utile = buono \ inutile = cattivo, soprattutto perché risulta impossibile sapere davvero in modo immediato cosa sia davvero utile, così come non si comprenderebbe perché una produzione artistica debba essere considerata inutile, quando comunque la sua fruizione da parte fosse anche di un solo spettatore potrebbe produrre stimoli nuovi e creare percorsi nuovi. Se poi si pensa davvero che a decretare il successo di un’artista non sia solo il mercato (ma allo stesso tempo mi chiedo perché negare l’importanza del “mercato”) occorre allora lavorare in modo più intenso e forte sul pubblico, formarlo senza soffocarlo, rendergli più immediata e semplice la fruizione.

Questo, ad esempio, è un lavoro che le Circoscrizioni potrebbero svolgere, è uno dei loro ruoli possibili, è una delle tante potenzialità che noi abbiamo.
Noi siamo qui, già lavoriamo, lo facciamo da soli o insieme.
Io credo comunque, e lavoro per questo, che sia meglio farlo insieme.

Prof. Giuseppe Maddaluno
Presidente della Commissione Cultura della Circoscrizione Est e
Coordinatore dei Presidenti delle Commissioni Cultura delle Circoscrizioni.

PASSEGGIATE FLEGREE 2018 – parte 3

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PASSEGGIATE FLEGREE 2018 – parte 3

L’auto l’avevamo lasciata all’imbocco del tunnel che porta verso la struttura militarizzata di capo Miseno. Ritornammo da quella parte e dietro suggerimento di un amico scendemmo oltre a piedi: ci aveva indicato la presenza di un Ristorante tipico di quella zona, il “Primitivo”, suggerendolo per la qualità tipica del menu proposto basato su prodotti locali, soprattutto di mare. Lo trovammo chiuso con un’indicazione scritta a mano su un cartello apposto davanti ad un cancello, dal quale si intravedeva un interno agreste: una trattoria di campagna che ci riportava al ricordo delle classiche “pagliarelle” del secolo scorso, dove fermarsi a bere del buon vino e gustare il pesce azzurro. Non avrebbe aperto se non che dopo la nostra partenza e rimandammo la visita ad un nostro ritorno più in là nel tempo.
Ritornammo verso l’alto a riprendere l’auto ed incrociammo una coppia che proveniva dall’alto, da “Cala Moresca”,
ed era interessata a fare il nostro stesso percorso. Ci chiesero un passaggio nel tunnel, preoccupati “forse” della scarsa agibilità; ma da quel che ricordavo, vagamente per i trascorsi giovanili (era un luogo dove appartarsi con sicurezza), ci si passava con difficoltà ma “ci si passava”, nel caso avessimo dovuto incrociare un’altra vettura.
Era una coppia “mista” quanto a provenienza regionale: lui, molto chiaramente “siculo” di Catania; lei, invece, autoctona ma ormai “emigrata” al Centronord per lavoro. Entrambi avevano scelto di andare a vivere lontano dalle loro terre d’origine: e tutti e due erano nel settore dell’istruzione, lei in una Scuola d’infanzia lui in una Media Superiore. Parlammo di comuni esperienze e lei (non chiedemmo i nomi visto l’occasionalità dell’incontro) ci disse che tornava volentieri a Bacoli ma, non avendo più “casa” propria, si appoggiava ad una sorella. Ci soffermammo ad argomentare sui danni della “Buona Scuola” ed in particolare sui criteri prescelti che assomigliavano a quel famoso “Facite ammuina”

« All’ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa
e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora:
chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra
e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta:
tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa
e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio
passann’ tutti p’o stesso pertuso:
chi nun tene nient’ a ffà, s’ aremeni a ‘cca e a ‘ll à”.
N.B.: da usare in occasione di visite a bordo delle Alte Autorità del Regno. »

Il riferimento è ovviamente alla modalità con cui docenti del Sud sono stati sballottati al Nord o, quando è andata bene, al Centro o nello stesso Sud la qual cosa, essendo quel territorio privo di infrastrutture viarie (strade e ferrovie) sufficientemente utili a rapidi spostamenti, equivaleva ad andare molto lontano dalla propria città con enormi disagi
(per capirci, ed orientativamente, basta sapere che si arriva molto più velocemente a Roma da Napoli che da Pozzuoli a Napoli); senza aggiungere che i costi della vita sono molto diversi e chi dal Sud va verso il Nord deve mettere in conto spese ben superiori rispetto a chi dal Nord venisse verso il Sud. Ciò che è ancora più assurdo è il fatto che l’algoritmo “naturalmente” non considerava il “fattore umano” e posti liberi al Sud erano stati occupati da colleghi del Nord mentre lassù accadeva l’inverso.

Joshua Madalon

…fine parte 3…. continua

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RITORNIAMO A PARLAR DI POLITICA – 4

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RITORNIAMO A PARLAR DI POLITICA – 4

Avevo messo in conto che quei quattro smidollati di “oppositori” dilettanti all’interno della Direzione del Partito Democratico avrebbero “abbozzato” e firmata una tregua che però mi sa di resa. Non parlo come deluso dalla scelta di non sostenere il dialogo con il M5S, ma come cittadino da tempo deluso dalla incapacità politica del PD a rappresentare le istanze della Sinistra (lo dico ancora una volta a quei compagni che si permettono di alzare la voce contro di me, sostenendo che fino a quando alla guida del Partito c’è stato un ex comunista – loro – sono stati correttamente dentro, mentre ora che alla guida vi è un ex “democristiano” – io e altri – non lo vogliamo accettare). Il vero problema che emerge non è la rappresentanza delle diverse anime in un corpo solo; è l’aver abbandonato del tutto i valori fondamentali della Sinistra (ricordo agli stessi compagni ex democristiani che è esistita una parte della DC che era considerata a ragione “di Sinistra”) sposando però i disvalori di carattere economicistico, neoliberisti, propriamente espressi negli anni Novanta da Forza Italia. Tanto è che dovrebbero chiedersi come mai Berlusconi è stato “odiato” dalla Sinistra, ed anche Renzi lo è stato e lo è.
Ritornando alle mie riflessioni contingenti, rilevo la inadeguatezza totale della leadership del PD a formulare una profonda, necessaria, autocritica sugli errori commessi nell’arco dell’ ultima legislatura, quella di Letta-Renzi-Gentiloni.
Alla base della indisponibilità a dialogare con il M5S è proprio questa inabilità voluta, scelta in nome di un ego spropositato ed in evidente rappresentanza di interessi molto alieni da quelli della stragrande maggioranza dei cittadini.
Quello che è accaduto prima del 4 marzo è dovuto alla profonda diversità di valutazione delle condizioni di gran parte delle “periferie” (in senso globale) del nostro Paese. Si è fatta una campagna elettorale decantando “le magnifiche sorti e progressive” generate dalle Riforme nel mentre l’insicurezza personale ed economica conduceva a scegliere forze politiche che, cavalcando lo scontento del nostro inverno, raggranellavano consensi, forse effimeri ma sostanziali, corrispondendo alle attese. E’ del tutto chiaro che non vi è stata la giusta resipiscenza nel corpus del PD, che ancora ieri è apparso sostenere la linea dell’ex segretario ed ex Premier. In un Paese normale, in un Partito “normale” chi perde copiosamente consensi in modo così netto e progressivo non solo si fa da parte ma viene invitato a “farsi da parte” da chi non abbia perso del tutto i lumi della Ragione. E invece si agisce come le “ostriche” dei “Malavoglia” verghiani: ci si attacca allo scoglio per non essere divorati, ma si rimane fedeli fino alla fine, forse solo per difendere i piccoli interessi di bottega personali acquisiti nei tempi migliori. Ma le tempeste perfette sono in arrivo e le ostriche potrebbero andare incontro ad una triste sorte.
Non si tratta dunque di fare accordi con il M5S che sta evidenziando i suoi profondi prevedibili limiti. Si tratta di poter recuperare la presenza di una Sinistra, la più ampia possibile, partendo da un’analisi severa, financo feroce, delle politiche espresse dal PD e dai suoi alleati, abbandonando le scelte neoliberistiche che hanno impoverito il Paese nel suo complesso, arricchendone a dismisura solo una piccolissima parte. Per ora, tuttavia, sembra a costoro che “tutto va ben, madama la marchesa!”.

Joshua Madalon

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